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Sentenza

DIVORZIO - Restituzione delle somme versate dal padre a titolo di mantenimento per il figlio

(Legge 1 dicembre 1970 n. 898, articolo 4)
DIVORZIO - Restituzione delle somme versate dal padre a titolo di mantenimento per il figlio (Legge 1 dicembre 1970 n. 898, articolo 4)

    Tribunale Roma, Sez. I, sentenza 20 agosto 2025 n. 11885 – Pres. Ienzi; Rel. Est. Chirico
TRIBUNALE DI ROMA
I SEZIONE CIVILE
così composto:
dott.ssa Marta Ienzi - PRESIDENTE
dott.ssa Cecilia Pratesi - GIUDICE
dott.ssa Valeria Chirico - GIUDICE REL. EST.
riunito in camera di consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. …del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno
2020 e vertente
TRA
B.F.
rappresentata e difesa dall'Avv. …per procura in atti
RICORRENTE
E
D.R.N.
rappresentato e difeso dagli Avv.ti (...) per procure in atti
RESISTENTE
con l'intervento del Pubblico Ministero presso il Tribunale
OGGETTO: scioglimento del matrimonio
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con sentenza parziale n. …/2022 è stato pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto dalle
parti.
Il giudizio è proseguito in merito alle domande accessorie relative all'assegno di mantenimento per
il figlio, all'assegno divorzile e all'assegnazione della ex casa familiare nonché alle domande
restitutorie avanzate dal ricorrente.
A tal proposito, va premesso che in sede di separazione consensuale omologata con decreto del
4.2.2014, sulla scorta dei redditi dichiarati dalle parti (nulli per la moglie, casalinga disoccupata e
pari a 3.500 euro mensili per il marito, impiegato), è stato convenuto, a carico del E. un assegno di
600,00 euro mensili quale contributo al mantenimento della moglie e di 400,00 euro mensili quale
contributo al mantenimento del figlio G. , oltre al 50% delle spese straordinarie.
E' stato inoltre concordato, quale pattuizione accessoria alla separazione, che il E. corrispondesse
integralmente il mutuo (con rata di 400,00 euro mensili, secondo quanto dedotto dalla resistente) e
gli oneri condominiali (quantificati dal ricorrente in 200,00 euro mensili nella dichiarazione
sostitutiva di atto notorio), relativi alla ex casa familiare in comproprietà delle parti ed assegnata alla
moglie, collocataria del figlio allora minore.
A fronte di un'asserita riduzione delle proprie disponibilità economiche e delle spese sullo stesso
gravanti (tra cui gli esborsi del canone di locazione pari a 450,00 euro mensili per la casa di abitazione
e le spese per l'università del figlio, quantificate in 7.000,00 euro annui), il B. con il ricorso per
divorzio, oltre a chiedere di stabilire il versamento diretto dell'assegno dovuto al figlio ormai
maggiorenne, ponendo a suo carico il 100% delle spese straordinarie per il ragazzo, ha chiesto la
revoca dell'assegno di mantenimento dovuto alla moglie e l'esonero dalla corresponsione alla stessa
di un assegno divorzile ovvero di determinarlo nella misura massima di 200,00 euro mensili, essendo
la resistente, logopedista e madrelingua spagnola, dotata di capacità lavorativa e non essendosi
attivata per reperire un'occupazione.
La resistente si è invece opposta al versamento diretto dell'assegno al figlio e ha chiesto di
confermare in via provvisoria ed urgente le condizioni della separazione nonchè di stabilire in suo
favore un assegno divorzile dell'importo di 1.000,00 euro mensili (aumentato a 1.500,00 euro mensili
nella comparsa di costituzione nella fase di merito) o della diversa somma di giustizia e di porre a
carico del padre un assegno di mantenimento per il figlio G. dell'importo di 500,00 euro mensili o
del diverso importo di giustizia e comunque non inferiore a 400,00 euro mensili, oltre al 50% delle
spese straordinarie come da vigente Protocollo, ferma l'assegnazione della casa familiare. All'uopo
ha dedotto tra l'altro: di non disporre di mezzi adeguati, essendo disoccupata, nonostante si fosse
attivata per reperire un'occupazione, e di non essere attualmente in grado di procurarseli,
considerata l'età e le precarie condizioni di salute; di essersi dedicata totalmente alla famiglia ed a
marito per volontà di quest'ultimo, il quale aveva così potuto impegnarsi nel lavoro migliorando la
propria posizione reddituale ed economica; che il titolo di logopedista conseguito a Cuba non aveva
valore legale in Italia, essendosi il marito opposto alla sua legalizzazione; che le disponibilità
economiche del B. erano aumentate, non essendo più tenuto al pagamento delle rate del mutuo pari
a 400,00 euro mensili e delle rate del finanziamento contratto per l'acquisto dell'auto del figlio ed
avendo incassato i proventi, pro quota, della vendita di un negozio acquisito in comproprietà per
successione paterna.
