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Sentenza

Regime patrimoniale della famiglia - Comunione legale dei beni
Regime patrimoniale della famiglia - Comunione legale dei beni
AMMINISTRAZIONE

CESSAZIONE DELLA COMUNIONE

DEFINIZIONE: è il regime patrimoniale legale della famiglia applicabile in mancanza di un'apposita convenzione matrimoniale (art. 159 c.c.). Trattasi del regime ordinario dei rapporti patrimoniali della famiglia, in virtù del quale i beni acquistati dai coniugi, salvo alcune esclusioni, divengono comuni e sono soggetti a una particolare disciplina.

NATURA GIURIDICA: la comunione legale dei beni è una comunione senza quote ove proprio questo elemento la differenzierebbe dalla comunione ordinaria che è una comunione per quote (Corte Cost. 10.3.1988, n. 311). Nella comunione ordinaria le quote sono oggetto di un diritto individuale dei singoli partecipanti e costituiscono l'elemento che delimita il potere dispositivo di ciascun compartecipe della comunione sulla cosa comune; nella comunione legale dei coniugi, invece, nei rapporti con i terzi, ciascun coniuge ha il potere di disporre dei beni della comunione e il consenso dell'altro richiesto per gli atti di straordinaria amministrazione, non è un negozio autorizzativo nel senso di atto attributivo di un potere bensì un atto che rimuove un limite all'esercizio di un potere. Secondo la Consulta l'istituto della comunione legale ha come unica funzione quella di determinare, a norma dell'art. 189 c.c., la misura entro la quale i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari, la proporzione nella quale, sciolta la comunione, l'attivo e il passivo saranno suddivisi tra i coniugi nonché la misura della responsabilità sussidiaria, di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali, nei confronti dei creditori della comunione.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Consulta la comunione legale dei beni è stata definita come comunione di quote che si differenzia da quella ordinaria solo perché la fonte dell'istituto giuridico è la legge e perché le quote sono inderogabilmente uguali (Cass. 21.4.1993, n. 4666).

DIFFERENZE CON LA COMUNIONE ORDINARIA: la comunione legale si differenzia dalla comunione ordinaria riguardo:
 

• alla fonte: la comunione ordinaria si costituisce sia per un atto di volontà (più soggetti acquistano in comunione un bene) sia in forza di legge (più persone ereditano a causa di morte un bene); la comunione legale trova fonte solo nella legge;

• alla misura della quota: nella comunione ordinaria le quote possono essere diseguali; nella comunione legale le quote sono uguali per i coniugi (art. 194, comma, c.c. e art. 210 c.c.);

• al regime di trasferimento della quota: la quota della comunione legale, a differenza di quella della comunione ordinaria, è indisponibile (art. 189, comma 2, c.c. e art. 192, comma 1, c.c.);

• alla indivisibilità : finché dura il regime di comunione legale, i coniugi non possono procedere a divisione, così come, invece, consentito per la comunione ordinaria;

• all'amministrazione: nella comunione ordinaria vige la regola dell'amministrazione congiuntiva (art. 1105, comma 1, c.c.) a maggioranza (artt. 1105 e 1108 c.c.) o all'unanimità (art. 1108, comma 3, c.c.); nella comunione legale, invece, l'amministrazione spetta disgiuntamente ad entrambi i coniugi (art. 180, comma 1, c.c.) tranne che per gli atti di straordinaria amministrazione (art. 180, comma 2, c.c.).

FONTE: il regime della comunione legale dei beni opera automaticamente a far data dal matrimonio (civile o, comunque, avente effetti civili), salvo che i coniugi non manifestino volontà contraria davanti all'ufficiale celebrante. È possibile scegliere un regime patrimoniale differente anche successivamente alla celebrazione del matrimonio, in questo caso, dovrà stipularsi una convenzione matrimoniale, nella forma dell'atto pubblico con la presenza di testimoni (art. 162, comma 1, c.c. e art. 48, comma 1, legge 16 febbraio 1913, n. 89). La convenzione Matrimoniale, difatti, è l'atto mediante il quale i coniugi adottano o modificano un regime patrimoniale, richiede la forma notarile scritta a pena di nullità e può essere stipulato sia prima che dopo la celebrazione del matrimonio.

COMUNIONE IMMEDIATA E COMUNIONE "DE RESIDUO": entrano a far parte della comunione c.d. immediata e attuale, di cui ciascuno dei due coniugi è contitolare con l'altro a parità di quota, gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio.

Nella comunione comunemente detta "de residuo", che si costituisce solo allo scioglimento della comunione legale, vi rientrano quei beni che restano di proprietà esclusiva di ciascuno dei coniugi fino al momento di scioglimento della comunione, quando divengono di proprietà comune per la parte in cui non sono stati consumati. Il diritto del coniuge, peraltro, non ha natura reale bensì consiste in un diritto di credito corrispondente al valore dei beni che entrano in questa comunione differita.

OGGETTO DELLA COMUNIONE LEGALE: rientrano nella comunione legale dei beni:
 

• gli acquisti (più correttamente: i diritti oggetto degli acquisti) compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali (art. 117 lett. a) c.c.).

Si deve distinguere, quanto agli acquisti a titolo originario, tra beni che vengono acquistati in virtù dell'espansione di un diritto già esistente nel patrimonio di uno dei coniugi e beni che divengono oggetto di nuovi diritti prima non presenti in tale patrimonio. L'ingresso in comunione legale dei beni è limitato solo ai secondi.

