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Sentenza

Determinazione del quantum dell'assegno di mantenimento e assegnazione della casa coniugale
Determinazione del quantum dell'assegno di mantenimento e assegnazione della casa coniugale
Cassazione civile sez. VI, 15/07/2022, (ud. 09/06/2022, dep. 15/07/2022), n.22408
                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE SESTA CIVILE                         
                            SOTTOSEZIONE 1                           
              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:              
Dott. BISOGNI   Giacinto                            -  Presidente   -
Dott. MARULLI   Marco                               -  Consigliere  -
Dott. IOFRIDA   Giulia                              -  Consigliere  -
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro                      -  Consigliere  -
Dott. FALABELLA Massimo                        -  rel. Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:                                          
                     ORDINANZA                                       
sul ricorso 38224-2019 proposto da: 
            M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 66, 
presso lo studio dell'avvocato MARIA LAURA SODANO, che lo 
rappresenta e difende; 
- ricorrente - 
contro 
              B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI 
DA PALESTRINA, 63, presso lo studio dell'avvocato STEFANIA CONTALDI, 
che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ENRICO GRECO; 
- controricorrente - 
avverso la sentenza n. 48/2019 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, 
depositata il 10/05/2019; 
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non 
partecipata del 09/06/2022 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA 
MASSIMO. 
                 

Fatto
FATTI DI CAUSA

1. - Il Tribunale di Genova, con sentenza del 22 febbraio 2018, ha pronunciato la separazione dei coniugi M.M. e B.A., respingendo la richiesta di addebito formulata dal marito e attribuendo alla moglie un assegno di mantenimento dell'ammontare lordo di Euro 1.200,00 mensili; ha poi dichiarato inammissibile in quanto tardiva la domanda di M. avente ad oggetto l'assegnazione della casa coniugale, di fatto ancora occupata dalla moglie.

2. - La pronuncia è stata impugnata da entrambi i contendenti.

La Corte di appello di Genova ha pronunciato, in data 10 maggio 2019, sentenza con cui, in parziale accoglimento del gravame principale di B.A., ha rideterminato in Euro 2.000,00 mensili, rivalutabili annualmente, il contributo posto a carico di M.; con la stessa decisione la Corte ligure ha respinto gli altri motivi dell'appello principale e dichiarato inammissibili i motivi dell'impugnazione incidentale.

3. - Ricorre per cassazione avverso tale pronuncia M.M.; i motivi di impugnazione sono tre. Resiste con controricorso B.A.. Vi sono memorie.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - Col primo motivo è denunciata la violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente in ordine alla determinazione del quantum dell'assegno di mantenimento a favore di B.A. e omessa valutazione dell'appello incidentale. Il ricorrente lamenta che nella sentenza impugnata mancherebbe alcuna "argomentazione, critica o ragionamento" che dia conto della "differenza di valutazione rispetto alla diversa più esigua determinazione del contributo al mantenimento compiuta in primo grado dal Tribunale". Si deduce che il vizio di motivazione si rifletterebbe, poi, sulla declaratoria di inammissibilità dell'appello incidentale: la domanda del ricorrente vertente sul riconoscimento dell'insussistenza del diritto della moglie ad ottenere l'assegno di mantenimento sarebbe stata infatti "ingiustamente respinta con una declaratoria di inammissibilità non motivata e non comprensibile".

Il motivo è infondato.

La Corte di merito è pervenuta alla decisione dell'aumento del contributo posto a carico di M.M. valorizzando plurime circostanze: l'età avanzata dell'appellante, che rendeva difficile l'inserimento del mondo lavorativo (pur in presenza dell'acquisizione, da parte di B.A., di una certa professionalità nel corso della pluriennale collaborazione prestata nello studio dentistico del marito); le precarie condizioni di salute della stessa moglie, documentate in atti; il notevole contributo da questa portato alla formazione del patrimonio del marito; la rilevante sperequazione economico-patrimoniale della coppia (essendo B.A. titolare solo di alcuni cespiti di modesto valore e redditività, mentre M.M. era titolare di un rilevante patrimonio immobiliare e disponeva di un reddito elevato, documentato fiscalmente in 100.000,00 annui lordi); l'essere l'odierna controricorrente priva di abitazione, vivendo tuttora nella casa coniugale, il cui rilascio era stato richiesto giudizialmente dal marito.; la stima del valore locatizio di mercato di una casa di abitazione di caratteristiche medie; l'accertato elevato tenore di vita della coppia in costanza di matrimonio.

Tali rilievi si risolvono in apprezzamenti di fatto e sfuggono, come tali, al sindacato di legittimità.

Non si configura, evidentemente, la fattispecie della motivazione apparente, la quale ricorre allorquando la motivazione stessa benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. 23 maggio 2019, n. 13977).

