Accordi prematrimoniali: il contratto e' valido solo se la separazione e' un mero evento condizionale.
Accordi prematrimoniali: il contratto è valido solo se la separazione è un mero evento condizionale. Cassazione Civile 21 dicembre 2012, n. 23713 Massima – Il fatto – Gli accordi prematrimoniali: inquadramento normativo della fattispecie e pronunce giurisprudenziali – Analisi della sentenza: natura giuridica del contratto stipulato dai futuri coniugi – Disegno di Legge 2692/2012 Massima L’accordo con cui, prima del matrimonio, il futuro coniuge si impegna a ritrasferire all’altro la proprietà di un immobile “in caso di fallimento di matrimonio” ed a titolo di corrispettivo per le spese sostenute per la ristrutturazione di altro locale adibito a residenza familiare, non configura un’ipotesi di accordo pre-matrimoniale nullo per illiceità della causa, ma una “datio in solutum”, in cui l’impegno negoziale assunto è collegato “alle spese affrontate”, e il fallimento del matrimonio non rappresenta la causa genetica dell’accordo, ma è degradato a mero evento condizionale. In linea generale, gli accordi assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale e in vista del futuro divorzio, sono nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio. Il fatto Con sentenza in data 14.12.2005 il Tribunale di Macerata dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra i coniugi P.M. e O.L., rigettando la domanda riconvenzionale del coniuge O.L. volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica, ai sensi dell’art. 2932 c.c., dell’impegno assunto in epoca antecedente alle nozze dalla P.M., di cedere al medesimo O.L. in caso di “fallimento” del matrimonio, un immobile di sua proprietà quale indennizzo per le spese sostenute dall’O.L. per la ristrutturazione di un immobile di proprietà della P.M.. Il soccombente ricorre in Appello: con sentenza in data 28.02.2007 la Corte d’Appello di Ancora, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, stabiliva che l’impegno negoziale della P.M. in favore dell’O.L. era valido ed efficace. La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, rigetta il ricorso proposto dalla P.M. accogliendo la domanda volta alla consegna del bene. Gli accordi prematrimoniali: inquadramento normativo della fattispecie e pronunce giurisprudenziali Gli accordi prematrimoniali, o prenuptial agreements, sono contratti nei quali i futuri coniugi stabiliscono, prima delle nozze, la gestione del futuro matrimonio e dell’eventuale separazione, dai profili personali a quelli patrimoniali. Nei paesi di common law ed in alcuni Stati europei quali Germania, Portogallo, Spagna, Grecia e, al di fuori del nostro Continente, in Giappone ed in Australia, tali accordi sono validi e vengono incentivati da una mentalità liberale in materia di disposizione di diritti privati. Alcuni ordinamenti vedono con assoluto favore tali accordi in quanto permettono di snellire il sempre crescente carico giudiziale conseguente alle separazioni. In Italia, diversamente, tali accordi sono ritenuti nulli in quanto vertenti su materia indisponibile. Giurisprudenzialmente si possono riconoscere due diversi orientamenti aventi ad oggetto gli accordi di separazione: il primo concerne il tema di un eventuale annullamento del matrimonio canonico, il secondo concerne la separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili. Per quanto riguarda il primo orientamento la Suprema Corte, nella pronuncia 13 gennaio 1993, n. 348, stabilì che per il caso in cui i futuri coniugi avessero stipulato un accordo prematrimoniale in vista della dichiarazione di nullità del matrimonio da parte del Tribunale Ecclesiastico, tali accordi erano da ritenere validi in quanto l’accordo sarebbe “correlato ad un procedimento, dalle forti connotazioni inquisitorie, volto (comunque) ad accertare l’esistenza o meno di una causa di invalidità del matrimonio. Fuori da ogni potere negoziale di disposizione dello status” . Questa pronuncia, si sottolinea nuovamente, riguarda solamente il caso di annullamento del matrimonio canonico. Sugli accordi prematrimoniali concernenti unioni civili o concordatarie diversamente, nonostante qualche apertura dottrinale, la legislazione e la giurisprudenza hanno da sempre negato la validità di tali accordi sull’assunto che questi concernono diritti indisponibili. Il combinato disposto dagli artt. 5, 6 e 9 della Legge 1 dicembre 1970, n. 898 prevede infatti la competenza del Tribunale per la dichiarazione dello stato di separazione dei coniugi, per la quantificazione dell’assegno divorzile, per le disposizioni in materia di filiazione e per le eventuali revisioni delle disposizioni dettate dal medesimo Tribunale. La competenza si ritiene esclusiva: non sarebbe quindi possibile limitarne il contenuto per volontà delle parti. L’unica facoltà concessa ai coniugi, ai sensi dell’ottavo comma del medesimo articolo 5, è quella di corresponsione dell’assegno in un’unica soluzione, senza possibilità di proporre successivamente altre domande di contenuto economico. La Corte di Cassazione si è più volte pronunciata in senso negativo circa l’ammissibilità di accordi prematrimoniali e tale orientamento è stato supportato anche da parte della dottrina la quale, in questi contratti, ravvisa una violazione dell’art. 24 della Costituzione. A parere di questi autori la Carta Costituzionale sarebbe violata nel senso che, permettendo ai coniugi di determinare a priori le somme da corrispondere in sede di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili, si favorirebbe l’accoglimento della domanda di separazione, vanificando da un lato la funzione conciliatrice del Presidente del Tribunale, e limitando (se non addirittura vanificando) la possibilità riconosciuta dall’art. 24 della Costituzione e dall’art. 5 della Legge 898/70 di difendersi nel giudizio e di modificare i profili patrimoniali conseguenti