MANTENIMENTO FIGLI - Revoca del mantenimento del figlio maggiorenne in età adulta inserito nel mondo del lavoro
(Cpc, articoli 473-bis.22 e 473-bis.24)
In caso di riduzione o revoca dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne, la regola della retroattività della statuizione giudiziale deve essere contemperata con i principii di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di tali prestazioni, le quali hanno carattere alimentare. Pertanto, da un lato, la parte creditrice non può essere costretta a restituire quanto il soggetto debitore ha già versato per il periodo intercorrente dal deposito della domanda sino alla statuizione definitiva di riduzione o revoca e, dall’altro, la parte debitrice non deve corrispondere quanto non ancora corrisposto per il medesimo periodo. In particolare, il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne, in regime di separazione, comporta che la normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, sicché la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre ove il soggetto obbligato non abbia ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non sono più dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione.
Corte d’Appello Torino, sezione delle persone, dei minori e della fam., ordinanza 16 luglio 2025 – Pres. Mascarello; Rel. Pappalettere
CORTE D'APPELLO DI TORINO
Sezione Minorenni - Famiglia
riunita in Camera di Consiglio in persona dei Signori Magistrati:
Dott.ssa Carmela Mascarello - Presidente
Dott.ssa Eleonora Montserrat Pappalettere - Consigliere rel.
Dott.ssa Anna Giulia Melilli - Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nella causa civile sopra rubricata, promossa in sede di reclamo da:
CD , rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'Avv. …ed elettivamente domiciliato presso
lo studio di quest'ultimo in Domodossola, via…,
PARTE RECLAMANTE
contro:
GP rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'Avv. …ed elettivamente domiciliata presso lo
studio di quest'ultima in Milano, Via …
PARTE RECLAMATA
avverso
l'ordinanza n. cron…. /2025 emessa dal Giudice Delegato del Tribunale di Verbania in data
07.01.2025, ai sensi dell'art. 473-bis.22 c.p.c., nel procedimento n. 650/2024.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
I signori DC e PG contraevano matrimonio concordatario in X in data X 1994. Dall'unione nascevano
due figli, ormai entrambi maggiorenni: la figlia CR ormai economicamente indipendente, e il figlio
L (nato il X (...)).
Il Tribunale di Verbania, adito con ricorso per separazione dalla signora G , con la sentenza n. …/2021
pubblicata il 05.05.2021, definitivamente decideva - per quel che qui interessa - in tal senso:
- assegnava la casa coniugale in uso alla moglie;
- poneva a carico di CD l'obbligo di corrispondere alla signora G entro il 10 del mese, a titolo di
contributo per il mantenimento del figlio L , la somma di curo 700,00, oltre al 70% delle spese
straordinarie (dettagliatamente indicate nel dispositivo della sentenza stessa);
- poneva a carico di CD l'obbligo di corrispondere alla signora G entro il 10 del mese, a titolo di
assegno di mantenimento, la somma di Euro 1500,00 da rivalutarsi annualmente secondo gli indici
ISTAT.
In data 24.06.2024, il signor C ricorreva al Tribunale di Verbania per la dichiarazione di cessazione
degli effetti civili del matrimonio, chiedendo in tale sede di ridurre l'assegno a favore della moglie,
di revocare rassegnazione della casa coniugale alla moglie, assegnandola in pari quota ai coniugi,
nonché di revocare con effetto retroattivo al 2022 rassegno di mantenimento del figlio L IN
QUANTO ECONOMICAMENTE indipendente.
Si costituiva la signora G chiedendo di dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio; di
assegnare la casa familiare a sé; di confermare l'obbligo del signor C di contribuire al mantenimento
del figlio L con le modalità già disposte in sede di separazione; di disporre l'obbligo del signor C di
contribuire al mantenimento della moglie tramite il versamento della somma mensile di Euro
1.750,00, soggetta a rivalutazione ISTAT.
Con ordinanza ex art. 473 bis 22 c.p.c., qui impugnata, il Tribunale di Verbania, in via temporanea e
urgente, confermava le condizioni della separazione di cui alla citata sentenza di separazione e
ammetteva la prova testimoniale del teste CL (figlio della coppia), ritenendo che la sua allegata
indipendenza economica necessitasse di istruttoria.
