L’assegno divorzile – avente una funzione non solo assistenziale ma anche compensativa-perequativa – deve essere riconosciuto alla donna quarantatreenne che ha rinunciato al lavoro, occupandosi esclusivamente della cura dei figli e della famiglia, così consentendo al marito di dedicarsi appieno alla sua attività professionale e contribuendo, perciò, alla sua realizzazione ad elevato livello e all’incremento del patrimonio familiare.
i Giudici romani hanno evidenziato che, a seguito dell'importante arresto giurisprudenziale, è stato superato il consolidato orientamento favorevole alla natura meramente assistenziale dell'assegno divorzile. Tale orientamento teorizzava la cosiddetta “concezione bifasica” dell'assegno divorzile, che prevedeva, cioè, la rigida bipartizione tra la fase del giudizio riservata alla individuazione dei criteri attributivi e quella destinata alla analisi dei criteri determinativi.
Con la citata pronuncia, le Sezioni Unite hanno riconosciuto all'assegno divorzile una natura composita, così valorizzando l'intero contenuto dei criteri indicati nell'art. 5, comma 6 l. n. 898/1970.
In particolare, è stato attribuito all'emolumento in questione sia una funzione assistenziale (fondata sui parametri delle “condizioni dei coniugi” e del “reddito di entrambi”), sia una funzione compensativo-perequativa (valorizzando il contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla conduzione della famiglia ed alla formazione del patrimonio di entrambi i partner) sia una funzione risarcitoria (con riferimento alle ragioni della decisione).
Venendo, dunque, al caso concreto, il Tribunale si è posto il problema di valutare comparativamente le attuali situazioni delle parti, per poi verificare se lo squilibrio, ove sussistente, sia stato il frutto delle scelte condivise assunte in costanza di matrimonio; occorrerà, altresì, considerare il contributo dato da ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune, alla luce del criterio della durata del matrimonio.
02-10-2019 21:45
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