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Sentenza

DIRITTO PENALE DELLA FAMIGLIA - Presupposti per la configurabilità del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (Cp, articoli 133 e 570 cpv. n.2; Cpp, articoli 533, 535 e 538)
DIRITTO PENALE DELLA FAMIGLIA - Presupposti per la configurabilità del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (Cp, articoli 133 e 570 cpv. n.2; Cpp, articoli 533, 535 e 538)
La sussistenza del reato è esclusa qualora l’imputato alleghi idonei e convincenti elementi indicativi di situazioni che si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nella impossibilità di adempiere, sia pure in parte, alla prestazione. Nella fattispecie, alcuna somma era stata corrisposta dall’imputato quale contributo per il mantenimento dei figli minori e nulla era stato allegato in proposito dall’imputato.

    Tribunale Taranto, Sez. I, sentenza 7 febbraio 2024 n. 222 – Giudice D’Amico
TRIBUNALE DI TARANTO
I Sezione Penale Monocratica
Il Giudice Dr.ssa Maria D'AMICO all'udienza del 22.01.2024
con l'intervento del Pubblico Ministero Dr.ssa Maria Teresa Latorre (V.P.O.)
con l'assistenza del Funzionario UPP Dr. Luigi Bidetti
Ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
Nel processo penale a carico di:
D.H., nato nelle I. F. (D.) il (...) e residente in T. F. I. alla via H. M. J. S. n. 37 - libero assente - domicilio
eletto presso il difensore d'ufficio 'Avv. …- assente - sostituito ex art. 97 IV co. c.p.p. dall'Avv. …
IMPUTATO
del reato di cui all'art. 570 cpv n. 2 c.p. perché, abbandonando il domicilio domestico, si sottraeva
agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale e faceva mancare i mezzi di
sussistenza ai suoi due figli minori.
In…, denunzia del 14.2.2020
Con l'intervento della Parte Civile P.A.C. in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sui figli
minori E.O.D. e L.D. - assente - rappresentata e difesa dall'Avv. …- presente -
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con decreto emesso ex art. 552 c.p.p. in data 7.6.2021, D.H. veniva citato a giudizio innanzi al
Tribunale di Taranto in composizione monocratica per rispondere del reato indicato in epigrafe. Nel
corso della prima udienza tenutasi il 4 ottobre 2021, il Giudice disponeva procedersi in assenza
dell'imputato ex art. 420 bis c.p.p. e, preso atto della costituzione di parte civile di P.A.C., dichiarava
aperto il dibattimento e ammetteva le prove richieste rinviando il processo ad altra data per la sua
trattazione. A seguito di due udienze di rinvio per le disposizioni emanate dal Presidente del
Tribunale inerenti il contenimento della pandemia da Covid-19 (ud. 31 gennaio 2022) e per
l'adesione dei difensori all'astensione dalle udienze proclamata dagli organi rappresentativi della
categoria (ud. 27 giugno 2022), il processo perveniva all'udienza del 27 febbraio 2023, ove lo scrivente
rilevava l'intervenuto mutamento del Giudice e disponeva la rinnovazione del dibattimento. Nella
stessa occasione, acquisito il consenso delle parti all'utilizzabilità mediante lettura degli atti in
precedenza esperiti, il processo veniva rinviato per assenza della teste P. ad altra data. All'udienza
del 26 giugno 2023 venivano escussi i testi P.A.C., S.M.E. e P.A.; all'esito, il processo veniva rinviato
per la discussione all'udienza del 22 gennaio 2024. A tale udienza, dichiarata chiusa l'istruttoria
dibattimentale, l'utilizzabilità degli atti, e rassegnate dalle parti le conclusioni come compiutamente
riportate in atti, il processo veniva definito con una pronuncia di affermazione della penale
responsabilità di D.H., ritenuto colpevole del reato a lui ascritto in rubrica.
L'analisi delle risultanze istruttorie conduce a ritenere integrato il delitto di cui all'art. 570 cpv. n. 2
c.p. in capo all'odierno imputato.
In data 14 febbraio 2020, P.A.C. sporgeva denuncia-querela nei confronti di D.H. per i fatti
penalmente rilevanti per cui si procede. A far data dal 2011, P.A.C. intratteneva una convivenza con
D.H., odierno imputato fino al 2019, data in cui il predetto abbandonava il domicilio domestico; la
coppia viveva in una casa di proprietà dei genitori della P. a S., concessa in comodato gratuito. Dalla
loro unione nascevano in data 21.9.2012 E.O.D. e L.D. in data 1.4.2015. La P. e il D.H. svolgevano
lavori occasionali come traduttori e interpreti.
