CAMERA DEI DEPUTATI N. 4420 — PROPOSTA DI LEGGE d’iniziativa del deputato BINETTI Introduzione dell’articolo 317-ter del codice civile, concernente il diritto di visita dei nonni
CAMERA DEI DEPUTATI N. 4420
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato BINETTI
Introduzione dell'articolo 317-ter del codice civile,
concernente il diritto di visita dei nonni
Presentata il 14 giugno 2011
ONOREVOLI COLLEGHI ! — La società familiare
è una realtà estremamente mutevole
che risente, forse più di ogni altra formazione
sociale, dei cambiamenti di costume,
dei rapporti sociali e politici e delle trasformazioni
che hanno caratterizzato i
rapporti personali nella attuale fase storica.
Il modello antropologico, che più
aiuta a comprendere il senso della famiglia,
considera la persona umana come un
soggetto eminentemente relazionale,
aperto alla dialettica comunicativa, bisognoso
di conferme dall'esterno per sentirsi
accettato nella sua singolarità, capace di
trasformare la propria e altrui fragilità in
una costante chiamata alla solidarietà. Al
centro della famiglia non c'è la persona
nella sua singolarità, ma la dinamica relazionale
che mette ogni persona in rapporto
con le altre, secondo una logica che
vede ognuno portatore di bisogni e ne fa
un soggetto responsabilmente capace di
soddisfare i bisogni altrui. Il concetto di
rete familiare, in cui ciascuno crea continuamente
legami con gli altri per scambiare
con loro risorse di ogni tipo, è quello
che meglio aiuta a rappresentare la vitalità
interna di una famiglia, intesa come unità
generatrice di rapporti interpersonali. La
reciprocità dei rapporti familiari definisce
l'essenza relazionale della famiglia: non c'è
padre senza madre; non ci sono genitori
senza figli; non ci sono nonni senza nipoti;
i figli possono essere nello stesso tempo
genitori. Ogni rapporto specificamente familiare
rimanda a un altro rapporto sim-
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metrico all'interno dello stesso nucleo. È
come se ciascuno fosse legato con un
doppio vincolo agli altri e questi legami
fossero indelebili, destinati a durare per
sempre: non si cessa mai di essere figli o
genitori, nipoti o fratelli. Anche se il
vincolo della coppia generante – marito e
moglie – può spezzarsi, il loro rapporto
rispetto ai figli permane: pur separati
resteranno per sempre i genitori di qualcuno
i nonni di qualcuno, i fratelli di
qualcuno. La solidità strutturale di questi
legami contrasta e, a volte sembra stridere,
con un contesto sociale in cui la labilità
dei vincoli e la loro solubilità appaiono
all'ordine del giorno. I legami deboli sono
una delle connotazioni più profonde del
senso di smarrimento con cui molte persone
affrontano o hanno paura di affrontare
la loro vita. In famiglia la vita affettiva
si sostanzia nella dimensione etica che
scaturisce dalla cura reciproca, da quel
senso di responsabilità che quando è accantonato,
ignorato o calpestato fa dire,
sia pure sommessamente, sia di un figlio
che di un genitore che sono snaturati e la
legge interviene per ricordare agli uni e
agli altri gli obblighi reciproci. L'etica della
cura in famiglia si basa sulla realtà oggettiva
del vincolo.
La famiglia è anche al centro di battaglie
ideologiche che hanno creato una
moltiplicazione dei modelli in cui si
esprime e si realizza il « fare famiglia ».
PierPaolo Donati, sociologo della famiglia
tra i più attenti ai fondamenti antropologici
e alle dinamiche relazionali, vede nella
famiglia una relazione sociale piena, che
implica tutte le dimensioni dell'esperienza
umana, da quelle biologiche a quelle psicologiche,
da quelle educative a quelle
socio-sanitarie, da quelle giuridiche a
quelle economiche, da quelle spirituali a
quelle religiose. Anche sotto il profilo dello
sviluppo temporale il nucleo familiare va
acquistando sempre più spesso una dimensione
quadri-generazionale, in cui bisnonni,
nonno, genitori e figli condividono
esperienze di natura affettiva ed effettiva
sempre più intense, anche a partire dalle
loro specifiche differenze di competenze,
di interessi e di problematicità. Nulla è
escluso nel concetto di famiglia, perché nel
microcosmo familiare è rappresentato
l'universo intero della nostra società. In tal
senso va intesa l'espressione che definisce
la famiglia una realtà capace di dare la
vita, di custodire la vita, di proteggerla e
di farla sviluppare in senso reale oltre che
metaforico. È il contesto in cui ogni uomo
scopre la sua specifica capacità di essere
generato e di generare, secondo una catena
di eventi che fa di tutte le famiglie un
unico tessuto sociale, legato da vincoli di
solidarietà. La famiglia ha i suoi tempi, i
suoi ritmi e i suoi processi di trasformazione
e di adattamento, alcuni capaci di
promuoverne meglio lo sviluppo, altri con
un carattere più disadattativo che non
adattativo. Ci sono processi che rafforzano
i vincoli familiari e processi che indeboliscono
i legami interni, facendo prevalere
l'ottica individualistica su quella relazionale,
trasformando le naturali differenze
in reciproche diffidenze.