In via esemplificativa si veda ad esempio l'istituto dell'accessione con cui non si acquista un nuovo e autonomo diritto su un bene, ma si amplia l'oggetto di un diritto già esistente in capo al singolo coniuge (il diritto di proprietà sul suolo si estende alla costruzione) e perciò al coniuge non intestatario è riconosciuto solo il diritto di ripetere nei confronti dell'altro quanto eventualmente speso per la costruzione. Quindi in virtù dei principi generali in materia di accessione la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno dei coniugi è di proprietà personale ed esclusiva di quest'ultimo. L'altro coniuge, che pretenda di ripetere le somme spese, è onerato della prova d'aver conferito il proprio apporto economico per la realizzazione della costruzione attingendo a risorse patrimoniali personali o comuni; di contro il coniuge proprietario non è tenuto a dimostrare d'aver impiegato denaro personale né personalissimo (Cass. 30.9.2010, n. 20508).

Il principio generale dell'accessione posto dall'art. 934 c.c. non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi.

A diversa conclusione si giunge nel caso dell'usucapione, perché prima del compimento della fattispecie giuridica, il coniuge possessore non ha alcun diritto sul bene posseduto; dunque, quando tale diritto entra nel suo patrimonio, rappresenta un acquisto in senso tecnico che, in quanto tale, va "condiviso" con l'altro coniuge (Cass. 23.7.2008, n. 20296). E' stato puntualizzato in proposito che gli acquisti di beni immobili per usucapione effettuati da uno solo dei coniugi, durante il matrimonio, in vigenza del regime patrimoniale della comunione legale, entrano a far parte della comunione stessa,  e  che il momento determinante l'acquisto del diritto ad usucapionem da parte dell'altro coniuge, attesa la natura meramente dichiarativa della domanda giudiziale, s'identifica con la maturazione del termine legale d'ininterrotto possesso richiesto dalla legge (Cass., 11 agosto 2016, n. 17033)

Sono esclusi, pertanto, dalla comunione legale i beni il cui acquisto rappresenta un'espansione di un precedente diritto su beni personali (acquistati, dunque, per accessione commistione e unione), mentre sono oggetto della comunione legale i beni il cui acquisto non è tale (acquistati, pertanto, per invenzione, occupazione, specificazione e usucapione).

• il diritto di proprietà e gli altri diritti reali di godimento (tuttavia, il diritto di usufrutto acquistato separatamente da uno solo dei coniugi, resta legato alla vita di colui che lo ha acquistato; inoltre, sono esclusi dalla comunione legale i diritti di uso e abitazione, trattandosi di diritti aventi una connotazione personalissima);

• i crediti intesi quali entità patrimoniali attive oggetto di cessione. Non rientrano nella comunione dei beni, invece, i diritti di credito, quando sono parte di una posizione giuridica composita, ossia sono inscindibilmente legati a obblighi (altrimenti si genererebbe un'obbligazione in capo a un soggetto - l'altro coniuge - a prescindere dalla sua volontà, in quanto lo stesso non ha preso parte all'atto dal quale è sorta l'obbligazione medesima);

• le partecipazioni in società di capitali (con l'esclusione di quella dell'accomandatario in accomandita per azioni) qualora, secondo la legge e lo statuto della società, siano liberamente trasferibili. Quando, invece, le partecipazioni in società di capitali non siano trasferibili, l'altro coniuge avrà un diritto di credito verso il coniuge acquirente per un valore corrispondente alla metà delle partecipazioni medesime.

Non rientrano nella comunione legale:

a) le partecipazioni del socio di s.n.c., dell'accomandatario in s.a.s. e del socio in s.a.p.a. Tali partecipazioni, infatti, hanno carattere personalissimo e, inoltre, comportano la gestione dell'impresa e la conseguente assoggettabilità a fallimento (inestensibile al soggetto che non rivesta la qualità di imprenditore);

b) le azioni o le quote delle società cooperative, poiché in esse prevale l'aspetto personale su quello patrimoniale; gli eventuali acquisti ai quali può dar luogo la partecipazione a questi tipi di società entrerà in comunione a seconda del momento in cui si verifichino tali acquisti.

Nel caso dell'acquisto dell'immobile di cooperativa edilizia si deve distinguere tra cooperative cc.dd. libere e cooperative a contributo statale: quanto alle prime, poiché il momento acquisitivo della proprietà coincide con la conclusione dell'atto di assegnazione (che opera il trasferimento dalla cooperativa al socio) il bene è comune se in quel momento il socio è coniugato in regime di comunione legale; quanto alle seconde, poiché il socio acquista la proprietà dell'alloggio al momento della stipulazione del mutuo individuale, per stabilire se il bene entri in comunione bisogna aver riguardo al momento in cui viene stipulato il predetto mutuo (Cass. 11.6.2005, n. 12382);

• le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio (art. 177, lett. d) c.c.);

• gli utili e gli incrementi delle aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi (art. 177, comma 2, c.c.).

OGGETTO DELLA COMUNIONE "DE RESIDUO": rientrano nella comunione de residuo, ossia divengono comuni solo se, allo scioglimento della comunione legale, non siano stati consumati:
 

• i frutti (naturali e civili) dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione (art. 177, lett. b) c.c.);

• i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi (retribuzione e indennità percepite a titolo di corrispettivo di lavoro subordinato; redditi da lavoro autonomo anche se occasionali; redditi derivanti da rapporti di collaborazione) (art. 177, lett. c), c.c.);

• gli utili connessi alle partecipazioni in s.n.c., a quelle di accomandatario in s.a.s. e in s.a.p.a., considerabili quali proventi dell'attività separata (art. 177, comma 1, lett. c), c.c.);

• i beni destinati all'esercizio dell'impresa costituita e gestita da uno solo dei coniugi dopo il matrimonio, anche qualora l'impresa sia gestita attraverso partecipazioni in s.n.c., quelle di accomandatario in s.a.s. e in s.a.p.a. Sono beni destinati all'esercizio dell'impresa quelli che risultano investiti nell'attività d'impresa e quelli accantonati per esservi destinati;

• gli incrementi dell'impresa costituita prima del matrimonio e gestita da uno solo dei coniugi, anche qualora l'impresa sia gestita attraverso partecipazioni in società in nome collettivo, quelle di accomandatario in società in accomandita semplice e in società in accomandita per azioni. Gli incrementi dell'impresa sono i miglioramenti, le addizioni, gli accantonamenti di utili o l'investimento degli stessi, intervenuti tra il momento del matrimonio e il momento dello scioglimento della comunione.

