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Sentenza

L'ex coniuge spende più di quanto guadagna? Escluso l'assegno divorzile.
L'ex coniuge spende più di quanto guadagna? Escluso l'assegno divorzile.
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 04/11/2022) 15-12-2022, n. 36802
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria - Presidente -

Dott. TRICOMI Laura - Consigliere -

Dott. CAIAZZO Rosario - Consigliere -

Dott. CAPRIOLI Maura - rel. Consigliere -

Dott. FIDANZIA Andrea - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15391/2020 R.G. proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in MARINO VIA DELLE MOLETTE 40/B, presso lo studio dell'avvocato CHIAPPA DANIELA, (CHPDNL68L51H501X) che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

B.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PAPIO MARCO, 15, presso lo studio dell'avvocato ANSELMI FRANCESCA (NSLFNC75C61H501S) che lo rappresenta e difende;

- controricorrente -

avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO ROMA n. 6068/2019 depositata il 11/10/2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/11/2022 dal Consigliere MAURA CAPRIOLI.
Svolgimento del processo

Ritenuto che:

La Corte di appello di Roma, con sentenza nr 6068/2019, accoglieva l'appello proposto da B.B. nei riguardi di A.A. rigettando la domanda di assegno divorzile proposta dall'ex moglie.

Il giudice del gravame, richiamati i più recenti approdi di questa Corte in tema di presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile, riteneva, alla luce delle risultanze di causa, che non fosse stato provato alcunchè in ordine al suo apporto alla vita familiare.

Osservava che in sede di separazione i coniugi si erano riconosciuti reciproca indipendenza economica avendo regolato gli ulteriori rapporti economici fra di loro. In questo quadro la Corte di distrettuale rilevava che la richiesta dell'attribuzione dell'assegno divorzile giustificata dall'avvenuto licenziamento della richiedente nel corso del giudizio di primo grado non poteva avere effetti automatici sulla capacità di lavoro e reddituale che le aveva consentito di fruire di una entrata annua di Euro 22.000,00.

Il giudice del gravame riteneva che l'appellata non avesse assolto all'obbligo di dimostrare di essersi attivata nella ricerca di altra attività lavorativa con la mera produzione di qualche e-mail senza alcun riscontro.

Evidenziava che la situazione denunciata dalla A.A. relativamente alla inadeguatezza dei mezzi non poteva considerarsi attendibile non avendo la medesima ritenuto di chiarire come potesse provvedere al pagamento del canone di locazione di Euro 500,00 mensili, al rimborso della rata di finanziamento di circa 368,00 mensili, a mantenere l'autovettura e a corrispondere le spese per l'utilizzo di una carta di credito di circa Euro 400,00/500,00 mensili oltre a spese sanitarie per Euro 5.067,00 annui. Sottolineava che tali elementi lasciavano fondatamente ritenere la sussistenza di fonti non dichiarate che consentivano alla A.A. di far fronte agli oneri eccedenti le disponibilità dovute al sussidio di disoccupazione.

La Corte distrettuale osservava che il mancato deposito dell'accordo raggiunto in sede di licenziamento e della documentazione relativa al tfr,malgrado fossero stati più volte sollecitati, confermava l'inaffidabilità delle condizioni dichiarate dall'appellata la quale era venuta meno al dovere di lealtà processuale cui sono tenuti i coniugi nei giudizi di separazione e divorzio valutabile ex art. 116 c.p.c., comma 2.

Avverso tale sentenza A.A. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste con controricorso B.B..
Motivi della decisione

Considerato che:

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 116, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Si sostiene che la Corte di appello avrebbe fondato il suo convincimento relativamente alla presenza delle fonti di reddito non dichiarate dalla ricorrente unicamente su di una presunzione semplice derivante dall'omessa produzione in giudizio di due documenti: la transazione stipulata in sede di licenziamento ed il trattamento di fine rapporto.

