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Sentenza

Natura negoziale dell’accordo di separazione omologato ed opposizione a precetto per rate di mutuo insolute

(Cc, articolo 158 e 1299; Cpc, articoli 96, 281-sexies e 474)
Natura negoziale dell’accordo di separazione omologato ed opposizione a precetto per rate di mutuo insolute (Cc, articolo 158 e 1299; Cpc, articoli 96, 281-sexies e 474)
Corte d’Appello Reggio Calabria sentenza, 14 marzo 2025 n. 257 – Pres. Morabito; Giud. Aus. est. Mazzuca
Corte di Appello di Reggio Calabria
Sezione civile
riunita in camera di consiglio e composta dai magistrati:
1 dr.ssa Patrizia Morabito - Presidente
2 dr. Natalino Sapone - Consigliere
3 dr.ssa Daniela Mazzuca- Giudice ausiliario est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. …del 2019 R.G., posta in decisione all'udienza del
9.09.2024, vertente
TRA
P1 (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, via…, presso lo studio degli avv.ti …che
lo rappresentano e difendono in virtù di mandato in calce all'atto di citazione in appello
- appellante-
E
C1
-appellata contumace-
oggetto: opposizione a precetto - appello avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n.
…/2019, pubblicata il 21.03.2019.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione regolarmente notificato, P1 proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di
Reggio Calabria, avverso l'alto di precetto, notificato in data 29.05.2013, con il quale l'ex coniuge, C1,
gli intimava il pagamento della somma di Euro. 2.901,10 - a titolo di rate di mutuo rimaste impagate
- che, sulla scorta del provvedimento di omologa della separazione, avrebbero dovuto essere
corrisposte dal P1 in favore dell'I.B.. Adduceva l'opponente la genericità dell'importo precettalo e la
modifica in peius delle proprie condizioni economiche chiedendo, all'adito Tribunale, di dichiarare
la nullità del precetto con condanna della C1 al risarcimento del danno, ex art. 96 c.p.c., ovvero, in
subordine, di ridurre l'importo intimato.
Si costituiva, ritualmente, la creditrice opposta contrastando l'avversa opposizione e precisando di
avere intimalo il pagamento della somma di Euro. 2.901,10 "per pagare la rata di mutuo pari ad Euro.
560,00 acceso ai lini della ristrutturazione della casa coniugale sita in cala (...) n. 24 (RC)" di cui il P2
si era assunto l'obbligo in sede di separazione omologata in data 28.03.2012.
Istruito il giudizio documentalmente, all'udienza del 21.03.2019 le parti precisavano le conclusioni
e, previa discussione orale, la causa veniva decisa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. con lettura
contestuale del dispositivo e delle ragioni della decisione.
Con sentenza n. .../2019, il Tribunale di Reggio Calabria accoglieva, parzialmente, l'opposizione
proposta dichiarando che il credito vantato dall'opposta, nei confronti dell'opponente, era pari ad €
2.730,00 e condannando il P1 al pagamento delle spese legali, in favole di C1, parzialmente
compensate nella misura di I/3.
Avverso tale decisione, con atto di citazione regolarmente notificato. proponeva appello P1
chiedendone l'integrale riforma con vittoria giudiziali, da distrarsi in favore dei costituiti procurato!
i, dichiaratisi antistatari.
Non si costituiva C1 , nonostante la regolare notifica dell'atto di citazione, di cui veniva dichiarata la
contumacia con ordinanza di questa Corte del 30.11.2021.
Con ordinanza del 30.09.2024, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 9.09.202 1 - svoltasi
con le modalità di cui all'art. 127 ter c.p.c., come novellato dall'art. 35 D. Lgs. n. 119 del 2022 - la causa
veniva assegnata in decisione con i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse
conclusionali e memorie di replica.
Motivi della decisione
L'appello deve essere accollo per i motivi che seguono.
- Con il primo motivo di gravame, parte appellante censura la sentenza di primo grado adducendo
che il Tribunale avrebbe dovuto accogliere l'opposizione per assenza di un valido titolo per agire
esecutivamente oltre che per diletto di legittimazione attiva dell'opposta. In ordine al primo punto
precisa che il giudice dell'opposizione è tenuto a compiere d'ufficio la verifica dell'esistenza del titolo
posto alla base dell'azione esecutiva, in quanto "l'esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce
presupposto della stessa azione esecutiva mentre, con riferimento al secondo, evidenzia che titolo
esecutivo da cui trae origine la pretesa oggetto del presente procedimento di opposizione si fonda
sul decreto di omologa n. 95/2012 che pone, a carico del P1 l'obbligo di pagare la rata del mutuo
acceso ai fini della ristrutturazione della casa coniugale in favore dell'I.B.B. S.p.a., che rappresenta
l'unico soggetto legittimato a procedere ad esecuzione nel caso di mancato adempimento degli
obblighi derivanti dal contratto di mutuo".
Sulla scorta di tali motivi insiste affinché questa Corte, in riforma della gravata sentenza, dichiari
nullo l’atto di precetto notificato.
La doglianza è fondata per le ragioni che seguono.
Deve premettersi che, correttamente, il Tribunale ha ricondotto la fattispecie de (pio nell'alveo
dell'opposizione ex art. 615 c.p.c., che, come noto, vede come proprio tipico thema decidendum la
verifica della sussistenza del diritto del creditore precettante di agire esecutivamente per l'attuazione
dell'obbligo contenuto in quello indicato in precetto come titolo esecutivo.
L'accertamento imposto da siffatta domanda era, perciò, l'idoneità del titolo a supportare la
preannunciata azione esecutiva e, dunque, la sua rispondenza ai requisiti di cui all'art. 174 c.p.c..
Ed invero, allorquando si contesti il diritto di procedere all'esecuzione forzata perché il credito di
chi la minaccia o la inizia non è assistito da titolo esecutivo, l'accertamento dell'idoneità del titolo a
legittimare l'azione esecutiva si pone come preliminare dai punto di vista logico per la decisione sui
motivi di opposizione, anche se questi non investano direttamente la questione (cfr., anche nelle
rispettive motivazioni, Cass. n. 3977 del 2012, Cass. n. 12415 del 2016 e, incidentalmente, Cass. n.
15376 del 2022; Cass. n. 21240 del 2019, Cass. n. 20868 del 2017, Cass. n. 1925 del 2015).
Tanto premesso, nel delineare la natura giuridica del provvedimento di omologazione della
separazione personale, la Corte di legittimità ha rimarcato la distinzione fra gli aspetti di natura
negoziale sottesi alla separazione consensuale e quelli propri del decreto previsto dall'art. 158 c.c.,
comma 2, (nel testo, qui applicabile catione temporis, vigente anteriormente all'avvenuta sua
abrogazione disposta dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, art. 1. comma 2. lett. b)), precisando che la
separazione trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi, dinanzi al Presidente del
Tribunale, e che la successiva omologazione è unicamente diretta ad attribuire efficacia dall'esterno
all'accordo di separazione, assumendo la funzione di condizione sospensiva della produzione degli
eliciti delle pattuizioni stipulale tra i coniugi, già integranti un negozio giuridico perfetto ed
autonomo (cfr. Cass. n. 26202 del 2013; Cass. n. 17607 del 2003).
Per inciso, l'accordo di separazione tra i coniugi costituisce l'elemento fondante della condizione di
coniugi separati e del regolamento dei loro rapporti, mentre il provvedimento di omologazione
svolge la funzione di controllare la compatibilità della convenzione rispetto alle norme cogenti ed ai
principi di ordine pubblico, nonché di compiere la pili pregnante indagine circa la conformità delle
condizioni relative all''affidamento ed al mantenimento dei minori al loro interesse, e quindi di
imprimere efficacia giuridica all'accordo stesso (cfr. Cass. n. 26202 del 2013; Cass. n. 9287 del 1997).
Il suddetto provvedimento, in altri termini, realizza - in funzione di tutela dei diritti indisponibili
del soggetto più debole e dei figli - un controllo solo esterno su tale accordo, attesa la natura
negoziale dello stesso, da affermarsi in ragione dell'ormai avvenuto superamento della concezione
che ritiene la preminenza di un interesse superiore e trascendente della famiglia rispetto alla somma
di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass.
n. 18066 del 2014; Cass., n. 10463 del 2018; Cass., SU, n. 21761 del 2021).
C. appella citata Cass., SU, n. 21761 del 2021, inoltre, ha anche chiarito che il suddetto accordo di
separazione, in quanto inserito nel verbale d'udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato
a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art.
2699 c.c..
Alla stregua di tali considerazioni, dunque, deve concludersi che il menzionato accordo di
separazione omologato debba farsi rientrare tra i titoli esecutivi di cui all'art. 474 c.p.c., comma 2, n.
3, a tenore del quale, sono altresì titoli esecutivi "gli alti ricciuti da notaio o altro pubblico ufficiale
autorizzato dalla legge a riceverli".
In tale evenienza è, in linea generale, idoneo a innescare un processo di esecuzione forzata in danno
del coniuge inadempiente qualora consenta la determinazione della somma dovuta e, dunque,
indichi un credito determinalo o determinabile (il principio è stato ribadito dalla Corte di cassazione
con l'ordinanza n. 15697 del 5 giugno 2023).
Sennonché, con riferimento alla vicenda in esame, va, preliminarmente, evidenziato che l'obbligo di
cui è stato inumalo l'adempimento con l'atto di precetto non rientrava tra quelli di mantenimento di
cui all'art. 156 c.c. e, dunque, tra quegli obblighi che rappresentano il contenuto patrimoniale
"naturale" del decreto di omologa ed in relazione ai quali, quest'ultimo, può essere considerato
automaticamente titolo esecutivo.
Infatti, la pattuizione de qua - ovvero l'assunzione dell'obbligo del P2 di corrispondere le rate del
mutuo acceso ai fini della ristrutturazione della casa coniugale - rappresentava il frutto della libera
autonomia negoziale delle parti, su cui nessun controllo è stato operato dal Tribunale in sede di
omologa.
In altri termini - sebbene l'obbligo si inserisse a pieno titolo, nell'ambito delle pattuizioni concernenti
l'assetto patrimoniale tra i coniugi conseguente alla separazione, come dagli stessi convenuto
nell'accordo di separazione consensuale - l'intervenuta omologazione di tale accordo, che presidia
la tutela degli interessi delle parti, meritevoli di tutela, non era tale da elidere la natura meramente
negoziale di tale accordo e dunque, la sua soggezione alla disciplina propri degli atti negoziali.
accordo e dunque, la sua soggezione alla disciplina propri degli atti negoziali. dall'art. 474 c.c.
sostanziandosi, in realtà, nell'assunzione di un'obbligazione (interna) di facere che attribuiva
all'opposta il diritto, non di esigere la somma mutuata, bensì di essere tenuta indenne - nell'ambito
dei rapporti interni che intercorrevano con l'ex coniuge - dal peso del debito al quale l'accollante
doveva adempiere mediante pagamento diretto delle singole rate alla banca mutuataria.
Peraltro, nei rapporti interni, affinché il credito sia "esigibile" è necessario che il soggetto non
obbligato ne documenti l'anticipo, nascendo solo in seguito al pagamento non dovuto, il diritto di
ricevere dall'obbligato, in forza del titolo, il rimborso delle somme (è questo il principio generale
desumibile dall'art. 1299 c.c.: "il debitore in solido che ha pagato finterò debito può ripetere dai
condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi").
In caso contrario - e cioè quando come nella specie - il coniuge condebitore solidale non deduca di
aver pagato le somme in luogo del diretto obbligalo, bensì semplicemente intimi con allo di precetto
al coniuge destinatario l'obbligo il pagamento delle stesse al terzo, si configura un precetto avente
ad oggetto un diverso obbligo, non più quello di pagamento di una somma di denaro, quale credito
di rimborso, bensì quello ad un lare specifico - pagamento in favore di terzo - per definizione, di
natura infungibile non potendo il suo realizzarsi prescindere dall'impulso processuale del terzo nella
veste di creditore - esecutante.
Sulla scorta delle considerazioni esposte, l'opposizione proposta deve essere accolta con
conseguente dichiarazione di nullità dell'atto di precetto, per mancanza di titolo esecutivo.
Resta assorbito il secondo motivo di gravame con il quale l'appellante lamenta, in via subordinata,
l'erronea quantificazione degli importi dovuti ad opera del Giudice di prime cure.
