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Sentenza

SEPARAZIONE - Spese per la ristrutturazione dell’immobile di proprietà dell’altro coniuge

(Cc, articoli 143, 936, 1150, 2041)
SEPARAZIONE - Spese per la ristrutturazione dell’immobile di proprietà dell’altro coniuge (Cc, articoli 143, 936, 1150, 2041)
 D’altra parte, la nozione di compossesso è legata non già ad una situazione derivante dalla comunione spirituale e materiale delle parti, quale quella fondante l’istituto del matrimonio, ma alla titolarità di una situazione di fatto che prevede i poteri tipici del proprietario o de! titolare di un diritto reale. Se gli esborsi effettuati da un coniuge nel corso del matrimonio, per i lavori di ristrutturazione, documentalmente accertati, sono adeguati e proporzionati a quel dovere di assistenza materiale sancito nell’art. 143 c.c., quale obbligo naturale nascente dal vincolo matrimoniale, è escluso l’arricchimento ingiustificato di cui all’art. 2041 c.c.

    Tribunale Arezzo, sentenza 13 maggio 2025 n. 327- Giudice Sersale
TRIBUNALE ORDINARIO DI AREZZO
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Arezzo, in composizione monocratica in persona del giudice Leila Nadir Sersale, ha
emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. …del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno
2023, avente ad oggetto: pagamento di somme
promossa da
P1 (c.f. (...), rappresentato e difeso dall'Avv…., presso il cui studio è elettivamente domiciliato in…,
viale …
ATTORE
nei confronti di
C1 (c.f. (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. …presso il cui studio è elettivamente domiciliata in
Firenze, via …
convenuta
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. ritualmente notificato, P1 ha convenuto in giudizio C1 esponendo
che:
i) nel marzo 1993 avevano contratto matrimonio concordatario in regime di separazione dei beni;
ii) nel giugno 2017 avevano sottoscritto verbale di conciliazione del procedimento per separazione
giudiziale nel quale avevano convenuto di definire in sede separata ogni reciproco rapporto
economico-patrimoniale, tra cui le richieste avanzate da P1 di rimborso e/o indennizzo per interventi
di manutenzione straordinaria, nonché per migliorie ed addizioni pagate dallo stesso sulla casa
coniugale, di esclusiva proprietà di C1 ;
iii) tali interventi di manutenzione, migliorie ed addizioni erano stati interamente pagati da P1 che,
quale possessore di buona fede o detentore qualificato, vanterebbe quindi un diritto al rimborso
delle spese sostenute ai sensi dell'art. 1150, co. 1, c.c., nonché il diritto ad una indennità pari
all'aumento di valore conseguito dal bene immobile per effetto dei miglioramenti ai sensi dell'art.
1150, co. 3, c.c.;
iv) in via subordinata, avrebbe titolo a tutte le pretese indennitarie e restitutorie anche in relazione
all'art. 2041 c.c. oltre che all'art. 936 c.c.;
v) al fine del conseguimento di ogni ipotesi compositiva, P1 aveva provveduto a introdurre
procedimento per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c., incardinato presso il Tribunale
di Arezzo al n. 2921/2021 in occasione del quale il ctu aveva determinato il valore attuale
dell'immobile in oggetto in Euro 1.200.000,00 a fronte di un prezzo originario di acquisto pari ad
Euro 438.988,36.
Su queste premesse, ha chiesto all'Intestato Tribunale la condanna di C1 alla ripetizione, in proprio
favore, della somma di Euro 1.1000.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria in relazione agli
interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, addizioni e migliorie apportate nell'immobile
di proprietà di C1.
2. Si è costituita in giudizio C1 chiedendo il rigetto delle pretese attoree deducendo che:
i) le domande avanzate risulterebbero carenti di qualunque fondamento giuridico in quanto i lavori
eseguiti nell'immobile in oggetto, pagati in parte dalla stessa, in parte dall'ex coniuge, erano volti ad
adeguare l'immobile alle esigenze abitative del nucleo familiare, avendone tutta la famiglia
beneficiato per dodici anni;
ii) gli importi rivendicati sarebbero del tutto ingiustificati, in quanto non risulterebbero
inequivocabilmente conferenti ai lavori di ristrutturazione, e in quanto difetterebbe la prova
dell'effettivo pagamento da parte di P2
Ha poi spiegato domanda riconvenzionale volta ad ottenere la restituzione di tutte le somme versate
in favore di P2 a titolo di prestiti, nonché a titolo di recupero delle spese dalla stessa anticipate per
gli studi del figlio X1 come sancito negli accordi di separazione, poi trasfusi in sede di accordi per la
cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tutto per una somma complessiva pari ad Euro
444.000,00.
3. All'udienza del 14.6.2023, stante la necessità di una istruttoria incompatibile con le esigenze di
speditezza del rito sommario, questo giudice ha disposto il mutamento del rito da speciale ex art.
702 bis c.p.c. ad ordinario.
4. La causa è stata istruita documentalmente, mediante prova testimoniale, nonché mediante
l'acquisizione del fascicolo relativo al procedimento per ATP n. 2921/2021.
5. All'udienza del 26 marzo 2025, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 281 sexies
ult. co c.p.c., applicabile anche al presente procedimento ai sensi dell'art. 7 D.Lgs. n. 164 del 2024,
sulle conclusioni delle parti come sopra riportate.
6. La domanda ex art. 1150 comma 1 e 3 c.c. o, in via subordinata, ex artt. 2041 o 936 c.c. proposta
dall'attore e volta ad ottenere il rimborso delle spese nonché l'indennità per addizioni e migliorie
eseguite sull'immobile di proprietà esclusiva di C1 sito in S. G. V., viale (...) n. 21 è infondata e deve
essere rigettata per i motivi di seguito esposti.
7. In relazione alla richiesta di rimborso ai sensi dell'art. 1150 co. 1 c.c., è necessario premettere come
vi sia stata una significativa evoluzione giurisprudenziale in materia la quale, partendo dall'ideale
solidaristico su cui si fonda l'istituto del matrimonio e il complementare obbligo di contribuzione
dei coniugi al ménage familiare, è giunta a negare che vi sia spazio in capo al coniuge non
proprietario del bene per ripetere le somme versate dall'altro coniuge per i lavori eseguiti a proprie
cura e spese sull'immobile destinato ad essere la casa familiare. Tale assunto muove dal presupposto
secondo cui tali spese rientrano tra quelle effettuate per i bisogni della famiglia e come tali
riconducibili alla logica della solidarietà familiare ai sensi dell'art. 143 c.c. Anche l'assunzione, in
tutto o in parte, delle spese di ristrutturazione dell'immobile adibito a casa coniugale, di proprietà
esclusiva dell'altro coniuge, rientra nell'ambito dei doveri primari di solidarietà e reciproca
contribuzione ai bisogni della famiglia durante la comunione di vita coniugale. Pertanto, le spese
sostenute da uno di essi, in quanto finalizzate a rendere più confacente alle esigenze della famiglia
l'abitazione messa a disposizione da uno dei due coniugi ed impiegata come casa comune, devono
ritenersi compiute per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia e, quali liberalità indirette a
favore del coniuge, non sono ripetibili (Cass. civ. n. 10942/2015).
Nel caso in esame, l'attore non ha in alcun modo provato un titolo diverso per i pagamenti né ha
allegato la circostanza di averli effettuati, in costanza di matrimonio, con finalità diversa
dall'adempimento dei doveri di solidarietà familiare.
8. Parte attrice ha inoltre invocato l'art. 1150 co. 3, c.c. al fine di ottenere il riconoscimento di una
indennità pari all'aumento di valore conseguito dall'immobile in oggetto per effetto dei
miglioramenti.
Riguardo a ciò, preme rilevare che, affinché la parte che ha effettuato le migliorie possa invocare
legittimamente il diritto all'indennità, è necessario che questa assuma la qualifica di com possessore.
In relazione alla qualifica da attribuire al coniuge non proprietario, la posizione di quest'ultimo non
è equiparabile a quella del com possessore. In questi termini si è espressa la Suprema Corte, la quale
ha chiarito che la qualifica di compossessore idoneo ad azionare la tutela di cui all'art. 1150 c.c. non
può essere attribuita de plano al coniuge per il solo fatto che l'immobile ristrutturato sia stato adibito
di comune intesa fra i coniugi a casa familiare (Cass. civ. n. 22730/2019).