Si lamenta, in particolare, che il giudice di merito non avrebbe dato il giusto rilievo alle prove documentate in atti attestanti la mancanza di "mezzi adeguati" quali il procedimento di demansionamento e la conseguente decurtazione della retribuzione mensile, la lettera di licenziamento, la dichiarazioni sostitutiva di un atto notorio e le comunicazioni di accredito di Banco posta attestanti la percezione dell'indennità di disoccupazione, il contratto di locazione e le ricevute di pagamento del canone oltre alle dichiarazione dei redditi.

Si rileva inoltre che la Corte distrettuale si sarebbe limitata a sanzionare la richiedente per la mancata esibizione della documentazione su precisata che comunque non avrebbe mai potuto attestare l'autosufficienza economica.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole in particolare che la Corte non avrebbe indicato quali prove l'odierna ricorrente avrebbe dovuto produrre ai fini di dimostrare la fondatezza della propria domanda di assegno divorzile.

Si afferma inoltre che la decisione impugnata non avrebbe tenuto conto delle condizioni oggettive di impossibilità di reperire una occupazione quali l'età, il livello di specializzazione e la crisi economica nonchè la differenza fra le due posizioni reddituali nè valutato il contributo dato dalla richiedente alla carriera dell'ex coniuge. Il primo motivo è inammissibile in ragione della illegittimità della pretesa della odierna ricorrente di ridiscutere il modo attraverso il quale il giudice di appello ha valutato i mezzi di prova complessivamente acquisiti al giudizio, trattandosi di una proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa, non consentita in questa sede di legittimità.

La Corte di appello, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, ai fini dell'adeguatezza dei mezzi di sussistenza e della capacità lavorativa, ha considerato non solo le dichiarazioni dei redditi delle parti ma anche gli oneri di spese di cui era gravata la richiedente pervenendo alla conclusione della esistenza di fonti non dichiarate eccedenti le disponibilità del sussidio di disoccupazione.

Conclusione questa rafforzata, sempre secondo la insindacabile valutazione dei fatti compiuta dalla Corte d'Appello, dal mancato deposito dell'accordo transattivo raggiunto con il datore di lavoro e del documento attestante la percezione del tfr da parte dell'odierna ricorrente al termine del rapporto, valutati dal giudice del merito unitamente agli altri elementi presuntivi e posti a base del suo convincimento ex art. 116 c.p.c.. Del pari inammissibile perchè fondata su una valutazione dei fatti alternativa a quella risultante dall'accertamento compiuto dal giudice del merito, è la censura relativa alla mancanza di autosufficienza economica cui dovrebbe pervenirsi anche sulla base delle risultanze istruttorie valorizzate dal giudice del merito.

Le valutazioni, censurate come ipotetiche non scalfiscono il quadro probatorio, insindacabilmente valutato dalla Corte d'Appello fondato sulla capacità di spesa attuale e sulla mancanza colpevole di un quadro effettivo della consistenza economico patrimoniale e reddituale della parte ricorrente.

Il secondo motivo nella parte in cui critica la mancata valorizzazione di condizioni oggettive (l'impossibilità di reperire una nuova occupazione a causa dell'età e della mancanza di una specializzazione, della differenza fra le posizioni reddituali e il contributo dato dalla moglie alla carriera del marito) è parimenti inammissibile.

La decisione della Corte di Roma si basa su un accertamento in fatto, fondato su una valutazione delle risultanze istruttorie adeguatamente motivata e, conseguentemente, non suscettibile di riesame in sede di legittimità.

Con la censura in esame, in sostanza, la ricorrente contrappone alla ricostruzione proposta dalla Corte distrettuale, una lettura alternativa del fatto e delle prove, senza considerare il duplice principio, che merita di essere ribadito, per cui:

1) il motivo di ricorso non può mai risolversi in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790); 2) "L'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014).

La Corte di appello, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, ha vagliato le affermazioni della richiedente tenendo conto del materiale probatorio acquisito in causa sottolineando per quanto riguarda il profilo compensativo che non era stato dimostrato il contributo che la richiedente aveva dato alla carriera professionale del marito.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese della fase di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in favore della controricorrente come da dispositivo.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento della somma di Euro 2500,00 per compensi oltre 200,00 per esborsi oltre accessori di legge in favore della parte controricorrente;

si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2022
Avv. Antonino Sugamele

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