Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Divorzista Trapani

Sentenza

La norma sotto la lente dei giudici di Strasburgo è quella francese che, similmente all'ordinamento italiano, prevede in capo ai coniugi l'obbligo della condivisione della vita sessuale, ricollegando conseguenze giuridiche alla sua violazione.
La norma sotto la lente dei giudici di Strasburgo è quella francese che, similmente all'ordinamento italiano, prevede in capo ai coniugi l'obbligo della condivisione della vita sessuale, ricollegando conseguenze giuridiche alla sua violazione.
Matrimonio - Diritti e Doveri che nascono dal matrimonio - Rapporti sessuali - Rifiuto di uno dei coniugi - Motivo di Addebito della separazione/divorzio - Contrasto Articolo 8 Cedu - Sussiste. (Cedu, articolo 8)

Contrasta con la Convenzione Edu, in particolare con l'articolo 8 sul rispetto della vita privata, la pronuncia giudiziale di addebito della fine del matrimonio al coniuge per avere rifiutato di intrattenere rapporti intimi con il partner ed è stato ritenuto perciò responsabile di non aver adempiuto il suo dovere coniugale.

Con la decisione del 23 gennaio 2025, è come se la Corte Edu rievocasse il celebre monito di Jemolo per cui la famiglia è "un'isola felice che il mare del diritto deve solo lambire": a rischio contrasto con l'articolo 8 della Cedu ("diritto al rispetto della propria vita privata e familiare") prescrizioni normative che "penetrino" il tessuto più intimo dei rapporti familiari, con specifico riferimento alla vita sessuale. Nel caso di specie, la norma sotto la lente dei giudici di Strasburgo è quella francese che, similmente all'ordinamento italiano, prevede in capo ai coniugi l'obbligo della condivisione della vita sessuale, ricollegando conseguenze giuridiche alla sua violazione.

L’addebito di colpa al coniuge per il rifiuto di rapporti sessuali
è contrario alla Convenzione EDU
LA MASSIMA
Corte europea dei diritti dell’uomo (Quinta sezione), sentenza 23 gennaio 2025
CAUSA H.W. c. FRANCIA (ric. n.13805/21)
CORTE EDU – MATRIMONIO – DIRITTI E DOVERI CHE NASCONO DAL MATRIMONIO- RAPPORTI
SESSUALI – RIFIUTO DI UNO DEI CONIUGI – MOTIVO DI ADDEBITO DELLA SEPARAZIONE/DIVORZIO
– CONTRASTO ART. 8 CEDU - SUSSISTE (art. 8 CEDU)
Contrasta con la Convenzione EDU, in particolare con l’art. 8 sul rispetto della vita privata, la pronuncia giudiziale di
addebito della fine del matrimonio al coniuge per avere rifiutato di intrattenere rapporti intimi con il partner ed è stato
ritenuto perciò responsabile di non aver adempiuto il suo dovere coniugale.
Testo della decisione
(versione italiana NON UFFICIALE)
IN FATTO
2. Il ricorrente è nato nel 1955 e risiede a Le Chesnay. Essa è stata rappresentata dinanzi alla Corte dall’avvocatoL.
Mhissen.
3. Il governo era rappresentato dal suo agente, D. Colas, direttore degli affari giuridici presso il ministero
dell'Europa e degli affari esteri.
4. I fatti di causa, come esposti dalle parti, sono i seguenti.
5. Il ricorrente e il sig. J.C. si sono sposati nel 1984 ed hanno avuto quattro figli.
6. Il 17 aprile 2012 la ricorrente ha presentato una domanda di divorzio.
7. Con ordinanza di non conciliazione del 29 gennaio 2013, il giudice del tribunale della famiglia del Tribunal de
grande instance de Versailles ha autorizzato i coniugi ad avviare il procedimento di divorzio e ha emesso
provvedimenti provvisori. In tale veste, egli attribuiva al ricorrente il godimento del domicilio coniugale, ordinava
a J.C. di lasciare i locali e determinava le modalità del suo contributo al mantenimento e all’educazione dell’ultimo
figlio a carico della coppia.
8. Il 9 luglio 2015 la ricorrente ha divorziato dal marito per cattiva condotta. Sosteneva che suo marito aveva
preferito la sua carriera professionale a scapito della loro vita familiare e che era stato irascibile, violento e offensivo.
Infine, ha presentato varie domande relative alle conseguenze del divorzio e alle modalità dell’obbligo di J.C. di
mantenere il loro ultimo figlio a carico. Ha inoltre chiesto un risarcimento di 8 000 euro (EUR) per i presunti errori
commessi dal coniuge durante la vita coniugale.
9. J.C. ha chiesto, a titolo di domanda riconvenzionale, che il divorzio fosse ordinato per colpa esclusiva della
ricorrente, sostenendo che ella aveva eluso il dovere coniugale per diversi anni e che aveva violato il dovere di
rispetto reciproco tra i coniugi formulando accuse calunniose nei suoi confronti. In subordine, ha chiesto il divorzio
per l'alterazione permanente del vincolo coniugale. Essa sostiene inoltre che le domande della ricorrente relative
agli effetti patrimoniali del divorzio e all’aumento delle sue obbligazioni alimentari dovrebbero essere respinte. Egli
si è opposto alla domanda di indennità compensativa del coniuge per il motivo che la rottura del matrimonio non
creava alcuna disparità nelle rispettive condizioni di vita dei coniugi. Infine, egli ha chiesto un risarcimento di EUR
1 000 per l’asserita violazione del dovere di rispetto reciproco, ma si è astenuto da qualsiasi richiesta di risarcimento
per la violazione del dovere coniugale.
10. Con sentenza del 13 luglio 2018, il giudice per gli affari di famiglia del Tribunal de grande instance de Versailles
(Tribunale di primo grado di Versailles) ha dichiarato che nessuna delle censure sollevate dai coniugi era stata
motivata e che il divorzio non poteva essere disposto per colpa. Per quanto riguarda, in particolare, l’asserita
violazione del dovere coniugale, essa ha ritenuto che i problemi di salute del ricorrente fossero tali da giustificare
l’assenza duratura di sessualità all’interno della coppia. Ha pronunciato il divorzio per la modifica definitiva del
vincolo coniugale dopo aver osservato che la comunità di vita tra i coniugi era cessata più di due anni prima delladata della citazione per il divorzio. Poi si è pronunciato sulle conseguenze del divorzio. In particolare, essa ha
respinto la domanda di prestazione compensativa del ricorrente in quanto la rottura del matrimonio non aveva
creato alcuna disparità nelle condizioni di vita dei coniugi. Infine, ha respinto le domande di risarcimento di
entrambi i coniugi, nonché la richiesta di J.C. di una nuova valutazione della sua obbligazione alimentare.
11. La ricorrente ha impugnato tale sentenza.
12. Le parti hanno mantenuto tutte le loro richieste.
13. A seguito dell’udienza, le parti sono state invitate a presentare le loro osservazioni sulla ricevibilità della
domanda di divorzio di J.C. sulla base della modifica definitiva del rapporto coniugale. Con lettera del 4 ottobre
2019, il ricorrente ha chiesto che tale domanda fosse dichiarata irricevibile, nella parte in cui era stata presentata in
subordine, in violazione dei requisiti di cui all’articolo 1077 del codice di procedura civile.