• Le somme liquidate ai testimoni di giustizia dal ministero dell'Interno non hanno natura risarcitoria ed entrano pertanto nella comunione legale dei beni e nel conto cointestato tra i coniugi (Cass. 11 febbraio 2020, n. 3313)

ACQUISTI DERIVANTI DA EVENTI DI FORTUNA: (es. vincita al Superenalotto) in proposito si distingue:
 

• se sono collegati alla titolarità di un determinato bene (es. premi collegati a obbligazioni societarie) sono considerati frutti; pertanto, se il bene è in comunione legale, il frutto entrerà in comunione immediata, se il bene è personale il frutto entrerà in comunione de residuo (art. 177, comma 1, lett. b, c.c.);

• se non sono collegati alla titolarità di un determinato bene, rientrano nei «proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi» e saranno, quindi, oggetto di comunione de residuo.

ACQUISTO PRIMA CASA E AGEVOLAZIONI FISCALI: le agevolazioni fiscali contemplate per l'acquisto della prima casa in comunione legale si applicano anche nei confronti del coniuge non titolare dei relativi requisiti previsti dalla legge (Cass. ord. n. 15426/2009; Cass. n. 14237/2000). Secondo l'Agenzia delle Entrate, invece, l'agevolazione prima casa si può applicare solo in relazione al 50% del valore dell'immobile nel caso uno dei coniugi si trovi in condizioni di godere dell'agevolazione (Circ. Min. n. 2005/38E).

BENI PERSONALI: sono i beni che non cadono in comunione né immediata né de residuo. Sono personali:
 

• i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento (art. 179 lett. a) c.c.) e, secondo la dottrina, anche i diritti relativi (i frutti, invece, rientrano nella comunione de residuo ai sensi dell'art. 177, comma 1, lett. b, c.c.);

• i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione, anche indiretta (art. 809 c.c.) o remuneratoria (art. 770, comma 1, c.c.), con la sola esclusione delle c.d. liberalità d'uso (art. 770, comma 2, c.c.) ossia quelle che si suole fare in occasione di servizi resi che vanno inquadrate tra i proventi dell'attività lavorativa, o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è previsto che essi siano attribuiti alla comunione (art. 179, lett. b), c.c.);

• i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge e i loro accessori (art. 179, lett. c), c.c.). Il criterio di individuazione è oggettivo e si ricava dalla naturale destinazione del bene (si pensi a una gonna o a un maglia);

• i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge (autonoma o subordinata, purché svolta in modo continuativo), tranne quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della comunione (art. 179, lett. d), c.c.). Quanto ai beni immobili e ai beni mobili registrati, essi sono peraltro considerati personali solo «quando risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge»;

• i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno (art. 179, lett. e), c.c.);

• la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa (art. 179, lett. e), c.c.). Si escludono le altre indennità relative al rapporto di lavoro, come, ad esempio, quelle per disoccupazione, le quali costituiscono una forma di retribuzione differita e, dunque, rientrano tra i proventi dell'attività separata, oggetto di comunione de residuo;

• i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali o con il loro scambio «purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto» (art. 179, lett. f), c.c.). La dichiarazione deve essere specifica, ossia indicare dettagliatamente i beni personali ai quali si è fatto ricorso per realizzare l'acquisto. Relativamente, poi, ai beni immobili e ai beni mobili registrati è necessaria, ai fini dell'esclusione dalla comunione legale, non solo la dichiarazione del coniuge acquirente, ma anche la dichiarazione dell'altro coniuge (art. 179, ultimo comma,c.c.). Trattasi non di una dichiarazione di volontà, ma di una dichiarazione di scienza. Per alcuni essa deve essere necessariamente contestuale all'atto di acquisto, per altri può anche non essere contestuale, ma risultare da un atto successivo. Se l'altro coniuge rifiuta ingiustificatamente di effettuare la dichiarazione il coniuge acquirente potrà promuovere un giudizio contro l'altro e ottenere una sentenza che anche dopo l'acquisto, accerti che il bene acquisito ha natura personale;

• gli acquisti relativi ai beni personali;

• i frutti e i proventi consumati nel tempo anteriore allo scioglimento della comunione.

MANCATO INGRESSO DEL BENE IN COMUNIONE: Il meccanismo della comunione legale implica che l'acquisto di un bene immobile da parte di uno dei coniugi si comunichi automaticamente all'altro, pur quando formalmente intestato ad uno solo di essi (c.d. coacquisto).

Tuttavia, l'art. 179, comma 2, c.c. ammette la possibilità di evitare l'ingresso del bene in comunione a condizione che:
 

• si tratti di bene personale;

• all'atto partecipi il coniuge non acquirente, manifestando il proprio consenso all'esclusione dell'acquisto stesso dalla comunione.

