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Sentenza

CONVIVENZA - Mantenimento del figlio in mancanza di una domanda (Cc articoli 337 ter e 2697; Cpc art. 246)
CONVIVENZA - Mantenimento del figlio in mancanza di una domanda (Cc articoli 337 ter e 2697; Cpc art. 246)

Il genitore che, ove, come nella fattispecie in esame, abbia provveduto al mantenimento del figlio per un lungo periodo di tempo prima di adire l’autorità giudiziaria al fine di vedersi riconoscere l’assegno di mantenimento, ha diritto ad ottenere, in relazione a detto periodo ed “essendo vigente l’obbligo di mantenere il figlio in ragione del solo legame genitoriale”, il rimborso delle spese anticipate in via esclusiva per il mantenimento del minore al fine di ottenere la quota di contribuzione da lui anticipata anche per l’altro durante la prevalente permanenza del minore presso di sé non potendo ritenersi satisfattivo il solo acquisto da parte dell’altro genitore di alcuni beni utilizzati nei giorni di permanenza del figlio presso di sé.

Il rimborso delle spese spettanti al genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio in via quanto meno prevalente in mancanza di una domanda e di un provvedimento giudiziale, ancorché trovi titolo nell’obbligazione legale di mantenimento, imputabile all’altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto ad indennizzare il genitore per esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole. Non si può fare riferimento all’entità dell’assegno così come riconosciuta per il periodo successivo mentre si può fare ricorso al criterio presuntivo quanto alle spese di ordinaria amministrazione da parte del genitore collocatario, tenuto conto dei tempi di permanenza presso ciascun genitore.

Corte d’Appello Ancona, Sez. II civile, sentenza 2 maggio 2025 n. 634 – Pres. Federico, Consigliere est. Ercoli
CORTE DI APPELLO DI ANCONA
SECONDA SEZIONE CIVILE
La Corte di Appello di Ancona, composta dai magistrati:
dott. Guido Federico - Presidente
dott.ssa Maria Ida Ercoli - Consigliere est
dott.ssa Anna Bora - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. …/2022 R.G.
promossa da
M.E., (C.F. (...)),
con il patrocinio dell'avv. …
APPELLANTE
Contro
S.G., (C.F. (...)),
con il patrocinio dell'avv. …
APPELLATA e APPELLANTE INCIDENTALE
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. …/2022 del Tribunale di Pesaro, pubblicata il 9 giugno
2022, nella causa iscritta al n.136/2019 R.G.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione1) La sig.ra G.S. conveniva in giudizio il sig. E.M. esponendo di aver convissuto con il convenuto dal
febbraio 2011 all'ottobre 2014 e che dalla loro relazione era nato, in data 5.2.2013, il figlio G.; che
prima della convivenza aveva prestato al convenuto, a mezzo di due assegni bancari, la complessiva
somma di Euro 25.000,00, soltanto parzialmente restituita, risultando ancora creditrice, a tale titolo,
di Euro 5.000,00, nonché della somma di Euro 544,00 relativa al pagamento di alcune polizze
personali del sig. M., di Euro 11.520,50 pari alla spesa sostenuta per l'acquisto dei mobili della casa
destinata ad abitazione comune rimasti nella disponibilità esclusiva del M. e, infine, di Euro 5.600,00
per omesso versamento dell'assegno mensile di Euro 280,00 in favore del figlio per tutto il periodo
successivo all'interruzione della relazione fino al giugno 2016.
Concludeva affinché il M. fosse condannato al pagamento della somma complessiva di Euro
22.664,50 oltre interessi o, in subordine, della somma di Euro 11.520,50 o alla consegna dei beni
mobili (letto, tavolo, sedie, divano, mobile con due cassetti da salotto, tende, lampadario) e al
pagamento di un'indennità pari al corrispettivo per il godimento degli stessi di Euro 1.152,05 annui,
dal 2013 fino all'eventuale restituzione.