14. Con sentenza del 7 novembre 2019, la Cour d’appel de Versailles (Corte d’appello di Versailles) ha disposto il
divorzio a esclusivo danno della ricorrente per i seguenti motivi:
«Considerando che [H.W.] stessa ha riconosciuto nel corrimano che ha effettuato il 9 maggio 2014 presso la
stazione di polizia di Versailles di aver cessato tutte le relazioni intime con il marito dal 2004;
considerando che [H.W.] giustifica tale situazione con il suo stato di salute, invocando in particolare un grave
incidente nella metropolitana riconosciuto come incidente di servizio il 29 dicembre 2005, che lo ha lasciato con
numerosi postumi e lo ha immobilizzato per quasi un anno, e poi un'operazione nel 2009 per un'ernia del disco
paralizzante; (...) stabilisce inoltre di avere una sindrome da zecca polimorfa persistente (malattia di Lyme cronica
– Allegato 251) trattata con terapia antibiotica a lungo termine dall'ottobre 2016;
Considerando, tuttavia, che tali prove mediche non possono giustificare il continuo rifiuto della moglie, a partire
dal 2004, di intrattenere relazioni intime con il marito per un periodo così lungo, anche se nell’ambito del suddetto
corrimano, [H.W.] fa riferimento alle ripetute richieste del marito a tale riguardo e alle controversie generate da tale
situazione;
considerando che tali fatti, accertati dalla confessione della moglie, costituiscono una violazione grave e ripetuta
dei doveri e degli obblighi del matrimonio che rende intollerabile il mantenimento della vita comune;
Considerando che solo la domanda di divorzio di [J.C.] è giustificata da prove sufficienti, il divorzio sarà
pronunciato a esclusivo danno della moglie e la sentenza sarà annullata per tale motivo; »
15. La Court of Appeal ha inoltre confermato tutte le altre disposizioni della sentenza pronunciata in primo grado.
16. Avverso tale sentenza la ricorrente ha proposto ricorso per cassazione (Revision). Nella sua memoria
complementare, essa ha dedotto una serie di motivi, tra i quali figurava un motivo vertente sulla violazione degli
«articoli 4 e seguenti» della Convenzione, così formulati:
«Al fine di pronunciare il divorzio a torto della ricorrente, la Court of Appeal ha erroneamente descritto come una
«violazione grave e rinnovata dei doveri e degli obblighi del matrimonio che rende intollerabile il mantenimento
della vita comune» «il continuo rifiuto della moglie, a partire dal 2004, di instaurare relazioni intime con il marito».
Sebbene, ai sensi dell’articolo 242 del codice civile, «il divorzio possa essere chiesto da uno dei coniugi qualora fatti
costitutivi di una violazione grave o rinnovata dei doveri e degli obblighi del matrimonio siano imputabili al coniuge
e rendano insopportabile per quest’ultimo continuare a convivere», il rifiuto di instaurare relazioni intime non può
essere considerato costitutivo di una siffatta violazione.
Accettare il contrario equivarrebbe semplicemente a dimostrare l'esistenza di un obbligo reale per ciascuno dei
coniugi di rispondere e cedere alle richieste del proprio coniuge su questo punto – non è importante che ciò non
corrisponda ai propri desideri.
Sono infatti in discussione il diritto all’integrità fisica e alla libertà individuale, diritti fondamentali sanciti dalla
[Convenzione].
Non sorprende quindi notare che, sebbene tale obbligo possa essere stato impresso in alcune decisioni in passato,
fortunatamente negli ultimi 23 anni non è stata pronunciata alcuna sentenza di questo tipo (cfr. 2°, 17 dicembre
1997, n.96 15.704).
Questo è il motivo per cui, nel caso di specie, la sentenza non può essere confermata nella parte in cui ha ritenuto
che si potesse affermare che “il continuo rifiuto della moglie, a partire dal 2004, di instaurare relazioni intime con
il marito” caratterizzava una “grave e rinnovata violazione dei doveri e degli obblighi del matrimonio che rendeva
intollerabile il mantenimento della vita comune” (sentenza, pag. 6, § 9).
In tale sentenza, la Court of Appeal (Corte d’appello) ha stabilito l’obbligo per la moglie di rispondere alle richieste
del coniuge anche se ciò non fosse stato il suo desiderio.
Tale consacrazione non è consentita e sarà censurata. »
17. In risposta, J.C. ha formulato osservazioni dettagliate su questo punto:
«(...) la violazione del dovere coniugale è stata e rimane una colpa ai sensi dell’articolo 242 del codice civile, tale da
giustificare che il divorzio sia pronunciato a danno esclusivo della persona che rifiuta di rispettarlo.
Tale obbligo è una delle forme assunte dall’obbligo di convivenza dei coniugi di cui all’articolo 215 del codice civile
Poiché la legge non è cambiata, la sua violazione rimane una causa di divorzio per colpa.
Se la Corte di cassazione non ha avuto la possibilità per diversi anni di pronunciarsi su tali fatti in una decisione
motivata (Civ. 17 dicembre 1997, ricorso n.96 15.704), è perché lascia ai giudici di merito il potere sovrano di
valutare se il comportamento del marito costituisca una violazione grave e rinnovata dei doveri e degli obblighi
derivanti dal matrimonio che hanno reso intollerabile il mantenimento della vita comune (1° Civ. 24 giugno 2015,
ricorso n.13-20.291).
Poche recenti decisioni della High Court consentono quindi di dimostrare la persistenza di tale censura tale da
costituire il fondamento del divorzio per colpa.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha recentemente ricordato che il rifiuto di mantenere rapporti sessuali era causa di
nullità del matrimonio (2° Civ. 19 dicembre 2012, ricorso n.09 15.606).
E i tribunali di merito del caso pronunciano regolarmente divorzi sulla base di tale colpa ...
Inoltre, gli articoli “4 e seguenti” della [Convenzione] invocati da [H.W.] non possono rimettere in discussione tale
definizione dei doveri tra coniugi. (...) la ricorrente si limita ad invocare in termini generali la [Convenzione] (...)
Occorre ricordare che l’obbligo di mantenere relazioni intime con il coniuge è giustificato sia dal fatto che lo scopo
del matrimonio è il fondamento di una famiglia sia dal fatto che essi dimostrano la permanenza dell’affetto dei
membri della coppia.
Inoltre, l’inadempimento di tale obbligo non è, ovviamente, in alcun modo idoneo a giustificare automaticamente,
in linea di principio, il divorzio. Solo nel caso in cui i giudici di merito ritengano che essa configuri un
inadempimento grave o reiterato che rende intollerabile il mantenimento della convivenza, essa è idonea a
giustificare la condanna per colpa del divorzio.
Tale censura può, inoltre, essere respinta qualora risulti giustificata dalle circostanze invocate dal suo autore, ai
sensi dell’articolo 245 del codice civile.
È quindi alla luce delle circostanze del caso di specie e, più in particolare, dell’analisi dei rapporti tra i coniugi, che
i giudici di merito possono decidere che il rifiuto dei rapporti sessuali costituisce una denuncia che determina il
divorzio.
Non vi è quindi motivo di chiedere lo sviluppo della giurisprudenza della Corte di cassazione richiesta dalla
[ricorrente] al fine di escludere il rifiuto di mantenere relazioni intime dalle censure atte a giustificare la pronuncia
di un divorzio per colpa. »
18. Il 27 luglio 2020 il relatore ha proposto il rigetto del ricorso. Per quanto riguarda la violazione del dovere
coniugale, ha osservato quanto segue:
«Si ricorderà che la Corte di Cassazione conferisce ai giudici di merito il potere sovrano di accertare non solo
l’esistenza di fatti imputabili al coniuge, cause di divorzio per colpa, ma anche di valutare se essi costituiscano una
violazione grave o rinnovata dei doveri e degli obblighi del matrimonio rendendo intollerabile il mantenimento
della vita comune, conformemente a quanto previsto dall’articolo 242 del codice civile (1° codice civile,1° giugno
2011, ricorso n.10 17.461; 2° Civ., 15 gennaio 1997, ricorso n.95-15740; 2° Civ., 29 aprile 1994, Boll. II, n.123; 2°
Civ., 20 luglio 1993, ricorso n.91-21253; 2° Civ., 22 gennaio 1992, ricorso n.90-14540; 1° Civ., 21 novembre 2012,
ricorso n.11-30.032; 1° Civ., 25 maggio 2016, ricorso n.15 18.890; 1° Civ., 27 settembre 2017, ricorso n.16-24.489).
Il motivo, che è direttamente contrario a tale giurisprudenza costante, non può condurre alla cassazione. »
19. Con decisione infondata del 17 settembre 2020, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso della ricorrente,
ritenendo che i motivi dedotti non fossero manifestamente idonei a dar luogo a cassazione.
IL QUADRO GIURIDICO PERTINENTE
I. DIRITTO INTERNO
A. Dovere coniugale e divorzio per colpa
1. Le disposizioni del codice civile
20. All’epoca dei fatti, le pertinenti disposizioni del codice civile erano così formulate:
Articolo 212
Gli sposi devono l'uno all'altro rispetto, fedeltà, aiuto, assistenza.
Articolo 215, paragrafo 1
«I coniugi si legano l’un l’altro a una comunità di vita».
