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Sentenza

Violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Violazione degli obblighi di assistenza familiare.
  Corte d’Appello Ancona, sentenza 9 aprile 2024 n. 131 - Presidente est. Falco
CORTE DI APPELLO DI ANCONA
Sezione penale composta dai magistrati:
1. Dott. Lorenzo Falco - Presidente est.
2. Dott. Isabella M. Allieri - Consigliere
3. Dott. Francesca Betti - Consigliere
All'udienza in contraddittorio camerale non partecipato del 18/01/2024, ai sensi dell'art. 23 bis D.L.
n. 137 del 2020, convertito con mod. nella L. n. 176 del 2020, con il Pubblico Ministero in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dr. L. ORTENZI e con l'assistenza giudiziaria della dr.ssa V.
CASANOVA, relatore il Presidente del collegio Dr. L. FALCO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale a carico di:
IMPUTATO:
P.D. nato ad A.P. il (...), residente in A.P. in Frazione P., 54
- difeso dall'Avv. …del foro di Ascoli Piceno di fiducia
Posizione Giuridica: Libero - Appellante
PARTE CIVILE:
C.M.
Elettivamente domiciliata c/o l'Avv. …del foro di Ascoli Piceno
Patrocinio a spese dello Stato: sì per la parte civile
IMPUTATO
reato p. e p. dall'art. 570, commi 1 e 2, n. 2) c.p. perché, a seguito dell'interruzione della relazione
sentimentale con C.M., si sottraeva agli obblighi inerenti la potestà genitoriale, disinteressandosi
della figlia minore D., non instaurando con la predetta alcun rapporto e non corrispondendo alla
madre la somma di Euro 450,00 mensili, a titolo di contributo al mantenimento della minore, giusto
provvedimento del Tribunale di Ascoli Piceno in data 18.12.19, cosi privandola dei mezzi di
sussistenza.
In Ascoli Piceno, il dal mese di maggio 2019 a tutt'oggi.
Prescrizione: cessata ai sensi dell'art. 161 bis c.p.
Appellante l'imputato
Avverso la sentenza n. 17/2022 pronunciata dal Tribunale di Ascoli Piceno alla pubblica udienza del
11.01.2022 e depositata il 11.04.2022 nei confronti di P.D., dichiarato responsabile del reato a lui
ascritto e, concesse le attenuanti generiche, condannato alla pena di mesi tre di reclusione ed Euro.
300,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali; pena sospesa.
Visto l'art. 538 c.p.p., l'imputato veniva condannato al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile,
da quantificarsi in separata sede civile nonché al pagamento delle spese, in favore dello Stato, di
costituzione e giudizio della parte civile liquidate in complessivi Euro. 1.100,00 oltre IVA e CAP
come per legge.
Svolgimento del processo
- Il Tribunale ripercorreva le dichiarazioni di C.M., madre della minore D. nonché dei testi M.C. e
P.T., padre dell'imputato, ritenendo integrata l'ipotesi in contestazione di cui all'art. 570, commi 1 e
2 n. 2) c.p., per essersi P.D. sottratto agli obblighi di assistenza e per omessa prestazione dei mezzi
di sussistenza alla discendente di età minore, nata nel 2016 dall'unione more uxorio con la C..
Il Tribunale evidenziava come con il riconoscimento della figlia dal parte del padre, intervenuto nel
2019, l'imputato si fosse obbligato, mediante accordo con la madre omologato dal Tribunale di Ascoli
Piceno in data 18.12.2019, al pagamento della somma mensile di Euro 350,00 a titolo di contributo al
mantenimento della figlia minore (oltre a Euro 100,00 mensili per gli arretrati); P. non aveva versato
le somme mensili di cui all'accordo, salvo iniziali, sporadici versamenti, subendo perfino
pignoramento presso il proprio datore di lavoro.
Nella persistenza delle sue condotte omissive, il Tribunale, concesse le circostanze attenuanti
generiche, condannava l'imputato alla pena di mesi tre di reclusione ed Euro 300,00 di multa, senza
esplicitare il computo, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il risarcimento del danno alla costituita parte civile (la madre, nella qualità di genitore esercente la
responsabilità genitoriale) veniva riconosciuto in via generica, rimettendo le parti avanti al giudice
civile per la liquidazione.
