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Sentenza

Divorzio – Assegno divorzile – Riconoscimento (legge 898/1970, articolo 5)
Divorzio – Assegno divorzile – Riconoscimento (legge 898/1970, articolo 5)
L’adito Tribunale di Trento valorizza in sentenza la necessità che sussista, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile (ai sensi dell’articolo 5, VI, L. n. 898/1970), una “rilevante” disparità della situazione economico-reddituale delle parti, tanto da considerarla quale “precondizione”.

Precisa a tal fine che l’assegno divorzile assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativo-perequativa che dà attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole; ne consegue che detto assegno deve essere riconosciuto, in presenza della precondizione di una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, non solo quando la rinuncia a occasioni professionali da parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo intervenuto fra i coniugi, ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare - che, salvo prova contraria, esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi - a fronte del contributo, esclusivo o prevalente, fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, anche sotto forma di risparmio.

L’assegno divorzile, in altre parole, deve essere anche adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali - che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare - al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo prettamente assistenziale.

Con la precisazione che il diritto all’assegno di divorzio non sorge ove, all’esito dello scioglimento della comunione legale, la posizione economico patrimoniale e reddituale delle parti risulti di fatto paritaria.

    Tribunale di Trento, sentenza 15 gennaio 2025 n. 29
Tribunale di Trento, Sentenza n. 29/2025 del 15-01-2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: dott. ### dott.ssa ###
dott.ssa ### relatore ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 38/2021 avente ad oggetto: divorzio contenzioso -
scioglimento del matrimonio promossa
da
### (C.F. ###) con l'Avv. ### ricorrente
contro
### (C.F. ###) con l'Avv. ### convenuto
E
con l'intervento del P.M.
posta in decisione sulle conclusioni precisate con note di trattazione scritta in sostituzione
dell'udienza del 29 maggio 2024
Conclusioni di parte ricorrente: “pronunciare sentenza di cessazione degli effetti civili del
matrimonio celebrato in ### il giorno 21/11/2009 tra la signora ### e il signor ### ordinando
all'ufficiale di Stato Civile di procedere alla trascrizione dell'emananda sentenza alle seguenti
CONDIZIONI NEL MERITO IN VIA PRINCIPALE ED ANCHE IN VIA PROVVISORIA: - porre a carico del
sig. ### quale contributo per il mantenimento, un assegno di divorzio di euro 500,00/800,00=,
ovvero pari a quel maggiore o minore importo che sarà ritenuto di giustizia, da rivalutarsi
annualmente secondo gli indici ### come per legge e da corrispondersi entro il giorno 5 di ogni
mese.” Conclusioni di parte convenuta: “Nel merito: - per i motivi di cui in atti, dichiarare che
nessun assegno divorzile è da corrispondersi in favore della sig.ra ### Con favore di diritti, onorari
e spese, anche generali, oltre IVA e C.N.P.A. come per legge.” per i seguenti motivi in ### E ### Con
ricorso depositato in data 13 gennaio 2021, la ricorrente sig.ra ### ha domandato pronunciarsi la
cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con il sig. ### a ### il giorno 21 novembre
2009, disponendosi a carico del marito l'obbligo di corrisponderle, a titolo di assegno divorzile, la
somma di euro 500-800 mensili.
La ricorrente ha esposto che dall'unione matrimoniale non sono nati figli e che tra i coniugi è
intervenuta separazione consensuale, omologata da questo Tribunale con decreto del 4 dicembre
2013, rappresentando che in quella sede è stato disposto “il versamento da parte del sig. ### della
somma di ### 20.000,00 a titolo di contributo di mantenimento della sig.ra ### erogata nelle
seguenti modalità: ### 3.600,00 sono stati corrisposti mediante bonifici bancari da giugno a
novembre 2013; ### 16.400,00 mediante assegno circolare intestato alla ricorrente, che il marito
ha consegnato contestualmente alla sottoscrizione del verbale di separazione”.