Articolo 229
«Il divorzio può essere pronunciato in caso di:
- di comune accordo;
- l'accettazione del principio della rottura del matrimonio;
-alterazione permanente del rapporto coniugale;
- o colpa. »
Articolo 238, paragrafo 1
«La modifica definitiva del rapporto coniugale deriva dalla cessazione della comunione di vita tra i coniugi, quando
questi ultimi vivono separati da due anni al momento della convocazione per il divorzio».
Articolo 242
«Il divorzio può essere chiesto da uno dei coniugi qualora circostanze che costituiscono una violazione grave o
rinnovata degli obblighi e dei doveri del matrimonio siano imputabili al coniuge e rendano insopportabile per
quest’ultimo continuare a convivere».
Articolo 266, paragrafo 1
«Fatta salva l’applicazione dell’articolo 270, il coniuge può essere risarcito per le conseguenze particolarmente gravi
che subisce a causa dello scioglimento del matrimonio, sia nel caso in cui sia stato convenuto in un divorzio
pronunciato per la modifica definitiva del rapporto coniugale e non abbia presentato personalmente una domanda
di divorzio, sia nel caso in cui il divorzio sia pronunciato a esclusivo danno del coniuge».
Articolo 270
Il divorzio pone fine al dovere di aiuto tra i coniugi.
Uno dei coniugi può essere tenuto a versare all'altro una prestazione destinata a compensare, per quanto possibile,
la disparità che la rottura del matrimonio crea nelle rispettive condizioni di vita. Questo vantaggio è di natura
forfettaria. Esso assume la forma di una somma forfettaria, il cui importo è fissato dal giudice.
Tuttavia, il giudice può rifiutare la concessione di tale prestazione qualora l'equità lo richieda, alla luce dei criteri di
cui all'articolo 271 o qualora il divorzio sia pronunciato a esclusivo danno del coniuge che chiede la prestazione,
tenuto conto delle particolari circostanze della separazione. »
21. Il danno per il quale può essere chiesto il risarcimento in base all'articolo 266 del codice civile è quello che
risulta specificamente dallo scioglimento del matrimonio. Tuttavia, il diritto nazionale consente anche ai coniugi di
chiedere un risarcimento per la colpa commessa dal coniuge sulla base del diritto comune della responsabilità civile.
22. La legge n. 2004-439 del 26 maggio 2004 mirava a separare i casi di divorzio dalle conseguenze pecuniarie del
divorzio. L’articolo 270, secondo comma, del codice civile consente quindi a ciascuno dei coniugi di chiedere una
prestazione compensativa indipendentemente dal caso di divorzio. Tuttavia, l’articolo 270, terzo comma, del codice
civile lascia al giudice la facoltà di rifiutare la concessione di una prestazione compensativa qualora il divorzio sia
pronunciato a esclusivo danno del coniuge che ne faccia richiesta «se l’equità lo richiede».
2. Giurisprudenza sul dovere coniugale
23. Secondo una giurisprudenza consolidata, ma costante, i coniugi sono vincolati da un «obbligo matrimoniale»,
vale a dire da un obbligo di mantenere rapporti sessuali, il cui inadempimento può giustificare il divorzio (Cass., 2°
civ., 8 ottobre 1964, Boll. civ. II n.599 del 12 novembre 1965, Boll. civ. II n.879 del 27 gennaio 1971, n.70-11.864,
Boll. civ. II n.27 del 23 aprile 1975, n.74 dell'11.819, Boll. civ. II n.114 e 17 dicembre 1997, n.96-15.704).
24. La Cour de cassation ha così dichiarato, in quest'ultima sentenza del 1997, che una corte d'appello aveva
potuto, nell'esercizio del suo potere sovrano di valutare gli elementi di prova, ritenere che «la prolungata astensione
dalle relazioni intime attribuita alla moglie» costituisse una colpa che giustificava la pronuncia del divorzio a suo
esclusivo carico, in quanto «non era giustificata da sufficienti motivi medici».
25. Sebbene da allora la Cour de cassation non abbia ribadito tale giurisprudenza, essa è ancora regolarmente
applicata dai giudici di primo grado e d’appello (v., per esempi recenti, CA Aix en Provence, 1°ottobre 2008, RG
n.07/01817, CA Rouen, 18 dicembre 2014, RG n.13/06454, CA Toulouse, 20 gennaio 2015, RG n. 13/00856, e
CA Colmar, 6 dicembre 2016, RGn. 15/02103).
26. Spetta al giudice di merito valutare se i fatti siano imputabili al coniuge interessato e se costituiscano una
«violazione grave o rinnovata dei doveri e degli obblighi del matrimonio» che rende «intollerabile il mantenimento
della vita comune» ai sensi dell’articolo 242 del codice civile. Pertanto, taluni rifiuti di rapporti sessuali non sono
considerati illeciti (v., ad esempio, CA Montpellier, 28 maggio 1996, RG n.95/05529, JurisData n.1996 034226, e
CA Bordeaux, 27 febbraio 2001, RGn. 99/04229, JurisData n.2001-137867, per una giustificazione basata
sull’esistenza di precedenti abusi sessuali commessi dal coniuge; CA Amiens, 19 giugno 2014, RGn. 13/03059,
JurisData n.2014-019289, per aver preso in considerazione atti di violenza imputabili al coniuge e alla sua infedeltà;
CA Metz, 27 ottobre 1983, JurisData, n.1983-043752, e CA Paris, 16 aprile 2015, RGn. 13/16028, tenuto conto
dell’età o dello stato di salute del coniuge interessato).
27. L’inadempimento dell’obbligo coniugale può inoltre dar luogo ad un’azione di risarcimento danni nei confronti
del coniuge inadempiente (CA Aix-en-Provence, 3 maggio 2011, RG n.09/05752). In tale sentenza, la Court of
Appeal (Corte d’appello) ha confermato la condanna di un coniuge al pagamento di un risarcimento danni al
coniuge per un importo di EUR 10 000 a titolo di risarcimento per l’assenza di rapporti sessuali tra coniugi per
diversi anni, in quanto tali coniugi «sono, in particolare, espressione dell’affetto che nutrono l’uno per l’altro,
mentre fanno parte della continuità dei doveri derivanti dal matrimonio».
28. Secondo diversi autori, il dovere matrimoniale trova la sua fonte nel diritto canonico[1] – che in precedenza
facevadella copulacarnalis (unione della carne) una condizione dell’indissolubilità del matrimonio e uno dei doveri
ad esso connessi – e nel diritto matrimoniale consuetudinario [2].
3. Prassi giudiziaria
29. Studi sulle controversie giuridiche relative a presunte violazioni dei doveri coniugali sono stati pubblicati nel
1985[3], 2000[4] e 2023[5]. Le decisioni elencate nella letteratura giuridica sono state, per la maggior parte,
pronunciate da tribunali di primo grado o di appello. Gli autori di questi studi osservano che l'attrattiva delle parti
in causa per tali domande è in continua diminuzione e, di conseguenza, che i giudici sono sempre più riluttanti a
pronunciare il divorzio solo su tale base. Tuttavia, essi attestano la persistenza di questo contenzioso. Osservano
che le domande di divorzio basate su accuse di violazione del dovere coniugale sono per lo più presentate da
uomini, il più delle volte a titolo di domanda riconvenzionale, e che si trovano ad affrontare difficoltà probatorie.
B. Criminalizzazione dei reati sessuali commessi all'interno di una coppia
30. Dal 1984, la Corte di cassazione ha ammesso che lo stupro tra coniugi è punibile (Cass., crim., 17 luglio 1984,
ricorso n.84-91.288, Boll. crim. n.260, e 5 settembre 1990, n.90-83.786, Bull. crim. n.313). Per un certo periodo,
tuttavia, tale giurisprudenza è stata temperata dal mantenimento di una presunzione di consenso agli atti sessuali
compiuti nell’intimità della vita coniugale (Cass., crim., 11 giugno 1992, n.91-86.346, Bull. crim., n. 232).
31. La legge 4 aprile 2006, n.2006-399, ha sancito la summenzionata giurisprudenza inserendo all’articolo 222-22
del codice penale il seguente comma:
Articolo 222-22, secondo comma
«Lo stupro e le altre aggressioni sessuali sono costituiti quando sono stati imposti alla vittima nelle circostanze
previste dalla presente sezione, indipendentemente dalla natura del rapporto tra l’aggressore e la vittima, anche se
sono legati da matrimonio. In tal caso, la presunzione di consenso dei coniugi all’atto sessuale si applica solo fino
a prova contraria».