All'udienza del 22 maggio 2025, fissata per l'audizione di LC , questi non si presentava. Il Difensore
della madre esibiva una comunicazione con cui il giovane dichiarava di essere impossibilitato a
comparire "per motivi lavorativi". Il Giudice fissava nuova udienza al 26 giugno 2025 per i medesimi
incombenti. Neanche a questa udienza il teste compariva e il Difensore della madre nuovamente
esibiva una mail con la quale LC riferiva di avere "impegni professionali". Il Giudice fissava ulteriore
udienza per l'escussione del teste al 23 ottobre 2025 (senza peraltro disporne l'accompagnamento
coattivo).
Ha proposto reclamo il signor C chiedendo di accertare la sussistenza di mezzi economici adeguati
da parte della sig.ra GP e pertanto di ridurre della metà l'assegno divorzile da corrispondere in suo
favore; di revocare l'assegnazione della casa coniugale alla moglie, assegnandola in pari quota ai
comproprietari C e G ; di revocare con effetto retroattivo al 2022 l'assegno di mantenimento del figlio
L in quanto economicamente autosufficiente.
In punto assegno di mantenimento a favore della moglie, parte reclamante lamenta che in sede di
separazione è stato concesso un assegno di mantenimento in favore della moglie pari a 1.500,00
mensili, oggi pari a oltre 1.750,00 euro. Risulterebbe, tuttavia, che la sig.ra G , proprietaria in X
(Savona) di un appartamento dal valore di circa E 35U.U00/400.000, ricavi o comunque potrebbe
ricavare un reddito locativo quantificabile in almeno 25.000/30.000 all'anno, reddito che, unito a
quello ricavato dall'attività di insegnante di lingue e da quella di vendita di prodotti X Italia, la
renderebbe economicamente autosufficiente. Il Sig. CD , nel 2022 (Mod. 730-2023) ha invece
percepito un reddito complessivo lordo di Euro 44.622,00 - nel 2021 di Euro 30.285,00 e nel 2020 di
Euro 43.929,00. Lo stesso vive in un appartamento in affitto per il quale versa un canone di locazione
mensile di Euro 480,00.
In punto assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne, il signor C rappresenta che non
sussistono più i presupposti per il mantenimento, atteso che il figlio si è laureato nel 2021, ha quasi
27 anni, è titolare di partita IVA da tempo ed è in fase di consolidamento della clientela. È pertanto
autosufficiente dal punto di vista economico, come accertato dalla documentazione prodotta. Il figlio
L utilizza una stanza, quale suo ufficio, presso lo studio del padre, in comodato gratuito, ha spostato
la residenza in X , presso il domicilio del padre, passando 15 giorni alterni con i genitori.
A tal fine il reclamante cita la recente sentenza della Corte di Cassazione, 24.01.2023 n. 2056, nella
quale, considerando l'età avanzata dei figli (29 anni), è stato ritenuto legittimo presumere, salvo
prova contraria, che gli stessi siano in grado di lavorare e di provvedere autonomamente al proprio
mantenimento, in assenza di qualsiasi disabilità, impedimento o percorso di studi incompleto. Tale
approccio si basa sul principio per cui il figlio maggiorenne, una volta completato il percorso
formativo scelto, deve dimostrare di aver intrapreso azioni concrete per raggiungere l'autonomia
economica, inclusa l'attiva ricerca di opportunità lavorative offerte dal mercato, anche
ridimensionando le proprie aspirazioni se necessario.
Relativamente alla casa coniugale, il signor C rappresenta che la casa familiare ormai non è più
residenza dei figli, in quanto L vi soggiorna per soli 15 giorni al mese, pertanto, non vi è più alcuna
ragione affinché la casa resti assegnata in via esclusiva alla signora G . Richiama in tal senso la recente
ordinanza n. 32151, depositata il 20 novembre 2023, della Sezione Prima civile della Cassazione, in
occasione della quale la Corte ha ribadito che la casa familiare deve essere assegnata
prioritariamente in base all'interesse dei figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti. Nel caso
di specie, la Cassazione ha stabilito che, essendo il figlio maggiorenne e autosufficiente dal punto di
vista economico, non sussiste un interesse preminente alla conservazione dell'abitazione familiare.
La Cassazione ha assunto tale decisione nonostante il figlio tornasse quotidianamente a casa dopo il
lavoro. Non esiste, pertanto, nel caso del figlio dell'odierno reclamante, alcuna ragione logica e
giuridica che possa giustificare la permanenza dell'assegnazione della casa famigliare in via
esclusiva alla sig.ra G.