Il bene acquistato, insieme o separatamente dai coniugi, durante il matrimonio, costituisce, in via automatica, ai sensi dell'articolo 177, comma 1, lettera a), del codice civile, oggetto della comunione tra loro e diventa, quindi, in via diretta, bene comune ai due coniugi, anche se destinato a bisogni estranei a quelli della famiglia e il corrispettivo sia pagato, in via esclusiva o prevalente, con i proventi dell'attività separata di uno dei coniugi, a meno che non si tratta del denaro ricavato dall'alienazione di beni personali, ovvero si tratta di un bene di uso strettamente personale di ciascun coniuge ovvero che serve all'esercizio della professione del coniuge, e, in caso di acquisto di beni immobili, tale esclusione risulti dall'atto di acquisto e il coniuge non acquirente partecipi alla relativa stipulazione. La dichiarazione resa nell'atto dal coniuge non acquirente, ai sensi dell'articolo 179, comma 2, del codice civile, in ordine alla natura personale del bene, si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l'esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, ma anche l'effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall'articolo 179, comma 1, lettere c), d) e f) del codice civile (Cass. 14 maggio 2018, n. 11668).

NATURA DEL CONSENSO AL MANCATO ACQUISTO: il consenso manifestato dall'altro coniuge all'esclusione del bene dalla comunione ha natura di un mero atto giuridico ricognitivo (Cass. 25.9.2008, n. 24061) e non negoziale, cui il Legislatore attribuisce la valenza di testimonianza privilegiata, ricollegandovi l'effetto di una presunzione assoluta di esclusione della contitolarità dell'acquisto; il vincolo derivante da tale presunzione, peraltro, non è assoluto, potendo essere rimosso per errore di fatto o per violenza nei limiti a cui ciò è consentito per la confessione (Cass. 6.3.2008, n. 6120).

RIFIUTO DEL COACQUISTO: questione rilevante è quella relativa alla possibilità di escludere dall'ingresso in comunione beni che non abbiano realmente natura personale, ove il mancato ingresso in comunione non sia dovuto alla natura oggettiva del bene, ma a un rifiuto del coacquisto, dovuto alla volontà dei coniugi.

In passato, attribuendosi alla dichiarazione del coniuge non acquirente la natura di atto negoziale, si è ritenuto possibile escludere dall'ingresso in comunione ogni bene, anche se, nei fatti, non destinato all'uso personale del coniuge acquirente come stabilito dall'art. 179, comma 1, c.c. (Cass. 2.6.1989, n. 2688).

Reputandosi, invece, la dichiarazione del coniuge un mero atto giuridico ricognitivo, non avente efficacia negoziale dispositivo-rinunciativa, si ritiene che essa non possa impedire l'esclusione dalla comunione di beni che non siano personali (Cass. Sez. Un. 24.3.2009, n. 7035). Dunque, presupposto essenziale per escludere l'applicazione del regime della comunione legale sarebbe la sussistenza della natura personale del bene acquistato e ciò anche in relazione al fatto che le norme sulla comunione legale non sono derogabili pattiziamente e che i diritti che esse proteggono sono indisponibili (Cass. Sez. Un. 24.3.2009, n. 7035).

Conseguentemente, il coniuge non acquirente di un immobile può proporre la domanda di accertamento della comunione legale anche rispetto a quel bene che sia stato acquistato come personale dall'altro coniuge, non costituendo una preclusione il fatto che il primo fosse intervenuto nel contratto per aderire alla dichiarazione di esclusione dalla comunione, in quanto l'unico presupposto sostanziale dell'esclusione dal regime della comunione è la natura personale del bene. In ogni caso, il sopravvenuto accertamento della comunione legale tra i coniugi non è opponibile al terzo acquirente di buona fede che abbia trascritto il proprio atto di acquisto prima della domanda di annullamento del contratto promossa dal coniuge non acquirente. Il relativo accertamento potrà essere opposto al terzo acquirente solo se se ne dimostri la mala fede.

DISCIPLINA DELLE AZIENDE CONIUGALI: di seguito un prospetto riassuntivo relativo alla disciplina delle aziende:
 

• azienda costituita prima del matrimonio, appartenente a entrambi i coniugi e gestita da entrambi: l'intera azienda è in comunione ordinaria tra i coniugi; gli utili e gli incrementi cadono in comunione legale immediata;

• azienda costituita dopo il matrimonio, appartenente a entrambi i coniugi e gestita da entrambi: costituiscono oggetto di comunione legale immediata i beni destinati all'esercizio dell'impresa, gli utili e gli incrementi (art. 177, comma 1, lett. d, c.c.);

• azienda costituita prima o dopo il matrimonio, appartenente ad uno solo dei coniugi e gestita da entrambi: l'azienda è di proprietà del coniuge cui apparteneva prima del matrimonio; gli utili e gli incrementi andranno in comunione legale immediata (art. 177, ultimo comma, c.c.);

• azienda costituita prima del matrimonio, appartenente a uno solo dei coniugi e gestita dallo stesso: i beni aziendali sono proprietà esclusiva del titolare; gli utili, in quanto proventi dell'attività separata, saranno oggetto della comunione de residuo; gli incrementi saranno pure oggetto della comunione de residuo (seconda parte dell'art. 178 c.c.);

• azienda costituita dopo il matrimonio, appartenente a uno solo dei coniugi e gestita dallo stesso: i beni destinati all'esercizio dell'impresa e gli incrementi dell'impresa stessa saranno oggetto di comunione de residuo (art. 178 c.c.); gli utili, in quanto proventi dell'attività separata, saranno anch'essi oggetto di comunione de residuo (art. 177, comma 1, lett. c, c.c.);

• azienda costituita prima del matrimonio, appartenente ad entrambi i coniugi e gestita da un solo coniuge: i beni aziendali apparterranno ai coniugi in comunione ordinaria mentre saranno oggetto di comunione de residuo gli incrementi (art. 178 c.c.) e gli utili dell'impresa (art. 177, comma 1, lett. c, c.c.);

• azienda costituita dopo il matrimonio, appartenente in comunione legale ad entrambi i coniugi e gestita da un solo: i beni aziendali apparterranno ad entrambi i coniugi in quanto comproprietari dell'azienda stessa, gli incrementi cadranno in comunione de residuo se sussisteranno al momento dello scioglimento della comunione (art. 178, parte seconda, c.c.); lo stesso dicasi per gli utili in quanto proventi dell'attività separata (art. 177, comma 1, lett. c), c.c.).