32. Ha anche aumentato le pene per i reati sessuali commessi all'interno della coppia.
33. La legge n.2010-769 del 9 luglio 2010 ha infine soppresso l’articolo 222-22, secondo comma, seconda frase, e
la presunzione di consenso ivi contenuta.
II. DIRITTO INTERNAZIONALE PERTINENTE
34. La convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne
e la violenza domestica (STCE n.210 – "convenzione di Istanbul"), aperta alla firma l'11 maggio 2011, è stata
ratificata dalla Francia il 4 luglio 2013. Esso è entrato in vigore nei confronti di tale Stato il1° novembre 2014.
35. Le disposizioni pertinenti della Convenzione di Istanbul sono così formulate:
Articolo 2 – Ambito di applicazione della convenzione
"1. La presente Convenzione si applica a tutte le forme di violenza contro le donne, compresa la violenza
domestica, che colpisce le donne in modo sproporzionato. (...)».
Articolo 3 – Definizioni
«Ai fini della presente convenzione si intende per:
a) il termine "violenza contro le donne" è inteso come una violazione dei diritti umani e una forma di
discriminazione nei confronti delle donne e comprende tutti gli atti di violenza di genere che causano o possono
causare danni o sofferenze fisiche, sessuali, psicologiche o economiche alle donne, compresa la minaccia di tali atti,
la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che in quella privata;
b) "violenza domestica": tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno
della famiglia o della casa o tra coniugi o partner ex o attuali, indipendentemente dal fatto che l'autore del reato
condivida o abbia condiviso la stessa casa della vittima; »
Articolo 5 - Obblighi dello Stato e dovere di diligenza
"(...)
2. Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per agire con la dovuta diligenza al fine di
prevenire, indagare, punire e risarcire gli atti di violenza rientranti nell'ambito di applicazione della presente
Convenzione commessi da attori non statali. »
Articolo 12 – Obblighi generali
"1. Le parti adottano le misure necessarie per promuovere cambiamenti nei modelli socioculturali di
comportamento delle donne e degli uomini al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica
basata sull'idea dell'inferiorità delle donne o su un ruolo stereotipato delle donne e degli uomini.
2. Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per prevenire ogni forma di violenza rientrante
nel campo di applicazione della presente Convenzione da parte di qualsiasi persona fisica o giuridica.
(...)».
Articolo 36 – Violenza sessuale, compreso lo stupro
"1. Le parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per qualificare come reato, qualora siano
commesse intenzionalmente:
a) penetrazione vaginale, anale o orale non consensuale, di natura sessuale, del corpo di un’altra persona con
qualsiasi parte del corpo o con un oggetto;
altri atti di natura sessuale non consensuale nei confronti di un'altra persona;
(...)
2. Il consenso deve essere dato volontariamente a seguito del libero arbitrio della persona considerata nel contesto
delle circostanze circostanti.
3. Le parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che le disposizioni del paragrafo 1
si applichino anche agli atti commessi nei confronti di coniugi o partner ex o attuali, conformemente al loro diritto
interno. »
DIRITTO
I. SULL'ALLEGATA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
36. La ricorrente lamenta che il suo divorzio è stato pronunciato per colpa, in quanto ella aveva eluso l’obbligo
coniugale. Essa si basa sull'art. 8 della Convenzione, che così recita:
"1. Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata (...).
2. Un’ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto può sussistere solo nella misura in cui tale
ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura necessaria, in una società democratica, per la sicurezza
nazionale, la pubblica sicurezza, il benessere economico del paese, la difesa dell’ordine e la prevenzione dei reati,
la tutela della salute o della morale o la tutela dei diritti e delle libertà altrui. »
A. Ricevibilità
1. Tesi delle parti
37. Il governo ha sostenuto che i rimedi interni non erano stati esauriti. Pur ammettendo che dinanzi alla Corte di
cassazione è stato sollevato un motivo relativo, in particolare, alla violazione dell’art. 8 della Convenzione, essa
sostiene che tale motivo era nuovo e che la Corte di cassazione non era competente a statuire sull’esistenza di un
illecito, poiché tale questione rientra nel potere discrezionale dei giudici di merito.
38. La ricorrente chiede il rigetto di tale eccezione preliminare. In primo luogo, essa sostiene di aver espressamente
sollevato un motivo vertente sulla violazione degli articoli 4 e seguenti della Convenzione nell’ambito del suo
ricorso per cassazione (Revision) avverso la sentenza della Cour d’appel de Versailles del 7 novembre 2019.
2. Constatazioni della Corte
39. La Corte ricorda che lo scopo dell'articolo 35 § 1 della Convenzione è quello di dare agli Stati contraenti la
possibilità di prevenire o porre rimedio alle presunte violazioni nei loro confronti prima che tali accuse le siano
sottoposte. Pertanto, la censura che essa intende sottoporre alla Corte deve essere anzitutto sollevata, almeno in
sostanza, nei modi e nei termini previsti dal diritto nazionale, dinanzi ai giudici nazionali competenti. Tuttavia,
devono essere esauriti solo i mezzi di ricorso efficaci in grado di porre rimedio alla presunta violazione. Più
specificamente, le disposizioni dell'articolo 35 § 1 della Convenzione richiedono l'esaurimento solo dei rimedi
relativi sia alle violazioni denunciate, disponibili e adeguati; devono esistere con un grado di certezza sufficiente
non solo in teoria ma anche nella pratica, altrimenti mancano dell'efficacia e dell'accessibilità necessarie [v., tra gli
altri, Sejdovic c. Italia [GC], n.56581/00 https://hudoc.echr.coe.int/eng -
%7B"appno":%5B"56581/00"%5D%7D, §§ 43-45, CEDU 2006-II, Paksas c. Lituania [GC], n.34932/04
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"34932/04"%5D%7D, § 75, CEDU 2011 (estratti), e
Vučković e altri c. Serbia (obiezione preliminare) [GC], nn.17153/11 e 29 altri, §§ 70-71, 25 marzo 2014]. Al fine
di esaurire completamente i mezzi di ricorso nazionali, è necessario, in linea di principio, adire la corte di cassazione
e sottoporre a quest'ultima le censure basate sulla Convenzione che possono essere successivamente presentate
alla Corte [Granerc. Francia (dicembre), n.84536/17, https://hudoc.echr.coe.int/eng -
%7B"appno":%5B"84536/17"%5D%7D § 44, 5 maggio 2020, e Pagerie c. Francia(dicembre), n. 24203/16,
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"24203/16"%5D%7D § 117, 19 gennaio 2023].
40. Nel caso di specie, la ricorrente ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Cour d’appel de
Versailles del 7 novembre 2019 e ha dedotto un motivo vertente sulla violazione degli «articoli 4 e seguenti» della
Convenzione. Leggendo le memorie della ricorrente, il Tribunale rileva che la sua critica riguardava specificamente
il dovere coniugale (v. punto 16 supra). Essa ha espressamente sostenuto che tale obbligo matrimoniale violava la
sua integrità fisica – che corrisponde a un aspetto del diritto al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 8
(Xe Y c. Paesi Bassi, 26 marzo 1985, § 22, serie A n.91, e Y.F. c. Turchia, n. 24209/94, § 33, CEDU 2003-IX) – e
la sua libertà individuale. Il governo lo ammette.
41. La Corte non è convinta dall’argomento del governo secondo cui la ricorrente si sarebbe limitata a rimettere
in discussione la valutazione fattuale della colpa effettuata dalla Cour d’appel de Versailles. Al contrario, essa ritiene
che tale motivo tendesse a modificare la giurisprudenza nazionale, che non è andata perduta per la convenuta (v.
punto 17 supra).
42. La Corte rileva inoltre che il dovere coniugale ha una base giurisprudenziale (v. punti 23 e 25 supra). La Corte
di cassazione poteva quindi stabilire, nell’esercizio del suo compito di interpretazione del diritto e di unificazione
giurisprudenziale, se si trattasse di una delle funzioni dei coniugi e, in caso affermativo, se la sua inosservanza
potesse costituire un illecito ai sensi dell’articolo 242 del codice civile (v. punto 20 supra).