2) Il sig. M., costituendosi in giudizio, contestava che la somma di Euro 5.000,00 fosse stata a lui
corrisposta a titolo di mutuo riconducendola, invece, ad un'elargizione volontaria della sig.ra S. per
iniziare la convivenza, dato che la casa adibita a residenza della coppia era stata messa a disposizione
dalla madre del M., e che, dunque, integrando un regalo, non avrebbe dovuto essere restituita; che
la somma impiegata per il pagamento della polizza assicurativa, in quanto adempimento di una
obbligazione naturale, non era ripetibile; che gli arredi erano stati ritirati dalla sig.ra S. e comunque
non vi era la prova dei relativi pagamenti; che non era alcunché dovuto a titolo di mantenimento del
figlio G. per il periodo antecedente il provvedimento giudiziale avendo egli provveduto attraverso
il mantenimento diretto.
3) Con la sentenza impugnata il giudice di primo grado, rigettate le ulteriori domande, condannava
il convenuto alla restituzione in favore di parte attrice della somma di Euro 11.520,50 a titolo di spesa
per l'acquisto del mobilio non restituito al termine della convivenza e utilizzato dal sig. M., nonché
al pagamento in favore dell'attrice della somma di Euro 5.600,00 a titolo di contributo al
mantenimento del figlio G. per il periodo da novembre 2014 a giugno 2016, oltre interessi legali dalla
domanda al saldo, con condanna del sig. M. al pagamento delle spese processuali
3) Avverso la richiamata sentenza proponeva appello E.M. per i motivi di seguito esposti formulando
le conclusioni in epigrafe trascritte.
4) La sig.ra S. si costituiva proponendo appello incidentale insistendo per la restituzione dei
Euro5.000,00 e rassegnando le conclusioni come sopra trascritte.
5) Preso atto delle note scritte depositate dalle parti la causa veniva trattenuta in decisione previa
concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE1) Con il primo articolato motivo di appello E.M. contesta:
a) l'omessa pronuncia sulla eccepita nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza del petitum
per essere stati i beni mobili indicati soltanto genericamente attraverso un'elencazione priva di
qualsiasi indicazione delle caratteristiche degli stessi così da non consentire all'appellante di
individuare correttamente l'oggetto della domanda.
b) l'erroneità della sentenza impugnata laddove riconosce dovuta la somma asseritamente spesa da
G.S. per l'acquisto dei mobili, allegando la carenza del titolo presupposto e il difetto di prova per
non aver l'appellante prodotto in giudizio alcuna fattura o scontrino fiscale relativo all'acquisto dei
mobili ma solo assegni bancari tratti da un conto corrente cointestato con la madre, dunque, meri
titoli astratti non idonei a provare né che tali beni fossero stati destinati alla casa comune, né che
fossero ancora in uso al sig. M..
c) l'omessa pronuncia sull'eccezione di incapacità a testimoniare del signor S.S. ex art. 246 c.p.c.
formulata dalla difesa di E.M. in udienza - sia prima dell'assunzione della testimonianza sia subito
dopo la stessa sia, infine, in sede di precisazione delle conclusioni - per essere S.S. coniuge in
comunione dei beni con B.D., cointestataria del conto corrente da cui erano stati tratti gli assegni
prodotti dall'appellante e, dunque, titolare di un interesse concreto ed attuale circa l'esito del
giudizio, in quanto una pronuncia negativa comporterebbe la sottrazione al patrimonio comune
delle somme di cui si discute, determinando depauperamento di entrambi i coniugi. Contesta,
altresì, la non ammissione dei mezzi istruttori richiesti e la mancata valutazione della
documentazione prodotta in primo grado (certificato storico di residenza) dalla quale il giudice
avrebbe dovuto evincere che E.M. viveva in quella casa già dal 2008 (2 anni prima dell'inizio della
convivenza) per cui l'abitazione avrebbe dovuto essere necessariamente già arredata.
d) In ogni caso, eccepisce che il giudice doveva tener conto del deterioramento dei beni e riconoscere
una somma inferiore all'esborso sostenuto per l'acquisto.
La censura di cui al punto a) è infondata.