AMMINISTRAZIONE

ATTI DI ORDINARIA E ATTI DI STRAORDINARIA AMMINISTRAZIONE: per distinguere tra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione bisogna far ricorso al criterio normativo. Sono di straordinaria amministrazione quelli indicati come tali dalla legge (es. artt. 320, 374 e 375 c.c.), qualora il criterio normativo non sia sufficiente si ricorrerà al criterio sostanziale. Nella categoria degli atti di ordinaria amministrazione andranno inclusi gli atti che presentino tutte e tre le seguenti caratteristiche:
 

• siano oggettivamente utili alla conservazione del valore e dei caratteri oggettivi essenziali del patrimonio in questione;

• abbiano un valore economico non particolarmente elevato in senso assoluto e soprattutto in relazione al valore totale del patrimonio medesimo;

• comportino un margine di rischio concreto modesto in relazione alle caratteristiche del patrimonio predetto.

Andranno, invece, considerati di straordinaria amministrazione gli atti che non presentino tutte e tre queste caratteristiche (Cass. 15.5.2003, n. 7546).

AMMINISTRAZIONE ORDINARIA: l'amministrazione ordinaria dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi (art. 180 c.c.).

AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA: il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi (art. 180 c.c.).

RIFIUTO DEL CONSENSO E AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE: se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto è necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda gestita da entrambi i coniugi e costituita dopo il matrimonio (artt. 181 e 177, comma 1, lett. d, c.c.). La decisione del giudice può essere adottata solo quando l'atto sia effettivamente necessario al conseguimento dell'interesse della famiglia o dell'azienda coniugale.

Competenza: il ricorso per ottenere l'autorizzazione va proposto al tribunale ordinario (art. 38, comma 2, disp. att., c.c.).

LONTANANZA O IMPEDIMENTO: in caso di lontananza (di natura duratura) o di altro impedimento (grave malattia etc., ad esclusione delle fattispecie che comportano lo scioglimento della comunione legale - es. dichiarazione di assenza - o l'esclusione automatica dall'amministrazione - es. l'interdizione -) di uno dei coniugi l'altro:
 

• in mancanza di procura del primo risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, può compiere, previa autorizzazione del giudice e con le cautele eventualmente da questo stabilite, gli atti necessari per i quali è richiesto il consenso di entrambi i coniugi. Nel caso di gestione comune di azienda, uno dei coniugi può essere delegato dall'altro al compimento di tutti gli atti necessari all'attività dell'impresa (art. 182 c.c.);

• può chiedere l'esclusione dall'amministrazione del coniuge impedito (art. 183 c.c.).

ESCLUSIONE DALL'AMMINISTRAZIONE:

MINORE ETÀ: se uno dei coniugi è minore, l'altro può chiederne al giudice l'esclusione dal potere di compiere qualsiasi atto di amministrazione della comunione legale (art. 183 c.c.). Il riferimento è al minore emancipato (che, ex art. 84, comma 2, c.c., può contrarre matrimonio). Qualora non venga richiesta l'esclusione del coniuge minore, il minore potrà compiere gli atti consentiti all'emancipato, ossia quelli non eccedenti l'ordinaria amministrazione.

INTERDIZIONE: l'esclusione opera di diritto riguardo al coniuge interdetto e permane fino a quando non sia cessato lo stato di interdizione (art. 183, comma 3, c.c.).

INABILITAZIONE: manca una disciplina positiva. L'inabilitato deve essere equiparato al minore emancipato.

CATTIVA AMMINISTRAZIONE: l'esclusione può essere chiesta al giudice da uno dei coniugi quando l'altro ha male amministrato (art. 183 c.c.).

REINTEGRAZIONE: il coniuge privato dell'amministrazione può chiedere al giudice di esservi reintegrato, se sono venuti meno i motivi che hanno determinato l'esclusione (art. 183, comma 2, c.c.). La reintegrazione è automatica col passaggio in giudicato della sentenza di revoca dell'interdizione (art. 183, comma 3, c.c.).

RAPPRESENTANZA VOLONTARIA: la procura ad amministrare i beni della comunione legale può essere conferita sia all'altro coniuge sia a terzi, e, in quest'ultimo caso, da uno solo o da entrambi i coniugi a seconda che si tratti di amministrazione disgiunta ovvero congiunta (art. 180 c.c.).

Quanto al tipo di procura da conferire:
 

• la procura generale senza indicazione di atti particolari conferita all'altro coniuge è inutile, perché essa comprende solo gli atti di ordinaria amministrazione per i quali vige già la regola dell'amministrazione disgiunta;

• la procura generale senza indicazione di atti particolari conferita a terzi è inammissibile perché comporta la sottrazione al dovere di amministrare i beni della comunione, come è espressamente confermato dal disposto di cui all'art. 210, comma 3, c.c.;

• la procura generale con indicazione di atti particolari conferita all'altro coniuge o a terzi è inammissibile perché comporta la sottrazione al dovere di amministrare i beni della comunione;

• la procura speciale conferita al coniuge o a terzi è ammissibile, perché riferendosi a singoli atti e non ad una serie di essi, non contrasta con la regola di cui all'art. 210, comma 3, c.c.

ATTI COMPIUTI SENZA IL NECESSARIO CONSENSO: gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro coniuge, e da questo non convalidati, sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili registrati.

L'azione può essere proposta dal coniuge, il cui consenso era necessario, entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e, in ogni caso, entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione, l'azione non può essere proposta oltre l'anno dallo scioglimento stesso (art. 184 c.c.).

Non rileva la mala fede del coniuge disponente o del terzo.