Abbandonato il tradizionale modello
patriarcale – proprio di società prevalentemente
agricole – che comprendeva tutti
i discendenti da un comune capostipite e
li assoggettava all'indiscussa autorità del
pater familias, a seguito dei processi di
industrializzazione si afferma il nuovo
modello di famiglia cosiddetto « nucleare »,
ristretta al rapporto tra coniugi e figli e
non più retta dall'autorità di un capo, ma
dal comune accordo e dall'affetto dei coniugi.
E proprio a quest'ultimo modello
familiare si ispira la nostra Carta costituzionale
negli articoli 29, 30 e 31 che
recepiscono, con circa un secolo di ritardo,
una trasformazione ormai consolidata a
livello sociale, ma del tutto trascurata a
livello normativo. Analogo recepimento,
sul piano della legislazione ordinaria, si ha
solo nel 1975, quando la riforma del
diritto di famiglia adegua le disposizioni
codicistiche alla mutata coscienza sociale e
al nuovo quadro costituzionale di riferimento.
La citata riforma, entrata in vigore
ormai trent'anni orsono, mostra oggi lacune
che è indispensabile colmare, in
quanto nel frattempo la comunità familiare
ha visto emergere nuove figure di
riferimento, che appare indilazionabile
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fornire di riconoscimento e di tutela giuridici.
Ci riferiamo, in particolare, ai nonni (in
Italia ogni anno 25.000 di essi vedono
pregiudicato o, talora, distrutto il loro
rapporto con i nipoti), la cui rinnovata
importanza da un punto di vista sociale
nasce da un complesso di fattori, che
possiamo sintetizzare in tre elementi
chiave: l'aumento dell'età media, l'aumento
del lavoro femminile e il livello di
crisi della famiglia, sempre più esposta a
separazioni e a ricostituzioni di vario
tenore. I nonni sono infatti le uniche
persone che, in alcune fasi critiche della
vita dei minori e in certe ore della giornata,
hanno tempo per occuparsi concretamente
di loro, svolgendo nei loro confronti
un ruolo educativo paragonabile a
quello dei genitori e divenendo, in questo
modo, un importante punto di riferimento,
non solo affettivo. In Italia, infatti, solo il
15 per cento dei bambini piccoli va all'asilo
nido, il cui costo è spesso incompatibile
con il bilancio familiare. Gli altri
vanno dai nonni, vero e proprio vantaggio
per l'economia del Paese (ammonta a 8
miliardi di euro la cifra che i nonni
consentono di risparmiare). Una recente
indagine svolta dall'università Bocconi ha
evidenziato che le mamme che possono
contare sull'aiuto dei nonni hanno il 40
per cento di possibilità in più di conciliare
la famiglia con il lavoro. Se in Svezia e in
Danimarca la percentuale dei nonni che
curano quotidianamente i nipoti è pari a
uno scarso 2 per cento, in Germania si
raggiunge il 15 per cento e nel nostro
Paese si tocca addirittura il 30 per cento.
La famiglia, infatti, riesce a essere contemporaneamente
qualcosa di stabile, che
genera un comune sentire di sicurezza e di
affidabilità, un luogo di affetti, facilmente
riconoscibile nelle sue coordinate essenziali,
e qualcosa di flessibile, che rivela un
dinamismo adattativo in grado di fronteggiare
le difficoltà che scaturiscono dall'ambiente
esterno. Una famiglia sana assorbe
la mutevolezza degli stili di vita e dei
costumi, a livello individuale e collettivo,
cercando di metabolizzarli per non farsene
travolgere e per mantenere la sua
identità; un'identità in costante evoluzione,
da salvaguardare senza arroccarsi in rigidità
schematiche, ma senza neppure cedere
alle mode imprevedibili di false ideologie.