- L'imputato censura la sentenza impugnata deducendo (1) carenza dell'elemento oggettivo del reato
non trovandoci in presenza di una convivenza di fatto, ma solo di un rapporto occasionale ed
extraconiugale, con incontri sporadici della durata di circa due mesi, dal quale era venuta alla luce
la piccola D., riconosciuta dal padre dopo essersi separato dalla moglie.
Quale secondo (2) motivo deduce la carenza dell'elemento soggettivo del reato, essendo stata la
piccola accolta dai nonni e da tutta la famiglia del padre; l'accordo economico vige dall'agosto 2019
ed è erronea l'imputazione che fa risalire la contestazione a partire dal mese di maggio 2019.
Nel settembre 2019 P. versava Euro 350,00 in mano alla parte civile, ad ottobre 2019 versava tramite
bonifico bancario la somma di Euro 400,00; a dicembre 2019, sempre tramite bonifico bancario,
versava ancora la somma di Euro 350,00; poi dal 2020 iniziava il pignoramento dello stipendio
richiesto ed ottenuto dalla parte civile che è a tutt'oggi in atto.
All'epoca del citato accordo con la C., il P. lavorava come dipendente presso l'impresa edile del
fratello "P. costruzioni di P.F." percependo la somma di Euro 1.100,00 circa al mese e già si trovava
nella oggettiva difficoltà di corrispondere regolarmente le somme oggetto del citato accordo a causa
dello stipendio praticamente dimezzato per le ingenti spese quotidiane, a causa di debiti contratti
prima di essere assunto regolarmente dal fratello, avendo avuto in precedenza unicamente lavori
saltuari che non gli garantivano una continuità di entrate economiche. Ma, in ogni caso, anche con
l'aiuto dei propri genitori, riusciva a versare quasi tutte le somme dovute. Tuttavia l'atteggiamento
della C. era stato sempre molto rigido ed intransigente con dirette ripercussioni sulla disponibilità a
favorire il rapporto padre - figlia, in quanto la madre, ad ogni minimo ritardo nei pagamenti, negava
la possibilità all'imputato di vedere la figlia arrivando a chiudere ogni rapporto sia con l'imputato
che con i suoi genitori.
L'imputato si trovava nella oggettiva difficoltà di corrispondere regolarmente le somme oggetto del
presente procedimento, ma la sua condotta è improntata alla buona fede ed alla volontà di costruire
un rapporto con la figlia D. direttamente ed attraverso la propria famiglia di origine.
I nonni, sentiti in qualità di testi hanno confermato l'entusiasmo e l'amore con il quale hanno accolto
presso di sé la nipotina, alla quale hanno cercato, nei limiti delle loro possibilità, di non far mancare
nulla, stabilendo un rapporto intenso e diretto con la stessa e tenendola presso di loro spesso e
volentieri.
Non è emersa, in dibattimento, la prova del necessario stato di bisogno in cui versava la piccola D..
Per quanto dedotto, la difesa non ravvisa gli estremi per la integrazione dei reati contestati,
rassegnando le seguenti, testuali, conclusioni: "in riforma dell'impugnata sentenza.....assolvere
l'imputato ai sensi dell'art. 530 c.p.p. co. I o, in subordine, ai sensi del II co perché il fatto non sussiste
essendo del tutto carente l'elemento oggettivo del reato e/o perché non costituisce reato essendo
comunque carente l'elemento psicologico".
All'udienza del 18.01.2024, tenutasi ai sensi dell'art. 23 bis L. n. 176 del 2020, le parti hanno
rassegnato le conclusioni come da verbale ed il Collegio ha assunto la decisione.
Motivi della decisione
L'appello è infondato.
(1) L'addebito è quello di essersi sottratto agli obblighi inerenti la potestà (rectius responsabilità)
genitoriale, disinteressandosi della figlia minore e rendendosi inadempiente all'obbligo di
contribuire al mantenimento della minore; viene in oggetto nel caso di specie solo il supremo
interesse del minore e la relazione che si instaura tra il genitore e la prole; viene punito il fatto di
essersi sottratto agli obblighi di assistenza (art. 570 co 1) e l'aver fatto mancare i mezzi di sussistenza
(art. 570, co. 2, n. 2), ricollegandosi tali obbligazioni allo "status" genitoriale in quanto tale, sempre
nell'ottica di di far maturare una crescita equilibrata e positive capacità di relazioni con entrambe le
figure genitoriali; non ha alcun rilievo la tipologia di relazione intercorsa tra i genitori per far scattare
gli obblighi, innanzitutto morali e la cui violazione è sanzionata penalmente a prescindere dal
requisito della convivenza.
