Relazione pluriennale ma senza convivenza: qual è l'influenza sull'assegno divorzile?
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 13/03/2023) 13-04-2023, n. 9817
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto - Presidente -
Dott. MELONI Marina - Consigliere -
Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - rel. Consigliere -
Dott. CAMPESE Eduardo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1669-2022 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in presso lo studio dell'avvocato IANNELLO ALESSIO (NNLLSS70C07E463N) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato RICCIARDI FABRIZIO (RCCFRZ69S08I138I);
- ricorrente -
contro
B.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CARSO 67, presso lo studio dell'avvocato TAGLIAFERRO CHIARA (TGLCHR69E71F839S) che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato TORRACCA PATRIZIA (TRRPRZ63C60E463N);
-controricorrente-
avverso SENTENZA della CORTE D'APPELLO GENOVA n. 64-2021 depositata il 26/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2023 dal Consigliere ANTONIO PIETRO LAMORGESE.
Svolgimento del processo
La sig.ra A.A. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di La Spezia che aveva rigettato la sua domanda di imporre all'ex coniuge B.B. un assegno divorzile in suo favore.
L'adita Corte d'appello di Genova, con sentenza del 26 luglio 2021, lo ha rigettato, ritenendo insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell'assegno di divorzio a favore della A.A., in considerazione della sua condizione di autosufficienza economica e della dimostrata capacità di lavoro dell'appellante, nonchè della stabile relazione intercorsa dalla stessa con il sig. C.C. dal 2003 al 2017, che integrava una famiglia di fatto ostativa al riconoscimento dell'assegno divorzile, nonostante l'assenza di coabitazione.
Avverso tale pronuncia la sig.ra. A.A. ha proposto ricorso per cassazione, resistito dal B.B.. Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Con il primo motivo l'odierna ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 10, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto ostativa al riconoscimento dell'assegno divorzile a suo favore la relazione sentimentale esteriorizzata e di lunga durata, instaurata con il sig. C.C., erroneamente equiparandola ad una convivenza di fatto, sebbene non vi fosse stata coabitazione nè un progetto di vita comune.
Con il secondo motivo la ricorrente imputa alla sentenza gravata la violazione ed erronea applicazione del succitato parametro normativo, per avere ritenuto che la relazione affettiva instaurata determinasse automaticamente la perdita dell'assegno divorzile, senza avere verificato la situazione di squilibrio patrimoniale e reddituale tra le parti e la sua riconducibilità alle scelte della coppia in costanza di rapporto matrimoniale.
Entrambi i motivi, congiuntamente esaminati, sono infondati: travisano la ratio decidendi con la quale la Corte territoriale non ha fatto discendere automaticamente il rigetto della domanda della A.A. dalla sua relazione pluriennale e more uxorio con il C.C., ma l'ha valutata unitamente ad altri elementi esaminati nell'ambito del giudizio sull'attribuzione dell'assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6.
Ed infatti, la Corte ha accertato la condizione di indipendenza economica della richiedente, la sua capacità ed esperienza lavorativa da tempo acquisita (anche coadiuvando il partner nell'attività commerciale) e la durata del matrimonio (dodici anni), giungendo alla conclusione che la A.A. non ha dimostrato in concreto di trovarsi in condizione di non potersi procurare mezzi adeguati per ragioni oggettive.
Tali accertamenti non sono stati specificamente censurati, essendosi la ricorrente limitata, peraltro solo nella memoria, a riferire di avere fornito il proprio contributo casalingo nella gestione e conduzione della famiglia e di essersi presa cura del figlio, ormai maggiorenne, senza tuttavia attingere alcuna specifica ratio decidendi contenuta nella sentenza impugnata.
La predetta deduzione parrebbe implicare per implicito l'erroneo convincimento che tale forma di contributo reso dal coniuge in costanza di matrimonio sia sufficiente a far sorgere il diritto all'assegno una volta che il matrimonio sia sciolto. Tuttavia, il riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non si fonda sul fatto, in sè, che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e/o dei figli, nè sull'esistenza in sè di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi, poichè la scelta di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare assume rilievo nei limiti in cui sia stata condivisa con l'altro coniuge e abbia comportato la rinuncia a realistiche occasioni professionali reddituali che il coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare nel giudizio (cfr. Cass. 14256 e 29920-2022, 38362-2021), secondo evidentemente la incensurabile valutazione del giudice di merito.
In tale contesto la convivenza di fatto instaurata dalla ricorrente con altro partner, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, seppure in mancanza di coabitazione (cfr. Cass. 14151-2022, 9178-2018), correttamente è stata valorizzata nella sentenza impugnata quale fatto idoneo a concorrere con altri alla formazione del convincimento del giudice nel senso di non riconoscere la fondatezza del diritto azionato, in mancanza di prova della sussistenza in concreto dei presupposti giustificativi della componente compensativa dell'assegno (in coerenza con Cass. SU 32198-2021).
In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3600,00.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Oscuramento dei dati personali.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2023
21-04-2023 20:34
Richiedi una Consulenza