La sig.ra ### ha dedotto che, durante gli anni di matrimonio, si è sempre dedicata alla gestione
della casa e si è fatta carico anche della cura della suocera (che ha sempre vissuto con la coppia
nella casa familiare), svolgendo attività lavorative saltuarie che le permettevano di contribuire alle
spese familiari (quali per esempio la spesa o la benzina) e al mantenimento delle proprie figlie,
nate da una precedente relazione.
La ricorrente ha, quindi, esposto che, dopo la separazione, ha lavorato sporadicamente (come
addetta alle pulizie, cameriera e assistente anziani) e si è trasferita a vivere con la figlia ### presso
l'### di ### sostenendo un canone di € 90,00 mensili. La stessa ha lamentato che, rispetto
all'epoca della separazione, le sue condizioni economiche - e anche di salute - sono peggiorate,
dando atto che, nonostante gli sforzi profusi, non è riuscita a reperire una stabile occupazione
lavorativa e di essersi dovuta trasferire, dal 1 luglio 2019, in un appartamento privato, per il quale
sostiene un canone di locazione pari ad euro 420,00 mensili.
La ricorrente ha dato atto che il sig. ### lavora come autista per una ditta di autotrasporti ed è
proprietario di un immobile in località ### e di alcuni terreni nel comune di ### Radicatosi
validamente il contraddittorio, si è costituito in giudizio il convenuto aderendo alla domanda sullo
status e chiedendo il rigetto della domanda di assegno divorzile.
Il convenuto ha dedotto che la moglie attualmente lavora ed è pienamente in grado di svolgere
attività lavorativa, che è proprietaria esclusiva di un'abitazione sita a ### in ### e che non è mai
stato richiesto alla ricorrente di sacrificare la propria vita lavorativa per dedicarsi alla cura della
famiglia, contestando, in ogni caso, che la moglie si sia dedicata alla cura della casa e della suocera.
Il sig. ### ha rappresentato di essere in congedo straordinario per poter accudire la madre, che il
proprio stipendio si è ridotto a circa € 1.000,00 mensili a causa della crisi pandemica e che gli altri
immobili di cui è proprietario (garage/deposito e baita di montagna) sono privi di apprezzabile
valore economica.
All'udienza presidenziale del 13 aprile 2021 sono comparsi entrambi i coniugi; il ### ha rigettato la
domanda di assegno di mantenimento proposta dalla ricorrente, ha nominato il G.I. ed ha disposto
il passaggio al rito ordinario, con termini alle parti per il deposito della memoria integrativa e della
comparsa di costituzione.
Con sentenza non definitiva n. 680/2023 di data 26 luglio 2023, pubblicata il 4 agosto 2023, questo
Tribunale ha pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto tra le parti, disponendo il
prosieguo del giudizio per le restanti domande accessorie.
La causa è stata istruita mediante produzioni documentali ed è stata trattenuta in decisione sulle
conclusioni precisate con note di trattazione scritta in sostituzione dell'udienza del 29 maggio
2024, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e
memorie di replica.
La domanda di assegno divorzile non è fondata e va rigettata per i motivi di seguito esposti.
Giova premettere che con la pronuncia n. 18287/2018 le ### hanno riconosciuto all'assegno
divorzile di cui all'art. 5, co. 6 L. 898/1970 una funzione assistenziale e in pari misura compensativa
e perequativa, individuando nei criteri ### di cui alla prima parte della citata norma i parametri cui
attenersi per decidere sia sull'attribuzione dell'assegno all'ex coniuge richiedente (ossia ai fini del
giudizio sull'inadeguatezza dei mezzi, quale presupposto per il riconoscimento dell'assegno
divorzile, unitamente all'impossibilità per il coniuge istante di procurarseli per ragioni oggettive),
sia sulla sua quantificazione.
In particolare, la ### hanno affermato che “il giudizio di adeguatezza impone una valutazione
composita e comparativa che trova nella prima parte della norma i parametri certi sui quali
ancorarsi. La situazione economico-patrimoniale del richiedente costituisce il fondamento della
valutazione di adeguatezza che, tuttavia, non va assunta come una premessa meramente
fenomenica ed oggettiva, svincolata dalle cause che l'hanno prodotta, dovendo accertarsi se tali
cause siano riconducibili agli indicatori delle caratteristiche della unione matrimoniale così come
descritti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, i quali, infine, assumono rilievo direttamente
proporzionale alla durata del matrimonio”.