43. In tali circostanze, il Tribunale ritiene che la ricorrente abbia validamente sollevato la sua censura dinanzi ai
giudici nazionali e che questi ultimi abbiano avuto la possibilità di rettificare la situazione nell’ordinamento giuridico
interno prima che la Corte fosse adita. L’eccezione di non esaurimento dei mezzi di ricorso sollevata dal governo
deve pertanto essere respinta.
44. Ritenendo che tale censura non sia manifestamente infondata o irricevibile per un altro motivo contemplato
dall'art. 35 della Convenzione, la Corte la dichiara ricevibile.
B. Questioni sostanziali
1. Tesi delle parti
a) Il richiedente
45. La ricorrente sostiene che, riaffermando l’esistenza del dovere coniugale e pronunciando il divorzio per il solo
motivo che ella aveva rifiutato di avere rapporti sessuali con il marito, i giudici nazionali hanno violato il suo diritto
al rispetto della vita privata.
46. In primo luogo, essa sostiene che tale ingerenza non era «prevista dalla legge» ai sensi dell’art. 8. A tal riguardo,
essa sottolinea che il codice civile non prevede alcuna disposizione che obblighi i coniugi ad avere rapporti sessuali.
Essa sostiene inoltre che la Corte di cassazione ha abbandonato la nozione di obbligo matrimoniale a partire da
una sentenza del 5 settembre 1990 (v. punto 30 supra). Essa sostiene che la soluzione adottata nel caso di specie
ritorna ad una concezione arcaica del matrimonio. Essa è altresì contraria ai recenti sviluppi del diritto penale
francese, che ora qualifica espressamente come reato l’imposizione di un rapporto sessuale al coniuge (v. punti 30-
33 supra).
47. In ogni caso, essa sostiene che, al momento della controversia, la giurisprudenza civile era incoerente e che le
era impossibile prevedere, tenuto conto della sua età e del suo stato di salute, se essa fosse rimasta vincolata da un
siffatto obbligo.
48. In secondo luogo, essa critica la legittimità dell’obiettivo perseguito da tale ingerenza, in quanto nessuno dei
motivi elencati all’articolo 8, paragrafo 2, le sembra idoneo a giustificare la violazione della sua libertà sessuale.
49. In terzo luogo, essa contesta la necessità di tale ingerenza. Facendo riferimento alla sentenza S.W. c. Regno
Unito (22 novembre 1995, § 44, serie A n. 335-B), essa sostiene che lo stupro tra coniugi non può rimanere
impunito senza ignorare gli obiettivi fondamentali della Convenzione. Ritiene che l'esercizio di un diritto tutelato
dal diritto interno e dalla Convenzione non dovrebbe poter dar luogo a una condotta illecita in materia civile.
Infine, essa sostiene che il timore di una sanzione, anche se di natura civile, può avere l’effetto di viziare il consenso
ai rapporti sessuali all’interno della coppia.
50. Rispondendo al governo, esso osserva che né la legge della Convenzione [Piotrowskic. Polonia (dicembre),
n.8923/12] https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"8923/12"%5D%7Dné il diritto interno
imponevano ai giudici nazionali di pronunciare il divorzio ad ogni costo. A suo avviso, nulla ostava al rigetto di
tutte le domande delle parti qualora fossero infondate.
51. In quarto luogo, la ricorrente critica la qualità del processo decisionale interno. Dal punto di vista degli obblighi
procedurali connessi all’art. 8, essa lamenta che i giudici nazionali non hanno tenuto conto del fatto che il suo
rifiuto di intrattenere relazioni intime poteva essere giustificato dalla violenza del marito e dai suoi problemi di
salute.
Il governo
52. Il governo non ha contestato che i fatti contestati costituivano un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita
privata.
53. Egli sostiene, tuttavia, che tale ingerenza era prevista dalla legge. Esso precisa che, ai sensi dell’articolo 215 del
codice civile, i coniugi si vincolano reciprocamente a una «comunità di vita», che è generalmente intesa come una
«comunità di letto». Pur ammettendo che nessuna disposizione del codice civile obbliga espressamente i coniugi a
intrattenere rapporti intimi, egli sostiene che tale obbligo deriva da una giurisprudenza consolidata (v. punti 23-25
supra), che la Cour de cassation non ha mai rimesso in discussione. Essa aggiunge che spettava ai giudici di merito
valutare se l’asserita violazione dell’obbligo coniugale costituisse colpa ai sensi dell’articolo 242 del codice civile o
se fosse giustificata dalle circostanze del caso di specie.
54. Egli sostiene poi che tale ingerenza perseguiva un obiettivo di «tutela dei diritti altrui» ai sensi dell’art. 8, n. 2.
Essa afferma che si trattava più in particolare di tutelare il diritto dei coniugi di porre fine al rapporto coniugale
esistente quando non era più possibile continuare a vivere insieme (N.N.e T.A. c. Belgio,n.65097/01,
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"65097/01"%5D%7D § 42, 13 maggio 2008).
55. Infine, egli sostiene che le ingerenze di cui trattasi erano necessarie.
56. A tal riguardo, essa fa valere, in primo luogo, che gli Stati contraenti dispongono di un certo margine di
discrezionalità quando si tratta, come nel caso di specie, di conciliare i diritti concorrenti di due singoli.
57. In secondo luogo, afferma che il dovere coniugale non è assoluto e che non è esecutivo. Essa sostiene inoltre
che il diritto penale, sanzionando i reati sessuali tra coniugi, garantisce loro la libertà di rifiutare qualsiasi relazione
intima (v. punti 30-33 supra).
58. In terzo luogo, essa sostiene che i coniugi hanno liberamente acconsentito al loro matrimonio e che si sono
deliberatamente sottomessi ai doveri che esso comporta.
59. In quarto luogo, egli sostiene che i coniugi ai quali il coniuge rifiuta possono essere liberati dal suo obbligo di
fedeltà solo con il divorzio, in quanto tale misura consente di conciliare gli interessi contrastanti dei coniugi.
60. In quinto luogo, egli sostiene che la Cour d’appel de Versailles non poteva statuire sulla domanda in subordine
di J.C. senza violare l’articolo 1077 del codice di procedura civile, il quale prevede che «una domanda presentata in
subordine in un’altra causa [di divorzio] è irricevibile», in quanto tale norma procedurale non è stata applicata in
primo grado (v. punti 10 e 13 supra). In tali circostanze, egli sostiene che la violazione del dovere coniugale era
l’unica base per pronunciare il divorzio. Essa ricorda che i giudici nazionali erano tenuti a pronunciarsi entro i limiti
delle domande delle parti e si rammarica del fatto che nessuno dei coniugi abbia regolarmente sollevato la questione
della modifica definitiva del rapporto coniugale (v. punto 20 supra).
61. In sesto luogo, essa sottolinea che il riconoscimento della colpa commessa dalla ricorrente non le ha
comportato alcuna conseguenza finanziaria.
3. Constatazioni della Corte
Principi generali
62. La Corte ricorda che la nozione di «vita privata», ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione, è una nozione
ampia che comprende, tra l’altro,la vita sessuale (Dudgeonc. Regno Unito, 22 ottobre 1981, § 41, serie A n.45, e
E.B. c. Francia [GC], n.43546/02, https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"43546/02"%5D%7D §
43, 22 gennaio 2008). Ricorda inoltre cheil rispetto dell'autonomia personale è un principio importante alla base
dell'interpretazione delle garanzie di cui all'articolo 8 (Prettyc. Regno Unito, n.2346/02
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"2346/02"%5D%7D, § 62, CEDU 2002-III, Christine
Goodwin c. Regno Unito[GC], n.28957/95 https://hudoc.echr.coe.int/eng -
%7B"appno":%5B"28957/95"%5D%7D, § 90, CEDU 2002-VI, M.L. c. Polonia, n.40119/21
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"40119/21"%5D%7D, § 91, 14 dicembre 2023, e Pindo Mulla
c. Spagna [GC], n.15541/20 https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"15541/20"%5D%7D, § 137, 17
settembre 2024; cfr.anche M.C. c. Bulgaria, n.39272/98, punti 165-166, CEDU 2003-XII). Il diritto al rispetto
della vita privata deve pertanto essere inteso come garanzia della libertà sessuale (v.,già, J.L. c. Italie, n.5671/16
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"5671/16"%5D%7D, § 134, 27 maggio 2021, e M.A. e a. c.