I problemi sorgono nel momento, non
infrequente purtroppo, in cui i genitori del
minore (o quello tra essi che esercita in via
esclusiva la potestà sul minore) ostacolano
lo svolgersi del rapporto tra i figli e i
nonni. Nella maggioranza dei casi ciò
avviene a seguito della separazione o dello
scioglimento del vincolo matrimoniale, ovvero
– per le coppie di fatto – del cessare
della convivenza, dunque sia nelle ipotesi
di separazione e di divorzio (inteso in
senso atecnico se riferito alle coppie di
fatto), sia in quelle di morte di uno dei
genitori. La legge sul divorzio (legge n. 898
del 1970) ha riconosciuto la criticità presente
nel matrimonio, riconoscendo il diritto
individuale a interrompere un rapporto
che a livello personale non offre più
i vantaggi sperati e promessi con il matrimonio,
ma non ha favorito la riflessione
sulla responsabilità sociale che il « fare
famiglia » comporta, soprattutto quando ci
sono dei figli. Partendo dalla crisi personale
nell'ambito della vita di coppia, si è
innescato un processo di deriva affettiva
che ha colpito tutta la società, su cui si è
riversata l'onda lunga di questa sofferenza,
con le sue paure e con le sue insicurezze.
Rompere un vincolo è più facile che ripararlo
e rigenerarlo. Ogni legame interrotto
è un sorta di ferita permanente, con
cui occorre fare i conti tutta la vita, perché
lascia una traccia indelebile nella dinamica
relazionale del soggetto. Esso ha un
effetto contagioso, che trasmette pessimismo
e che rende difficile la relazione di
cura e di affidamento reciproci nella vita
sociale. Non a caso Volpi, parlando del
divorzio in rapporto alla fine della famiglia,
lo definisce la rivoluzione di cui non
ci siamo ancora accorti e il declino della
famiglia appare come il declino dell'istituto
familiare nell'intero contesto sociale.
Per ogni concreta famiglia che entra in
crisi, tutto il sistema sociale esprime disagio
e cerca di difendersi riducendone
l'area di influenza. Più sono le famiglie
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che entrano in crisi, più debole è la
famiglia come soggetto sociale capace di
influire sulle scelte e sulle decisioni a
livello politico. C'è una presa d'atto consapevole
delle innegabili difficoltà in cui
versano le coppie, se ne decreta un certo
fallimento, ma non si offrono alternative:
si fa una diagnosi, ma come unica soluzione
si offre la rottura. Per i bambini che
sperimentano la separazione e il divorzio
dei genitori, a cominciare dai livelli di
tensione relazionale che precedono il distacco,
passando per il momento acuto in
cui sono oggetto di pesanti negoziazioni
tra i genitori, divorzio e separazione sono
eventi critici caratterizzati da una drammatizzazione
destinata a non risolversi nel
tempo. Anche da adulti i cosiddetti « figli
del divorzio » hanno spesso un'idea delle
relazioni come di qualcosa intrinsecamente
instabile e non affidabile.
Il rapporto tra nonni e nipoti può
entrare in crisi anche in costanza di
matrimonio o di convivenza, sebbene si
tratti di ipotesi non facilmente quantificabili,
rimanendo il più delle volte relegate
nell'ambito del privato delle relazioni parentali.
In tutti questi casi occorre garantire
che il minore non perda rapporti per
lui consueti, validi e rassicuranti, che la
moderna psicologia sottolinea essere essenziali
per un corretto ed equilibrato
sviluppo della sua personalità. Nonni e
nipoti hanno entrambi molto da perdere
quando il loro legame si indebolisce fino a
spezzarsi perché sono reciprocamente fondamentali
nella costruzione e nella ricostruzione
del loro equilibrio personale.
Perdere il diritto di vedere i nipoti rappresenta
una punizione nella vita dei
nonni, un trauma immotivato e immeritato.
Essi non hanno con i nipoti una
relazione superficiale e transitoria, ma
profonda e definitiva: spesso, quasi sempre,
i nonni vivono « in loro funzione ». Il
divorzio dei genitori diventa anche un
divorzio dei figli dai genitori, o dal genitore
che sarà meno presente, ma anche dai
nonni: nei coniugi che si separano scatta
spesso l'avversione, oltre che di uno verso
l'altro, anche verso la stirpe dell'altro. I
figli diventano, in questo caso, un'arma di
combattimento.
In Gran Bretagna, il Governo di David
Cameron si prepara a una revisione del
diritto di famiglia che prevederà il diritto
per i nonni di continuare a frequentare i
nipoti dopo la separazione dei genitori.