La riforma della sentenza di primo grado rende necessario procedere ad una nuova
regolamentazione delle spese processuali secondo un criterio unitario e globale fondalo sull'esito
complessivo della lite (in tal senso v. Cass. n. 15483/2008; Cass. n. 4052 del 19.2.2009; Cass. n. 6259
del 18.3.2014; Cass. n. 11423 dell'1.6.2016).
Quindi, le spese di entrambi i gradi del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate, per
entrambi i gradi, secondo i parametri stabiliti in applicazione dei criteri di cui al Regolamento Min.
Giustizia n. 117 del 13.08.2022, in vigore dal 23.10.2022, e certamente da applicarsi al procedimento
in oggetto - dovendosi tale liquidazione operare senza distinzioni di normativa applicabile
relativamente al tempo dell'introduzione della lite e dell'inizio dell'avvio dell'attività defensionale
(come pure da ultimo riconosciuto dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 261 del 4-7.11.2013)
ma soltanto al dì della pronuncia - condividendosi, da parte di questa Corte, il principio di diritto
da ultimo alleluiato da Cass. Sez. 6-L, ordinanza n. 31884 del 10/12/2018, secondo cui:
"... In tema di spese processuali, i parametri introdotti dal D.M. n. 55 del 2014. cui devono essere
commisurati i compensi dei professionisti, trovano applicazione ogni qual volta la liquidazione
giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto,
ancorché la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa
regolamentazione, purché a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata.
Ne consegue che. qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata
in vigore del detto D.M. non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni
professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quei grado; nondimeno, in
caso di riforma della decisione, il giudice dell'impugnazione, investilo ai sensi dell'art. 336 c.p.c.
anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al
momento della sentenza d'appello, atteso che l'accezione omnicomprensiva di "compenso" evoca la
nozione di un corrispettivo unitario per l'opera prestata nella sua interezza ... e, perciò, nei termini
seguenti
Primo grado:
Competenza: Tribunale
Valore della causa da Euro. 1.101 ad Euro. 5.200
Fase studio controversia Euro. 460,00
Fase introduttiva del giudizio Euro. 389,00
Fase istruttoria Euro. 810,00
base decisoria Euro. 851,00
Totale compenso tabellare Euro. 2.540,00
Secondo grado:
Competenza: Corte d'Appello
Valore della causa da Euro. 1.101 ad Euro.5.200
Fase studio controversia Euro. 268.00
Fase introduttiva del giudizio Euro. 268,00
Fase trattazione Euro. 992,00
Fase decisoria Euro. 126,00
Totale compenso tabellare Euro. 1.951,00
Si da atto, in proposito, che la superiore liquidazione ha avuto luogo con applicazione dei valori
minimi delle vigenti tariffe professionali avuto riguardo ai parametri allo scopo individuati dal citalo
D.M. di cui:
all'art. 2 comma 1 (e cioè l'importanza dell'opera defensionale prestata, in quanto non connotata da
alcuna peculiarità o complessità specifica in fallo o in diritto);
all'art. I comma 1 (e cioè "... dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della
natura, della difficoltà e del valore dell'altare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati
conseguili, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fallo trattate. In ordine alla
difficoltà dell'affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali, e della quantità e del
contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con
altri soggetti ..."), nulla essendo emerso in proposito come meritevole di rilievo in parte qua.
P.Q.M.
La Corte d'Appello di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da P1
avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 488/2019, pubblicata il 21.03.2019, così
decide:
- accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, dichiara la nullità dell'atto di
precetto notificato in data 29.05.2013;
- condanna C1 al pagamento delle spese legali di entrambi i gradi del giudizio, in favore di P1 ,
quantificate per il primo grado di giudizio in Euro 2.540,00 a titolo di compenso, oltre rimborso
contributo, forfetarie, IVA e CAP come per legge e, per il presente grado, in Euro. 1.954,00 a titolo di
compenso, oltre rimborso contributo unificato, forfetarie, IVA e CAP come per legge, da distrarsi in
favore dei procuratori costituiti dichiaratisi antistatali.
Conclusione
Così deciso in Reggio Calabria nella Camera di Consiglio del 25 febbraio 2025.
Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2025.
Avv. Antonino Sugamele

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