Francia , nn. 63664/19 https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"63664/19"%5D%7D e 4 altri, § 138,
25 luglio 2024) e del diritto di disporre del proprio corpo (Pretty, cit., § 66, e K.A. e A.D. c. Belgio, nn.42758/98
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"42758/98"%5D%7D e 45558/99, § 83, 17 febbraio 2005).
63. Lo scopo dell’articolo 8 della Convenzione è innanzitutto quello di proteggere l’individuo da interferenze
arbitrarie da parte delle autorità pubbliche (v., tra l’altro, sentenze Libert c. Francia , n. 588/13
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"588/13"%5D%7D, §§ 40 42, 22 febbraio 2018, e Drelon c.
Francia , nn. 3153/16 https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"3153/16"%5D%7D e 27758/18, § 85,
8 settembre 2022). Oltre a tale impegno negativo, esistono obblighi positivi inerenti al rispetto effettivo della vita
privata o familiare, che possono comportare l’adozione di misure volte al rispetto della vita privata anche nei
rapporti tra privati (sentenzeX e Y c. Paesi Bassi, 26 marzo 1985, § 23, serie A n.91, e Söderman c. Svezia [GC],
n.5786/08, https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"5786/08"%5D%7D § 78, CEDU 2013). Il
confine tra obblighi positivi e negativi non si presta tuttavia a una definizione precisa [X,Y e Z c. Regno Unito , 22
aprile 1997, § 41, Relazioni delle sentenze e decisioni 1997-II, e Fernández Martínez c. Spagna [GC], n.56030/07
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"56030/07"%5D%7D, § 114, CEDU 2014 (estratti)].
64. Un'ingerenza nei diritti garantiti dall'articolo 8 può essere giustificata solo se è prevista dalla legge, persegue
una o più delle finalità legittime elencate in tale paragrafo ed è necessaria, in una società democratica, per conseguire
tale o tali finalità.
65. I termini «previsti dalla legge» esigono non solo che l’atto impugnato abbia un fondamento nel diritto
nazionale, ma anche che la «legge» sia accessibile e che sia enunciata con sufficiente precisione per consentire ai
soggetti cui si applica di disciplinare il loro comportamento: se necessario, devono essere in grado di prevedere, in
misura ragionevole nelle circostanze del caso di specie, le conseguenze di un determinato atto (v.,ad esempio,
Rotaru c. Romania [GC], n.28341/95, https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"28341/95"%5D%7D
§ 52, CEDU 2000-V, e Vavřička e a. c. Repubblica ceca [GC], nn.47621/13 https://hudoc.echr.coe.int/eng -
%7B"appno":%5B"47621/13"%5D%7D e 5 altri, § 266, 8 aprile 2021). Il termine "legge" deve essere inteso nel
suo senso materiale e non formale. Comprende pertanto sia il diritto scritto, che non si limita ai testi legislativi, ma
comprende anche atti e strumenti giuridici di rango inferiore, sia il diritto non scritto. In sintesi, la «legge» è il testo
in vigore quale interpretato dai giudici competenti (sentenzeLeyla Şahin c. Turchia [GC], n.44774/98,
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"44774/98"%5D%7D § 88, CEDU 2005-XI, e Vavřička e a.,
cit.,§ 269).
66. L'elenco delle eccezioni al diritto alla vita privata di cui all'articolo 8, secondo comma, è esaustivo e la
definizione di tali eccezioni è restrittiva. Per essere compatibile con la Convenzione, una restrizione a tale diritto
deve in particolare essere ispirata da uno scopo che possa essere collegato a uno di quelli elencati in tale disposizione
[S.A.S.c. Francia [GC], n.43835/11, § 113, CEDU 2014 (estratti), e L.B. c. Ungheria [GC], n.36345/16
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"36345/16"%5D%7D, § 108, 9 marzo 2023].
67. I principi relativi alla valutazione della necessità di interferire con i diritti garantiti dall’articolo 8 sono stati
riassunti nella sentenza Vavřička e a. (citata supra, §§ 273-275), alla quale si fa riferimento.
68. La Corte ricorda, in particolare, che le autorità nazionali dispongono, in linea di principio, di un certo margine
di discrezionalità al riguardo. La portata di tale potere discrezionale dipende da una serie di fattori determinati dalle
circostanze del caso di specie. Tale margine è tanto più ristretto in quanto il diritto in questione è importante per
garantire all’individuo l’effettivo godimento dei diritti fondamentali o intimi che gli sono conferiti. Quando è in
gioco un aspetto particolarmente importante dell'esistenza o dell'identità di un individuo, anche il margine lasciato
allo Stato è limitato. Viceversa, quando, tra le parti contraenti della convenzione, non vi è consenso né
sull'importanza relativa dell'interesse in questione né sui mezzi migliori per proteggerlo, il margine di discrezionalità
è più ampio, soprattutto quando sono in gioco questioni morali o etiche sensibili. Analogamente, il margine di
discrezionalità è generalmente ampio quando deve trovare un equilibrio tra interessi privati e pubblici concorrenti
o diritti diversi tutelati dalla Convenzione (Evans/Regno Unito[GC], n.6339/05, https://hudoc.echr.coe.int/eng
- %7B"appno":%5B"6339/05"%5D%7D § 77, CEDU 2007-I, S.H. e a./Austria [GC], n.57813/00,
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"57813/00"%5D%7D § 94, CEDU 2011, Vavřička e a., cit.,
§§ 273 e 275).
69. Applicando quest’ultimo principio, la Corte ha dichiarato che gli Stati godono generalmente di un ampio
margine di discrezionalità nell’elaborazione e nell’attuazione pratica di una normativa in materia di divorzio,
esercizio che implica la conciliazione di interessi personali divergenti (Babiarz c. Polonia, n. 1955/10,
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"1955/10"%5D%7D § 47, 10 gennaio 2017).
b) Applicazione nel caso di specie
i. L'esistenza di interferenze
70. La ricorrente non si lamenta del divorzio in quanto tale – che ha anche chiesto – ma dei motivi per i quali è
stato pronunciato.
71. La Corte ritiene che la riaffermazione del dovere coniugale e il fatto di aver pronunciato il divorzio per colpa
per il motivo che la ricorrente aveva cessato tutte le relazioni intime con il marito costituiscano interferenze con il
suo diritto al rispetto della vita privata, la sua libertà sessuale e il suo diritto di disporre del suo corpo. Se è vero
che il diritto interno separa ormai ampiamente le conseguenze pecuniarie del divorzio dai possibili illeciti dei
coniugi (v. punto 22 supra), ciò non toglie che tali misure sono particolarmente invadenti, in quanto incidono su
uno degli aspetti più intimi della vita privata dell’individuo (sentenzeDudgeon, cit.,§ 52, Smith e Grady c. Regno
Unito, nn. 33985/96 https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"33985/96"%5D%7D e 33986/96, § 90,
CEDU 1999-VI, Y.F. c. Turchia, cit., § 33, e K.A. e A.D. c. Belgio, cit., § 83). Inoltre, le constatazioni della Court
of Appeal sono particolarmente stigmatizzanti, in quanto il rifiuto della ricorrente è stato considerato come una
violazione «grave e rinnovata» degli obblighi del matrimonio che rende «intollerabile» continuare a vivere insieme
(v. punto 14 supra).
72. Poiché tali ingerenze nei diritti della ricorrente sono state effettuate da autorità pubbliche, il Tribunale ritiene
che esse debbano essere esaminate sotto il profilo degli obblighi negativi.
ii. Sulla giustificazione delle interferenze
(α) Sull'esistenza di una base giuridica prevedibile
73. La Corte ricorda che spetta in primo luogo alle autorità nazionali, e in particolare agli organi giurisdizionali,
interpretare e applicare il diritto nazionale. A meno che l’interpretazione adottata non sia arbitraria o
manifestamente irragionevole, il compito della Corte si limita a determinare se i suoi effetti siano compatibili con
la Convenzione (v., tra gli altri, sentenze Leyla Şahin, cit.,§ 87, Sanchez c. Francia [GC], n. 45581/15, § 128, 15
maggio 2023, e Pindo Mulla, cit.,§ 132).
74. Nel caso di specie, la Corte rileva che il divorzio è stato pronunciato ai sensi degli articoli 229 e 242 e seguenti
del codice civile (v. punto 20 supra), i quali prevedono che il divorzio può essere pronunciato per colpa qualora
fatti costitutivi di una violazione grave o rinnovata degli obblighi e dei doveri del matrimonio siano imputabili a
uno dei coniugi e rendano intollerabile il proseguimento della convivenza. Il disaccordo tra le parti riguarda
unicamente la portata dei «doveri e obblighi del matrimonio» e, più specificamente, la persistenza del dovere
coniugale.