A fronte delle suddette richieste e allegazioni, con ordinanza presidenziale in data 19.12.2020 sono
stati adottati i seguenti provvedimenti provvisori ed urgenti:
" ....rilevato che non ricorrono sopravvenienze giustificanti una modifica in via provvisoria ed
urgente delle condizioni di separazione, atteso che dai modelli 730 in atti risulta che il B. ha percepito
negli anni di imposta 2019, 2018 e 2017 redditi netti pari rispettivamente a 46.000,00 euro circa, a
47.000,00 euro circa e a 46.000,00 euro circa, con una media mensile addirittura superiore al reddito
mensile netto di 3.500,00 euro dichiarato in sede di separazione (che pertanto non risulta affatto
"aleatorio", considerati i redditi dichiarati nel suddetto triennio) e che anche i redditi complessivi
autocertificati per il periodo gennaio-agosto 2020 non fanno registrare un significativo scostamento
dalla media del triennio antecedente, evidenziandosi altresì che, a fronte del rappresentato esborso
da parte del ricorrente di 420,00 euro mensili per la retta universitaria del figlio, non è contestata la
cessazione degli esborsi per il rateo di 400,00 euro mensili relativo al mutuo gravante sulla ex casa
familiare e di 200,00 euro mensili relativo al finanziamento contratto per l'acquisto dell'auto del
figlio, così come non è contestata l'avvenuta vendita della quota di un negozio nel frattempo
acquisita iure hereditario, in ordine al cui ricavato nulla viene dedotto né è evincibile dagli atti,
considerata altresì l'omissione nella dichiarazione sostitutiva dei saldi degli estratti conto, pur
espressamente richiesti; rilevato che non v'è riscontro alcuno, allo stato, della conseguita
autosufficienza economica da parte del figlio maggiorenne ancora studente e che, in difetto di
domanda di corresponsione diretta dell'assegno da parte di quest'ultimo, continua a sussistere il
diritto autonomo e concorrente della madre convivente a pretendere la corresponsione dell'assegno
da parte dell'altro genitore (vedi Cass. civ. 25300/13), sicchè non ricorrono i presupposti per
l'accoglimento della domanda di versamento diretto dell'emolumento al ragazzo; PQM visto l'art.4
L. n. 898 del 1970; conferma in via provvisoria ed urgente le vigenti condizioni della separazione
consensuale;.....".
In corso di causa, espletate le prove orali ammesse ed acquisita la documentazione prodotta, con la
seguente ordinanza in data 16.12.2023 è stato revocato l'assegno di mantenimento paterno in favore
del figlio G.:
" Premesso che con istanza in data 12.10.2022 il B. ha chiesto la revoca dell'assegno di mantenimento
per il figlio G. sul presupposto della intervenuta autosufficienza economica dello stesso e che, in
pendenza dell'istruttoria relativa al subprocedimento, la D.R. ha chiesto, in ragione dell'intervenuto
pignoramento da parte del B. del conto corrente, su cui venivano accreditati gli importi dovuti a
titolo di mantenimento, il versamento diretto da parte del datore di lavoro del B. di quanto
mensilmente dovutele da quest'ultimo; ritenuta la acquisibilità e la utilizzabilità, nell'esercizio dei
poteri d'ufficio, della comunicazione della Agenzia delle Entrate relativa ai redditi percepiti da G.B.
negli anni dal 2020 al 2022; dato atto che si è proceduto all'audizione del figlio; lette le note
autorizzate delle parti e dato atto che nelle note conclusive la D.R. inizialmente oppostasi alla
richiesta di revoca dell'assegno in favore del figlio, si è rimessa alle valutazioni del Giudice,
chiedendo comunque che l'eventuale revoca venisse disposta a far data dalla domanda, mentre il B.
nelle note conclusive ha chiesto, in via principale, che la revoca decorresse almeno dal 2017 ovvero
dal 2020 nonché la condanna della controparte alla restituzione di quanto illegittimamente percepito
a titolo di mantenimento per il figlio e, in subordine, la riduzione dell'assegno di mantenimento a
non più di 80 euro mensili, a far data almeno dal 2017 ovvero dal 2020 e la condanna della
controparte alla restituzione delle differenza illegittimamente percepita; rilevata, in via preliminare,
la inammissibilità nel presente giudizio di domande di natura restitutoria, siccome esulanti dal
thema decidendum del divorzio, in cui è escluso il simultaneus processus tra domande soggette a
riti diversi quali quelle restitutorie e/o di condanna al pagamento di somme di danaro, non rientranti
tra le ipotesi di connessione qualificata di cui all'art. 40 c.p.c. (vedi tra le tante Cass. civ. 18870/2014);
rilevato che dalla comunicazione dell'Agenzia delle Entrate risulta che G.B. ha dichiarato redditi pari
a 5.436 euro nel 2020, a 16.847 curo nel 2021 ed a 37.429,79 euro nel 2022 e che all'udienza del
26.6.2023 il predetto ha dichiarato, tra l'altro, di lavorare nel settore cinematografico quale assistente
di produzione (e di aver lavorato come assistente per attività legate al Covid) nonché di aver iniziato
a lavorare da circa quattro anni con contratti a termine, aggiungendo prima di percepire un salario
settimanale di circa 700,00 euro lordi e poi di ricevere attualmente un salario settimanale di 800,00
euro lordi quale assistente alla produzione per (...) srl e che nel periodo da marzo 2023 a giugno
2023, in cui non aveva lavorato, aveva ottenuto la Naspi per un importo di 1.200 euro mensili,
dichiarando altresì di aver percepito un reddito di circa 15.000 euro dal luglio 2022 al gennaio 2023
e di circa 30.000 euro nell'anno 2022; rilevato che alla suddetta udienza G.B. ha inoltre riferito di
essersi iscritto alla Accademia delle Belle Arti nell'anno accademico 2017-2018 e di essere fuori corso,
mancandogli meta degli esami del secondo anno e tutti quelli del terzo anno, ammettendo che il
padre aveva corrisposto integralmente le rette dovute dal primo al terzo anno e di non aver più dato
esami dal 2020, avendo deciso di lavorare per aiutare economicamente la madre e mettere da parte
il danaro necessario per terminare gli studi; rilevato che, ai fini del riconoscimento dell'obbligo di
mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il Giudice di merito è
tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore
proporzionalmente crescenti in rapporto all'età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il
permanere del suddetto obbligo, il quale non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo
e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto
educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni
(vedi Cass. civ. 18076/2014, n. 17183/2020, 32406/2021); rilevato che è incontestato che il padre abbia
consentito al figlio di terminare il percorso formativo scelto, sostenendo integralmente i costi
(peraltro non esigui) delle rette e che il ragazzo, a fronte di una durata di tre anni del corso di laurea,
ha ammesso di non aver più sostenuto esami dal 2020 e di aver sinora sostenuto solo gli esami del
primo anno e la metà di quelli del secondo, pur essendo iscritto dal 2017/2018 ed avendo attualmente
27 anni; rilevato, pertanto, che, alla luce dei redditi conseguiti nell'anno di imposta 2021 e 2022 e del
risalente inizio dell'attività lavorativa nel settore cinematografico, il figlio deve ritenersi ormai
definitivamente inserito mondo del lavoro economicamente autosufficiente, non potendo attribuirsi
rilievo alcuno all'assunto che la decisione di svolgere un'attività lavorativa del tutto confacente alle
proprie aspirazioni e al percorso di studi in essere sia stata motivata dall'intento di supportare
economicamente la madre e di continuare gli studi che, invero, avrebbe già dovuto terminare da
tempo risalente; rilevato, pertanto, che, a modifica dei vigenti provvedimenti provvisori ed urgenti,
l'assegno di mantenimento per il figlio posto a carico del padre va revocato a decorrere dal novembre
2022, mensilità immediatamente successiva al deposito dell'istanza di modifica al G.I., dovendo
rimettersi al Collegio la definitiva determinazione della eventuale diversa decorrenza; ritenuta
l'insussistenza dei presupposti per il richiesto ordine di versamento diretto al datore di lavoro del B.