L'immobile in questione è inoltre disposto su tre piani, con servizi igienici su ogni piano e con due
entrate separate e, quindi perfettamente utilizzabile in modo autonomo da entrambi i
comproprietari, cioè da entrambe le odierne parti litiganti.
Si è costituita la signora G che chiede di rigettare il reclamo e, per l'effetto, di confermare
integralmente l'ordinanza ex art. 473-bis.22 c.p.c.
In merito all'assegno di mantenimento a proprio favore, rileva che quanto dedotto dal reclamante
costituisce una mera reiterazione degli argomenti già valutati nel giudizio di separazione e non una
censura della motivazione dell'ordinanza emessa in sede di giudizio di divorzio. Segnala inoltre che
la propria situazione economica è rimasta negli anni immutata: vive sostanzialmente solo con il
contributo al mantenimento del marito (peraltro sempre percepito in ritardo e tassato); l'immobile a
X non garantisce le entrate ipotizzate dal marito ma si riesce ad affittarlo per cifre simboliche a
qualche conoscente per alcune settimane l'anno. Le lezioni da lei impartite sono rare e svolte al solo
fine di poter ripassare la lingua. 1 compensi del X , come già osservato in sede di separazione, sono
"poca cosa". Diversamente, il readito del signor C è esponenzialmente aumentato successivamente
alla sentenza di separazione, come si può evincere dalla documentazione prodotta (anno d'imposta
2014: reddito lordo Euro 31.102,00; anno d'imposta 2015: reddito lordo Euro 32.427,00; anno
d'imposta 2016: reddito lordo Euro 34.526,00; anno d'imposta 2017: reddito lordo Euro 32.667,00;
anno d'imposta 2020: reddito lordo Euro 43.929,00; anno d'imposta 2021: reddito lordo Euro
30.285,00: anno d'imposta 2022: reddito lordo Euro 44.622,00). Aggiunge la parte reclamata che tali
somme riguardano unicamente quanto dichiarato dal reclamante, non tenendo conto invece delle
ingenti quantità di denaro contante che egli ha sempre avuto a disposizione (per anni, infatti, il
marito ha pagato il contributo di mantenimento in contanti e per un periodo tramite un conto
corrente, intestato al figlio, ma in uso al padre). Segnala inoltre che il ricorrente può contare su un
ingente patrimonio immobiliare e su importanti investimenti, il cui valore si attesta sui 700.000,00
euro. I prestiti contratti dal signor C risalgono al biennio 2020-21 e nei tre anni successivi egli non ha
mai avuto problemi a pagarne le rate. Aggiunge infine che il reclamante, non avendo mai corrisposto
alla moglie il contributo di mantenimento dovuto per il figlio, l'ha costretta a procedere alla notifica
di un precetto e di un pignoramento immobiliare, esitato con verbale di conciliazione datato 5.7.2024,
con il quale il C si è impegnato a corrispondere alla moglie la minor somma di Euro 28.000,00. Lo
stesso, tuttavia, nonostante il piano di rientro rateale concordato (12 rate con prima scadenza al 10
agosto 2024 e a seguire ogni 10 del mese), nulla aveva corrisposto, nonostante i solleciti della moglie.
In merito al contributo al mantenimento per il figlio, la reclamata rappresenta che L non è un
maggiorenne nullafacente che rifiuta offerte di lavoro, ma un professionista munito di competenze
che si è introdotto nel mondo del lavoro con le difficoltà del caso. È evidente dalle dichiarazioni
fiscali che L ha guadagnato nel 2023 esclusivamente Euro 4.727,00 (derivante dalla somma delle due
certificazioni uniche 2024: Euro 1.127,00 ed Euro 3.600,00). Dall'analisi del PF 2023 per l'anno 2022, i
guadagni relativi allo svolgimento di un'attività risultano pari ad Euro 8.755,00, mentre Euro
8.033,00 sono relativi a "proventi di cui all'art. 67, lett. h) e h-ter) del Tuir, derivanti dall'utilizzazione
da parte di terzi di beni mobili ed immobili". Ne deriva che L dalla propria attività guadagna una
cifra irrisoria (700,00 euro lordi al mese), mentre la parte restante del reddito deriva da una locazione
di un immobile, di cui tuttavia la signora G NON CONOSCEVA L'ESISTENZA.