CONVALIDA: il coniuge può convalidare l'atto di straordinaria amministrazione compiuto dall'altro e per il quale il primo non ha dato il necessario consenso (art. 184 c.c.). L'atto di convalida deve contenere:
 

• la menzione del contratto annullabile;

• la menzione del motivo di annullabilità;

• la dichiarazione dell'intenzione di convalidarlo.

È configurabile anche la convalida tacita (art. 1444 c.c.).

OBBLIGO DI RICOSTITUZIONE DELLA COMUNIONE: se gli atti compiuti da un coniuge, senza il necessario consenso dell'altro coniuge, riguardano beni mobili diversi dai beni mobili soggetti a pubblicità quali le navi, i galleggianti, gli aeromobili e gli autoveicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico ex art. 2683 c.c., il coniuge che li ha compiuti è obbligato, su istanza del coniuge che non ha dato il consenso, a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto e, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione della comunione (art. 184, comma 3, c.c.).

In questo caso non è stabilita alcuna sanzione di annullabilità o di inefficacia per cui l'atto compiuto in assenza del consenso del coniuge resta pienamente valido ed efficace (Cass. 13 maggio 2016, n. 9888).

RESPONSABILITÀ DIRETTA DEI BENI DELLA COMUNIONE: i beni della comunione rispondono (art. 186 c.c.):
 

• dei pesi e degli oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto (es. ipoteche, usi civici, imposte, etc.).

• dei carichi dell'amministrazione (es. spese di manutenzione e di custodia);

• delle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e l'educazione dei figli;

• di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche separatamente, nell'interesse ">CESSAZIONE DELLA COMUNIOdella famiglia;

• di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.

RESPONSABILITÀ SUSSIDIARIA DEI BENI DELLA COMUNIONE: sussiste una responsabilità sussidiaria (ossia dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio individuale del coniuge obbligato) e parziale (fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato) dei beni della comunione (artt. 187, 188, 189 c.c.) nelle ipotesi di:
 

• obbligazioni contratte dai coniugi prima del matrimonio (art. 187 c.c.);

• obbligazioni derivanti da donazioni e successioni conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite alla comunione (art. 188 c.c.);

• obbligazioni contratte separatamente dai coniugi (art. 189 c.c.).

Quanto alle obbligazioni contratte separatamente dai coniugi si distingue tra:
 

• atti compiuti dal singolo coniuge senza il consenso dell'altro per l'amministrazione (straordinaria) dei beni comuni;

• qualsiasi debito particolare di uno dei coniugi per atti estranei ai beni comuni e perfino debiti sorti anteriormente al matrimonio.

Mentre i debiti contratti nella gestione, anche irregolare, dei beni comuni, comportano solo la sussidiarietà della responsabilità della comunione, gli altri debiti particolari del singolo coniuge hanno quale effetto anche la postergazione dei suoi creditori chirografari a quelli chirografari della comunione (art. 189, comma 2, c.c.).

RESPONSABILITÀ SUSSIDIARIA DEI BENI PERSONALI: i creditori della comunione possono agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti (art. 190 c.c.).

CESSAZIONE DELLA COMUNIONE

CAUSE DI CESSAZIONE: la comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per il mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi (art. 191 c.c.).

SCIOGLIMENTO LEGALE: opera automaticamente al verificarsi delle seguenti cause:
 

• dichiarazione di assenza;

• dichiarazione di morte presunta;

• sentenza di annullamento del matrimonio (l'annullamento opera sulla comunione legale con efficacia dal giorno in cui passa in giudicato la sentenza di annullamento);

• nel caso di separazione personale la comunione la comunione si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero dalla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al residente, purchè omologato. L'ordinanza con al quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione (Art. 191, comma 2, c.c. introdotto dall'articolo 2 della legge 11 maggio 2015, n. 55, in vigore dal 26 maggio 2015).
La nuova previsione di anticipazione dello scioglimento della comunione legale si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 55/2015 (art. 3 legge n. 55 del 6 maggio 2015).
Prima della modifica introdotta dal secondo comma dell'articolo 191 lo scioglimento della comunione  dei beni tra coniugi si verificava solo con il passaggio ingiudicato della sentenza di separazione personale dei coniugi o con l'omologa degli accordi di separazione consensuale mentre non produceva alcun effetto al riguardo il provvedimento presidenziale emesso ai sensi dell'art. 708 c.p.c. che autorizzava i coniugi  a vivere separati.  
Ai fini dello scioglimento della comunione legale è irrilevante la separazione di fatto, considerato l'assenza di ogni forma di pubblicità a tutela dei terzi;

• sentenza di divorzio (l'art. 10, comma 2, legge 10.12.1970, n. 898, prevede che lo scioglimento del matrimonio ha effetto dal giorno dell'annotazione della sentenza nei registri dello stato civile. Occorre distinguere gli effetti fra le parti, che si verificano al momento del passaggio in giudicato della sentenza, dagli effetti nei confronti dei terzi, che si verificano in seguito alla annotazione della sentenza nei registri dello stato civile (Cass. 9.6.1992, n. 7089);

• fallimento di uno dei coniugi (art. 191 c.c).

SCIOGLIMENTO GIUDIZIALE: unica ipotesi di scioglimento giudiziale è quella della separazione giudiziale dei beni (art. 193 c.c.), con conseguente instaurazione del regime di separazione dei beni.

