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Sentenza

Per la Corte Suprema niente addebito alla ex per le foto osé trovate dal marito nel telefonino se manca la prova che siano state mandate all’amante.
Per la Corte Suprema niente addebito alla ex per le foto osé trovate dal marito nel telefonino se manca la prova che siano state mandate all’amante.
L’articolo 143 del codice civile, rubricato “Diritti e doveri reciproci dei coniugi”, stabilisce che “Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”. L’articolo 151 del medesimo codice, rubricato “Separazione giudiziale”, statuisce che “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole. Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.
La vicenda riguarda una coppia di coniugi che ha avuto due figli, e il marito ha chiesto la separazione personale con addebito alla moglie per infedeltà, deducendo di avere scoperto sul cellulare di quest’ultima messaggi amorosi e fotografie in pose oscene. La moglie ha chiesto l’assegnazione della casa familiare e l’assegno di mantenimento per sé e per i figli. Il Tribunale ha dichiarato la separazione dei coniugi con addebito alla moglie, ha respinto di conseguenza la domanda di mantenimento per il coniuge, ha disposto assegno di mantenimento per la figlia, dichiarando la cessazione della materia del contendere sul mantenimento del figlio. La donna ha interposto gravame che la Corte d’appello ha accolto in punto di addebito e di assegno di mantenimento per il coniuge, ritenendo insufficiente la prova dell’infedeltà e, per l’effetto, accogliendo la domanda di attribuzione dell’assegno, dopo aver comparato le condizioni economiche delle parti. Al contempo la Corte ha invece respinto l’appello in punto assegnazione della casa familiare e di mantenimento per la figlia, ritenendola ormai inserita nel mondo del lavoro, inserimento tuttavia progressivo, sicché ha ritenuto cessato il diritto al mantenimento solo a far data dal luglio 2018. Contra la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il marito.
Le motivazioni della Sezione I Civile della Suprema Corte