dell'importo dovuto alla moglie a titolo di assegno mantenimento, non essendo contestata, nel caso
di specie, la corresponsione da parte dell'obbligato della somma dovuta ma soltanto la mancata
possibilità di utilizzo di tale somma da parte della beneficiaria in ragione del subito pignoramento
anche degli importi corrispostile a titolo di mantenimento, questione esulante dal presente
procedimento e da far valere innanzi al diverso Giudice competente PQM rigetta la richiesta della
D.R. di versamento diretto dell'assegno di mantenimento da parte del datore di lavoro del B. e, a
modifica dei vigenti provvedimenti provvisori, esonera F.B. dall'obbligo del mantenimento del figlio
G. a decorrere dal mese di novembre 2022; spese alla sentenza definitiva...".
Le parti hanno quindi rassegnato le seguenti definitive conclusioni.
Il ricorrente: "Accertare l'avvenuta autosufficienza economica di G.B. e, per l'effetto, revocare la
somma pari ad Euro 400,00 a titolo di mantenimento in favore del figlio G. a far data almeno dal
2017, poiché è da quel periodo che il ragazzo ha raggiunto l'indipendenza, ovvero almeno dal 2020;
- Revocare, con decorrenza dalla domanda, l'obbligo del Sig. B. di contribuire al mantenimento della
moglie esonerandolo dal versamento di un assegno in favore di quest'ultima, anche a titolo di
assegno divorzile, con conseguente statuizione di autosufficienza economica tra le parti; -
Condannare altresì la sig.ra D.R. alla restituzione di quanto illegittimamente percepito a titolo di
mantenimento per se stessa e per il figlio. In subordine: - Accertare l'avvenuta autosufficienza
economica di G.B. e, per l'effetto, revocare la somma pari ad Euro 400,00 a titolo di mantenimento in
favore del figlio G. a far data almeno dal 2017, poiché è da quel periodo che il ragazzo ha raggiunto
l'indipendenza, ovvero almeno dal 2020; - Ridurre, con decorrenza dalla domanda giudiziale,
l'assegno divorzile per la sig.ra D. nella misura massima mensile di Euro 200,00 e solo per un periodo
limitato di tempo; - Condannare altresì la sig.ra D. alla restituzione della differenza tra quanto
illegittimamente percepito a titolo di mantenimento per il figlio e per se stessa e l'importo diminuito
retroattivamente.".
La resistente:"... - rigettare le avverse domande formulate dal sig. B.F. nella memoria integrativa
depositata in atti nonché in ogni successivo atto che verrà depositato; - non provvedere sulla
domanda di restituzione dell'autovettura PEUGEOT avanzata dal ricorrente poiché la stessa è stata
già restituita dal figlio al padre, come da quest'ultimo dichiarato in atti; - rigettare la domanda di
retroattività - richiesta dal ricorrente a far data dall'anno 2017 o almeno dal 2020 - della revoca
dell'assegno di mantenimento a suo tempo disposto in favore del figlio B.G.;-
confermare o comunque dichiarare l'inammissibilità della richiesta di restituzione delle somme
percepite per il mantenimento del figlio poiché non inerenti alla competenza del Giudice del
presente giudizio; QUANTO ALL'ASSEGNO DIVORZILE IN FAVORE DELLA MOGLIE:- stabilire
in capo al sig. B.F. l'obbligo di corrispondere alla sig.ra N. D.R. un assegno divorzile mensile nella
misura dì Euro 1.500,00 (mille cinquecento/00) o nella misura di diversa somma maggiore o minore
che risulterà di giustizia, comunque non inferiore ad Euro 6.00,00 (seicento/00) al mese, sempre
annualmente rivalutabile secondo la variazione degli indici ISTAT e da corrispondere entro il giorno