La Corte ha, inoltre, precisato che nel giudizio sull'adeguatezza dei mezzi deve farsi riferimento ai
ruoli endofamiliari assunti dai coniugi in costanza di matrimonio, al fine di accertare “se la
condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle
determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età
del richiedente. ### la disparità abbia questa radice causale e sia accertato che lo squilibrio
economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e
reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente
all'interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio
comune e a quello dell'altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita
familiare nella valutazione dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di
procurarseli per ragioni oggettive. Gli indicatori, contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6,
prefigurano una funzione perequativa e riequilibratrice dell'assegno di divorzio che permea il
principio di solidarietà posto a base del diritto” (cfr. Cass. Sez. Un. 18287/2018).
Ne consegue che la decisione sull'assegno di divorzio deve essere espressa alla luce di una
valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti che tenga conto delle
modalità con cui la vita familiare è stata condotta in costanza di matrimonio, anche alla luce della
durata dello stesso e dell'età del coniuge richiedente l'assegno.
A tale orientamento interpretativo è stato dato seguito anche dalla pronuncia della Suprema Corte
n. 17601/2019, laddove la Corte di Cassazione, nel riferirsi alla “natura composita” dell'assegno
divorzile e al “principio di solidarietà postconiugale”, ha richiamato i principi già enucleati con la
citata sentenza delle ### n. 18287/2018, ribadendo che “4.2 Nel verificare i presupposti per il
riconoscimento di un assegno divorzile il giudice deve compiere quindi una valutazione concreta ed
effettiva dell'adeguatezza dei mezzi del richiedente e dell'incapacità di procurarseli per ragioni
oggettive fondata innanzitutto sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Questa verifica
tuttavia non è di per sé sufficiente, ma deve essere collegata causalmente alla valutazione degli
altri indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, l. 898/1970, onde accertare se
l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto
dello scioglimento del matrimonio dipenda da scelte condivise di conduzione della vita familiare in
costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle
parti, tenuto conto della durata del matrimonio e delle effettive potenzialità professionali e
reddituali alla conclusione della relazione matrimoniale”.
Osserva, inoltre, il Collegio che la giurisprudenza più recente ha valorizzato la necessità che
sussista, ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile, una “rilevante” disparità della situazione
economico-reddituale delle parti, tanto da considerarla quale “ precondizione”: “### divorzile
assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativo per equativa che dà
attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole; ne consegue che
detto assegno deve essere riconosciuto, in presenza della precondizione di una rilevante disparità
della situazione economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, non solo quando la rinuncia a occasioni
professionali da parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo
intervenuto fra i coniugi, ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare - che,
salvo prova contraria, esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi - a fronte del
contributo, esclusivo o prevalente, fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare
e personale dell'altro coniuge, anche sotto forma di risparmio.” (cfr. Cass. 4328/2024); “### di
divorzio, che ha una funzione, oltre che assistenziale, compensativa e perequativa, presuppone
l'accertamento, anche mediante presunzioni, che lo squilibrio effettivo e di non modesta entità
delle condizioni economico-patrimoniali delle parti sia causalmente riconducibile, in via esclusiva o
prevalente, alle scelte comuni di conduzione della vita familiare; l'assegno divorzile, infatti, deve
essere anche adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio
sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali - che il coniuge
richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare - al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad
assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base
della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello
reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e,
conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge,
rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale profilo prettamente assistenziale.” ( Cass. ###/2023);
“###è noto, la giurisprudenza più recente di questa Corte (Cass., U, Sentenza n. 18287
dell'11/07/2018) ha stabilito che il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una
funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6,
della legge n. 898 del 1970, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge
istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di
cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per
decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. I criteri attributivi e
determinativi dell'assegno divorzile non dipendono, pertanto, dal tenore di vita godibile durante il
matrimonio, operando lo squilibrio economico patrimoniale tra i coniugi unicamente come
precondizione fattuale, il cui accertamento è necessario per l'applicazione dei parametri di cui
all'art. 5, comma 6, prima parte, l. n. 898 del 1970, in ragione della finalità composita assistenziale
e perequativo-compensativa di detto assegno (Cass., Sez. 1, Sentenza n. ### del 11/12/2019). Il
giudizio deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-
patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione
della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di
ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto La
natura perequativo-compensativa, poi, discende direttamente dalla declinazione del principio
costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo, volto a consentire al
coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un
parametro astratto, ma il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al
contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto in particolare delle
aspettative professionali sacrificate. In altre parole, il giudice del merito è chiamato ad accertare la
necessità di compensare il coniuge economicamente più debole per il particolare contributo dato,
durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge, nella
constatata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nelle scelte
fatte durante il matrimonio, idonee a condurre l'istante a rinunciare a realistiche occasioni
professionali-reddituali, la cui prova in giudizio spetta al richiedente (Cass., Sez. 1, Ordinanza n.