75. In via principale, la ricorrente sostiene che il diritto nazionale non prevede alcun obbligo per i coniugi di avere
rapporti sessuali.
76. La Corte rileva, tuttavia, che da una giurisprudenza consolidata ma costante della Corte di cassazione risulta
che i coniugi sono vincolati da un obbligo coniugale e che l’inadempimento di quest’ultimo può costituire un
illecito che giustifica il divorzio (v. punto 23 supra). La sentenza 5 settembre 1990, richiamata dal ricorrente, non
è stata pronunciata nell'ambito di un procedimento di divorzio, bensì di un procedimento penale: essa si limita a
ricordare il carattere riprovevole dello stupro coniugale (v. punto 30 supra). Nonostante tale evoluzione
giurisprudenziale, la Cour de cassation ha confermato, con sentenza 17 dicembre 1997, che «l’astensione prolungata
dalle relazioni intime attribuite alla moglie» era tale da giustificare il divorzio per colpa, in quanto quest’ultima «non
era giustificata da sufficienti motivi di salute». Sebbene da allora la Corte di cassazione non abbia ribadito tale
giurisprudenza, essa non è mai stata invertita e continua ad essere applicata dai giudici nel merito (v. punti 25 e 29
supra). La Corte ha concluso che le ingerenze in questione si basavano su una giurisprudenza interna consolidata.
77. In subordine, la ricorrente sostiene che l’esatta portata del dovere coniugale era imprevedibile.
78. A tal riguardo, è vero che la giurisprudenza nazionale non considera colpevole l’eventuale rifiuto di avere
rapporti sessuali. Spetta ai giudici di merito stabilire se tale rifiuto sia sufficiente a costituire una violazione grave o
reiterata dei doveri e degli obblighi del matrimonio che giustifichi il divorzio (v. punto 26 supra). Essa riconosce
inoltre che talune circostanze, quali l'età, lo stato di salute o la natura abusiva o violenta del coniuge, sono tali da
giustificare l'inadempimento del dovere coniugale (ibid.). La Corte ricorda, tuttavia, che il requisito della
prevedibilità della legge non si spinge fino a richiedere un grado di precisione tale che il cittadino possa essere
assolutamente certo delle conseguenze che possono derivare dalla sua applicazione. Molte leggi utilizzano
necessariamente formule più o meno vaghe, la cui interpretazione e applicazione dipendono dalla prassi (Silvere a.
c. Regno Unito, 25 marzo 1983, § 88, serie A n.61, Michaud c. Francia, n. 12323/11,
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"12323/11"%5D%7D § 96, CEDU 2012, e M.K. c.
Lussemburgo, n. 51746/18, https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"51746/18"%5D%7D § 56, 18
maggio 2021). Essa sottolinea inoltre che spetta alle autorità nazionali, e in primo luogo ai giudici, interpretare e
applicare il diritto nazionale (sentenzeParadiso e Campanelli c. Italia [GC], n.25358/12,
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"25358/12"%5D%7D § 169, 24 gennaio 2017, e Sanchez,
cit.,§ 126). Pertanto, il fatto che il diritto nazionale conferisca ai giudici di merito il potere di valutare se la violazione
di un obbligo matrimoniale sia o meno sufficientemente qualificata da giustificare il divorzio non è tale da
rimetterne in discussione la prevedibilità. Il Tribunale ritiene che la giurisprudenza controversa sia stata formulata
con sufficiente precisione per consentire alla ricorrente di regolare il proprio comportamento, eventualmente con
un valido parere.
79. Alla luce di quanto precede, la Corte ritiene che le ingerenze controverse fossero «previste dalla legge» ai sensi
dell’art. 8, n. 2.
b) Sulla legittimità dell'obiettivo perseguito
80. Spetta alla Corte verificare se le restrizioni controverse siano state ispirate da uno scopo che può essere
collegato a uno di quelli elencati all’articolo 8, secondo comma (Parrilloc. Italia [GC], n.46470/11,
https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"46470/11"%5D%7D § 163, CEDU 2015, e L.B. c. Ungheria,
cit., § 108), riesame sommario nella maggior parte dei casi (LeylaŞahin, cit., § 99, Merabishvili c. Georgia [GC],
n.72508/13, https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"72508/13"%5D%7D § 297, 28 novembre 2017
e L.B. c. Ungheria, cit., § 109).
81. Il governo precisa che le ingerenze controverse erano dirette a tutelare i diritti altrui e, più in particolare, il
diritto di ciascuno dei coniugi di porre fine al rapporto matrimoniale qualora non sia più possibile continuare a
convivere (v., in tal senso, sentenza N.N. e T.A. c. Belgio, cit., § 42).
82. Rilevando che il diritto interno garantisce il diritto al divorzio e che la disunione incide sui diritti di ciascuno
dei coniugi, la Corte riconosce che lo scopo delle ingerenze in questione, che si riferiscono al diritto di ciascuno
dei coniugi di porre fine ai rapporti matrimoniali, era connesso alla «tutela dei diritti e delle libertà altrui» ai sensi
della Convenzione.
83. Tuttavia, spetta alla Corte determinare la questione, che è strettamente connessa alla questione se sussista una
finalità legittima, se le restrizioni in questione siano giustificate, vale a dire se siano fondate su motivi pertinenti e
sufficienti e se siano proporzionate allo scopo perseguito (v., su tale punto, sentenze Merabishvili, cit., § 302, e
L.B. c. Ungheria, cit., § 109).
(γ) La necessità di interferenze
84. Occorre esaminare se i giudici nazionali abbiano trovato un giusto equilibrio tra gli interessi individuali
concorrenti in gioco, vale a dire, da un lato, la libertà sessuale della ricorrente e, dall’altro, il diritto del coniuge di
far cessare il rapporto coniugale qualora ritenga che l’astinenza sessuale imposta alla ricorrente renda intollerabile
il suo mantenimento. A tale riguardo, la Corte non esclude la possibilità che il mantenimento forzato di un coniuge
nell’unione nonostante la constatazione di un’alterazione irrimediabile del rapporto coniugale possa, in determinate
circostanze, pregiudicare indebitamente i suoi diritti [v.sentenze Ivanov e Petrova c. Bulgaria (dicembre),
n.15001/04, https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"15001/04"%5D%7D § 61, 14 giugno 2011, e
Babiarz, cit.,§ 50; cfr.anche F. c. Svizzera, 18 dicembre 1987, § 38, serie A n.128, e Aresti Charalambous c. Cipro
(dicembre), n.43151/04 https://hudoc.echr.coe.int/eng - %7B"appno":%5B"43151/04"%5D%7D, § 56, 19 luglio
2007).
85. Nella misura in cui le ingerenze di cui trattasi riguardano uno degli aspetti più intimi della vita privata del
ricorrente, la Corte ritiene che il margine di discrezionalità lasciato agli Stati contraenti sia limitato
(sentenzeDudgeon, cit.,§ 52, e S. e Marper c. Regno Unito [GC], nn.30562/04 https://hudoc.echr.coe.int/eng -
%7B"appno":%5B"30562/04"%5D%7D e 30566/04, § 102, CEDU 2008). Essa sottolinea che solo ragioni
particolarmente gravi possono giustificare l’ingerenza delle autorità pubbliche nel settore della sessualità
(citatesentenze Dudgeon, punto 52, Smith e Grady, punto 89, e K.A. e A.D. c. Belgio, punto 84). Su questo punto,
la presente causa è chiaramente diversa dalla causa Babiarz, in cui nessuno dei diritti invocati dai coniugi nel
procedimento di divorzio tra loro era di tale natura o importanza (cfr. sentenza Babiarz, cit., §§ 37 e 47).
86. Nel caso di specie, la Corte constata che il dovere coniugale, quale previsto nell’ordinamento giuridico interno
e riaffermato nel caso di specie (v. punti 14 e 19 supra), non tiene conto del consenso ai rapporti sessuali, sebbene
tale consenso costituisca un limite fondamentale all’esercizio della libertà sessuale altrui.