5 di ogni mese presso il domicilio della stessa; - nella denegata ipotesi della riduzione (o revoca)
dell'assegno di mantenimento disposto a favore della moglie., rigettare la avversa richiesta di
retroattività della riduzione o della revoca a far data dal momento della domanda e quindi con
decorrenza, al più, dalla pubblicazione della sentenza conclusiva del presente giudizio; QUANTO
ALL'ASSEGNO DI MANTENIMENTO IN FAVORE DEL FIGLIO:- sul punto ci si rimette al Collegio
visto il provvedimento di revoca dell'assegno di mantenimento emesso dal G.I. in data 16.12.2023,
con la riserva di chiedere la modifica dell'eventuale decisione di revoca qualora il figlio non fosse
nel u tu ro economicamente autosufficiente; QUANTO ALLA CASA CONIUGALE:-confermare
l'assegnazione della casa coniugale di Roma, (...) alla sig.ra N.D.R. che ne è comproprietario e che vi
abita insieme al figlio G.B. il quale non dispone attualmente di redditi continuativi tali da consentire
al medesimo di condurre in locazione un appartamento o di pagare un mutuo per l'acquisto della
casa; IN VIA ISTRUTTORIA: si insiste per l'ammissione delle richieste istruttorie articolate e non
accolte con l'ordinanza istruttoria del 27/01/2022...".
Va preliminarmente confermato l'esonero del padre dall'obbligo di mantenimento del figlio G., per
le ragioni tutte di cui all'ordinanza del GI in data 16.12.2023 sopra integralmente riportata, a
decorrere dal novembre 2022, mensilità immediatamente successiva al deposito dell'istanza di
revoca dell'assegno. A tal proposito, va rilevato che la Suprema Corte ha affermato il principio
secondo cui in materia di revisione dell'assegno di mantenimento per i figli, il diritto di un coniuge
a percepirlo ed il corrispondente obbligo dell'altro a versarlo, nella misura e nei modi già stabiliti
dalla sentenza di separazione o dalle condizioni omologate con decreto, conservano la loro efficacia
sino a quando non intervenga la modifica di tali provvedimenti, rimanendo del tutto ininfluente il
momento in cui, di fatto, sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione
dell'assegno, sicché, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi
all'autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata ("rebus sic stantibus" ), del
precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di
revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell"accadimento innovativo, rispetto
alla data della domanda di modificazione (Cass. civ. 5170/2024, 10974/2023, 16173/2015; 3922/2012;
11913/2009; 28/2008; 19722/2008; 22941/2006; 6975/2005; 8235/2000). Con specifico riferimento
all'assegno per i figli, la Suprema Corte ha chiarito (Cass. n. 4224/ 2021) che "la decisione del giudice
relativa al contributo dovuto dal genitore non affidatario o collocatario per il mantenimento del figlio
non ha effetti costitutivi, bensì meramente dichiarativi di un obbligo che è direttamente connesso
allo ''status" genitoriale e il diritto alla corresponsione del contributo sussiste finché non intervenga
la modifica di tale provvedimento, sicché rimane ininfluente il momento in cui sono maturati i
presupposti per la modificazione o la soppressione dell'obbligo, decorrendo gli effetti della decisione
di revisione sempre dalla data della domanda di modificazione".
Ciò posto, va, inoltre, evidenziato che le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza n.