9144 del 31/03/2023; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 23583 del 28/07/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n.
### del 03/12/2021).” (cfr. Cass. 27945/2023).
I principi sopra richiamati sono stati, di recente, ribaditi dalla Corte di Cassazione con la pronuncia
n. 27536/2024, laddove la Suprema Corte ha affrontato la questione relativa alla funzione
dell'assegno divorzile e della comunione legale tra i coniugi, ovvero “se l'assegno divorzile ed il
regime della comunione legale tra coniugi assolvano una funzione solidaristica coincidente o
sovrapponibile ed in particolare se dello scioglimento della comunione legale debba tenersi conto
in sede di attribuzione e determinazione del predetto assegno.”.
In quella sede, la Corte di Cassazione ha ribadito che lo squilibrio economico-patrimoniale e
reddituale tra i coniugi, conseguente allo scioglimento del vincolo, costituisce la precondizione per
il riconoscimento dell'assegno divorzile sicché, in caso di sostanziale parità o di squilibrio di entità
modesta, non si procede alla fase successiva di verifica dell'applicabilità dei criteri elaborati dalle
### con la pronuncia n. 18287/2018. La Suprema Corte ha, inoltre, chiarito che il diritto all'assegno
di divorzio non sorge ove, all'esito dello scioglimento della comunione legale, la posizione
economico patrimoniale e reddituale delle parti risulti di fatto paritaria: “l'unico denominatore
comune e condicio sine qua non nell'esame del diritto all'assegno di divorzio, deve rinvenirsi nella
precondizione dello squilibrio economico-patrimoniale e reddituale, conseguente allo scioglimento
del vincolo. In caso di sostanziale parità o di squilibrio di entità modesta non si procede alla fase
successiva di verifica dell'applicabilità dei criteri elaborati dalle S.U. Nell'ipotesi contraria, della
emersione di una condizione di squilibrio, conseguente allo scioglimento del vincolo per il coniuge
richiedente, occorre verificare se questa nuova condizione può essere eziologicamente
conseguente alle modalità di conduzione della vita familiare, alla ripartizione dei ruoli e, in
particolare, all'impegno di cura della famiglia e dei figli in misura prevalente od esclusiva a carico di
uno coniuge. (…) Ove all'esito dello scioglimento della comunione legale, la posizione economico
patrimoniale e reddituale dei due ex coniugi risulti sostanzialmente paritaria, non sorge il diritto
all'assegno di divorzio. Ma se, al contrario, lo squilibrio permane, occorre verificarne le cause, in
relazione alla conduzione della vita familiare, secondo gli ordinari indicatori di accertamento
fondati sul diritto vivente costituito dalle S.U 18278 del 2018 e dalla successiva elaborazione
giurisprudenziale della prima sezione civile”.
