Divorzio: è inammissibile il ricorso proposto contro il coniuge deceduto e non contro i suoi eredi
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 novembre 2020 – 21 gennaio 2021, n. 1079
Presidente Scaldaferri – Relatore Mercolino
Rilevato
che C.I. ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, illustrato anche con memoria, avverso la sentenza dell'11 settembre 2018, con cui la Corte d'appello di Trieste ha dichiarato inammissibile, per difetto di soccombenza, il gravame da lei interposto avverso la sentenza emessa il 12 dicembre 2017, con cui il Tribunale di Trieste aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalla ricorrente con Cr.La. , su ricorso congiunto dei coniugi;
che l'intimato non ha svolto attività difensiva.
Considerato
che con l'unico motivo d'impugnazione la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 149 c.c., comma 1, sostenendo che, nel dichiarare inammissibile il gravame, la Corte d'appello non ha tenuto conto dell'interesse di essa ricorrente ad ottenere la dichiarazione di nullità o inefficacia della pronunzia di divorzio e della cessazione della materia del contendere, per effetto del decesso del coniuge e del conseguente scioglimento del matrimonio, verificatisi prima del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado;
che, secondo la ricorrente, detto interesse trovava giustificazione nell'intento di conservare lo status di coniuge superstite, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità, che non avrebbe potuto esserle altrimenti accordata, non risultando essa ricorrente titolare dell'assegno divorzile;
che, inoltre, l'appello non avrebbe potuto essere proposto nei confronti dell'unica figlia nata dal matrimonio, avendo quest'ultima rinunciato all'eredità del padre, in pendenza del termine per l'impugnazione, e non potendo quindi trovare applicazione l'art. 110 c.p.c.;
che l'impugnazione è inammissibile, in quanto proposta nei confronti del coniuge deceduto, anziché degli eredi, e notificata nel domicilio eletto presso il procuratore costituito nel giudizio di primo grado, nonostante la mancata costituzione dello stesso nel giudizio di appello;
che, in tema di divorzio, e con riguardo all'ipotesi in cui una delle parti sia deceduta nel corso del giudizio, anche in pendenza del termine per l'impugnazione, questa Corte, nel riconoscere l'ammissibilità del gravame interposto dal coniuge superstite avverso la sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio, al fine di ottenere una pronuncia di cessazione della materia del contendere, ha infatti precisato che, pur avendo il giudizio ad oggetto un diritto non trasmissibile agli eredi della parte deceduta, la legittimazione a resistere spetta a questi ultimi, in qualità di successori a titolo universale, ai sensi dell'art. 110 c.p.c. (cfr. Cass., Sez. I, 17/07/2009, n. 16801; 18/08/1992, n. 9592);
che, nella specie, la mancata proposizione del ricorso per cassazione nei confronti degli eredi del Cr. è stata giustificata dalla difesa della ricorrente con la considerazione che l'unica figlia nata dal matrimonio, Cr.El. , era priva della legittimazione a resistere, non essendo in possesso della qualità di erede, per aver rinunciato all'eredità con atto del 18 febbraio 2018;
che la rinuncia all'eredità o la mancata accettazione della stessa da parte di uno o più chiamati non esclude peraltro la possibilità d'individuare altri legittimati, trovando applicazione la disciplina della giacenza dell'eredità, dettata dagli artt. 528 e ss. c.c., ai sensi della quale il curatore dell'eredità giacente risulta passivamente legittimato nei riguardi di tutte le azioni proponibili nei confronti dell'erede, e la disposizione di cui all'art. 586 c.c., a norma del quale, in caso di rinuncia di tutti i chiamati ed in assenza di altri successibili, l'eredita è devoluta di diritto, senza bisogno di accettazione, allo Stato, il quale non può rinunciarvi (cfr. Cass., Sez. II, 8/06/1968, n. 1754);
che l'applicabilità delle predette disposizioni non può essere esclusa, nella specie, in virtù dell'avvenuta verificazione del decesso in pendenza del termine per la proposizione dell'appello e della mancata dichiarazione dello evento interruttivo nel corso del giudizio di secondo grado, non essendosi costituito il procuratore dell'appellato, e non potendo dunque operare, ai fini della notificazione del ricorso per cassazione, il principio dell'ultrattività del mandato, con la conseguenza che, avuto riguardo anche al tempo trascorso dalla morte del Cr. , l'atto d'impugnazione avrebbe dovuto essere notificato agli eredi dello stesso, presso il loro domicilio effettivo (cfr. Cass., Sez. II, 6/08/2015, n. 16555);
che l'avvenuta proposizione dell'impugnazione nei confronti di un soggetto inesistente ed in un luogo non avente alcun collegamento con i soggetti legittimati esclude la possibilità di sanare il vizio attraverso la rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c.;
che la mancata costituzione dell'intimato esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
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26-01-2021 23:30
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