32914/22, con specifico riferimento all'applicabilità della "condictio indebiti" alle modifiche, nel corso
del giudizio, delle condizioni economiche della separazione o del divorzio, non per fatti
sopravvenuti (come nel caso di specie), ma all'esito di una rivalutazione dei medesimi fatti sottesi
alle condizioni modificate, hanno stabilito il seguente principio di diritto: "In materia di famiglia e
di condizioni economiche nel rapporto tra coniugi separati o ex coniugi, per le ipotesi di modifica
nel corso del giudizio, con la sentenza definitiva di primo grado o di appello, delle condizioni
economiche riguardanti i rapporti tra i coniugi, separati o divorziati, sulla base di una diversa
valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti, i cui effetti operano, di regola,
dal momento in cui essi si verificano e viene avanzata domanda), dei fatti già posti a base dei
provvedimenti presidenziali, confermati o modificati dal giudice istruttore, occorre distinguere: a)
opera la "condictio indebiti" ovvero la regola generale civile della piena ripetibilità delle prestazioni
economiche effettuate, in presenza di una rivalutazione della condizione "del richiedente o avente
diritto", ove si accerti l'insussistenza "ab origine" dei presupposti per l'assegno di mantenimento o
divorzile; b) non opera la "condictio indebiti" e quindi la prestazione è da ritenersi irripetibile, sia se
si procede (sotto il profilo dell'an debeatur, al fine di escludere il diritto al contributo e la debenza
dell'assegno) ad una rivalutazione, con effetto ex lune, "delle sole condizioni economiche del
soggetto richiesto (o obbligato alla prestazione)", sia se viene effettuata (sotto il profilo del quantum)
una semplice rimodulazione al ribasso, anche sulla base dei soli bisogni del richiedente, purché
sempre in ambito di somme di denaro di entità modesta, alla luce del principio di solidarietà post-
familiare e del principio, di esperienza pratica, secondo cui si deve presumere che dette somme di
denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di sua
accertata debolezza economica; c) al di fuori delle ipotesi su b b), in presenza di modifica, con effetto
ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi opera la regola generale della
ripetibilità".
Orbene, poiché, alla luce della sopracitata pronuncia delle Sezioni Unite, le domande restitutorie
derivanti da modifiche in corso di causa relative agli assegni di mantenimento posti a carico delle
parti non vanno parificate alle domande restitutorie aventi una genesi esterna al giudizio in corso,
le quali, ove proposte, sarebbero inammissibili per difetto del requisito della "connessione forte" di
cui all'art. 40 cpv c.p.c., ritiene il Tribunale che debba essere ritenuta ammissibile la domanda di
restituzione delle somme versate dal padre a titolo di mantenimento per il figlio e non più dovute
dal novembre 2022. Ciò non in ragione della diretta applicabilità del regime della condictio indebiti
stabilito dalla citata sentenza delle Sezioni Unite (recepito, in relazione alla specifica fattispecie
dell'assegno per il figlio maggiorenne, dalla successiva ordinanza della Prima Sezione della
Cassazione n. 10974/2023), siccome dettato con riferimento alla (differente) fattispecie della "diversa
valutazione, per il passato ... dei fatti già posti a base dei provvedimenti presidenziali" , ma in ragione
del diritto del padre a ripetere le somme corrisposte a titolo di mantenimento del figlio
successivamente all'ottobre 2022 quale immediato necessario portato della decorrenza della revoca
dell'assegno dalla data della domanda presupponente il fatto sopravvenuto della conseguita
autosufficienza del figlio (successiva ai provvedimenti presidenziali confermativi dell'assegno poi
revocato). Pertanto, la resistente va condannata alla restituzione di quanto versatole dal ricorrente a
titolo di mantenimento per il figlio G. dal novembre 2022.
Stante la raggiunta autosufficienza economica del figlio maggiorenne convivente con la madre, va
rigettata la domanda della stessa di assegnazione dell'ex casa familiare, di cui va disposta per l'effetto
la revoca, atteso che detta assegnazione si giustifica solo in ragione del preminente interesse dei figli
minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell'ambiente domestico in cui
sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali
che in tale ambiente si sono radicate, sicchè è estranea a tale decisione ogni valutazione relativa alla
ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni
non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico (vedi,
tra le altre, Cass. civ. 25604/2018).
Per tutti i motivi svolti sul punto nell'ordinanza presidenziale sopra riportata, non ricorrono invece
sopravvenienze giustificanti la revoca dell'assegno di mantenimento stabilito in favore della moglie
in sede di separazione consensuale, il quale, pertanto rimane dovuto sino al passaggio in giudicato
della sentenza sullo status divorzile (vedi Cas. civ. 3852/2021).