Passando al caso di specie, osserva il Collegio che la sig.ra ### per sua stessa prospettazione, sia in
costanza di matrimonio che successivamente alla separazione dal marito ha sempre svolto attività
lavorativa, ancorché a tempo determinato (cfr. anche percorso lavoratore doc. 5 parte convenuta),
che le ha permesso “di contribuire alle spese familiari (quali per esempio la spesa o la benzina),
nonchè al mantenimento delle figlie.” (cfr. pag. 2-3- ricorso). Non è però possibile ricostruire
l'esatta condizione reddituale della ricorrente in costanza di matrimonio né quella
immediatamente successiva alla separazione (risalente al 2013), non essendo stata prodotta in atti
documentazione al riguardo (il doc. 2 è relativo ad attività lavorativa prestata nel 2019, da cui
risulta un compenso mensile pari ad euro 983,22). Dall'esame degli atti prodotti risulta, invece, che
la ricorrente, per l'anno di imposta 2022 ha percepito un reddito imponibile di euro 11.206,00 e
per l'anno di imposta 2023, ha percepito un reddito imponibile di euro 13.801,27 (con imposta
netta pari ad euro 1.294,00), pari a circa 1.042,00 euro mensili. Quanto alla condizione reddituale
del sig. ### (assunto come autista a tempo indeterminato presso un'impresa di trasporti privati),
dalla documentazione versata in atti risulta che egli, per l'anno di imposta 2023, ha percepito un
reddito imponibile pari ad euro 19.065,00 (con imposta netta pari ad euro 3.187,00), pari a circa
1.323,00 euro mensili. Trattasi di retribuzione media che il sig. ### percepiva anche in costanza di
matrimonio, ancorché con alcune oscillazioni (per stessa prospettazione di parte ricorrente, il
minor reddito di euro 18.969,72 euro, percepito dal convenuto nei mesi di lockdown era “di poco
inferiore rispetto agli anni precedenti”, pag. 10 memoria integrativa).
Quanto alla condizione patrimoniale delle parti, il sig. ### è nudo proprietario della casa familiare
oltre che di un garage e di una baita di montagna (cfr. pag. 9-10 comparsa di costituzione e risposta
e doc. 11 ricorrente), mentre la sig.ra ### è proprietaria di un immobile a ### (la circostanza,
dedotta dal convenuto a pagina 14 della comparsa di costituzione, non è stata specificamente
contestata dalla ricorrente).
Orbene, ritiene il Collegio che, alla luce di quanto sopra, non sussista alcun rilevante squilibrio tra
la condizione economico-reddituale delle parti determinatosi per effetto dello scioglimento del
vincolo coniugale, non dovendo, quindi, procedersi, in applicazione dei principi giurisprudenziali
sopra richiamati, alla verifica dell'applicabilità dei criteri di cui alla pronuncia delle ### n. n.
18287/2018. In ogni caso, osserva il Collegio, con riguardo ai beni di proprietà del sig. ### che
trattasi di beni acquistati dal convenuto prima del 2009 (doc. 11), ossia prima del matrimonio,
sicché rispetto ad essi non sarebbe, in ogni caso, possibile riconoscere alcun apporto dato dalla
sig.ra ### alla formazione del patrimonio immobiliare del marito.
Va, dunque, ritenuta l'insussistenza dei presupposti dell'assegno divorzile sia con finalità
perequativa che assistenziale, non potendo ritenersi, quanto al secondo profilo, che la sig.ra ###
sia priva di mezzi adeguati al proprio sostentamento, tenuto conto dell'accertata consistenza dei
suoi redditi (pari a circa 1.042,00 euro mensili per l'anno 2023).
Considerato che il convenuto ha aderito alla domanda sullo status, sussistono giusti motivi per
compensare di ½ le spese di lite, ponendosi la restante metà a carico della ricorrente soccombente
sulla domanda di divorzio (valori medi per le quattro fasi, ridotti per le fasi istruttoria e decisionale
considerati il numero, la natura e le caratteristiche delle questioni giuridiche affrontate).
P.Q.M.
Il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella presente controversia,
sulle condizioni accessorie del divorzio pronunciato con sentenza di questo Tribunale n. 680/2023
così provvede: 1) rigetta la domanda di assegno divorzile; 2) compensa per ½ le spese di lite e
condanna la ricorrente a rimborsare al convenuto la restante metà liquidata in euro 2.630,50, oltre
spese generali, IVA e CPA come per legge.
Così deciso dal Tribunale di Trento nella camera di consiglio del 8 gennaio 2025
Avv. Antonino Sugamele

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