Separazione - Accordo di separazione consensuale - - Marito se moralmente condizionato - Minacce da parte della potente famiglia della moglie - Vizio del consenso - Annullamento - Artt. 1427 e 1434, cc
Corte di Cassazione|Sezione 1 Civile Ordinanza 20 febbraio 2024 n. 4440
Data udienza 1 febbraio 2024
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO - Presidente
Dott. MELONI MARINA - Consigliere
Dott. TRICOMI LAURA - Consigliere - Rel.
Dott. IOFRIDA GIULIA - Consigliere
Dott. CAIAZZO ROSARIO - Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29509/2022 R.G. proposto da:
Di.Br., elettivamente domiciliato in ROMA (...), presso lo studio dell'avvocato DI. CA. FA. (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato LA. MI. (Omissis), come da procura speciale in atti.
- ricorrente -
contro
Tu.Ro., elettivamente domiciliata in ROMA (...), presso lo studio dell'avvocato DI. FA. (Omissis) rappresentato e difeso dall'avvocato LI. RO. (Omissis), come da procura speciale in atti.
- controricorrente -
Avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di BARI n. 1435/2022 depositata il 30/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/02/2024 dal Consigliere LAURA TRICOMI.
RILEVATO CHE:
Di.Br. convenne nel 2015 Tu.Ro. dinanzi al Tribunale di Foggia per sentire accogliere la domanda di annullamento ex art. 1427 c.c. e, quindi, dichiarare nullo per vizio del consenso ex art. 1434 c.c. l'accordo di separazione consensuale raggiunto dai coniugi in data 02.02.2011 ed omologato il successivo 09.02.2011 dal Tribunale di Foggia, che egli aveva sottoscritto nonostante non fosse stato previsto un assegno di mantenimento in suo favore, e ciò ancorché, in ragione del suo stato di disoccupazione non fosse stato previsto un suo obbligo di contribuzione al mantenimento della figlia, affidata in modo condiviso ai genitori e collocata presso la madre, e pur in presenza di un enorme divario economico esistente rispetto alla moglie.
In fatto, a sostegno della propria domanda, l'attore, ripercorsa la vicenda matrimoniale, espose di avere contratto matrimonio con Tu.Ro. in data 14.02.2002, che dalla loro unione era nata la figlia Pa.Di., in data 29.03.2006, che l'unione era giunta a conclusione nel marzo del 2010 e che a seguito di ciò era stato allontanato dagli affari di famiglia, nonostante egli, assunto come impiegato, in realtà avesse svolto funzioni dirigenziali occupandosi sia delle aziende di famiglia che delle altre aziende del suocero; che i suoi tentativi di recuperare il rapporto coniugale era stati ostacolati e che aveva subito ripetute minacce ad opera di ignoti ed atti intimidatori, culminati nell'avergli fatto trovare un gatto impiccato dietro il bungalow dove si era sistemato, minacce che, a suo parere, erano state rivolte anche nei confronti della sua famiglia di origine - che rischiava di vedere pregiudicati i propri affari dai dissapori insorti con la famiglia Turi, di grande rilievo economico e sociale nella zona, e di vedere condizionata negativamente la possibilità di incontrare la nipote, tanto che la madre gli aveva chiesto di rinunciare a tutte le pretese economiche in sede di separazione -; che il suocero, alla presenza di un testimone, lo aveva invitavano a lasciare Vieste, minacciandolo di fargli passare guai, analoghi a quelli del gatto; che a seguito anche di altri episodi si era sentito costretto a sottoscrivere l'accordo separativo congiunto che gli era stato sottoposto, senza la possibilità di vedersi riconosciuto il mantenimento e di ottenere migliori condizioni di quelle già previste, sicché il processo di formazione della sua volontà, già destabilizzato, era stato ulteriormente condizionato e che la separazione, a quelle condizioni, era una imposizione, che lo aveva privato di qualsivoglia diritto economico nonostante la abissale differenza economica e patrimoniale dei coniugi, oltre al fatto di essere stato fortemente limitato nel suo rapporto con la figlia.
Il Tribunale di Foggia, istruita la causa anche con escussione di testi ed interrogatorio formale della convenuta, con sentenza n. 440/2021, rigettò la domanda attorea perché ritenuta priva di riscontro probatorio.