Quanto alla domanda di assegno divorzile spiegata dalla resistente, va premesso che, secondo
l'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità successivo alla sentenza delle
Sezioni Unite n. 18287/2018, all'assegno divorzile va riconosciuta una natura composita, così
valorizzando l'intero contenuto dei criteri indicati nell'art. 5, comma 6, L. n. 898 del 1970. In
particolare, l'emolumento ha sia una funzione assistenziale (fondata sui parametri delle "condizioni
dei coniugi" e del "reddito di entrambi"), sia una funzione compensativa-perequativa (correlata al
contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla conduzione della famiglia ed alla
formazione del patrimonio comune e di entrambi i partner), sia una funzione risarcitoria (con
riferimento alle ragioni della decisione). Per quanto attiene alla funzione compensativa-perequativa,
l'assegno, quindi, deve essere "volto non a conseguire l'autosufficienza economica del richiedente
sulla base di un parametro astratto, bensì un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella
vita familiare in concreto, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate
fermo restando che la funzione equilibratrice non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita
endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge
economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale
degli ex coniugi" (Cass. civ. 5603/20).
Orbene, il E. , diversamente da quanto sostenuto, risulta aver conservato nel tempo un analogo
livello di reddito rispetto a quello dichiarato in sede di separazione consensuale (invero leggermente
aumentato rispetto all'importo mensile di 3.500,00 euro), tant'è che negli anni di imposta 2020 e 2021
ha dichiarato redditi netti annui pari a circa 46.000 euro (vedi 730/21 e 730/22). Sostiene un esborso
di 450 euro mensili per il canone della casa di abitazione (da ritenersi già valutato in sede di
separazione consensuale, stante l'assegnazione alla moglie della ex casa familiare). Inoltre, non è più
gravato dalla rata di mutuo di 400,00 euro mensili che sosteneva integralmente in virtù degli accordi
raggiunti in sede di separazione e dall'ottobre 2022 è stato esonerato dall'obbligo di contribuzione al
mantenimento del figlio, con un risparmio di spesa complessivo e corrispondenti maggiori
disponibilità finanziarie, rispetto alla data della separazione, pari a circa 800,00 euro mensili. Non
sono invece valutabili, ai fini della decisione della domanda di assegno divorzile spiegata dalla
resistente, le acquisizioni iure hereditaria del B, in quanto non si tratta di un accrescimento
patrimoniale correlato all'attività lavorativa dello stesso e pertanto all'eventuale contributo fornito
dal coniuge richiedente l'assegno.
La resistente, invece, durante la convivenza matrimoniale si è incontestatamente dedicata alla cura
della casa e del figlio, non svolgendo attività lavorativa al di fuori delle munì domestiche, mentre il
marito era impegnato in maniera assorbente nel proprio lavoro (l'assunto che uscisse
quotidianamente alle 8 per recarsi al lavoro facendo rientro a casa alle 20 non è stato oggetto di
specifica contestazione). Sebbene il B. contesti che tale organizzazione familiare sia stata frutto di
una scelta condivisa, è un dato oggettivo che il contributo dato dalla resistente alici formazione del
patrimonio comune e dell'attuale posizione lavorativa e reddituale del marito sia stato fornito
mediante l'assunzione sulla stessa del peso prevalente della cura della casa e del figlio (considerato
l'impegno lavorativo assorbente del E. , che non gli avrebbe consentito di collaborare in maniera
significativa all'accudimento quotidiano del figlio e che nemmeno ha articolato prove in tal senso),
così da consentire all'altro coniuge di dedicarsi alla propria carriera. Inoltre, il perpetuarsi di tale
assetto di vita per oltre vent'anni di convivenza matrimoniale deve ritenersi indicativo, per
comportamento concludente, di un accordo in tal senso, evidenziandosi che la prova del contributo
fornito da un coniuge alla formazione del patrimonio familiare e di quello dell'altro coniuge, frutto
delle scelte comuni di conduzione della vita familiare e di definizione dei ruoli all'interno della
coppia, ben può essere data mediante presunzioni, tanto più che l'accordo sull'organizzazione dei
ruoli reciproci dei coniugi nell'organizzazione della vita familiare non viene di regola espresso in
forma scritta (vedi Cass. civ. SU 18287/2018, nonché Cass. civ. 35434/23, 22942/24, 7011/25).