Nell'estate del 2019 la coppia trascorreva le vacanze estive nella casa dei genitori della P. a T.; il
giorno 16 agosto 2019 D.H. si recava a S. per dei lavori e non faceva più rientro nell'abitazione estiva
di T.. In data 29 agosto 2019 D.H. tornava a T. e dopo aver preso i suoi effetti personali tra cui il suo
passaporto andava via; da quel momento la P. non ha avuto più notizie del D. né tantomeno
quest'ultimo ha contattato telefonicamente i figli o rispondeva alle telefonate ed ai messaggi degli
stessi. La teste P. riferiva che il D., dopo l'abbandono della casa familiare, non aveva mai provveduto
al mantenimento dei figli e, pertanto, era stata costretta a ricorrere all'aiuto economico dei propri
genitori, al fine di provvedere alle indispensabili esigenze di vita dei minori. I testi S.E. e P.A.,
rispettivamente madre e padre della denunciante confermavano in dibattimento quanto raccontato
dalla teste P.A.C.; in particolare, di aver aiutato economicamente la figlia P.A.C. perché in difficoltà
con le spese del menage familiare e per le necessità dei bambini a seguito dell'abbandono della casa
familiare da parte del D.H. e del totale disinteresse di quest/ultimo per i suoi congiunti.
Ebbene, sulla scorta delle suddette risultanze probatorie, si ritiene acclarata la penale responsabilità
dell'imputato per il reato di cui all'art. 570 cpv. n.2 c.p. a lui contestato, perché abbandonando il
domicilio domestico si sottraeva agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale e
faceva mancare i mezzi di sussistenza ai suoi due figli minori. L'odierno imputato dunque faceva
mancare i normali mezzi di sussistenza ai figli disinteressandosi dei loro bisogni morali e materiali.
La deposizione della persona offesa, C., lineare, sottoposta al necessario giudizio critico e rigoroso
che è doveroso - specie in questi casi in cui è anche costituita parte civile - è risultata assolutamente
attendibile ed idonea a provare i fatti contestati. La ricostruzione dei fatti genuina e C. emersa dalle
parole della persona offesa trova comunque ulteriore riscontro nelle concordanti dichiarazioni
testimoniali rese dai testi P.A. e S.E..
E' evidente come sia necessario chiarire l'espressione "mezzi di sussistenza" usata dal legislatore;
tale locuzione, infatti, non coincide con quella dell'assegno di mantenimento disciplinato dal codice
civile poiché quest'ultima nozione è fondata, come è noto, sulla valutazione e comparazione delle
condizioni socio-economiche dei coniugi, mentre la prima è limitata ai mezzi economici minimi
necessari per la soddisfazione delle esigenze elementari di vita degli aventi diritto. Infatti, i "mezzi
di sussistenza" di cui al comma 2 n. 2 dell'art. 570 c.p. vanno individuati, per consolidata
giurisprudenza, in ciò che è strettamente indispensabile alla vita, come il vitto, l'abitazione, il
vestiario, i canoni per le ordinarie utenze. Ne deriva, allora, che la previsione penale di cui si discute
coinvolga una sfera più limitata rispetto a quella compresa genericamente dall'assegno post
matrimoniale, in quanto, come si è detto, si limita a ciò che è necessario per sopravvivere,
necessitando, quindi, che il beneficiario si trovi in un vero e proprio stato di bisogno.
Non è dubbio, quindi, che la condotta dell'imputato integra gli estremi del reato di cui all'art. 570
cpv. n. 2 c.p., atteso che ricorrono, nel caso di specie, i due fondamentali requisiti che la
giurisprudenza di legittimità ha individuato ai fini della configurabilità della fattispecie in questione:
si allude cioè 1) allo stato di bisogno dell'avente diritto e 2) all'assenza di ragioni oggettive di forza
maggiore, legate ad una condizione di assoluta indigenza economica che rendano impossibile per
l'obbligato adempiere la prestazione. Con riguardo al primo elemento, si evidenzia che lo stato di
bisogno di un minore, il quale appunto perché tale non è in grado di procacciarsi un reddito proprio,
è un dato di fatto incontrovertibile.
A tal proposito, la Suprema Corte ha statuito che, in materia di violazione degli obblighi di
assistenza familiare, la minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta
"in re ipsa" una condizione soggettiva dello stato di bisogno, con il conseguente obbligo per i genitori
di contribuire al loro mantenimento, assicurando ad essi tali mezzi di sussistenza (Cass. Sez. 6,
02.05.2007 n. 20636; Cass. Sez. 6, 15.01.2004 n. 715). A riguardo, è stato altresì puntualizzato che, lo
stato di bisogno e l'obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minori non vengono
meno quando questi siano assistiti economicamente da altri (cfr.: Cass. Sez. VI, 19 aprile 2010, n.
