La separazione con addebito alla moglie non e' di ostacolo all'affido condiviso. La casa coniugale non e' stata assegnata alla moglie a seguito delle dichiarazioni del minore che ha riferito di trovarsi bene nel domicilio del nuovo compagno della madre
Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. - Sent. del 08.02.2012, n. 1718
Svolgimento del processo
Con sentenza del 10.01-23.02.2007, il Tribunale di Velletri pronunciava la separazione personale dei coniugi R. P. e A. C., respingeva le reciproche domande di addebito, affidava alla madre il figlio della coppia A. (nato nel 1994), per il cui mantenimento imponeva allo P. di corrispondere mensilmente alla moglie € 400,00, ed infine, non assegnava alla C. la casa familiare.
Con sentenza del 25.06-29.07.2009, la Corte di appello di Roma, sentito il minore, respingeva l'appello principale della C. ed in accoglimento, invece, dell'appello incidentale del P., addebitava la separazione alla prima ed affidava il figlio ad entrambi i genitori, confermando per il resto la gravata sentenza e condannando la C. alle spese del grado.
La Corte territoriale osservava e riteneva tra l'altro:
che gli appellanti avevano insistito sulle reciproche domande di addebito
che gli scontri intercorsi tra i coniugi, rimasti a livello verbale, e motivati, il più delle volte da contrasti sulla gestione dell'azienda (vedi teste D. non potevano costituire un motivo per addebitare la separazione al marito che, invece, erano emerse prove in ordine ad una relazione extraconiugale della sig.ra C. iniziata prima della separazione (novembre 2001) che le riferite presentazioni “ufficiali” del nuovo compagno da parte della sig.ra C. ai propri amici, in assenza del marito, dimostravano che la loro relazione si era ormai consolidata e quindi che il rapporto doveva necessariamente essere già da tempo iniziato
che tale situazione poteva spiegare il nervosismo e le liti tra i coniugi fino a rendere
insopportabile la convivenza; a tale proposito era sintomatico che la separazione fosse
stata chiesta dalla moglie, presumibilmente allo scopo di poter instaurare una
convivenza con l'altro uomo, come in effetti era avvenuto poco dopo la separazione dal
marito che, pertanto, la separazione andava addebitata alla moglie
che doveva essere disattesa anche la domanda della C., quale affidataria del figlio, di assegnazione della casa familiare, dal momento che il minore A., nel corso della disposta audizione, aveva dichiarato di “trovarsi bene” con il compagno della madre e di avere interesse a continuare a vivere con loro nella casa di Via (…) aspirazione che evidenziava il suo ambientamento nella nuova abitazione ed il distacco dall' habitat familiare
che il P. aveva chiesto l'affidamento condiviso del figlio e tale regime era, in effetti, quello da preferire a sensi degli artt, 155 e 155 bis C.C., essendo aderente all'interesse del minore
che nella specie il figlio A. aveva dichiarato di non sentirsi a suo agio con il papà in quanto” dice cose brutte sia sul conto della mamma che dei nonni materni”
che tale comportamento paterno era indubbiamente criticabile tanto che il sig P. andava invitato ad astenersi da commenti negativi sulla madre in presenza del figlio, anche al fine di rasserenare i rapporti con lui
che, tuttavia, l'importanza che il minore mantenesse equilibrati rapporti anche con la
figura paterna, che doveva continuare ad esercitare le sue funzioni al fine di consentire il
normale sviluppo del figlio, imponeva di disporre l'affidamento dello stesso ad entrambi i
genitori, statuendo anche che le questioni di normale amministrazione venissero decise
dal singolo genitore nei periodi di permanenza del figlio presso di sé.
Contro questa sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su tre motivi, cui il P. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Preliminarmente deve essere disattesa l'eccezione d'inammissibilità del ricorso ex art.365
c.p.c. proposta dal P. giacché l'atto reca la sottoscrizione del difensore della C. sia nell' originale depositato in cancelleria che nella copia notificata al controricorrente.
Con il ricorso la C. denunzia:
1. “Violazione dell'art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c., omessa motivazione su fatti decisivi in tema di addebito della separazione e contraddittoria motivazione sul punto. Violazione dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 151 c. 2 c.c.”
Si duole dell'addebito a sé della separazione per violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale, sottolineando anche che aveva dedotto di avere per anni sopportato angherie fisiche e morali e ripetuti tradimenti, nonché di aver già intentato una causa di separazione nel 1996, abbandonata su richiesta del marito, che si era impegnato a condurre diversamente la relazione. Essenzialmente sostiene che la motivazione è contraddittoria in ordine alle ragioni delle liti, che manca la prova del nesso di causalità tra la sua infedeltà e la compromissione del rapporto coniugale e che la prova non poteva essere ravvisata nella pubblicità da lei data alla nuova relazione.