Ciò posto, in sede di interrogatorio formale la D.R. ha dichiarato di aver svolto, dal 2012, solo attività
occasionale di babysitter, con guadagni minimi e di non aver potuto svolgere alcun lavoro dal 2015
al 2018 in quanto colpita da una malattia oncologica, affermando di essersi attivata per reperire un
lavoro, come peraltro riscontrabile dalla documentazione versata in atti relativa alle risposte alle
offerte di lavoro come colf o babysitter e alle candidature, non accolte, per lavori van (addetta alle
pulizie, centralista, addetta a call center ecc.) D'altro canto, è incontestato che il titolo di logopedista
conseguito dalla resistente a Cuba, privo di valore legale in Italia, non sarebbe stato spendibile dalla
stessa e che, a fronte della (verosimile) indisponibilità, in assenza di redditi propri, di mezzi
economici per legalizzarlo (dichiarata in sede di interpello), il ricorrente nemmeno ha dato prova
(della circostanza positiva) di essersi offerto di fornirle le risorse economiche all'uopo necessarie, né
ha dimostrato lo svolgimento da parte della stessa di stabili o meglio remunerate attività lavorative
rispetto a quelle ammesse.
Alla luce di quanto sopra esposto, considerato il contributo dato dalla resistente alla formazione del
patrimonio comune e alla posizione lavorativa e reddituale del marito, prestato in maniera
assorbente e tale da non consentirle di reperire un'occupazione stabile ed idonea a garantirle
l'autosufficienza economica ed una conseguente adeguata posizione previdenziale, considerato che
è oltremodo improbabile che ciò possa verificarsi in futuro, stante l'età della D.R., ultrasessantenne
e la non spendibilità in Italia del titolo cubano di logopedista, nonché la concorrenza della
manodopera più giovane in settori quale quello del lavoro domestico, in cui la predetta ha sinora
saltuariamente e precariamente prestato la propria attività (di colf o baby sitter), verosimilmente non
espletabile ancora a lungo, considerata l'attuale età della resistente e il carattere usurante di detta
attività, tenuto conto delle maggiori disponibilità finanziarie del B. per effetto dei risparmi di spesa
sopra evidenziati (conseguenti all'estinzione del mutuo e all'esonero dal mantenimento del figlio) e
considerato che, allo stato, la resistente non ha oneri locativi, usufruendo attualmente della casa
familiare della quale, pur non essendo più assegnataria, è comproprietaria (i proventi della cui
divisione dovranno essere verosimilmente utilizzati dalla stessei per provvedere alle proprie
esigenze alloggiative). tenuto conto della durata del matrimonio, riconosciuto alla D.R. un assegno
divorzile, tanto in funzione compensativa che assistenziale, dell'importo di 1.000,00 euro mensili, da
rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat e da corrispondere alla beneficiaria entro il 5 di ogni
mese, a decorrere dal passaggio in giudicato della pronuncia sullo status divorzile.
Nulla va statuito in merito alla domanda di restituzione dell'auto Peugeot inizialmente avanzata da
B. in quanto espressamente non reiterata dallo stesso (comunque inammissibile in quanto esulante
dal thema decidendum del divorzio e priva del requisito della "connessione forte" richiesto dall'art.
40 c.p.c. c.p.c.).
Stante la parziale reciproca soccombenza sulle domande accessorie, va disposta la compensazione
delle spese del giudizio
P.Q.M.
definitivamente decidendo, ogni diversa domanda disattesa e/o inammissibile:
esonera il padre dall'obbligo di mantenimento del figlio G. a decorrere dal novembre 2022 e, per
l'effetto, condanna N. D.R. a restituire a F.B. quanto versatole da quest'ultimo a titolo di
mantenimento per il figlio G. dal novembre 2022;
pone a carico di F.B. un assegno divorzile da corrispondere a N.D.R., entro il 5 di ogni mese e da
rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat, dell'importo di 1.000,00 euro mensili, a decorrere
dal passaggio in giudicato della pronuncia sullo status divorzile, ferma la debenza per il pregresso
dell'assegno di mantenimento in favore della stessa concordato in sede di separazione;
rigetta la domanda della resistente di assegnazione dell'ex casa familiare e ne dispone per l'effetto la
revoca;
spese compensate.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 24 luglio 2025.
Depositata in Cancelleria il 20 agosto 2025.
Avv. Antonino Sugamele

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