E' inoltre irrilevante che la Corte di merito abbia mancato di misurarsi con la sentenza di primo grado: la congruità della motivazione della sentenza del giudice di appello deve essere verificata con esclusivo riguardo alle questioni che sono state sottoposte al medesimo, e dallo stesso risolte per decidere la controversia, restando ad essa del tutto estranea la decisione eventualmente diversa che sia stata adottata dal giudice di primo grado, interamente travolta ed assorbita da quella emessa, in sua sostituzione, dal giudice di appello il quale compie la valutazione diretta del materiale probatorio messo a disposizione dalle parti, nell'ambito delle questioni sottopostegli dai motivi d'impugnazione, senza obbligo di puntuale confutazione dei singoli punti della sentenza di primo grado (Cass. 22 dicembre 2005, n. 28487; Cass. 26 febbraio 1998, n. 2078).

Quanto all'appello incidentale, la Corte di merito ha ben spiegato che la domanda di assegnazione al marito della casa coniugale era inammissibile, in quanto proposta tardivamente: tale statuizione non è stata investita dal ricorso per cassazione. L'istante menziona però una diversa domanda, che sarebbe stata diretta a "veder riconosciuta l'insussistenza del diritto della signora B. ad ottenere l'assegno di mantenimento": la Corte di appello, nel trascrivere lo svolgimento del processo, non reca indicazione di tale pretesa, rilevando, al contrario, che M. aveva richiesto, in via subordinata rispetto all'assegnazione della casa coniugale, la sola conferma del contributo posto a suo carico dal Tribunale (cfr. pag. 2 del provvedimento impugnato). Solo per completezza può comunque osservarsi che le stesse ragioni poste a fondamento dell'incremento dell'assegno di mantenimento valgano a giustificare come lo stesso non potesse essere eliso.

2. - Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. "nella parte in cui la sentenza gravata non rileva il mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte della richiedente" e il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 "laddove omette di valutare le circostanze di fatto emergenti dagli atti di causa". Viene osservato che le difficoltà della controricorrente nell'inserirsi nel mercato del lavoro non erano state in alcun modo dimostrate nel corso del giudizio di merito e che B.A. si era limitata a dar conto di problemi di salute versando certificazioni mediche che risultavano però inidonee al fine indicato.

Il motivo è inammissibile.

La violazione del precetto di cui all'art. 2697 c.c. è configurabile soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. 29 maggio 2018, n. 13395; Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; cfr. pure Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707)

Non risulta poi formulata una rituale censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto nel corpo del motivo il ricorrente si limita a svolgere rilievi basati su risultanze processuali di cui non si sarebbe tenuto conto, e non su fatti storici, primari o secondari; né può ipotizzarsi che tale carenza integri un vizio motivazionale, giacché quest'ultimo deve risultare dal testo della sentenza impugnata, "a prescindere dal confronto con le risultane processuali" (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054): sicché non può essere invocato per confutare l'accertamento di fatto devoluto al giudice del merito.

3. - Col terzo mezzo sono lamentate la falsa e l'erronea applicazione della sentenza n. 22631 del 2019 di questa Corte, avendo la Corte di merito operato una valutazione erronea della classica comparazione tra la posizione dei coniugi; ci si duole, inoltre, della contraddittorietà della motivazione. La sentenza impugnata è censurata con particolare riguardo alle affermazioni che l'istante deduce inconciliabili, circa la titolarità, in capo a B.A., di cespiti immobiliari e alla mancata disponibilità, da parte della stessa, di una abitazione. Il ricorrente si duole, poi, del mancato apprezzamento, da parte di B.A., dell'utilizzo di fatto del proprio patrimonio immobiliare, del fatto che la stessa non avesse mai tentato di mettere a frutto il medesimo e della circostanza relativa al mantenimento, da parte dello stesso M., della figlia.

Il motivo va disatteso.

Il richiamo a Cass. 10 settembre 2019, n. 22631 non è congruente, dal momento che tale pronuncia non si occupa della materia della separazione personale tra coniugi.

Per il resto, è da osservare: che la sentenza non contiene alcun accertamento circa l'asserita utilizzabilità, a fini residenziali, degli immobili di cui è proprietaria la ricorrente, né il ricorrente indica, nel corpo del motivo, come la questione sia stata posta nel corso del giudizio di merito; che l'assegno di separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale, e, conseguentemente, la correlazione dell'adeguatezza dei redditi con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (Cass. 28 febbraio 2020, n. 5605; Cass. 26 giugno 2019, n. 17098) e tanto spiega come l'assegno riconosciuto alla moglie tenesse conto del "valore locatizio di mercato di una casa di abitazione di caratteristiche medie"; che la Corte di appello ha preso, bensì, in considerazione il godimento della casa coniugale da parte di B.A., ma ha posto in evidenza il carattere precario di tale fruizione, essendo pendente il giudizio per il rilascio introdotto da M.M.; che quanto dedotto in ordine al mantenimento della figlia della coppia è del tutto carente di autosufficienza e non integra, comunque, un argomento decisivo, visto che in regime di separazione i genitori provvedono al mantenimento della prole in misura proporzionale al proprio reddito (art. 337 ter c.c., comma 4) e l'erogazione in favore del figlio non esclude l'accesso di uno dei coniugi alla contribuzione di cui all'art. 156 c.c., comma 1.

4. - Il ricorso è dunque respinto.

5. - Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

Deve disporsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e le altre indicazioni atte ad identificare le parti.
PQM
P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto; dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e le altre indicazioni atte ad identificare le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6^ Sezione Civile, il 9 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2022
Avv. Antonino Sugamele

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