Dal contenuto integrale dell'atto di citazione e dai documenti prodotti i beni risultano
sufficientemente individuati nel genere e nell'ubicazione. Infatti, a prescindere dal fatto che essi
risultavano già oggetto di pretesa nella corrispondenza intercorsa ante causam tra le parti, va rilevato
che non vi è contestazione quanto all'acquisto e alla posa in opera della carta da parati presso la casa
del sig. M. della carta da parati (cfr. interrogatorio formale M.); del letto è stata prodotta una
fotografia e per gli altri beni l'attrice ha specificato ove fossero stati acquistati, il prezzo, il tipo e
l'ubicazione finale degli stessi.
Anche la deposizione testimoniale della signora F.B., zia dell'appellata - da considerarsi sul punto
attendibile in quanto circoscritta, precisa e non contraddittoria - conferma che i mobili indicati nei
capitoli di prova e visionati dall'appellata e dalla teste nel mobilificio, sono stati acquistati dalla
nipote e collocati presso la casa dei due conviventi e che la sig.ra S., successivamente alla cessazione
della convivenza, non li ha prelevati dall’ abitazione di E.M..La dichiarazione resa da G.S. in occasione della cessazione della convivenza di aver provveduto a
ritirare i propri beni personali non può assumere la valenza indicata dall'appellante in quanto trattasi
di beni per definizione diversi rispetto alla mobilia utilizzata per l'arredamento dell'appartamento
in vista della convivenza.
Anche la censura di cui al punto b) risulta infondata.
La mancata produzione di fatture di acquisto deve ritenersi irrilevante essendo state prodotte le
copie degli assegni bancari e degli estratti conto che confermano l'avvenuto incasso delle
corrispondenti somme da parte dei diversi esercizi commerciali indicati dall'appellante e che
esercitano attività di mobilifici, negozi di tendaggi, luci e elementi di arredo.
Quanto all'eccezione di incapacità del teste S.S., in quanto coniuge in comunione dei beni con la
signora D.B., madre dell'appellata e cointestataria del conto corrente da cui sono state prelevate le
somme per l'acquisto della mobilia (nonché per il mutuo di cui si parlerà in prosieguo), occorre
osservare che prima dell'assunzione la difesa ha eccepito l'incapacità del teste mentre all'esito
dell'espletamento ne ha rilevato l’ "inattendibilità" e, infine, in sede di precisazione delle conclusioni,
ha fatto nuovamente riferimento all'incapacità del teste senza sollevare eccezione di nullità della
deposizione sicché la censura non può essere accolta.
Difatti in tema le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato che: "Qualora la parte abbia
formulato l'eccezione di incapacità a testimoniare, e ciò nondimeno il giudice abbia ammesso il
mezzo ed abbia dato corso alla sua assunzione, la testimonianza così assunta è affetta da nullità, che,
ai sensi dell'articolo 157 c.p.c., l'interessato ha l'onere di eccepire subito dopo l'escussione del teste
ovvero, in caso di assenza del difensore della parte alla relativa udienza, nella prima udienza
successiva, determinandosi altrimenti la sanatoria della nullità" (Cass. S.U. Sentenza n. 9456 del
06/04/2023).
In ogni caso, diversamente opinando ed anche volendo ritenere il teste inattendibile, si dovrebbe,
comunque, rilevare che le svolte argomentazioni sul dato documentale circa la prova dell'acquisto
dei beni mobili consentono di ritenere in ogni caso comprovato l'assunto della sig.ra S. circa la
destinazione dei beni mobili all'appartamento ove hanno convissuto le parti del presente giudizio
tenuto conto al contempo conto delle dichiarazioni rese dalla zia dell'appellata.
Né potrebbe attribuirsi rilievo alle dedotte circostanze riguardanti il pregresso utilizzo del
medesimo appartamento da parte del sig. M. e, ancor prima, della propria famiglia, ben potendo la
coppia aver scelto di dotare l'abitazione di mobili per soddisfare le esigenze della nuova vita
familiare.
Pienamente condivisibile risulta, inoltre, il provvedimento di inammissibilità delle prove
testimoniali adottato dal primo giudice risultando i capitoli da un lato generici e, dall'altro, non
rilevanti o già provati per tabulas.
La censura di cui al punto d) va accolta per quanto di ragione.
Il Collegio ritiene meritevole di accoglimento la domanda dell'appellante volta al riconoscimento di
un minor valore dei beni mobili oggetto di causa in considerazione dell'utilizzo durante la
convivenza ad opera delle parti, in pari misura fra loro, nonché del fatto che detti mobili hanno
certamente subito un deprezzamento a causa dell'usura per il tempo trascorso non risultando chel'acquisto abbia riguardato mobilia di antiquariato atteso che solo in tal caso i beni destinati
all'arredamento di un'abitazione non perdono di valore con il passare del tempo.
Pertanto, la somma a tale titolo riconosciuta all'appellata nella sentenza di primo grado andrà
abbattuta nella misura del 50% equitativamente determinata dal Collegio, tenuto conto del tempo
trascorso.
2) Con il secondo motivo di appello E.M. denuncia l'omessa motivazione del capo della sentenza di
condanna al versamento del mantenimento del figlio G., per il periodo antecedente la pronuncia
nella competente sede giudiziale, per aver omesso il giudice di applicare i principi dell'affidamento
condiviso e non considerato che egli aveva provveduto al mantenimento diretto del minore.
L'appellante allega che all'epoca il figlio G. aveva solo un anno e mezzo e sebbene mantenesse la
residenza presso la madre, frequentava e pernottava presso il padre, con ampi diritti di visita da
parte di quest'ultimo. La compartecipazione di E.M. al mantenimento del minore risultava provata
per tabulas con la produzione, ove possibile, dei relativi scontrini e ammontava a Euro 199,12 al mese
per il 2015 ed Euro 209.66 al mese per i primi sei mesi del 2016 oltre alle spese per i pannolini,
l'alimentazione, l'igiene personale del bambino, farmaci da banco, attrezzattura per macchina e per
la casa di cui purtroppo non aveva conservato relativi documenti di prova. E ciò trovava conferma
nel fatto che la sig.ra G.S. non aveva autonomamente provveduto ad introdurre la domanda per il
riconoscimento dell'assegno di mantenimento, ma si era costituiva nel giudizio intrapreso da E.M.
solo dopo diverso tempo dall'interruzione della convivenza.
Il motivo va parzialmente accolto.
Occorre in primo luogo richiamare il generale principio per il quale l'obbligo dei genitori di
mantenere la prole sussiste per il solo fatto di averla generata e prescinde da ogni statuizione del
giudice al riguardo (per tutte: Cass. 16/10/2003, n. 15481; Cass. 04/05/2000, n. 5586; Cass. 26/09/1987,
n. 7285; Cass. 25857/2020).
Se è vero, poi, che la domanda con cui uno dei genitori abbia chiesto il riconoscimento di un assegno
di mantenimento per i figli va accolta, in mancanza di espresse limitazioni, con decorrenza dalla
data della sua proposizione - atteso che i diritti ed i doveri dei genitori verso la prole, salve le
implicazioni dei provvedimenti relativi all'affidamento, non subiscono alcuna variazione a seguito
della pronuncia giudiziale, rimanendo identico l'obbligo di ciascuno dei genitori di contribuire, in
proporzione delle sue capacità, all'assistenza ed al mantenimento dei figli (Cass. 03/11/2004, n. 21087;
Cass. 16/10/2003, n. 15481; Cass. 20/08/1997, n. 7770) - non di meno il genitore che, ove, come nella
fattispecie in esame, abbia provveduto al mantenimento del figlio per un lungo periodo di tempo
prima di adire l'autorità giudiziaria al fine di vedersi riconoscere l'assegno di mantenimento, ha
diritto ad ottenere, in relazione a detto periodo ed "essendo vigente l'obbligo di mantenere il figlio
in ragione del solo legame genitoriale", il rimborso delle spese anticipate in via esclusiva per il
mantenimento del minore al fine di ottenere la quota di contribuzione da lui anticipata anche per
l'altro durante la prevalente permanenza del minore presso di sé non potendo ritenersi satisfattivo
il solo acquisto da parte dell'altro genitore di alcuni beni utilizzati nei giorni di permanenza del figlio
presso di sé.Ritiene il Collegio che il rimborso delle spese spettanti al genitore che ha provveduto al
mantenimento del figlio in via quanto meno prevalente in mancanza di una domanda e di un
provvedimento giudiziale, ancorché trovi titolo nell'obbligazione legale di mantenimento,
imputabile all'altro genitore, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto ad indennizzare il
genitore per esborsi sostenuti da solo per il mantenimento della prole. Sicché reputa la intestata
Corte che non si possa fare riferimento all'entità dell'assegno così come riconosciuta per il periodo
successivo mentre si può fare ricorso al criterio presuntivo quanto alle spese di ordinaria
amministrazione da parte del genitore collocatario, tenuto conto dei tempi di permanenza presso
ciascun genitore.
Va poi considerato che l'art. 337 ter, comma 4, c.c., prevede che, alla cessazione della convivenza,
salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al
mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito e che il giudice, ove necessario,
stabilisce la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di
proporzionalità. Dunque, i genitori non coniugati possono raggiungere un accordo negoziale in
ordine al mantenimento dei figli ma tale pattuizione, valida e lecita, in assenza di previo controllo
giudiziale, deve rispondere alle esigenze e agli interessi della prole poiché riguarda un obbligo
previsto dalla legge e deve essere congiuntamente concordata tra le parti (Corte Cass. o rdinanza 11
gennaio 2022 n. 663).
Pertanto, il mantenimento diretto che avrebbe consentito al genitore non convivente con la prole
(M.) di evitare il pagamento di un assegno all'altro genitore collocatario (S.) - in assenza di un
provvedimento giudiziale - avrebbe potuto eventualmente essere espressamente concordato tra
genitori con uno specifico accordo che nel caso di specie non è stato dedotto dall'appellante.
In ogni caso deve ritenersi che le spese sostenute dal padre vanno, in primo luogo, imputate agli
esborsi resi necessari per far fronte alle esigenze del minore per il periodo di permanenza presso di
sé o per munirsi degli strumenti necessari per il bambino in relazione alla permanenza presso il
padre o per il relativo trasporto.
Irrilevante risulta, infine, il richiamo dell'appellante al principio della bigenitorialità e dell'affido
condiviso in quanto il rispetto di tali principi sanciti per legge non comporta de plano l'esclusione
del genitore dall'obbligo di concorrere al mantenimento del minore anche con la corresponsione di
un assegno di mantenimento in favore del genitore collocatario.
In definitiva, all'esito delle svolte argomentazioni, ritiene il Collegio, tenuto altresì conto dell'età del
minore nel periodo di riferimento, di riconoscere la minor somma di Euro 150,00 mensili e, dunque,
la complessiva somma di Euro 3.000,00.
4) Con appello incidentale l'appellata lamenta l'erroneo rigetto da parte del primo giudice della
richiesta di restituzione del prestito di Euro 5.000,00 risultando la dazione di denaro, oltre che
confermata per testi, anche provata documentalmente dall'assegno prodotto in giudizio ed avvenuta
prima dell'inizio della convivenza, sì da non potersi applicare i principi richiamati dal tribunale inordine alle attribuzioni patrimoniali in favore del convivente more uxorio e da doversi, pertanto,
escludere tale dazione dal novero delle obbligazioni naturali con conseguente restituzione alla parte
mutuante.
L'appello incidentale risulta infondato e va, conseguentemente rigettato.
Secondo consolidato principio giurisprudenziale, chi chiede la restituzione di una somma di denaro,
affermando di averla in precedenza corrisposta a titolo di mutuo, è tenuto a provare ex art. 2697 c.c.,
oltre all'avvenuta consegna del denaro (copia dell'assegno), anche che questa è stata effettuata per
un titolo che comporti l'obbligo di restituzione potendo la somma di denaro essere consegnata per
vari motivi. Quindi se il beneficiario dell'assegno riconosce di avere ricevuto la somma ma nega che
sia a titolo di prestito e sostenga che sia per una causale diversa (donazione, prestazioni lavorative,
rimborso spese ecc.) colui che richiede la restituzione del prestito è obbligato a provarne l'esistenza.