87. A tale riguardo, la Corte ricorda che qualsiasi atto sessuale non consensuale costituisce una forma di violenza
sessuale (v., al riguardo, sentenza M.C. c. Bulgaria, cit., § 163). Inoltre, dal solo punto di vista dell’art. 8 o in
combinato disposto con l’art. 3, esso afferma costantemente che gli Stati contraenti devono istituire e attuare un
quadro giuridico adeguato che offra protezione contro gli atti di violenza che possono essere commessi da singoli
(sentenzaSöderman, cit., § 80 e riferimenti ivi citati). Inoltre, gli obblighi relativi alla prevenzione della violenza
sessuale e domestica sono stati introdotti negli articoli 5 § 2 e 12 § 2 della Convenzione di Istanbul (v. punto 34
supra).
88. La Corte constata che l’obbligo controverso non garantisce il libero consenso ai rapporti sessuali all’interno
della coppia. Questo stato di diritto ha una dimensione prescrittiva nei confronti dei coniugi, nello svolgimento
della loro vita sessuale. Inoltre, la sua mancanza di consapevolezza non è priva di conseguenze giuridiche. Da un
lato, il rifiuto di rispettare l’obbligo coniugale può, alle condizioni previste dall’articolo 242 del codice civile, essere
considerato come una colpa che giustifica il divorzio, come nel caso di specie (v. punti 20 e 23-26 supra). Per
contro, essa può comportare conseguenze pecuniarie e costituire il fondamento di un’azione di risarcimento danni
(v. punti 22 e 27 supra).
89. La Corte ne deduce che l’esistenza stessa di un siffatto obbligo matrimoniale è contraria tanto alla libertà
sessuale quanto al diritto di disporre del proprio corpo e al dovere positivo di prevenzione che incombe agli Stati
contraenti nella lotta contro la violenza domestica e sessuale.
90. Mentre il governo sostiene che la qualificazione come reato dei reati sessuali commessi all’interno della coppia
è sufficiente a garantire la tutela della libertà sessuale di ciascuna persona, la Corte ritiene che tale divieto penale
non sia sufficiente a privare di effetto utile l’obbligo civile introdotto dalla giurisprudenza. Essa rileva che
quest’ultimo è contrario ai progressi compiuti in materia penale (v. punti da 30 a 33 supra), nonché agli impegni
internazionali assunti dalla Francia per combattere tutte le forme di violenza domestica (v. punto 34 supra).
91. La Corte non può accettare, come suggerisce il governo, che il consenso al matrimonio implichi il consenso a
futuri rapporti sessuali. Tale giustificazione sarebbe tale da privare lo stupro coniugale del suo carattere riprovevole.
La Corte ha da tempo affermato che l’idea che un marito non possa essere perseguito per lo stupro della moglie è
inaccettabile e che essa è contraria non solo a una nozione civilizzata di matrimonio, ma anche e soprattutto agli
obiettivi fondamentali della Convenzione, la cui essenza stessa è il rispetto della dignità umana e della libertà (S.W.c.
Regno Unito, cit., § 44, e C.R. c. Regno Unito, 22 novembre 1995, § 42, serie A n.335-C). Secondo la Corte, il
consenso deve riflettere la libera volontà di avere un determinato rapporto sessuale, nel momento in cui si verifica
e tenendo conto delle sue circostanze.
92. Inoltre, nel caso di specie, la Corte non ravvisa alcun motivo particolarmente grave che possa giustificare
un’ingerenza nel settore della sessualità (citate sentenzeDudgeon, punto 52, Smith e Grady, punto 89, e K.A. e
A.D./Belgio, punto 84). Esso rileva che il coniuge del ricorrente ha avuto la possibilità di chiedere il divorzio per
la modifica permanente del rapporto coniugale. A tal riguardo, spettava a lui rispettare i requisiti di cui all’articolo
1077 del codice di procedura civile presentando tale domanda in via principale e non in subordine, come ha fatto
nel caso di specie (v. punti 13 e 60 supra). La difesa dei suoi diritti potrebbe quindi essere garantita con altri mezzi.
93. Da tutte le considerazioni che precedono, la Corte deduce che la riaffermazione del dovere coniugale e la
pronuncia del divorzio nei confronti dei torti esclusivi del ricorrente non erano fondate su motivi pertinenti e
sufficienti e che i giudici nazionali non hanno trovato un giusto equilibrio tra gli interessi concorrenti in gioco.
Quanto precede è sufficiente a dimostrare una violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
94. Ai sensi dell'art. 41 della Convenzione:
«Se la Corte dichiara che vi è stata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno
dell'Alta Parte contraente consente che le conseguenze di tale violazione siano cancellate solo in modo imperfetto,
la Corte, se del caso, concede alla parte lesa giusta soddisfazione».
A. Danni morali
95. La ricorrente chiede un euro simbolico per il danno morale che asserisce di aver subito a causa del carattere
infame dell’ordinanza di divorzio per i suoi illeciti esclusivi, affermando di essere stata particolarmente colpita dalla
sanzione così inflittale su una questione relativa alla sua vita sessuale.
96. Il governo non si oppone a tale richiesta.
97. Il Tribunale ritiene che la ricorrente abbia subito un danno morale certo. In considerazione dell’importo
richiesto dalla ricorrente e delle circostanze particolari del caso di specie, il Tribunale ritiene che la constatazione
di una violazione dell’articolo 8 fornisca di per sé un’equa soddisfazione sufficiente per qualsiasi danno morale
subito dalla ricorrente (Vegotex International S.A. c. Belgio [GC], n. 49812/09, § 164, 3 novembre 2022).
B. Costi e spese
98. La ricorrente chiede il rimborso di EUR 36 500 per le spese sostenute dinanzi ai giudici nazionali e dinanzi
alla Corte di giustizia.
99. Il governo si oppone a tale domanda sottolineando che la ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova
atto a giustificare la realtà e la necessità delle sue spese.
100. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, un ricorrente può ottenere il rimborso delle sue spese solo
nella misura in cui siano dimostrate la loro realtà, la loro necessità e la ragionevolezza del loro tasso. La Corte
richiede la produzione di note di onorari e fatture dettagliate; devono essere sufficientemente precise da consentirle
di determinare in che misura le condizioni summenzionate siano soddisfatte (sentenzeİzzettin Doğan e a. c. Turchia
[GC], n. 62649/10, § 192, 26 aprile 2016, e Altay c. Turchia (n.2) , n.11236/09 https://hudoc.echr.coe.int/eng -
%7B"appno":%5B"11236/09"%5D%7D, § 87, 9 aprile 2019). Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito alcun
elemento di prova relativo alle sue spese. Il Tribunale respinge pertanto la domanda formulata al riguardo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,
1. La censura relativa alla violazione dell'art. 8 della Convenzione è ricevibile.
2. ritiene che vi sia stata una violazione dell'articolo 8 della convenzione;
3. ritiene che l'accertamento di un'infrazione costituisca di per sé un'equa soddisfazione;
4. Respinge il resto della richiesta di giusta soddisfazione.
Fatto in francese, e comunicato per iscritto il 23 gennaio 2025, a norma dell'articolo 77, paragrafi 2 e 3, del regolamento.
Victor Soloveytchik di María Elósegui Cancelliere presidente
NOTE
[1] Brugière, Jean-Michel, «Il dovere coniugale: filosofia del codice e moralità del giudice", Recueil Dalloz 2000,
pag. 10, e Leroyer, Anne-Marie, «Regard civiliste sur la loi relative aux violence dans le couple», Revue trimestrielle
de droit civil 2006, pag. 402.
[2] Jean-Paul Branlard, Il sesso e lo stato delle persone. Aspetti storici, sociologici e giuridici,Librairie générale de
droit et de jurisprudence, 1993.
[3] Dekeuwer-Défossez, Françoise "Impressions de recherche sur les faults cause de divorce", Recueil Dalloz 1985,
chron., 219, pag. 221, che studia un corpus di 371 sentenze.
[4] Brugière, Jean-Michel, citata, che elenca 124 decisioni di divorzio per colpa adottate su tale base tra il 1980 e il
2000.
[5] Mattiussi, Julie, "Il dovere coniugale: dell’obbligo di consenso», in Garcia, Manon, Mazaleigue-Labaste, Julie e
Mornington, Alicia-Dorothy (a curadi), Reverse and reverse of consent, Mare & Martin, 2023, che elenca 46
decisioni successive alla legge del 4 aprile 2006

Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza