SEPARAZIONE- Assegnazione degli immobili in comproprietà tra coniugi senza figli (Cc articoli 1102 e 1105)
Tribunale Santa Maria Capua Vetere, Sez. IV civile, sentenza 7 maggio 2025 n. 1503 – Giudice Verolla
TRIBUNALE DI S. MARIA CAPUA VETERE
Il Giudice Unico del Tribunale di S. Maria C.V., IV Sezione Civile, Gop avv. Angela Verolla, ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio civile iscritto al R.G. N. …/2021 ed avente ad oggetto: " Occupazione sine titulo"
TRA
P1 (C.F. (...)), residente in (...) (C.) alla Via (...) n. 28, rappresentato e difeso in virtù di procura in calce
all'atto di citazione dall'avv…., presso il cui indirizzo pec (...) è elettivamente domiciliato;
ATTORE
E
C1 (C.F. (...)), residente in S. M. C. (C.) alla Via (...) n. 110, rappresentata e difesa giusta procura
apposta su foglio separato da intendersi in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall'avv….,
presso il cui studio elettivamente domicilia in Pozzuoli (NA) alla Via …
CONVENUTA
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
La presente sentenza viene redatta ai sensi degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. con omissione
dello "svolgimento del processo" salvo richiamarlo ove necessario al fine di una migliore
comprensione delle motivazioni della decisione.
Con atto di citazione regolarmente notificato, il sig. P1 , premesso di avere contratto matrimonio con
la sig.ra C1 in data (...) 2013; di essere comproprietario con la stessa al 50% in regime di comunione
dei beni, ma acquistati con esclusivo denaro di esso attore, di due appartamenti (adiacenti) siti in S.
M. C. alla Via (...) n. 110, rispettivamente riportati in catasto al foglio (...) p.lla (...), sub (...) di vani 9,
in regime di separazione dei beni ed al foglio (...) p.lla (...), sub (...) di vani 4,5; di aver destinato il
primo appartamento (Immobile "A") a dimora abituale dei coniugi, mentre l'altro (Immobile "B") ad
uso investimento in quanto già locato all'atto dell'acquisto; di essere stato letteralmente "cacciato" di
casa dalla convenuta in data 01.09.2017 senza nemmeno poter prelevare i propri beni personali e le
chiavi di casa dell'altro appartamento; di aver il Tribunale di Santa Maria C.V. emesso dapprima
ordinanza presidenziale e successivamente sentenza di parziale di separazione del 12.02.2021, in
entrambi i casi senza nulla disporre in ordine all'assegnazione degli immobili in comproprietà; di
essere ciononostante la convenuta rimasta a vivere nell'appartamento coniugale, avendo
contemporaneamente nella sua esclusiva disponibilità anche l'altro appartamento conveniva innanzi
l'intestato Tribunale la sig.ra C1 per ivi sentirla condannare, previa declaratoria di occupazione
senza titolo delle unità immobiliari in comproprietà con il medesimo, a rilasciare libero e sgombero
da persone e cose gli immobili siti in S. M. C. V. (C.) alla Via (...) n.110, rimettendolo nel pieno e
legittimo possesso (quantomeno l'appartamento non abitato dalla convenuta pari al 50% della
comproprietà tra le parti), fissando contestualmente la data di esecuzione per il rilascio, nonché al
pagamento della indennità di occupazione nell'ammontare complessivo di Euro 24.015,00 (dal
01/09/2017 al 05/07/2021) o della somma ritenuta di giustizia, oltre al pagamento delle spese ed
onorari di causa.
Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la sig.ra C1 a mezzo dell'avv. Mario Russo, il
quale chiedeva il rigetto delle domande perché infondate in fatto ed in diritto, atteso che deteneva
legittimamente l'immobile utilizzato dal proprio nucleo familiare, essendone comproprietaria, ed
avendo dunque il diritto di uso, ex art. 1102 c.c., mentre l'altro immobile era sempre stato vuoto e
libero, potendo pertanto l'attore occuparlo in via esclusiva quando e come voleva. Evidenziava in
particolare la convenuta che, contrariamente a quanto asserito dall'attore, questi non era stato
cacciato di casa, ma a seguito di quotidiane discussioni e litigi con la coniuge, aveva deciso
volontariamente e con il consenso della moglie di allontanarsi momentaneamente dalla casa
coniugale trasferendosi presso l'abitazione della mamma, alla quale versava una somma mensile di
Euro 300,00 quale contributo alle spese di gestione della casa. Precisava ancora la C1 , di non aver
mai impedito all'attore di portare con sé le chiavi degli appartamenti, di non aver sostituito le
serrature delle porte d'ingresso degli immobili in questione, rendendosi in ogni caso disponibile, a
richiesta dell'attore, a fargli un duplicato delle chiavi laddove non più in suo possesso.
Nelle more del giudizio, l'attore dava atto che era stata emessa in data 20.10.2023, sentenza Collegiale
di separazione n. .../2024 pubblicata in data 30.05.2024, con la quale le determinazioni in ordine alla
destinazione dei beni personali degli ex coniugi erano state rimandate a decisione di altro giudice,
differente da quello della separazione, non accogliendo la richiesta di assegnazione della casa
coniugale spiegata dalla resistente.
La causa veniva istruita in via esclusivamente documentale, indi perveniva all'udienza del 6 febbraio
2024, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., all'esito della quale, sulle conclusioni precisate dalle
parti come in epigrafe, la causa veniva riservata per la decisione di merito con la concessione dei
termini ordinari ex art. 190 c.p.c.
La domanda attorea è solo parzialmente fondata.
Deduce parte attrice, allegando a sostegno gli atti di compravendita e le visure catastali (e ciò, in
difetto di contestazione, appare sufficiente ai fini del presente giudizio), di esser comproprietario,
unitamente alla convenuta, degli immobili siti in S. M. C. V. alla Via (...) n. 110, di cui quello al sub.
(...) di vani 9 in regime di separazione dei beni e l'altro al sub. (...) di vani 4 in regime di comunione
dei beni, in ragione del 50% ciascuno. Detta circostanza è incontestata tra le parti.
È inoltre documentalmente provato, per un verso, che con i provvedimenti temporanei e urgenti ex
art. 4 L. n. 898 del 1970 dell'll.11.2019 nulla è stato disposto in ordine all'assegnazione della casa
coniugale in comproprietà, in ragione dell'assenza di figli minorenni o maggiorenni non
economicamente autosufficienti e, per altro, che con la sentenza non definitiva del 12.02.2021 in atti,
il Tribunale di S. Maria C.V. ha pronunciato la separazione personale dei coniugi, senza nulla statuire
in ordine agli immobili per cui è causa, sentenza a cui ha fatto seguito, come dichiarato dall'attore,
quella definitiva di separazione n. .../2024 pubblicata in data 30.05.2024 con la quale le
determinazioni in ordine alla destinazione dei beni personali degli ex coniugi sono state rimandate
a decisione di altro giudice, non accogliendo il collegio la richiesta di assegnazione della casa
coniugale spiegata dalla resistente.
Alcuna regolamentazione dei rapporti tra i medesimi, anche per quanto riguarda l'eventuale
assegnazione della casa familiare e dell'altro immobile in comproprietà è dunque avvenuta
nell'ambito del giudizio di separazione.
Ne discende che se da un lato risulta provato che entrambe le parti avevano pari titolo per detenere
gli immobili per cui è causa, in assenza di provvedimento giudiziale di assegnazione, non sussisteva
alcun diritto all'utilizzo esclusivo dei beni da parte dell'uno o dell'altro coniuge, dovendo restare i
beni nella disponibilità di entrambi i comunisti.
Invero, la casa familiare in comproprietà, se non può essere oggetto di assegnazione a uno dei
coniugi, come nel caso di specie, resta soggetta alle norme sulla comunione, al cui regime dovrà farsi
riferimento per l'uso e la divisione (Cass. n. 16398/2007).
I rapporti di godimento dell'alloggio tra gli ex coniugi vengono pertanto regolamentati dall'art. 1102
c.c., e si verifica la violazione dei criteri stabiliti dallo stesso art. 1102 c.c. in ipotesi di occupazione
dell'intera casa familiare ad opera dell'ex coniuge comproprietario e non assegnatario della stessa,
con sua destinazione ad utilizzazione personale esclusiva, tale da impedire all'altro comproprietario
il godimento dei frutti civili ritraibili dal bene, con conseguente diritto al rilascio del bene in favore
della comunione e ad una corrispondente indennità (cfr. Cass. n. 5156/2012; cfr. anche Cass. n.
19488/2015; 7197/2014; 19929/2008).
Nell'ipotesi de qua, l'accertamento è teso dunque innanzitutto a stabilire se la convenuta abbia
violato i detti limiti normativi nell'uso della cosa comune, continuando, anche dopo la separazione,
a destinare l'ex casa coniugale a sua esclusiva abitazione personale ed impedendo il pari godimento
all'ex coniuge (odierno attore) del detto appartamento nonché dell'ulteriore immobile in
comproprietà, in assenza di un titolo che la legittimasse a detenere autonomamente detti beni.
L'attore assume di essere stato letteralmente cacciato di casa e che gli immobili sarebbero rimasti nel
possesso esclusivo della sola convenuta, invocando pertanto l'accertamento dell'ingiusta detenzione
e la condanna di quest'ultima al loro immediato rilascio, oltre al risarcimento del danno. La
convenuta dal conto suo, ha opposto di non aver mai impedito il pari godimento degli immobili in
comproprietà all'attore, precisando di non avergli mai impedito di portare con sé le chiavi degli
appartamenti e di non aver sostituito le serrature delle porte d'ingresso degli appartamenti in
questione, potendo egli accedervi liberamente e rendendosi disponibile in ogni caso a fargli un
duplicato delle chiavi, ove non più in suo possesso.
Ebbene, alcuna prova è stata fornita dall'attore in ordine al presunto impedimento frapposto dalla
C1 al godimento degli immobili di cui egli ha provato di essere comproprietario, ed anzi non essendo
neppure oggetto di contestazione la circostanza che le serrature di ingresso degli immobili non
fossero state sostituite dalla convenuta.
Per vero, come si evince dalla lettura del verbale di prima comparizione dei coniugi dinanzi al
Presidente nel giudizio di separazione, lo stesso P1 si dichiarava disponibile a titolo conciliativo a
lasciare la moglie nella casa coniugale persino per un periodo medio-lungo, continuando a pagare
le rate del finanziamento, dunque indirettamente affermando di aver volontariamente rinunciato,
almeno temporaneamente, a godere parimenti del bene in comunione, non essendo il mancato
godimento dell'immobile frutto di un impedimento frapposto dalla convenuta, ma di una decisione
dello stesso attore.
Quanto invece all'ulteriore immobile di proprietà dei coniugi, si evidenzia che dalla documentazione
in atti ben si evince come lo stesso attore fosse certamente a conoscenza della circostanza che detto
appartamento non era abitabile sin dalla separazione di fatto dei coniugi e dunque infruttifero,
avendo precisato nel mentovato verbale di comparizione dei coniugi, che "l'altro casa in
comproprietà nello stesso stabile non è affittata poiché richiede interventi di manutenzione", come
richiamato anche nell'ordinanza presidenziale ove si dava atto che il P1 era "comproprietario di due
abitazioni in S. M. C. V. che non producevano reddito poiché l'uno occupata dalla resistente e l'altra
non abitabile"
Peraltro, anche con riferimento a tale immobile, non vi è prova che la convenuta avesse inteso
estrometterne l'attore dal godimento contro la sua volontà, pur avendo ammesso di aver sempre
detenuto solo lei le chiavi e l'immobile de quo, come si evince dalla email di riscontro del 20.01.2020
ove alla richiesta dell'attore di consegna delle chiavi, a mezzo del proprio difensore, la C1 precisava
che il P1 non aveva mai detenuto le chiavi dell'immobile in comproprietà sito accanto all'abitazione
coniugale, essendo state sempre in possesso, in uno all'immobile, della sola convenuta.
Non possono pertanto imputarsi alla convenuta neppure eventuali responsabilità per danni da
omessa manutenzione dell'immobile in comproprietà sito accanto all'abitazione coniugale, in
possesso della medesima, posto che per un verso non vi è prova che eventuali danni fossero da
ricondursi proprio all'omessa custodia dell'immobile da parte della C1 e per altro verso, poiché
l'appartamento de quo non era abitabile fin da quando il P1 si allontanava dalla casa familiare,
necessitando di interventi di sistemazione onde renderlo fruibile:
Quindi,sulla scorta di quanto emerso documentalmente, può affermarsi che per quanto la convenuta
detenesse in via esclusiva entrambi gli immobili in comproprietà, non risulta provato che ella avesse
in qualche modo impedito all'attore di farne parimenti uso e lo avesse in qualche modo escluso dalla
comunione. Ed anzi nelle proprie difese, oltre a confermare che l'immobile era sempre stato lasciato
libero e vuoto, manifestava la volontà consentire all'attore di occuparlo autonomamente quando e
come voleva.
Ad ogni buon conto, nelle more del giudizio la sig.ra C1 , a mezzo del proprio legale, ha provveduto
a consegnare all'attore le chiavi dell'immobile non abitato come da racc. a/r del 05.04.2022 in atti,
consentendogliene il pieno utilizzo anche in via esclusiva.
Deve essere pertanto dichiarata sul punto la cessazione della materia del contendere, atteso che il
bene (Immobile "B") è stato posto nella piena disponibilità dell'attore e dunque rilasciato in favore
della comunione.