IN MERITO, invece, al cambio di residenza citato nell'avversario reclamo, evidenzia che in realtà il
ragazzo ne ha fatto richiesta solo in concomitanza con il deposito del ricorso per divorzio, per poi
richiedere un nuovo cambio di residenza presso la casa familiare, ove peraltro ha sempre continuato
a vivere. Posto che è la madre ad occuparsi di ogni necessità di L , che ha ancora bisogno del sostegno
economico dei genitori, non vi sarebbe ragione, secondo la reclamata, di riformare la decisione
provvisoria già assunta in primo grado.
Sull'assegnazione della casa familiare, la signora G ribadisce che L ha provveduto a ristabilire anche
formalmente la realtà dei fatti, spostando la residenza anagrafica presso l'abitazione familiare dove
in effetti egli vive e conserva tutti i propri beni. Circa, infine, le con siderazioni del reclamante in
merito alla distribuzione dell'immobile, che permetterebbe un facile utilizzo da parte di entrambi i
coniugi, la signora G rileva che trattasi di elementi del tutto irrilevanti nel presente caso, in quanto
l'assegnazione della casa è disposta in base agli interessi dei figli e non alla comodità dei genitori.
Il reclamo è parzialmente fondato e va accolto nei termini di cui si dirà.
Va, in primo luogo, accolta la richiesta di revoca dell'assegno di mantenimento in favore del figlio L.
Dagli atti e dalle dichiarazioni rese emerge che il giovane, ormai ventisettenne, ha conseguito un
titolo di studio universitario da quattro anni e intrapreso, sempre da anni, un'attività lavorativa
autonoma, risultando titolare di partita IVA. Le stesse giustificazioni da lui fornite per la mancata
comparizione alle udienze - in due occasioni, senza documentazione idonea - fanno esplicito
riferimento ad "impegni lavorativi", elemento che corrobora la prospettazione dell'indipendenza
economica. In tale quadro, trova applicazione il principio - da tempo consolidato in giurisprudenza
- secondo cui, in presenza di un figlio maggiorenne in età adulta, in possesso di adeguata formazione
e inserito nel mondo del lavoro, può presumersi il raggiungimento dell'autosufficienza economica,
salvo prova contraria, non adeguatamente offerta nel caso di specie.
Non può, inoltre, ritenersi credibile l'affermazione della madre secondo cui ella ignorava che il figlio
disponesse di un immobile messo a reddito, considerando che i due convivono nella stessa
abitazione e che la signora si dimostra molto attenta alle esigenze del giovane. L'obbligo di
mantenimento da parte del padre deve quindi ritenersi cessato.
Secondo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in caso di riduzione o revoca
dell'assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne, la regola della retroattività della
statuizione giudiziale deve essere contemperata con i principii di irripetibilità, impignorabilità e non
compensabilità di tali prestazioni, le quali hanno carattere alimentare. Pertanto, da un lato, la parte
creditrice non può essere costretta a restituire quanto il soggetto debitore ha già versato per il
periodo intercorrente dal deposito della domanda sino alla statuizione definitiva di riduzione o
revoca e, dall'altro, la parte debitrice non deve corrispondere quanto non ancora corrisposto per il
medesimo periodo. In particolare, "il carattere sostanzialmente alimentare dell'assegno di
mantenimento a favore del figlio maggiorenne, in regime di separazione, comporta che la normale
retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata
con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, sicché la
parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di
separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per
qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre ove il soggetto obbligato non
abbia ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non sono più
dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione" (Cass, civ., Sez.
VI - 1, Ordinanza, 04/07/2016, n. 13609; Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 27/05/2024, n. 14691).
Alla luce dei predetti principii, che questa Corte reputa condivisibili e applicabili al caso di specie,
tenuto conto dell'acclarata autosufficienza economica del figlio maggiorenne della coppia, si revoca,
con decorrenza dalla data della domanda (24 giugno 2024), l'obbligo a carico dell'odierno reclamante
di versare la somma mensile di Euro 700,00, oltre al 70% delle spese straordinarie, a titolo di
contributo di mantenimento per il figlio L , salva l'irripetibilità di quanto corrisposto dall'odierno
reclamante a tale titolo.
Deve parimenti accogliersi, a partire dalla medesima data, la domanda di revoca dell'assegnazione
della casa familiare alla signora G.