Questa eccezione non comporta, infatti, l'inversione dell'onere della prova perché considerata quale
mera difesa del convenuto e non eccezione in senso sostanziale, tale da far ricadere su di lui l'onere
di provare la diversa causale, atteso che negare l'esistenza di un contratto di mutuo non significa
eccepirne l'inefficacia o la sua estinzione, ma significa soltanto contestare l'accoglibilità dell'azione
per mancanza della prova a supporto della domanda, rimanendo onere dell'attore provare
l'esistenza dell'obbligo di restituzione, posto che esso non è dal convenuto riconosciuto (cfr. Cass. n.
9541/2010, Cass. n. 20740/2009, Cass. n. 3642/2004, Cass. n.9864 del 07/05/2014).
Le deposizioni rese sul punto dai testi indicati dalla sig.ra S. non appaiono specifiche nella parte in
cui hanno ricondotto la somma a imprecisate esigenze del sig. M. derivanti dall'attività lavorativa di
quest'ultimo ove peraltro si consideri che laddove le parti hanno successivamente voluto stipulare
fra loro un contratto di mutuo per la somma di Euro 20.000,00 vi è stata puntuale restituzione da
parte del sig. M. della somma attraverso bonifici bancari nei quali è stata riportata la causale di
restituzione del prestito. Ciò non è accaduto per la somma di cui all'assegno precedentemente
emesso sì da potersi ritenere tale circostanza quale elemento di supporto di assenza di causale per
l'elargizione in esame atteso che le parti, allorquando hanno inteso r egolamentare le elargizioni
economiche in termini di prestito, ne hanno previsto ratei e modalità di restituzione. Nulla di tutto
ciò emerge con riguardo alla somma di Euro 5.000,00 sicché la pronuncia di primo grado deve essere
confermato sul punto.
5) Il terzo motivo di appello attiene alla condanna alle spese di lite ritenuta erronea e non motivata
stante la parziale soccombenza della appellata.
Il parziale accoglimento del gravame comporta la riforma della sentenza impugnata anche in punto
di condanna alle spese stante il potere del giudice dell'appello di procedere d'ufficio, quale
conseguenza della pronuncia adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali in ipotesidi riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata atteso che gli oneri della lite devono essere
ripartiti in ragione del suo esito complessivo.
Avuto riguardo all'esito della lite e fatta applicazione di un criterio unitario, le spese giudiziali di
primo grado e del presente grado, liquidate come da dispositivo sulla base del valore della
controversia, vanno compensate tra le parti nella misura di un mezzo e per la restante metà poste a
carico dell'appellante.
Sussistono, quanto al solo appello incidentale, i presupposti processuali per il versamento del
contributo come previsto dall'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, così come
modificato dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
La Corte, nel giudizio promosso da M.E. nei confronti di G.S. avverso la sentenza n. 443/2022 del
Tribunale di Pesaro, depositata il 9 giugno 2022, in parziale accoglimento dell'appello principale,
rigettato quello incidentale, ed in parziale riforma della sentenza impugnata, che conferma nel resto,
così provvede:
- condanna M.E. alla restituzione in favore di parte attrice della complessiva somma di Euro 8.760,25,
oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
- dichiara compensate nella misura di un mezzo le spese di entrambi i gradi di giudizio, poste per la
restante parte a carico di M.E. e liquidate per l'intero, quanto al primo grado, in Euro 700,00 per la
fase di studio, Euro 600,00 per la fase introduttiva, Euro 1.300,00 per la fase istruttoria, Euro 1.300,00
per la fase decisionale, Euro 264,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella
misura del 15%, IVA e CAP come per legge, e quanto al presente grado, in Euro 900,00 per la fase di
studio, Euro 700,00 per la fase introduttiva, Euro 1.600,00 per la fase decisionale, Euro 174,00 per
esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CAP come per
legge; - sussistono, quanto al solo appello incidentale, i presupposti processuali per il versamento
del contributo come previsto dall'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, così
come modificato dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228.
Conclusione
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025
Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2025.
Avv. Antonino Sugamele

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