Quanto invece all'appartamento in comproprietà destinato ad abitazione coniugale si evidenzia che,
ove l'immobile venga detenuto in via esclusiva da uno solo dei coniugi, come nell'ipotesi de qua, va
ordinato non il rilascio di una "quota ideale" da un comproprietario all'altro, bensì il rilascio in favore
della comunione, "condizione che legittima, con l'accertamento dell'inesistenza di un titolo a
detenere autonomamente il bene, la successiva assunzione, da parte della comunione, delle
determinazioni possibili, anche con lo strumento di cui all'art. 1105 c.c." (cfr. Cass. n. 19488/2015). Al
coniuge separato rimasto senza titolo nella casa familiare di proprietà comune il giudice non ordina
infatti di rilasciare la quota ideale del bene all'altro coniuge, ma di rilasciare l'intero bene alla
comunione, legittimata ad assumere le sue determinazioni, anche a norma dell'art. 1105 c.c.
Alla luce dei predetti principi, non avendo la convenuta provato di avere un valido titolo da opporre
per potere continuare nella detenzione esclusiva dell'immobile oggetto di causa, per quanto non vi
è prova che tale detenzione sia avvenuta ad oggi contro la volontà dell'altro comunista, la stessa
deve essere comunque condannata alla restituzione in favore della comunione dei beni immobili
oggetto di causa e dunque in favore anche dell’ attore.
Non può accogliersi invece la domanda attorea tesa alla restituzione del mobilio presente nell'ex
abitazione coniugale, poiché tardivamente proposta solo con le ultime memorie e non essendovi
prova in merito alla proprietà in capo all'attore dei beni indicati.
Va altresì disattesa la domanda di condanna della convenuta al pagamento dell'indennità da
occupazione sine titulo, siccome rimasta del tutto sfornita di prova.
Al riguardo, mette conto richiamare che la Cassazione a SS.UU. con la nota sentenza n. 33645/2022
ha affermato che "nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto
costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta
possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto, mediante concessione a terzi
dietro corrispettivo, restando, invece, non risarcibile il venir meno della mera facoltà di non uso,
quale manifestazione del contenuto del diritto sul piano astratto, suscettibile di reintegrazione
attraverso la sola tutela reale".
In particolare, è stato ritenuto che il danno da occupazione sine titulo non va inteso come danno in
re ipsa, quanto, piuttosto, come "danno presunto" o "danno normale", dovendosi privilegiare la
prospettiva della presunzione basata su specifiche circostanze da cui inferire il pregiudizio allegato.
Trattandosi di danno presunto, la Cassazione ha chiarito che "nella comune fattispecie di
occupazione abusiva d'immobile è al contrario richiesta, come si è visto, l'allegazione della concreta
possibilità di esercizio del diritto di godimento che è andata persa". In altri termini, il danneggiato
deve allegare la concreta possibilità di godimento perduta e, cioè, gli specifici pregiudizi subiti, fra i
quali si possono identificare non solo le occasioni perse di vendita a un prezzo più conveniente
rispetto a quello di mercato, ma anche le mancate locazioni a un canone superiore a quello di
mercato.
Ebbene, essendo queste le coordinate ermeneutiche espresse dalla più recente giurisprudenza, può
concludersi che l'attore non ha assolto all'onere di allegazione e prova del danno lamentato nei
termini sopra menzionati.
Alcuna indennità è pertanto dovuta dalla sig.ra C1 in ordine agli immobili in comproprietà.
In ordine alle spese processuali, considerando la qualità delle parti e sussistendo giusti ed equi
motivi, anche alla luce dell'accoglimento solo parziale della domanda ed il rigetto di tutte le ulteriori
domande attoree, le stesse vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Giudice del Tribunale di Santa Maria C.V., IV Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni
contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
- accoglie parzialmente la domanda e per l'effetto, condanna la convenuta al rilascio dell'immobile
sito in S. M. C. V. alla Via n. 110 riportato in catasto al foglio X p.lla X , sub X , nella piena disponibilità
di entrambi i partecipanti alla comunione;
- dichiara l'intervenuta cessazione della materia del contendere tra le parti in ordine al rilascio
dell'immobile sito in S. M. C. V. alla Via (...) n. 110 riportato in catasto al foglio (...) p.lla (...), sub (...);
- rigetta la domanda di risarcimento del danno da occupazione sine titolo;
- rigetta la domanda attorea di restituzione del mobilio presente nella casa coniugale
- dichiara interamente compensate le spese di lite tra le parti.
Conclusione
Così deciso in Santa Maria Capua Vetere, il 7 maggio 2025.
Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2025.
06-06-2025 22:02
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