Nel nostro ordinamento, mentre viene
contemplato e tutelato il rapporto tra il
minore e i genitori (si pensi, tra gli altri,
all'istituto del diritto di visita), non si fa
altrettanto nel caso del rapporto tra il
minore e i nonni, che, allo stato, non
vantano alcun diritto, nonostante sia disposto
che questi sono tenuti al mantenimento
dei nipoti, fornendo i mezzi ai
genitori se questi non hanno possibilità
economiche.
Dottrina e giurisprudenza, salvo poche
voci discordanti, negano che possa riconoscersi
ai nonni un diritto di visita nei
confronti dei nipoti, in quanto mancano
precisi riferimenti normativi cui ancorarlo.
Generalmente si nega che tale diritto
possa rinvenirsi nell'articolo 336 del
codice civile, che si riferisce a una limitata
ipotesi di sollecito dell'intervento del giudice,
o negli articoli 433 e 536 del medesimo
codice, che riguardano rapporti di
contenuto economico. Alcuni autori esprimono
una posizione favorevole al riconoscimento
del diritto di visita fondandosi
sull'articolo 74 del citato codice civile, che
afferma il vincolo di parentela tra le
persone che discendono da un medesimo
stipite: ma a ben guardare questa norma
non è in sé attributiva di diritti, quanto di
una qualifica cui altre norme possono
riconnettere conseguenze. La giurisprudenza,
piuttosto che un diritto soggettivo
perfetto, riconosce ai parenti, e ai nonni in
particolare, un interesse legittimo, non
reclamabile direttamente e subordinato
all'interesse dei minori. In questo senso si
è espresso, in maniera particolarmente
chiara, il tribunale per i minorenni di
Roma, che in una sentenza del 1987
dichiarava che « non spetta, de iure condito,
ai nonni e agli altri parenti un vero
e proprio diritto soggettivo di visita nei
riguardi del nipote minore, mancando, nel
sistema, una norma esplicita che tale di-
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ritto direttamente preveda; tuttavia l'interesse
legittimo dei nonni e degli altri
parenti a visitare il nipote trova incondizionato
riconoscimento e piena tutela ogni
qual volta esso venga a coincidere con
l'interesse del minore ad instaurare e
mantenere congrui rapporti con i propri
congiunti diversi dai genitori, vale a dire
allorché la visita dei nonni e degli altri
parenti non arrechi al minore stesso un
danno rilevante ed un eventuale divieto dei
genitori si ponga così contro l'interesse
della prole ad un'ottimale integrazione
nell'ambito della parentela ». Il suddetto
orientamento giurisprudenziale ha, peraltro,
trovato autorevole accoglimento in
una sentenza della Corte di cassazione
(n. 9606 del 25 settembre 1998), della
quale non si è mancato di sottolineare il
contenuto innovativo: in essa il giudice di
legittimità ha stabilito che « la mancanza
di un'espressa previsione di legge non è
sufficiente per precludere al giudice di
riconoscere e regolamentare tali rapporti
(...) che affondano le loro radici nella
tradizione familiare la quale trova suo
riconoscimento anche nella Costituzione
(...) rientrando la tutela del vincolo affettivo
e di sangue che lega nonni e nipoti
nell'ambito (del precipuo interesse del minore)
». Solo dal 2006 l'articolo 155 del
codice civile ha disposto che i nipoti hanno
diritto di conservare rapporti significativi
con gli ascendenti di ciascun ramo genitoriale.
È bello che siano i bambini ad
avere « diritto » al nonno o alla nonna, ma
forse anche la posizione dei nonni andrebbe
tutelata di più, dal momento che i
loro ricorsi al giudice spesso non hanno
fortuna. La legislazione vigente non attribuisce
dunque loro un diritto di visita, né
tutela altrimenti il rapporto tra gli stessi e
i nipoti. Di qui la necessità di un intervento
normativo che fondi in capo a essi
un diritto proprio, autonomamente azionabile
e reclamabile, recependo in tal
guisa le istanze di tutela espresse dalla
comunità e colmando un vuoto che allontana
in maniera sensibile la realtà giuridica
da quella sociale. In questo si sostanzia
la ratio della presente proposta di
legge. Solo in un'ottica pluri-generazionale
è possibile compensare le lacune che alcuni
membri della famiglia possono mostrare,
trasformando vincoli e ostacoli in
nuove opportunità. La possibilità di comunicare
e di meta-comunicare tra le tre
generazioni dipende dalla sensibilità che si
attiva all'interno del gruppo familiare e,
dalla capacità di contenere ai rispettivi
livelli la possibile conflittualità: tra i coniugi,
con i rispettivi genitori e con i figli,
ma anche dalla consapevolezza dei significati
in gioco nelle reciproche azioni e
reazioni. La sensibilità può far crescere la
responsabilità nel rafforzare i vincoli di
unità familiare, ma è necessaria una crescente
capacità di elaborazione dei vissuti
che scaturiscono dalle reciproche interazioni.