Ritiene, pertanto, questo giudice di dover dare seguito all'orientamento giurisprudenziale ad oggi
dominante a rigore del quale non vi è legittimazione del coniuge non proprietario ad ottenere
l'indennizzo ex art. 1150 co. 3 c.c. per le migliorie e/o addizioni nella casa familiare, difettando a
monte la qualifica di compossessore.
D'altra parte, la nozione di compossesso è legata non già ad una situazione derivante dalla
comunione spirituale e materiale delle parti, quale quella fondante l'istituto del matrimonio, ma alla
titolarità di una situazione di fatto che prevede i poteri tipici del proprietario o de! titolare di un
diritto reale.
Sulla base delle premesse di cui sopra, deve escludersi che parte attrice abbia titolo a pretendere
un'indennità per le migliorie effettuate.
9. Deve ora essere esaminata la domanda attorea spiegata in subordine, volta ad ottenere un
indennizzo ex art. 2041 c.c.
Al riguardo, la Corte di Cassazione ha affermato che "Ai sensi dell'art. 2041 c.c. l'avvenuto
pagamento di parte del prezzo di un immobile da parte di un convivente, traducendosi in un
incremento patrimoniale, costituisce arricchimento ingiustificato qualora la prestazione effettuata
travalichi i limiti di proporzionalità ed adeguatezza comparati alle condizioni sociali e patrimoniali
dei partners, con conseguente esclusione della riconducibilità della prestazione svolta alla disciplina
delle obbligazioni naturali tra conviventi" (Cass. civ. TU 18632/2015).
E ancora, per consolidata giurisprudenza di legittimità, è "possibile configurare l'ingiustizia
dell'arricchimento da parte di un convivente "more uxorio" nei confronti dell'altro in presenza di
prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal
rapporto di convivenza - il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei
componenti della famiglia di fatto - e travalicanti i limiti di proporzionalità ed adeguatezza" (Cass.
civ. n. 4659/2019; conformi, Cass. civ. n. 14732/2018, Cass. civ. n. 1277/2014, Cass. civ. n. 11330/20009).
È necessario, a questo punto, valutare l'entità e la proporzionalità degli esborsi effettuati da P1 al
fine di valutare se siano da inquadrare tra le obbligazioni naturali non ripetibili o meno e quindi se
siano tali da escludere l'ammissibilità dell'azione di arricchimento sine causa.
All'esito dell'istruttoria condotta, risultano riconoscibili e comprovati esclusivamente gli esborsi di
cui ai documenti n. 23, 25, 34, 52, 58, 61, 67, 71, 72, 75, 83 per un importo totale pari ad Euro 90.846,14.
Nessun'altra somma tra quelle ivi richieste dall'attore risulta documentata e causalmente
riconducibile in maniera certa e compiutamente accertabile a spese per la ristrutturazione
dell'immobile oggetto di causa. Né l'esame testimoniale è risultato utile in tal senso, in quanto
nessuno dei testimoni interrogati sul punto ha fornito le informazioni necessarie ad imputare a P1
gli importi richiesti a titolo di pagamento dei lavori di ristrutturazione dell'immobile, attesi i
numerosi "non ricordo" dei testi escussi. Nemmeno la perizia depositata nel procedimento per atp
risulta funzionale a conseguire tale prova, non avendo potuto specificare quali e quante spese fossero
esclusivamente riferibili a
Gli esborsi effettuati da P1 per i lavori di ristrutturazione documentalmente accertati ammontano
pertanto ad Euro 90.846,14 somma che, rapportata al valore di acquisto dell'immobile (Euro
438.988,36 oltre iva: cfr. doc. 8 - comparsa di costituzione") nonché all'incremento di valore
conseguito grazie alle opere realizzate, cosi come stimato nel procedimento per atp (1.200.000,00 -
doc. 16 - comparsa di costituzione), può senz'altro dirsi adeguata e proporzionata a quel dovere di
assistenza materiale sancito nell'art. 143 c.c. quale obbligo naturale nascente dal vincolo
matrimoniale e tale, pertanto, da escludere l'arricchimento ingiustificato di cui all'art. 2041 c.c.
10. Né sussistono gli estremi per la richiesta di reintegrazione, ai sensi dell'art. 936 c.c., delle somme
sborsate da P1 per la ristrutturazione dell'immobile in oggetto in quanto trattasi di fattispecie
estranea al caso de quo.
11. Non rimane, a questo punto, che procedere all'esame della domanda riconvenzionale spiegata
dalla convenuta C1 volta ad ottenere la restituzione di tutte le somme versate in favore di P2 a titolo
di prestiti nonché a titolo di recupero delle spese dalla stessa anticipate per gli studi del figlio X1.
12. Nello specifico, parte convenuta ha in primo luogo chiesto la restituzione delle somme dalla
stessa versate a titolo di prestito in favore della società R. s.r.l., di cui il marito era socio, per un totale
di Euro 70.000,00.
La richiesta non merita accoglimento, in quanto le somme di cui si chiede la ripetizione risultano
versate in favore di un soggetto terzo che, in quanto società di capitali, gode di autonomia
patrimoniale perfetta il cui patrimonio è distinto da quello dei soci.
13. Parte attrice ha poi chiesto la restituzione delle somme dalla stessa versate a titolo di prestito in
favore del marito P1 per un totale di Euro 444.000,00. A supporto della domanda ha prodotto
numerosi bonifici; dall'analisi della documentazione, tuttavia, non emerge la causale dei versamenti
e pertanto gli stessi, in difetto di specifica imputazione, vanno considerati come atti di liberalità senza
diritto alla ripetizione.
L'unico versamento che risulta con certezza essere stato eseguito a titolo di mutuo è rappresentato
dal bonifico di Euro 200.000,00 del 6.2.2014 (doc. 6 - comparsa di costituzione) in quanto confermato
in maniera specifica e puntuale dal teste T1 , della cui attendibilità non vi è ragione di dubitare, il
quale ha altresì riferito dell'impegno alla restituzione da parte del padre, P1
14. Quanto alla domanda di rimborso delle spese anticipate da C1 per gli studi del figlio X1 , la
richiesta è rimasta sfornita di prova e pertanto non può essere accolta.
15. Alla luce di tutto quanto precede, la domanda riconvenzionale spiegata da C1 merita
parzialmente accoglimento, limitatamente alla restituzione, da parte di P1 di Euro 200.000,00 oltre
interessi legali dalla domanda al saldo.
16. La convenuta ha altresì richiesto il pagamento delle spese della fase di a.t.p.
Secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte, le spese che attengono all'a.t.p., ivi
compresa quella per la ctu (cfr. Cass. 34540/2024), sono spese stragiudiziali e come tali devono essere
trattate nel successivo giudizio di merito, dovendo pertanto essere oggetto di apposita domanda,
con i conseguenti oneri probatori.
Per assolvere l'onere probatorio, occorre la prova effettiva dell'esborso ovvero la prova della debenza
dello stesso, derivante da un provvedimento del giudice o da una previsione di legge ovvero da
documento dotato di sufficiente valenza probatoria, quale ad esempio una fattura.
Nel caso di specie, risultano provate spese legali per Euro 3.677,80 (cfr. fattura sub doc. (...) - parte
convenuta) e spese di CTU, per Euro 2.456,57, come da decreto di liquidazione del giudice del 30
agosto 2022, che devono, pertanto, essere poste a carico di P1
17. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza di parte attrice e si liquidano come
in dispositivo sulla base del D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 147 del 2022, sulla base
di valori medi dello scaglione di riferimento.
P.Q.M.
Il Tribunale di Arezzo, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione
disattesa o assorbita, definitivamente pronunciando:
a) rigetta le domande spiegate da P1 nei confronti di C1 ;
b) in accoglimento parziale della domanda riconvenzionale spiegata da C1 , condanna P1 al
pagamento nei confronti di C1 della somma di Euro 200.00,00 oltre interessi legali dalla domanda al
saldo;
c) condanna P1 al pagamento nei confronti di C1 delle spese legali della fase di atp, per Euro 3.677,80;
d) pone definitivamente a carico di P1 le spese di ctu relative al procedimento per atp, liquidate in
Euro 2.456,57, come da decreto del 30 agosto 2022;
e) condanna P1 al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti di C1 , liquidate in Euro
14.103,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, iva e cpa come per legge.
Conclusione
Così deciso in Arezzo, il 13 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 13 maggio 2025.

Avv. Antonino Sugamele

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