Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Divorzista Trapani

Sentenza

Quando la durata del matrimonio è stata brevissima, e le reciproche condizioni patrimoniali erano pacificamente squilibrate in favore di uno dei coniugi, già prima del matrimonio, deve escludersi il riconoscimento dell'assegno divorzile.
Quando la durata del matrimonio è stata brevissima, e le reciproche condizioni patrimoniali erano pacificamente squilibrate in favore di uno dei coniugi, già prima del matrimonio, deve escludersi il riconoscimento dell'assegno divorzile.
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 04/07/2023) 24-07-2023, n. 22021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria - Presidente -

Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -

Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere -

Dott. CAMPESE Eduardo - rel. Consigliere -

Dott. REGGIANI Eleonora - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28695/2021 r.g. proposto da:

A.A., rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall'Avvocato William Limuti, presso il cui studio elettivamente domicilia in Milano, alla Via Melchiorre Gioia n. 88. - ricorrente -

contro

B.B..

- intimato -

avverso la sentenza, n. 1020/2021, della CORTE DI APPELLO DI MILANO, pubblicata il giorno 30/03/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 04/07/2023 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 22 novembre 2018, n. 430, il Tribunale di Sondrio: i) dichiarò lo scioglimento del matrimonio contratto, il 17 aprile 2010, da B.B. e A.A., dal quale, il (Omissis), era nata la figlia C.C., affidata ad entrambi in genitori con collocazione presso la residenza materna; ii) dichiarò perduto dalla A.A., il diritto di aggiungere al proprio il cognome del coniuge; iii) regolò il regime delle visite tra padre e figlia; iv) pose a carico del B.B., quale contributo al mantenimento di quest'ultima, un assegno mensile di Euro 800,00, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat, nulla riconoscendo, invece, in favore della ex moglie a titolo di assegno divorzile.

2. La Corte di appello di Milano, pronunciando sul gravame della A.A. contro detta decisione, lo respinse con sentenza del 30 marzo 2021, n. 1020, resa nel contraddittorio con il B.B..

2.1. Per qui ancora di interesse, quella corte, richiamata la più recente giurisprudenza di legittimità in tema di assegno divorzio, rimarcò, tra l'altro, che "L'ex coniuge è chiamato, dopo lo scioglimento del matrimonio, a valorizzare tutte le proprie potenzialità con una condotta attiva e non assumendo un "atteggiamento deresponsabilizzante e attendista di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l'esito della fine della vita matrimoniale" (...). In ultima analisi, ritiene la Corte che, per i matrimoni di breve durata, quali quello in esame, nell'ipotesi di un coniuge giovane e idoneo al lavoro, prevale il principio di autoresponsabilità, sicchè il canone dell'autosufficienza, ai fini del riconoscimento dell'assegno, va valutato con rigore; a differenza di quanto accade, per contro, nella ipotesi di matrimoni di lunga durata, caratterizzati da una distribuzione asimmetrica degli impegni familiari, dalla età del richiedente che fatica a rientrare o, ancor più, a collocarsi ex novo nel mondo del lavoro, in cui prevale il principio di solidarietà post coniugale". Ritenne, poi, che, nella specie, "L'appellante, per la giovane età, ha una generica capacità lavorativa che pure non ha provato di avere in qualche modo coltivato al fine di collocarsi utilmente nel mercato del lavoro. Nella specie, pertanto, assorbente è il rilievo che l'appellante non ha dimostrato di essersi attivata per reperire una attività collocandosi sul mercato del lavoro. Conclusivamente, non sussistono i presupposti per il riconoscimento di assegno divorzile in favore della appellante". Considerò, infine, "infondato il secondo motivo di appello, relativo alla richiesta di un importo corrispondente al canone di locazione. Infatti, il titolo in questione non rientra tra le statuizioni devolute alla cognizione di questa Corte ed è come tale inammissibile, a meno di ritenere che sia compreso nel mantenimento, caso nel quale valgono le considerazioni già esposte".

3. Per la cassazione dell'appena descritta sentenza ha proposto ricorso A.A., affidandosi a due motivi. B.B. è rimasto solo intimato.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, rubricato "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione alla Legge sul divorzio (L. n. 898 del 1970), art. 5, comma 6, in ordine alla sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno a favore della ricorrente ed ai criteri per la sua quantificazione, nonchè della Costituzione, artt. 2 e 29, mancato riconoscimento del principio di solidarietà post coniugale. Erronea decisione in ordine al mancato riconoscimento dell'assegno divorzile a favore della signora A.A.", contesta le argomentazioni complessivamente utilizzate dalla corte distrettuale al fine di negare il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore dell'odierna ricorrente.

1.1. Il suo articolato contenuto, peraltro, rende opportuno anteporre al relativo scrutinio alcune considerazioni di carattere generale, ricavate dalla pronuncia resa da Cass., SU, n. 32914 del 2022 (richiamata, in parte qua, nella più recente Cass. n. 8764 del 2023), circa gli effetti della separazione e del divorzio (e della crisi del rapporto di coppia, avuto riguardo alle unioni civili) sui rapporti patrimoniali fra i coniugi, 1.2. E' stato ivi osservato, tra l'altro, che "La separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta significati mutamenti: a) il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha diritto di ricevere dall'altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonchè le condizioni economiche dell'obbligato, che può essere liquidato in via provvisoria nel corso del giudizio, ai sensi dell'art. 708 c.p.c.; b) il coniuge separato cui è addebitata la separazione perde, invece, il diritto al mantenimento e può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare se versa in stato di bisogno. (...). Invece, l'assegno divorzile, del tutto autonomo rispetto a quello di mantenimento concesso al coniuge separato, a seguito della riforma introdotta nel 1987, e dell'intervento chiarificatore da ultimo espresso da queste Sezioni Unite nella sentenza n. 18287/2018, ha natura composita, in pari misura, assistenziale (qualora la situazione economico-patrimoniale di uno dei coniugi non gli assicuri l'autosufficienza economica) e riequilibratrice o, meglio, perequativo compensativa (quale riconoscimento dovuto, laddove le situazioni economico-patrimoniali dei due coniugi, pur versando entrambi in condizione di autosufficienza, siano squilibrate, per il contributo dato alla realizzazione della vita familiare, con rinunce ad occasioni reddituali attuali o potenziali e conseguente sacrificio economico), nel senso che i criteri previsti dall'art. 5 l. div. (tra i quali la durata del matrimonio, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune e le ragioni della decisione) rilevano nel loro insieme sia al fine di decidere l'an della concessione sia al fine di determinare il quantum dell'assegno. Si è quindi evidenziato (Cass. SS.UU. n. 18287/2018) che "la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile - al pari dell'assegno di mantenimento in sede di separazione -, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi". In sostanza, in presenza di uno squilibrio economico tra le parti, patrimoniale e reddituale, occorrerà verificare se esso, in termini di correlazione causale, sia, o meno, il frutto delle scelte comuni di conduzione della vita familiare che abbiano comportato il sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi. (...). In ogni caso, l'assegno divorzile cesserà con le nuove nozze dell'avente diritto (art. 5, comma 10), mentre, nell'ipotesi di instaurazione di una stabile convivenza di fatto con un terzo, viene caducata, alla luce di quanto affermato da queste Sezioni Unite nella recente sentenza n. 32198/2021, la sola componente assistenziale dello stesso, potendo essere mantenuto il diritto al riconoscimento di un assegno a carico dell'ex coniuge economicamente più debole, in funzione esclusivamente perequativa-compensativa. (...). Sia l'assegno di mantenimento sia quello divorzile possono subire variazioni, in aumento o in diminuzione, per effetto del cambiamento della situazione patrimoniale relativa al debitore o al creditore considerata al momento della sentenza. Quanto all'assegno divorzile, se la necessità di un assegno si manifesti dopo il passaggio in giudicato della statuizione attributiva del nuovo status, esso verrà liquidato in separato giudizio, restando ferma la possibilità di avanzare la domanda successivamente alla sentenza di divorzio, anche in difetto di pregressa domanda giudiziale (Cass. n. 2198/2003, ove si è chiarito che il deterioramento delle condizioni economiche di uno o di entrambi gli ex coniugi, che consente il riconoscimento dell'assegno, può verificarsi anche dopo il divorzio, proprio perchè trova fondamento nel dovere di assistenza, e non nel nesso di causalità o di concomitanza tra divorzio e deterioramento delle condizioni di vita). Ove si verifichino mutamenti di circostanza, così da richiedere una modifica dell'assegno, la pronuncia potrebbe far retroagire tale aumento dal momento (successivo alla domanda) del mutamento di circostanza o addirittura disporlo a far data dalla decisione (cfr., sul punto, Cass. 15 marzo 1986, n. 3202)".