La separazione giudiziale può chiedersi in caso di:
 

• interdizione di uno dei coniugi [l'interdizione esclude di diritto l'interdetto dall'amministrazione (art. 183, comma 3, c.c.), ma non scioglie la comunione];

• inabilitazione di uno dei coniugi;

• cattiva amministrazione della comunione;

• disordine degli affari di uno dei coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione dei beni, qualora ciò metta in pericolo gli interessi dell'altro coniuge o della comunione o della famiglia (la condotta menzionata può riguardare anche l'amministrazione dei beni personali, in quanto possono comportare un danno alla comunione le eventuali azioni esecutive che i creditori personali possono esperire sui beni comuni ai sensi dell'art. 189 c.c.; i creditori di uno dei coniugi possono ottenere la pronunzia in via surrogatoria qualora il coniuge non reagisca all'esecuzione sui beni comuni promossa dai creditori dell'altro);

• contribuzione ai bisogni della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze e capacità di lavoro.

La sentenza che pronunzia la separazione giudiziale dei beni retroagisce al giorno in cui è stata proposta la domanda, salvo i diritti dei terzi. Conseguentemente un bene acquistato dopo la domanda e prima della sentenza da uno dei coniugi si considera personale dell'acquirente.

La sentenza deve essere annotata a margine dell'atto di matrimonio e sull'originale delle convenzioni matrimoniali (art. 193, ultimo comma, c.c.).

SCIOGLIMENTO CONVENZIONALE: le parti possono sciogliere la comunione legale, instaurando un regime diverso: la separazione dei beni e la comunione convenzionale.

RICOSTITUZIONE DELLA COMUNIONE LEGALE: le cause di scioglimento della comunione sono irreversibili per natura o per diritto (si pensi alla morte del coniuge, all'annullamento del matrimonio, al divorzio etc.).

Vi sono ipotesi relativamente alle quali si potrebbe astrattamente configurare un ripristino della comunione legale: si pensi al ritorno dell'assente o alla riconciliazione dei coniugi separati).

Tuttavia, si ritiene che anche in tali casi la comunione legale non possa rivivere (essendo ormai sciolta).

Sarà necessaria, al contrario, un'espressa convenzione diretta all'estinzione del regime della separazione dei beni e all'instaurazione di un nuovo regime, che - però - non sarà più di comunione legale, bensì di comunione convenzionale, realizzabile a mezzo di una convenzione convenzionale atipica.

La forma sarà anche in questo caso quella dell'atto pubblico (art. 162, comma 1, c.c.) e sarà necessaria la presenza dei testimoni (art. 48 legge 16.2.1913, n. 89).

EFFETTI DELLO SCIOGLIMENTO DELLA COMUNIONE LEGALE: con la cessazione del regime di comunione tra i coniugi si hanno due effetti;
 

• tra i coniugi si instaura per l'avvenire il regime di separazione (a meno che i coniugi non abbiano adottato il regime di comunione convenzionale);

• i beni prima oggetto di comunione legale e quelli ricadenti in comunione de residuo finiscono in comunione ordinaria transitoria, con applicazione delle relative regole, oltre a regole particolari espressamente previste in tema di divisione (artt. 194-197 c.c.).

COMUNIONE ORDINARIA TRANSITORIA: lo scioglimento comporta innanzitutto l'instaurarsi di un nuovo tipo di comunione ordinaria di carattere transitorio.

I condividenti potranno procedere a divisione amichevole o giudiziale.

Nel primo caso, il negozio avrà natura di contratto a più parti, a prestazioni corrispettive, di natura costitutiva e non dichiarativa.

Se le parti non abbiano provveduto precedentemente, procederanno prima della divisione ai rimborsi e alle restituzioni, secondo quanto stabiliscono le norme di cui al primo, secondo e terzo comma dell'art. 192 c.c.

RIMBORSI E RESTITUZIONI: ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni per le quali è prevista la responsabilità diretta dei beni della comunione (art. 192 c.c.).

È tenuto altresì a rimborsare il valore dei beni della comunione che per effetto della responsabilità sussidiaria di cui all'art. 189 c.c. rispondono (fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato) delle obbligazioni contratte dopo il matrimonio da uno dei coniugi per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza il necessario consenso dell'altro e delle obbligazioni contratte separatamente dal coniuge anche anteriormente al matrimonio, a meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.

Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune.

I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento della comunione.

Se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente il giudice può autorizzare i coniugi al rimborso e alla restituzione anticipata (art. 192, comma 4, c.c.).

Il coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni comuni sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso si avrà l'intervento del giudice. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili e infine sugli immobili.

DIVISIONE DEI BENI DELLA COMUNIONE: la divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in parti eguali l'attivo e il passivo.

Il giudice, in relazione alle necessità della prole e all'affidamento di essa, può costituire a favore di uno dei coniugi l'usufrutto su una parte dei beni spettanti all'altro coniuge (art. 194 c.c.).

PRELEVAMENTO DI BENI MOBILI: nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare i beni mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima della comunione o che sono ad essi pervenuti durante la medesima per successione o donazione.

In mancanza di prova contraria si presume che i beni mobili facciano parte della comunione. (art. 195 c.c.).

Se non si trovano i beni mobili che il coniuge o i suoi eredi hanno diritto di prelevare, essi possono ripeterne il valore, provandone l'ammontare anche per notorietà, salvo che la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione per uso o perimento o per altra causa non imputabile all'altro coniuge (art. 196 c.c.).

Tuttavia il prelevamento non può avvenire in pregiudizio dei terzi, qualora la proprietà individuale dei beni non risulti da atto avente data certa.

È fatto salvo al coniuge o ai suoi eredi il diritto di regresso sui beni della comunione spettanti all'altro coniuge nonché sugli altri beni di lui (art. 197 c.c.).

PUBBLICITÀ: la pubblicità, in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi, si realizza attraverso due sistemi:
 

• annotazione nei registri di stato civile a margine dell'atto di matrimonio (artt. 162 e 163 c.c.);

• trascrizione nei registri immobiliari o mobiliari (art. 2647 c.c.).

Entrambe le forme di pubblicità hanno natura dichiarativa e svolgono la funzione di rendere opponibili ai terzi quanto annotato o trascritto.