La Corte di appello di Bari ha respinto l'appello proposto da Di.Br., ritenendo che il compendio probatorio, del quale l'appellante aveva sollecitato una differente lettura, era inidoneo a provare l'esistenza degli episodi di violenza morale e dell'eventuale efficacia causale degli stessi al condizionamento della sua volontà nell'esplicare la propria libertà negoziale. A tal fine, ha ribadito che i testi di parte convenuta, così come i testi di parte attrice non avevano confermato le allegazioni del Di.Br., poste a fondamento della domanda. Ha aggiunto che "Quanto potenzialmente detto da Tu.Ma. (padre dell'appellata) al Di.Br. apparirebbe, invero, ben lontano, avuto riguardo alla persona dell'appellante e al contesto socio-culturale, dal costituire una minaccia tale da impressionare e incutere timore, nei termini chiariti dalla giurisprudenza summenzionata.".
Di.Br. ha proposto ricorso con due mezzi per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari, pubblicata il 30 settembre 2022.
Tu.Ro. ha replicato con controricorso.
È stata disposta la trattazione camerale.
CONSIDERATO CHE:
2.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1434 e 1435 c.c.
Il ricorrente si duole che la Corte di appello, pur avendo affermato che "Affinchè la violenza, come vizio della volontà di una parte, possa costituire causa di annullamento del negozio, il combinato disposto degli artt. 1434 e 1435 c.c. richiede che questa, valutato il soggetto passivo e il contesto sociale nella quale avviene, sia di natura tale da impressionare una persona sensata e far temere un male ingiusto e notevole per sé o il suo patrimonio. In tema, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "in tema di violenza morale, quale vizio invalidante il consenso, i requisiti previsti dall'art. 1435 c.c. possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo; .è in ogni caso necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l'annullabilità e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell'autore di essa" (cfr. Cass. sent. n. 19974 del 10.08.2017)", non abbia poi valutato le risultanze probatorie alla luce di detti principi e non si sia fatta carico né della situazione, fisica e psicologica, in cui egli versava a seguito del suo allontanamento dalla casa coniugale, né tantomeno della posizione di assoluta preminenza sociale ed economica della famiglia @Tu nel piccolo comune di Vieste e dintorni ed ancor meno dei metodi a dir poco "persua:
quali era stato minacciato.
2.2 .- Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza per omessa motivazione; travisamento e omesso esame delle prove testimoniali poste a base della medesima.
Il ricorrente deduce la mancanza di motivazione. Sostiene, quindi, che nella sentenza impugnata, solo "apparentemente" si dà atto delle risultanze delle prove testimoniali, segnatamente le deposizioni della madre Ma.Pa. e di Ca.Gi., ritenute determinanti dalla Corte di appello per escludere la fondatezza della domanda, in quanto le medesime risultano non valutate non correttamente nel loro complessivo contenuto.
2.3. - I motivi, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati e vanno accolti.
2.4. - Come è noto, la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente e, eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regola la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull'esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111 comma 6 Cost. (Cass. n. 13248 del 30/06/2020) e non rende percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass. n. 13977/2019).