alla separazione. La natura indisponibile dell’assegno divorzile per il mantenimento dei figli e del coniuge, oltre ovviamente all’affidamento dei minori, è stata più volte affermata dalla giurisprudenza: tale diritto è insuscettibile di rinuncia o transazione preventiva alla quantificazione in sede di giudizio di separazione o divorzio. Analisi della sentenza: natura giuridica del contratto stipulato dai futuri coniugi. Si ritiene di fondamentale importanza inquadrare il caso in esame al fine di stabilire se la presente sentenza davvero crei un’apertura giurisprudenziale all’introduzione dei patti prematrimoniali. La questione portata all’attenzione della Suprema Corte, giova ricordare, concerne la validità di un accordo nel quale i futuri coniugi prevedono che, in caso di separazione, la coniuge sarà tenuta a risarcire il consorte per le spese da lui sostenute nella ristrutturazione dell’immobile di proprietà della donna. Nella massima di cui supra viene espressamente enunciato che “l’accordo (…) non configura un’ipotesi di accordo pre-matrimoniale nullo per illiceità della causa, ma una datio in solutum”. Si rende necessario, in primis, sottolineare la differenza tra un negozio in cui l’evento dedotto in condizione (nel caso specifico, la separazione) ne costituisce l’elemento causale, da un negozio nel quale il rapporto giuridico è preesistente e la separazione è un mero evento condizionale che regola lo svolgimento e gli effetti del rapporto precedentemente instaurato. Nel primo caso possono essere ricondotti gli accordi prematrimoniali che hanno ad oggetto diritti che sorgono a causa della separazione, come il diritto agli alimenti, al mantenimento, all’assegnazione della casa adibita a residenza coniugale, all’affidamento della prole. Nel secondo caso invece possono essere considerati gli infiniti rapporti giuridici che legano due soggetti e che non ineriscono specificatamente i diritti nascenti dalla separazione, alcuni dei quali supra elencati. Come nel caso in esame, possono avere ad oggetto la restituzione di una somma impiegata per la ristrutturazione di un immobile: il rapporto è precedente rispetto alla separazione e viene ripristinata la sinallagmaticità con il trasferimento dell’immobile in caso di separazione. Tale contratto, in realtà potrebbe qualificarsi come contratto atipico ai sensi dell’art. 1322 c.c. nel quale da un lato vi è consegna di una somma di denaro e dall’altro un trasferimento di immobile sottoposto ad una condizione: la datio in solutum, quale prestazione in luogo dell’adempimento, mal si concilia con un’obbligazione che nasce già con la previsione del trasferimento dell’immobile. Tale pattuizione quindi, a parere della Suprema Corte, non configurerebbe un accordo prematrimoniale in quanto il trasferimento dell’immobile non sarebbe avvenuto a causa del “fallimento” del matrimonio, ma troverebbe la propria giustificazione causale nel corrispettivo per le spese sostenute dal coniuge per la ristrutturazione di un immobile di proprietà dell’altro coniuge. Il coniuge “creditore” infatti, in sede di separazione, potrebbe vantare nei confronti della coniuge un diritto di credito pari al valore di quanto speso per la ristrutturazione dell’immobile di proprietà esclusiva della medesima: e, presumibilmente, proprio per risolvere tale potenziale conflitto sul diritto di credito i futuri coniugi si erano accordati per la cessione di un bene immobile. Tale accordo quindi non riguarda i profili patrimoniali e personali inderogabili stabiliti dalla Legge sul divorzio: riguarda un diritto di credito, perfettamente rinunciabile ed oggetto di transazione da parte del creditore. Nel panorama giuridico è possibile rinvenire un parallelismo sulla liceità o meno dell’evento dedotto in condizione: i contratti cd. post mortem. Essi vengono considerati validi, al riparo dalla nullità comminata per i patti successori, solamente se l’evento morte non è la causa dell’attribuzione ma una modalità operativa del contratto: medesima qualificazione giuridica della condizione della liceità dell’accordo stipulato dai coniugi O.L. e P.M.. Disegno di Legge 2629/2012 La sedicesima legislatura ha prodotto il Disegno di Legge 2629/2012 avente ad oggetto l’introduzione degli accordi prematrimoniali nel nostro Ordinamento. Il Disegno di Legge prevede l’introduzione dell’art. 162-bis c.c. il quale autorizza i futuri coniugi a stipulare un patto prematrimoniale diretto a disciplinare gli aspetti patrimoniali conseguenti alla separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, con espressa previsione della possibilità di esclusione del coniuge dalla successione necessaria. Questi accordi, una volta stipulati, dovranno essere tenuti in considerazione dal Giudice il quale dovrà darne esecuzione ai sensi dell’art. 1 del presente Disegno di Legge. Gli artt. 2 e 3 prevedono, inoltre, che l’accordo prematrimoniale possa derogare la Legge sul divorzio. L’Autore vuole sottolineare, nella presente trattazione, che in omaggio ai principi liberali cui ispirata la normativa oggetto di proposta alle Camere, all’art. 1 del D.d.L. è prevista anche la modifica dell’art. 159 c.c. in forza del quale il regime patrimoniale, in mancanza di diversa convenzione, sarà la separazione dei beni. Gli atti prematrimoniali dunque, come si legge nella relazione al Disegno di Legge, devono tendere ad un “rafforzamento del valore del matrimonio ed un disincentivo per i divorzi”. Si puntualizza, con una piccola nota di colore, che non è semplice prevedere se l’accordo prematrimoniale possa essere realmente in grado di disincentivare i divorzi: potrebbe anche accadere che disincentivi i matrimoni. Sarà la prassi, seguente all’eventuale introduzione di tali accordi, a fornirne il dato statistico. Dott.ssa Francesca Tessitore dott.francescatessitore@gmail.com
18-03-2013 15:06
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