Sono state contestate due diverse condotte illecite: una condotta contraria alla morale della famiglia
per essersi sottratto ai doveri di assistenza morale e materiale inerente la responsabilità di genitore
(art. 570 c.p., comma 1); una condotta di omessa corresponsione dei mezzi di sussistenza alla
figlioletta in stato di bisogno (art. 570 c.p., comma 2, n. 2). Le due condotte integrano due autonome
fattispecie criminose che non sono in rapporto di progressione criminosa (v. Cass. sez. 6, n.
13741/2021, rv 280943-1).
Quanto alla prima risulta che l'imputato si sia dolosamente sottratto all'adempimento dei più
elementari doveri di assistenza e di protezione della prole. La violazione degli obblighi di assistenza
morale ed affettiva verso il figlio è certamente integrata dal personale disinteresse verso la minore,
poiché la mancanza di una figura di riferimento fondamentale come quella paterna si riflette
negativamente anzitutto sulla crescita psicologica del minore e sul rapporto genitore -figlio. La
madre C. dichiarava, all'udienza del 16.09.2021, che il padre "neanche la cerca più"; l'aveva cercata
nel periodo del riconoscimento (2019), vedendola "cinque sei volte che ha mantenuto fede,
dopodiché..." (pag. 11 trascrizione). I nonni (con i quali la minore ha invece instaurato una proficua
relazione) non possono sostituirsi alla figura paterna, né il padre può pensare che i nonni paterni
possano sopperire alla sua assenza, avendo la madre specificato che l'imputato si era occupato di
assistere la figlioletta per poco meno di un mese (pag. 25).
(2) L'obbligo di assistenza morale e materiale del figlio minore, in quanto tale in stato di bisogno,
prescinde dalla sua consacrazione in un provvedimento giudiziario, fra l'altro intervenuto con
ordinanza del Tribunale di Ascoli Piceno del 18.12.2019.
L'illecito penale ravvisabile (art. 570 c.p.) è rapportato unicamente alla sussistenza dello stato di
bisogno dell'avente diritto alla somministrazione dei mezzi indispensabili per vivere ed al mancato
apprestamento di tali mezzi da parte di chi, per legge, vi è obbligato. Va ritenuto che nella nozione
penalistica di mezzi di sussistenza richiamata dall'art. 570 co. 2 c.p. debbono - nella attuale dinamica
evolutiva degli assetti e delle abitudini di vita familiare e sociale - ritenersi compresi non più e non
soltanto i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l'alloggio), ma altresì gli strumenti che
consentano un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita
quotidiana (ad esempio: abbigliamento, libri di istruzione per la figlia minorenne, mezzi di
trasporto, mezzi di comunicazione); mezzi, i primi e i secondi, da apprezzarsi - come è intuitivo - in
rapporto alle reali capacità economiche ed al regime di vita personale del soggetto obbligato;
esigenze crescenti in modo direttamente proporzionale alla crescita dei figli. Ciò posto, si deve
rilevare che lo stato di bisogno del figlio minore va presunto, essendo incapace di capacità lavorativa
e di produrre reddito proprio ed è via via crescente in modo direttamente proporzionale all'età.
La minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta "in re ipsa" una
condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro
mantenimento, assicurando ai predetti i mezzi di sussistenza; lo stato di bisogno e l'obbligo del
genitore di contribuire al mantenimento dei figli minori non vengono meno quando gli aventi diritto
siano assistiti economicamente dall'altro genitore o da terzi, anche in relazione alla percezione di
eventuali elargizioni a carico della pubblica assistenza (Cassazione penale, sez. VI, 10/04/2018, n.
21320). Perfino l'eventuale convincimento del genitore inadempiente di non essere tenuto, in caso di
prestazione sussidiaria da parte dell'altro genitore, all'assolvimento del suo primario dovere, non
integra nemmeno un'ipotesi di ignoranza scusabile di una norma che corrisponde ad un'esigenza
morale universalmente avvertita sul piano sociale (cfr. Cassazione penale sez. VI, 23/03/2018, n.
19508). L'intervento del coobbligato o del terzo, infatti, si rende necessario proprio perché, a causa
della condotta inadempiente dell'obbligato, la persona offesa si viene a trovare nella situazione di
disagio che la norma mira a prevenire. Lo stato di bisogno va, in definitiva, apprezzato nei r apporti
tra la persona che deve essere assistita e il soggetto obbligato, onde il reato non è escluso dal fatto
che altri, coobbligati (la madre) od obbligati in via subordinata (zia, parenti) o addirittura non
obbligati affatto, si sostituisca all'inerzia del soggetto obbligato alla somministrazione dei mezzi di
sussistenza.
Anche la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo, consistente nella volontà cosciente e libera
di sottrarsi, senza giusta causa, agli obblighi inerenti alla propria qualità di genitore, è resa evidente
dalle circostanze e modalità del comportamento omissivo dell'imputato, vale a dire dalla sistematica
omissione degli assegni dovuti in tutto il periodo in contestazione. Non è affatto sufficiente, ad
escludere l'elemento soggettivo del reato, la mera allegazione di difficoltà economiche, ma
dovendosi l'interessato dibattere in una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole
indisponibilità di entrate.
E' stato più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità che, in materia di violazione degli
obblighi di assistenza familiare, l'incapacità economica dell'obbligato deve essere assoluta (nel senso
di estendersi a tutto il periodo dell'inadempimento e di consistere in una persistente, oggettiva ed
incolpevole situazione di indisponibilità di introiti) e deve essere da lui provata con rigore. Le
difficoltà economiche in cui ipoteticamente versi l'obbligato non escludono la sussistenza del reato
di violazione degli obblighi di assistenza familiare, qualora non risulti provato - e l'onere di allegare
idonei e convincenti elementi indicativi della concreta e totale impossibilità di far fronte ai propri
obblighi incombe all'interessato - che le difficoltà economiche si siano tradotte in uno stato di vera e
propria indigenza economica e nell'impossibilità di adempiere, sia pure in parte, l'obbligazione.
Nel caso di specie, non risulta che l'imputato versasse e versi tuttora in uno stato di assoluta
indigenza tale da non permettergli di contribuire al sostentamento della figlia minore; la
documentata discopatia della colonna vertebrale non certifica affatto una definitiva ed irreversibile
inabilità lavorativa, a fronte di un inadempimento che si protrae ininterrottamente dal 2020. La
stessa lettera di licenziamento "per giustificato motivo oggettivo" intimatogli nel settembre 2021 dal
fratello, titolare di una Ditta edile, appare più l'escamotage per sottrarsi al pignoramento, più che
una effettiva esigenza imprenditoriale, tenuto conto dello stretto legame di parentela tra datore e
dipendente.
Ad ogni modo un licenziamento non esonera l'imputato dalle sue responsabilità; la condizione di
impossibilità economica dell'obbligato ad adempiere vale come scriminante soltanto se essa si
estenda a tutto il periodo di tempo nel quale si sono reiterate le inadempienze (v. Cass. n. 7806 del
7.5.1998) e se non sia stata volontariamente determinata dall'obbligato (v. Cass. n. 171772/1985) e
non sia ascrivibile a colpa dello stesso (v. Cass. n. 230239/2004; Cass. 187312/1990; Cass. n.
185337/1990; Cass. n. 168240/1985). La responsabilità per omessa prestazione dei mezzi di
sussistenza non è, pertanto, esclusa neppure dalla indisponibilità dei mezzi economici necessari,
quando questa non si estenda per tutto il periodo della mancata prestazione dei mezzi di sussistenza
o sia dovuta a colpa dell'obbligato; cfr. pure Cass., Sez. 6, Sentenza n. 33997 del 24/06/2015 Ud., dep.
03/08/2015, Rv. 264667: l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte
agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 cod. pen., deve essere assoluta e deve altresì integrare una
situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti.