2.5. - Orbene, la Corte territoriale, nel disattendere la prospettazione della parte appellante - che aveva riferito di plurimi episodi ritenuti minatori ed intimidatori subiti direttamente e, a suo parere, indirizzati anche nei confronti della sua famiglia di origine e tali da coartare la sua volontà, in ragione della posizione di netta preminenza sociale ed economica della famiglia della Turi nel territorio di appartenenza - ha affermato che (pag. 6): "il compendio probatorio ... è inidoneo a provare l'esistenza degli episodi di violenza morale e dell'eventuale efficacia causale degli stessi al condizionamento della sua volontà nell'esplicare la propria libertà negoziale... i testi di parte convenuta, così come i testi di parte attrice non hanno confermato le allegazioni del Di.Br., poste a fondamento della propria domanda. Dirimente appare sul punto -al netto di mere ricostruzioni difensive sull'eventuale condizionamento psicologico della teste, estranee a questa sede -quanto dichiarato dalla teste Ma.Pa., madre dell'appellante; ella, pur non a conoscenza della maggior parte di quanto articolato nei capitoli di prova, ha confermato di aver avuto e di avere incontri con la nipote minore (figlia del Di.Br. e della Turi), sia che - all'epoca della separazione - la famiglia dell'appellata si avvaleva dell'autofficina di famiglia. Dello stesso tenore, le dichiarazioni di Ca.Ma., moglie del fratello del Di.Br., con riferimento ai rapporti tra l'appellante e la figlia." e ne ha dedotto "Pertanto, il timore (tale da incidere sulla propria volontà negoziale) sia di allontanamento della figlia dalla famiglia paterna sia dell'interruzione dei rapporti commerciali, lesivo per l'impresa familiare, appare smentito. L'unico teste ad aver riferito un singolo episodio di minacce, tali da poter astrattamente integrare la violenza morale, è Ca.Gi., amico del Di.Br.. La Corte osserva, tuttavia, che... il valore ed il rilievo probatorio della sua deposizione deve considerarsi doppiamente manchevole. Da un lato, infatti, i fatti sono stati appresi de relato dall'appellante e dall'altro, quandanche fossero riscontrabili, sarebbero inidonei a raggiungere lo standard richiesto dall'art, 1435 c.c. per costituire causa di annullamento di un negozio. Quanto potenzialmente detto da Tu.Ma. (padre dell'appellata) al Di.Br. invero, ben lontano, avuto riguardo alla persona dell'appellante e al contesto socio-culturale, dal costituire una minaccia tale da impressionare e incutere timore, nei termini chiariti dalla giurisprudenza summenzionata".
2.6. A fronte di tale statuizione, le censure, che non si esauriscono in una critica alle valutazioni di merito compiute dalla Corte di appello per escludere la configurazione della violenza morale in danno di Di.Br. atta a coartarne la volontà, evidenziano la falsa interpretazione dei presupposti applicativi della disciplina, compiuta in sede di merito con riferimento al caso in esame in ragione della mera apparenza della motivazione.
2.7. Va ricordato che in tema di violenza morale, quale vizio invalidante del consenso, i requisiti previsti dall'art. 1435 c.c., possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo; è in ogni caso necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l'annullabilità e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell'autore di essa (Cass. n. 27323/2022; Cass. n. 19974/2017; conf. Cass. n. 15161/2015). Invero, in materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sulla specifica capacità di determinazione del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c., ove la determinazione della parte sia stata indotta da timori meramente interni, ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte (Cass. n. 235/2007; Cass. n. 20305/2015; Cass. n. 12058/2022).
2.8.- Orbene, a fronte di questi principi, la Corte di appello non ha proceduto a correlare la disamina delle deposizioni testimoniali agli elementi effettivamente rilevanti per l'accertamento richiesto, concernente la prospettata coartazione della volontà del ricorrente in epoca antecedente e coeva al momento della sottoscrizione dell'accordo, giacché - per affermare che era stato smentito il timore manifestato da Di.Br. - è stato dato essenziale rilievo, a ciò che accadde dopo la sottoscrizione dell'accordo, sia in relazione all'andamento della frequentazione familiare con la minore, che ai rapporti economici e lavorativi con la famiglia @Tu.
Inoltre, come si evince dal ricorso, la deposizione di Ca.Gi., trascritta in osservanza dell'onere di specificità, non era integralmente de relato, avendo egli assistito ed ascoltato le frasi rivolte a Di.Br. dal suocero almeno in una occasione.
Va rilevato, inoltre, che non si rinviene alcuna valutazione in merito ad alcuni fatti narrati da Di.Br. (ad es. episodio avvenuto presso il bungalow) nemmeno per smentirne l'attendibilità; manca ogni apprezzamento, anche negativo, circa i rapporti economici intercorrenti tra le parti prima e dopo la separazione e la posizione economica di Di.Br., su cui il ricorrente si era lungamente soffermato deducendone l'avvenuto pregiudizio, e sulla rilevanza economica e sociale della famiglia @Tu. , mentre risulta meramente apparente la motivazione sulla assenza di capacità intimidativa di quanto detto da Tu.Ma., il cui contenuto non è analizzato dalla Corte di appello, e sul contesto socio-culturale.
A tutto ciò la Corte di appello di Bari, in applicazione dei principi esposti, dovrà provvedere in sede di rinvio.
3.- In conclusione, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio della causa, anche per la situazione sulle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Bari in diversa composizione.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.
- Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata nei limiti dell'accoglimento e rinvia la causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;
- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2024.
22-03-2024 07:47
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