14906 "ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 570, coma 2, n. 2 c.p., l'obbligo di fornire i
mezzi di sussistenza ai figli minori ricorre anche quando vi provveda in tutto o in parte l'altro
genitore con i proventi del proprio lavoro o con l'intervento di altri congiunti, atteso che tale
sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo"). In tal senso, una recente
pronuncia ha statuito: "In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ai fini della
configurabilità del reato di cui all'art. 570, comma 2 n. 2 c.p. lo stato di bisogno dei figli minori ricorre
anche quando alla somministrazione dei mezzi di sussistenza provveda l'altro coniuge specialmente
quando questi non abbia risorse ordinarie e per tale motivo non possa compiutamente provvedervi"
(Cass. Pen. Sez. VI, 14 dicembre 2010-15 febbraio 2011 n. 5751 - Pres. M.).
Nel caso di specie, alcuna somma è stata corrisposta dall'imputato quale contributo per il
mantenimento dei figli minori.
Con riguardo al secondo elemento, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di
legittimità, il reato de quo non sussiste solo allorquando la mancata corresponsione d elle somme
dovute sia da attribuire ad uno stato di vera e propria indigenza assoluta da parte dell'obbligato e
deve essersi verificata in maniera del tutto incolpevole, senza cioè che sia stata dovuta, anche solo
parzialmente a colpa dell'agente (vds. Cass. Pen. Sez. VI, sent. 05969 del 19.06.1997). "In tema di
violazione degli obblighi di assistenza familiare, la sussistenza del reato è esclusa qualora l'imputato
alleghi idonei e convincenti elementi indicativi di situazioni che si siano tradotte in uno stato di vera
e propria indigenza economica e nella impossibilità di adempiere, sia pure in parte, alla prestazione"
(Cass. Pen. sez. VI, 18 novembre 2004).
Tale ultima situazione-limite, tuttavia, non ricorre nella fattispecie perché nulla è stato allegat o in
proposito dall'imputato. In virtù di tanto è evidente la sussistenza della capacità economica
dell'imputato.
Dunque, l'imputato, solo e soltanto per una sua arbitraria decisione non ha contribuito al
mantenimento.
Alla luce di quanto innanzi è evidente che la condotta dell'imputato integra gli estremi del reato di
cui all'art. 570 cpv. n. 2 c.p. contestato.
Passando al trattamento sanzionatorio, concesse le circostanze attenuanti generiche in ragione dello
stato di incensuratezza dell'imputato, considerati i criteri oggettivi e soggettivi di determinazione
della pena di cui all'art. 133 c.p., stimasi equo infliggere la pena di mesi quattro di reclusione ed Euro
400,00 di multa (pena base: mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa, ridotta ex art . 62 bis c.p.=
pena finale). Le spese processuali conseguono ex lege.
Ricorrono le condizioni di legge per la concessione del beneficio della sospensione condizionale
della pena.
La sussistenza dei fatti contestati comporta la condanna dell'imputato al risarcimento del danno in
favore della costituita parte civile P.A.C. da liquidarsi in separato giudizio ed al pagamento della
somma di Euro 800,00 a titolo di provvisionale, determinata in via equitativa, per il danno procurato
dalla commissione del reato, nonché alla rifusione delle spese sostenute in giudizio dalla parte civile
che si determinano in Euro 2.800,00, oltre IVA, CAP e rimborso spese forfettarie come per legge.
P.Q.M.
Il Tribunale di Taranto in composizione monocratica.
visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara D.H. colpevole del reato ascrittogli e, riconosciute le circostanze
attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 400,00 di multa,
oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa.
Visti gli artt. 538 e ss. c.p.p. condanna D.H. al risarcimento del danno in favore della costituita parte
civile P.A.C. da liquidarsi in separato giudizio ed al pagamento delle spese di costituzione e giudizio
che si liquidano in Euro 2.800,00 oltre IVA, CAP e rimborso spese forfettarie come per legge.
Condanna l'imputato al pagamento della somma di Euro 800,00 a titolo di provvisionale
immediatamente esecutiva.
Motivazione riservata in giorni sessanta.
Conclusione
Così deciso in Taranto, il 22 gennaio 2024.
Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2024.
Avv. Antonino Sugamele

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