L'istituto dell'assegnazione della casa familiare, per consolidata giurisprudenza, trova la sua ratio
nella tutela dell'interesse dei figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti alla conservazione
dell'habitat domestico. Una volta venuto meno tale presupposto - nel caso di specie, a seguito del
raggiungimento dell'autonomia economica del figlio L - viene meno anche la ragione giustificatrice
dell'assegnazione in via esclusiva di un bene comune. Non rileva in senso contrario la circostanza
che LC , secondo quanto affermato dalla madre, abbia 'ristabilito'' la propria residenza formale
presso l'immobile familiare. Si rileva, peraltro, che ciò è avvenuto in stretta concomitanza con
l'instaurazione del presente giudizio e appare mosso da finalità meramente strumentali, coerenti con
l'atteggiamento processuale ostruzionistico consistente nella ripetuta ed ingiustificata mancata
presentazione del teste alle udienze fissate per la sua escussione nonché con l'inverosimile
dichiarazione della signora G di non essere al corrente delle proprietà immobiliari del figlio
(elementi, tutti, che potranno essere eventualmente valutati dal Tribunale nell'ottica dell'art. 96
c.p.c.).
Appare quindi necessitata da ragioni di giustizia la cessazione dell'assegnazione dell'abitazione
familiare in favore della signora G , salva la necessità per le parti di regolare consensualmente o con
le modalità ordinarie l'utilizzo dell'immobile comune.
Non può invece trovare accoglimento la domanda del reclamante volta alla riduzione dell'assegno
divorzile in favore dell'ex coniuge. Allo stato, non emergono elementi oggettivi di novità o rilevanti
mutamenti delle condizioni economiche rispetto a quelle già valutate in sede di separazione. Anzi,
l'ammontare dell'assegno - pari a 1.500 euro mensili, soggetto a rivalutazione - appare in linea con
le attuali capacità reddituali del reclamante, come risultanti dalle ultime dichiarazioni fiscali, e
coerente con la finalità di garantire un tenore di vita proporzionato alla durata del matrimonio e
all'apporto dato dalla moglie alla vita familiare. Né risultano provati, allo stato, i presunti redditi
della signora derivanti da locazioni o da attività lavorative occasionali, che comunque sarebbero di
modesta entità e di natura incerta
Tenuto conto dell'esito del reclamo - accolto per quanto concerne l'assegno per il figlio e la casa
coniugale, ma rigettato quanto all'assegno per la moglie - si ritiene equo disporre la compensazione
delle relative spese nella misura di un terzo, ponendo i restanti due terzi a carico della reclamata
quale parte maggiormente soccombente. Tali spese sono liquidate complessivamente secondo i
parametri di cui al D.M. n. 147 del 2022 (cause in materia di volontaria giurisdizione, scaglione di
valore indeterminato, fascia da Euro 26.000,01 ad Euro 52.000,00) in Euro 2.336,00, oltre al 15% per
rimborso delle spese forfettarie, IVA e CPA.
P.Q.M.
Visto l'art. 473-bis.24 c.p.c., ogni diversa domanda, eccezione e deduzione respinta o assorbita, in
parziale accoglimento del reclamo e in parziale riforma dell'ordinanza n. cron. 40/2025 emessa, ai
sensi dell'art. 473-bis.22 c.p.c., dal Giudice Delegato del Tribunale di Verbania in data 07.01.2025 nel
procedimento n. …/2024, così provvede:
A. REVOCA, a partire dal 24 giugno 2024, l'obbligo di CD di versare un contributo per il
mantenimento per il figlio CL (Euro 700,00 mensili, oltre al 70% delle spese straordinarie) salva
l'irripetibilità di quanto già corrisposto a tale titolo.
B. REVOCA l'assegnazione a GP della casa coniugale a far data dal 24 giugno 2024.
C. CONFERMA, nel resto, l'ordinanza reclamata.
D. CONDANNA GP a rifondere a CD i due terzi delle spese di reclamo, che si liquidano, per tale
quota, in Euro 1.557,33 (mille cinquecento cinquanta sette/trentatré), oltre rimborso forfettario, IVA
e CPA come per legge.
E. DICHIARA compensate fra le parti le spese di reclamo per la restante quota di un terzo.
SI COMUNICHI.
Conclusione
Così deciso in Torino, nella camera di consiglio della Sezione Famiglia e Minorenni della Corte
d'Appello, in data 9 luglio 2025.
Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2025 20-09-2025 14:21
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