Tuttavia, mentre l'annotazione è l'unica forma di pubblicità idonea ad assicurare l'opponibilità della convenzione matrimoniale ai terzi (con la precisazione che per il regime di comunione legale dei beni, che è automatico ove non vi sia convenzione contraria, mancherà un atto da pubblicizzare, essendovi una sola «pubblicità negativa», nel senso che non si troverà alcuna annotazione), la trascrizione ha funzione di mera pubblicità-notizia e ha ad oggetto, le vicende relative alla situazione giuridica dei singoli beni immobili o mobili registrati (Cass., Sez. Un. civ., 13.10.2009, n. 21658).

ANNOTAZIONE A MARGINE DELL'ATTO DI MATRIMONIO: la funzione dell'annotazione è esclusivamente quella di rendere noto il regime patrimoniale vigente tra i coniugi, indipendentemente dagli eventuali negozi sui beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, per i quali la pubblicità avverrà a mezzo della trascrizione.

Il Comune presso il quale deve essere effettuata l'annotazione è quello del luogo nel quale il matrimonio fu contratto.

Il sistema dell'annotazione si riferisce, per quanto riguarda la comunione legale, a due categorie di atti giuridici:
 

• alle convenzioni di separazione e alle comunioni convenzionali (art. 162 c.c. che stabilisce che le convenzioni intese a derogare il regime della comunione legale devono essere stipulate per atto pubblico a pena di nullità, possono essere stipulate in ogni tempo e non possono essere opposte ai terzi se non risultano annotati a margine dell'atto di matrimonio, la data del contratto, il notaio rogante e la generalità dei contraenti ovvero la scelta del regime di separazione se la dichiarazione viene fatta all'atto di celebrazione del matrimonio);

• alle modifiche delle convenzioni matrimoniali. In proposito, l'art. 163 c.c. stabilisce che le «modifiche delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive al matrimonio (...) hanno effetto rispetto ai terzi solo se ne è fatta annotazione in margine all'atto di matrimonio».

EFFETTI DELL'ANNOTAZIONE: l'annotazione viene considerata non una forma di pubblicità-notizia, ma alla pari della trascrizione, una vera e propria condizione di opponibilità ai terzi degli effetti delle convenzioni annotate (Cass., Sez. Un. Civ., 13.10.2009, n. 21658). Ai fini della predetta opponibilità, vale la data dell'annotazione.

TRASCRIZIONE: quanto agli acquisti di beni immobili o mobili registrati ricadenti in comunione, nella prassi delle Conservatorie dei Registri immobiliari, poiché la comunione legale opera automaticamente e prescinde da ogni formalizzazione, essi vengono trascritti a favore di uno solo dei coniugi con la specificazione - nell'atto e nella nota di trascrizione relativa - del regime legale adottato.

Se l'acquisto riguarda beni personali, ai sensi del primo comma dell'art. 2647 c.c., sono soggetti a trascrizione gli atti di acquisto riguardanti:
 

• i beni di uso strettamente personale;

• i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge titolare;

• i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno;

• i beni acquistati con il prezzo del trasferimento o dello scambio di beni personali.

La necessità della trascrizione è dovuta al fatto che l'esclusione dalla comunione non risulta altrove (art. 179, comma 2, c.c.).

PUBBLICITÀ DELLO SCIOGLIMENTO: anche per lo scioglimento sono previste l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio e la trascrizione.

Quanto all'annotazione, essa è stabilita per:
 

• il «mutamento convenzionale del regime patrimoniale» (art. 162 c.c.);

• la sentenza che pronunzia la separazione giudiziale dei beni la quale va inoltre trascritta se ha per oggetto beni immobili (art. 193, ultimo comma, c.c.);

• la sentenza che dichiara nullo il matrimonio (artt. 125, comma 5, n. 6 R.D. 9.7.1939 n. 1238);

• la sentenza che dichiara l'assenza (art. 69, comma 1, lett. g, D.P.R. 3.11.2000, n. 396);

• la sentenza che dichiara la morte presunta (art. 69, comma 1, lett. g, D.P.R. 3.11.2000, n. 396);

• la sentenza di divorzio (art. 10 legge 1 dicembre 1970 n. 898);

• l'ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati dal presidente del tribunale a vivere separati nel caso di separazione personale dei coniugi  (191, comma 2, c.c. introdotto dall'articolo 2 della legge 6 maggio 2015, n. 55, in vigore dal 26 maggio 2015).

• le sentenze che pronunciano la separazione personale dei coniugi o l'omologazione di quella consensuale (art. 69, comma 1, lett. d, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).

A seguito della legge n. 55/2015, che ha introdotto il comma 2 dell'articolo 191 c.c. secondo cui nel caso di separazione personale la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero dalla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al residente, purchè omologato e che l'ordinanza con al quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento della comunione, l'articolo 69, comma 1, lett. d, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396  dovrà essere modificato dal legislatore alla luce delle modifiche introdotte dalla legge n.55/2015).

Non vi è un'espressa previsione per le ipotesi di morte e di fallimento. Tuttavia:
 

• la morte è iscritta nei registri dello stato civile (art. 136 R.D. 9 luglio 1939, n. 1238);

• la pronunzia di fallimento viene annotata presso l'ufficio del Registro delle imprese ove l'imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta (art. 17 R.D. 16.3.1942, n. 267).

Quanto alla trascrizione, il primo comma dell'art. 2647 c.c. prevede che devono essere trascritti «gli atti e i provvedimenti di scioglimento della comunione» qualora abbiano ad oggetto beni immobili (e, per il richiamo dell'art. 2685 c.c., i beni mobili registrati).
Riferimenti: Legge(60) - Prassi(1) - Giurisprudenza(68) - Tutti(129)
Avv. Antonino Sugamele

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