2. ” Violazione dell'art. 360 c. 1 n. 5 c.c., omessa motivazione sul punto dell'assegnazione della casa familiare nell'interesse del minore. Violazione dell'art. 155 sexies c.c., audizione su temi non inerenti i provvedimenti di cui all'art. 155 c.c.”
Premesso anche che è stata respinta la sua domanda di assegnazione della casa familiare, nonostante il richiamo alla sentenza n. 308/08 della Corte Costituzionale, secondo cui l'instaurazione di nuova relazione more uxorio non è ostativa all'accoglimento della richiesta, censura la valutazione dell'interesse del figlio e la preminenza data dalla Corte distrettuale al suo desiderio di permanere nella nuova abitazione, sostenendo che i giudici di merito non hanno dato corso ad istruttoria sul punto e che si sono limitati ad ascoltare il minore ed a recepire acriticamente le sue dichiarazioni, nonostante che l'art. 155 sexies c.c. consenta tale audizione solo in relazione ai provvedimenti previsti dall'art. 155 c.c. e non anche in ordine all'assegnazione della casa familiare, disciplinata dall'art. 155 quater c.c.
3. “Violazione dell'art. 360 c. 1 n. 5 c.c., omessa motivazione in tema di affidamento del
minore. “.
Censura lo statuito regime di affidamento condiviso del figlio, sostenendo che esso è stato disposto nonostante le dichiarazione dallo stesso rese durante l'audizione, nonché senza specifica motivazione e disattendendo anche le relazioni dei servizi sociali, valorizzate dal primo giudice.
I tre motivi del ricorso non hanno pregio.
Tutte le impugnate statuizioni risultano avversate o con infondate denunce di violazione delle rubricate norme o con censure che si risolvono in generici ed in parte anche carenti sotto il profilo dell'autosufficienza, rilievi di errori valutativi in ordine agli elementi assunti, da cui non è dato desumere illogicità o carenze motivazionali decisive, e che appaiono essenzialmente volti ad un più favorevole apprezzamento dei medesimi dati, non consentito in questa sede di legittimità, (cfr, ex plurimis, cass. n. 3881 del 2006).
In aderenza al dettato normativo ed alla relativa elaborazione giurisprudenziale nonché con puntuali ed esaustive argomentazioni i giudici d'appello hanno:
b) addebitato la separazione alla ricorrente, logicamente ed attendibilmente rilevando anche che i dissidi tra i coniugi solo in parte potevano essere riferiti a contrasti sulla gestione aziendale e che invece quelli insorti in ragione dell'infedeltà della moglie e delle modalità di conduzione del suo nuovo rapporto sentimentale avevano reso insopportabile la convivenza coniugale e dunque pregiudicato l'unione, che di contro la C. riconduce a diverse ed anteriori ragioni, non suffragate da riscontri probatori eventualmente emersi nei precedenti gradi
c) negato alla ricorrente l'assegnazione della casa coniugale, tenendo prioritariamente conto dell'interesse del minore come previsto dall'art. 154 quater c.c. e quale giustamente desunto dall'ascolto delle sue dichiarazioni sul rapporto con la coppia formata dalla madre e dal suo compagno e sulla permanenza presso di loro, e, dunque, su circostanze rilevanti ai fini della decisione sul suo affidamento, demandatagli dall'art. 155 c.c.
d) statuito l'affidamento condiviso del figlio per ragioni ampiamente ed irreprensibilmente chiarite, alle quali la C. oppone circostanze che non emergono dalla pronuncia e che o non avvalora con specifici richiami a pregresse risultanze istruttorie o che appaiono non decisive sia pure in ordine alla permanenza della particolare conflittualità riscontrata dai S.S. nel corso del primo grado del giudizio e recepita dal primo giudice a sostegno della decisione di affidamento del figlio alla sola madre.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna della C. soccombente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo.
Non ricorrono gli estremi per la condanna del ricorrente ai sensi dell'art. 385, 4° comma,
c.p.c. (applicabile ratione temporis), chiesta dal P.G.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la C. al pagamento in favore del P. delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2.700,00, di cui € 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.
Ai sensi dell'art. 52, comma 5, del D.Lgs n. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Depositata in Cancelleria il 08.02.2012
12-02-2012 00:00
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