L’uomo deduceva che la Corte d’appello aveva male stimato il suo reddito, ritenendo che egli percepiva un netto mensile di euro 1.800,00, e non aveva tenuto conto della circostanza che, a fronte dell’assegnazione dell’immobile costituente casa coniugale alla donna, doveva sostenere le spese di locazione. Inoltre, aveva subito una diminuzione del reddito poiché erano state decurtate le detrazioni per coniuge e figli a carico, concorreva al mantenimento dell’anziana madre, e aveva acquistato dei mobili per l’arredamento della nuova abitazione, circostanze mai contestate della difesa. Lamentava, inoltre, che non era stato considerato che la moglie aveva dichiarato di essere una badante notturna, con guadagno di euro 300,00 mensili, così che alla pensione di invalidità di cui godeva doveva aggiungersi l’importo di tale attività lavorativa, e inoltre che la moglie aveva ricevuto una quota dalla vendita di un immobile della madre. Circa la posizione della figlia, lamentava che non si era tenuto conto che ella, anche nel periodo antecedente al 2018, quando frequentava l’università, svolgeva l’attività di commessa, così risultando economicamente autonoma. Tutti i motivi formulati dall’uomo sono stati ritenuti inammissibili. La Corte d’appello aveva accolto la domanda di attribuzione dell’assegno di mantenimento per la moglie, dopo avere escluso l’addebito, rilevando che la donna svolgeva lavoro di collaboratrice domestica in nero, con una retribuzione di circa euro 300,00 mensili fino a quando ha dovuto astenersi dal lavoro a causa di una neoplasia mammaria, con prescrizione di riposo e chemioterapia, e che dal giugno 2018 le era stata riconosciuta la totale invalidità e liquidata la pensione di invalidità civile di circa 300,00 euro mensili, e che il marito, invece, prestava servizio a tempo indeterminato con un reddito medio mensile di circa 2.300,00 euro, risultando gravato da rate di mutuo di euro 600,00 mensili. Pertanto, ha considerato una disponibilità netta di 1.800,00 euro mensili. Secondo la Corte di Cassazione, il ricorrente ha sovrapposto i piani temporali, deducendo che la moglie, oltre a percepire l’invalidità, lavorasse come badante, mentre la Corte d’Appello ha spiegato che la donna lavorava come badante prima della malattia e che dopo non ha più potuto lavorare, ma ha percepito la pensione di invalidità per importo analogo. Circa le spese della locazione, posto che la Corte ha escluso che, all’attualità, ricorressero i presupposti per l’assegnazione della casa familiare. In altri punti le censure sono state connotate da errori di diritto, poiché l’assistenza alla madre anziana non prevale sugli obblighi nascenti dal matrimonio e dalla procreazione. Il ricorrente ha sollecitato, quindi, una revisione di giudizi di fatto, istanza inammissibile in sede di legittimità. Circa la figlia, la Corte territoriale aveva osservato che ella era inizialmente studentessa universitaria, e aveva trovato nel corso del tempo diversi lavori e poi, interrompendo definitivamente il percorso formativo, era entrata nel mercato del lavoro dal luglio 2018, quando cioè aveva vent’anni. Sul punto la Corte di merito, per i colleghi di legittimità, si era attenuta al principio secondo il quale il figlio neomaggiorenne che prosegua nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione ha diritto al mantenimento, e nel progressivo trascorrere del tempo deve invece attivarsi, specie ove non concluda gli studi, per il reperimento di una occupazione che gli consenta una vita dignitosa, anche eventualmente ridimensionando le proprie aspirazioni (Cass. n. 26875/2023). Ciò è esattamente ciò che, nella valutazione della Corte d’appello, ha fatto la figlia della coppia, rendendosi autonoma all’età di vent’anni, sicché è del tutto corretto, in questo percorso verso l’autonomia, progressivamente conseguita, stabilire il limite temporale a far data dal quale il mantenimento non è più dovuto, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito. L’uomo, tramite il quarto motivo, aveva proposto il tema del travisamento della prova in ordine alla relazione extraconiugale della moglie, asserendo che sarebbe stata dimostrata dal ritrovamento di fotografie oscene e da una serie di elementi che, secondo lo stesso ricorrente, comproverebbero che le foto risultino attribuibili alla persona della moglie, posto che le fotografie ritraggono sempre la medesima persona, potendosi intravedere lo stesso abbigliamento e luoghi (prevalentemente il bagno o il letto) dell’abitazione coniugale, e che erano state mandate al suo amante. La Corte sul punto ha rilevato che il giudice di primo grado, per pronunciare l’addebito, si era basato essenzialmente su foto prodotte dal marito che ritraevano dei corpi nudi o in pose sconvenienti, che la donna contesta essere a lei riconducibili. Per la Corte le foto non possono inequivocabilmente attribuirsi alla donna: sia per la qualità scadente delle immagini, ritenuta indice di manipolazione, sia in qunato nelle foto più esplicite non risulta visibile il viso, anzi i corpi nudi appaiono avere anche morfologie differenti, e al contempo la Corte ha chiarito non si può ritenere dimostrata la condotta di trasmissione o ricezione di queste immagini indecorose all’indirizzo del presunto amante. Il ricorrente censura il ragionamento della Corte d’appello che si è discostata dalla decisione del Tribunale sebbene questa fosse sostenuta da un ragionamento presuntivo sorretto dai requisiti della gravità, precisione e concordanza. Il motivo è risultato inammissibile in quanto le censure propongono una rivisitazione dell’apprezzamento della prova, che è invece rimesso al giudice di merito ed è sottratto al sindacato di legittimità, poiché, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solamente quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 32505/2023). La Corte territoriale ha rivisto il giudizio del Tribunale analiticamente esaminando tutti gli elementi del processo e in particolare le caratteristiche delle fotografie prodotte dal ricorrente, ritenute non attribuibili con sicurezza alla donna, nonché valutando la circostanza dirimente che non vi fosse prova che la donna avesse inviato queste fotografie al presunto amante, non essendovi in atti la trascrizione delle sue conversazioni con la persona indicata come tale. Il giudizio, di fatto, in conclusione, non è risultato più rivedibile nella sede di legittimità, restando in tal modo cristallizzato allo stadio degli accertamenti di merito. Ne è conseguito il rigetto del ricorso.
Considerazioni conclusive

Il ricorso del marito, interposto avverso la decisione della Corte territoriale è stato rigettato, poiché quest’ultima, aveva rivisto il giudizio del Tribunale analiticamente esaminando tutti gli elementi del processo e in particolare le caratteristiche delle fotografie prodotte dal ricorrente, ritenute non attribuibili con sicurezza alla donna, nonché valutando la circostanza dirimente che non vi fosse prova che la donna avesse inviato tali fotografie al presunto amante, non essendovi in atti la trascrizione delle sue conversazioni con la persona indicata come tale. Il giudizio di fatto non è risultato più rivedibile nella sede di legittimità, restando in tal modo cristallizzato allo stadio degli accertamenti di merito.
Avv. Antonino Sugamele

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