Il dialogo in famiglia, ancora una
volta a tutti i livelli possibili, si pone come
un fattore strutturante di forte valenza
affettiva, perché genera senso di appartenenza
alla famiglia e consente di definire
anche concettualmente la propria vita di
famiglia, con il suo stile, le sue tradizioni,
le sue esigenze e le reciproche interdipendenze.
Per questo la rinnovata valorizzazione
del ruolo svolto dai nonni non è solo
la tutela di un diritto è anche il riconoscimento
di un dovere, che mentre vincola
i nonni in una relazione di cura anche di
tipo compensatorio, offre loro la speranza,
tutt'altro che remota, di una azione di
sostegno nei loro confronti svolta dai nipoti,
una volta diventati adulti.
L'articolo 1 della proposta di legge
prevede l'introduzione di un articolo aggiuntivo,
l'articolo 317-ter, nel libro
primo, titolo IX, del codice civile, che
contiene le disposizioni in materia di
potestà dei genitori. E così, sotto la
rubrica « Diritto di visita degli ascendenti
», si sancisce il diritto medesimo in
favore dei nonni, scegliendo una formulazione
particolarmente ampia, tale da
consentirne l'azionabilità sia nelle ipotesi
di filiazione legittima, sia in quelle di
filiazione naturale. È appena il caso di
sottolineare che il diritto di visita si
sostanzia in una facoltà finalizzata al
mantenimento di un rapporto diretto con
il minore, non avente carattere assoluto,
ma subordinato all'interesse di quest'ul-
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timo. Pertanto i nonni potranno legittimamente
esperire tutte le iniziative giuridiche
affinché questo diritto sia riconosciuto
e disciplinato nella maniera più
idonea al perseguimento di tale obiettivo.
Resta chiaramente al giudice il diritto di
disconoscerlo, ove l'esercizio di esso si
ponga in contrasto con la salute psicofisica
del minore. Il terzo comma dell'articolo
317-ter disciplina la competenza,
da parte del tribunale per i minorenni,
dei provvedimenti di cui al secondo
comma. A chiusura dell'articolo, il
quarto comma, infine, radica la competenza
ad adottare i provvedimenti disciplinanti
le modalità di esercizio del diritto
de quo, nei casi di separazione e di
divorzio, in capo al medesimo giudice
della separazione e del divorzio.
L'articolo 2 sostituisce il primo
comma dell'articolo 155 del codice civile,
stabilendo che in caso di separazione
personale dei genitori, il figlio minore ha
il diritto di mantenere un rapporto equilibrato
e continuativo con ciascuno di
essi, di ricevere cure, educazione e istruzione
da entrambi e di conservare rapporti
significativi con gli ascendenti e con
i parenti di ciascun ramo genitoriale. A
tale fine è previsto che i genitori del
padre e della madre dei figli minori
possano assumere ogni iniziativa per far
valere in concreto il diritto dei minori a
conservare i citati rapporti.
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PROPOSTA DI LEGGE
__
ART. 1.
1. Dopo l'articolo 317-bis del codice
civile è inserito il seguente:
« ART. 317-ter. – (Diritto di visita degli
ascendenti). – I genitori o il genitore che
ha l'esercizio della potestà sul minore
hanno il dovere di consentire e di non
ostacolare il rapporto tra i figli e i genitori
del padre e della madre dei figli, ove ciò
non sia in contrasto con l'interesse del
minore.
In caso di inosservanza di quanto disposto
al primo comma, il giudice, accertato
l'inadempimento dell'obbligo, su
istanza dei genitori del padre e della
madre del minore, sentito chi esercita la
potestà e, qualora lo ritenga opportuno, il
minore, disciplina le modalità di esercizio
del diritto di visita.
I provvedimenti di cui al secondo
comma sono di competenza del tribunale
per i minorenni.
Nei giudizi di separazione personale
giudiziale e di divorzio, il giudice competente
ad assumere i provvedimenti di cui
al secondo comma è lo stesso giudice della
separazione e del divorzio ».
2. All'articolo 38, primo comma, delle
disposizioni per l'attuazione del codice
civile e disposizioni transitorie, di cui al
regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, dopo
la parola: « 317-bis, » sono inserite le seguenti:
« 317-ter, primo e secondo
comma, ».
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01-07-2011 00:00
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