In definitiva, risultano del tutto destituite di fondamento le obiezioni difensive circa la carenza di
prova degli elementi costitutivi delle fattispecie di reato in contestazione.
La complessiva quantificazione della pena come effettuata dal giudice "a quo" appare congrua ed
adeguata alla condotta omissiva del reo, tenuto conto della protratta omissione durata per anni, con
l'effetto di arrecare un sistematico disagio economico alla figlia minore; dovendosi pure rimarcare
anche la violazione degli obblighi di assistenza morale ed affettiva verso la figlia, integrata dal
disinteresse e dalla costante indifferenza verso la minore, oltremodo penalizzata dal "vuoto" lasciato
dal padre anche sul piano relazionale; non coglie nel segno l'obiezione difensiva secondo cui il padre
non sarebbe posto in condizione di frequentare la figlia a causa dell'atteggiamento della madre;
piuttosto, essendo emerso che la madre consentiva e consente che la figlia abbia proficui rapporti
con i nonni paterni, i quali si relazionano in modo positivo con la nipote, v'è da ritenere che la stessa
sarebbe stata e sarebbe ben disposta anche nei confronti del padre qualora lo stesso avesse
dimostrato maggiore senso di responsabilità.
In definitiva, si impone l'integrale conferma della sentenza appellata (si esplicita il computo della
pena: p.b. per il più grave reato di ex 570 co. 2, mesi 4 Euro 300; - 62 bis, mesi 2 e gg. 20, Euro 200; +
art. 81 con 570 co. 1, mesi 3 Euro 300).
L'imputato va, infine, condannato alla refusione in favore della parte civile costituita -ammessa al
patrocinio a spese dello Stato-, delle spese sostenute dalla medesima per il grado di appello,
liquidate alla stregua dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55; nella specifica ripartizione
delle somme riconosciute in relazione all'attività defensionale svolta dal patrono di parte civile si
riconoscono per fase di studio Euro 300 e decisoria Euro 450), importi già diminuiti del 50% ex art.
12 D.M. citato, tenuto conto della limitata opera effettivamente svolta nel presente grado e
dell'ulteriore diminuzione di 1/3 ex art. 106 bis D.P.R. n. 115 del 2002, oltre I.V.A. e C.A. come per
legge, di cui viene ordinata la distrazione in favore dello Stato antistatario.
P.Q.M.
Visto l'art. 599 c.p.p., conferma la sentenza in data 11.01.2022 del Tribunale di Ascoli Piceno,
appellata dall'imputato P.D. che condanna al pagamento delle maggiori spese processuali nonché a
rifondere alla parte civile le spese di patrocinio del grado, che liquida in Euro 750,00 per compensi,
oltre rimborso forfetario spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge, ordinandone la
distrazione in favore dello Stato.
Motivi entro giorni 90
Conclusione
Così deciso in Ancona, il 18 gennaio 2024.
Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2024.

In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’incapacità economica dell’obbligato deve essere assoluta (nel senso di estendersi a tutto il periodo dell’inadempimento e di consistere in una persistente, oggettiva ed incolpevole situazione di indisponibilità di introiti) e deve essere da lui provata con rigore. Le difficoltà economiche in cui ipoteticamente versi l’obbligato non escludono la sussistenza del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, qualora non risulti provato - e l’onere di allegare idonei e convincenti elementi indicativi della concreta e totale impossibilità di far fronte ai propri obblighi incombe all’interessato - che le difficoltà economiche si siano tradotte in uno stato di vera e propria indigenza economica e nell’impossibilità di adempiere, sia pure in parte, l’obbligazione.

Nella nozione penalistica di mezzi di sussistenza richiamata dall’articolo 570 co. 2 c.p. debbono ritenersi compresi non soltanto i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l’alloggio), ma Anche gli strumenti che consentano un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (ad esempio: abbigliamento, libri di istruzione per la figlia minorenne, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione); mezzi, i primi e i secondi, da apprezzarsi in rapporto alle reali capacità economiche ed al regime di vita personale del soggetto obbligato.

Nel caso di specie, non risultava che l’imputato versasse in uno stato di assoluta indigenza tale da non permettergli di contribuire al sostentamento della figlia minore.

Avv. Antonino Sugamele

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