1.3. Esigenze di completezza, infine, impongono di rimarcare che l'indirizzo interpretativo inaugurato dalla già descritta decisione resa da Cass., SU, n. 18287 del 2018, è stato successivamente seguito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 1882 del 2019; Cass. n. 21234 del 2019; Cass. n. 5603 del 2020; Cass. n. 4215 del 2021; Cass. n. 23977 del 2022; Cass., SU, n. 32914 del 2022; Cass. n. 1996 del 2023; Cass. n. 2669 del 2023; Cass. n. 5395 del 2023; Cass. n. 8764 del 2023; Cass. n. 9104 del 2023; Cass. n. 9021 del 2023; Cass., n. 11832 del 2023; Cass. n. 12708 del 2023; Cass. n. 13224 del 2023), la quale, peraltro, ha opinato pure che "Il riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo compensativa non si fonda sul fatto, in sè, che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, nè sull'esistenza in sè di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi - che costituisce solo una precondizione fattuale per l'applicazione dei parametri di cui alla l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, essendo invece necessaria un'indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppure condivisa, di colui che chiede l'assegno, di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente" (cfr. Cass. n. 29920 del 2022, nonchè, in senso sostanzialmente conforme, Cass. n. 23583 del 2022; Cass. n. 38362 del 2021). Significativa, infine, è anche la più recente Cass. n. 5395 del 2023, la quale ha ritenuto (cfr. in motivazione) che "la valutazione del contributo fornito alla conduzione della vita familiare e in questo senso alla formazione del patrimonio comune non può andar disgiunta dalla considerazione del patrimonio (oltre che del reddito) personale di ciascuno degli ex coniugi, della durata del matrimonio e dell'età del coniuge economicamente più debole. La funzione perequativo-compensativa resta identificabile anche in rapporto alla condizione economica del coniuge più debole siccome conseguente alle scelte familiari".

1.4. Alla stregua di quanto fin qui riferito, allora, la doglianza in esame si rivela infondata.

1.4.1. Invero, pur dandosi atto della situazione di squilibrio economico, reddituale e patrimoniale tra gli ex coniugi, come dedotta dalla A.A., tanto non è, di per sè, sufficiente a giustificare il riconoscimento dell'assegno ancora oggi invocato da quest'ultima, atteso che, come si è già ampiamente esposto, in presenza del suddetto squilibrio, occorre verificare: i) se esso, in termini di correlazione causale, sia, o meno, il frutto delle scelte comuni di conduzione della vita familiare che abbiano comportato anche il sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi; ii) la impossibilità, per la odierna ricorrente, per ragioni oggettive, di procurarsi mezzi di sostentamento adeguati. Il tutto, peraltro, tenendo conto che, come puntualizzato dalla già più volte citata Cass., SU, n. 18287 del 2018, i criteri previsti dalla L. n. 898 del 1970, art. 5 (tra i quali la durata del matrimonio, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune e le ragioni della decisione) rilevano nel loro insieme sia al fine di decidere l'an del riconoscimento dell'assegno de quo, sia per determinarne il quantum.

1.4.2. In quest'ottica, allora, viene immediatamente in rilievo che, come può agevolmente desumersi dalla sentenza oggi impugnata, oltre che da quanto riferito dalla stessa ricorrente, il matrimonio di quest'ultima con il B.B., contratto il (Omissis) (allorquando ella aveva circa trenta anni, a fronte dei cinquantotto del marito), era naufragato pressochè subito, se solo si pensi al fatto che già il successivo 7 luglio 2010 (poco meno di tre mesi dopo detta celebrazione) il B.B. aveva intrapreso il giudizio di separazione personale nei confronti della moglie, solo nel corso del quale era nata (il (Omissis)), la loro figlia C.C..

1.4.3. Per stessa ammissione della A.A., inoltre, le condizioni patrimoniali e reddituali dei due coniugi, già al momento del matrimonio, erano totalmente squilibrate in favore del B.B., titolare di una migliore situazione patrimoniale rispetto alla prima, giovane cittadina brasiliana, priva di cespiti patrimoniali, mobiliari o immobiliari.

1.4.4. Già solo per questo, allora, si rivela del tutto ragionevole la conclusione per cui lo squilibrio suddetto, in termini di correlazione causale, non poteva sicuramente ricondursi, stante la descritta, brevissima durata del matrimonio, a scelte comuni di conduzione della vita familiare, eventualmente comportanti anche il sacrificio di aspettative lavorative e professionali (nemmeno concretamente allegate, ancor prima che dimostrate) della A.A., evidentemente derivando esso esclusivamente dalle rispettive condizioni dei coniugi anteriori al matrimonio stesso.

1.4.5. Proprio la durata assolutamente esigua di quest'ultimo permette, altrettanto ragionevolmente, di escludere qualsivoglia significativo rilievo alla tipologia di vita concretamente svolta, in quel brevissimo lasso di tempo, dai coniugi (ove anche si volesse valorizzare l'art. 143, ultimo comma, c.c., che impone di tenere conto anche del lavoro casalingo quanto alle modalità di contribuzione ai bisogni della famiglia, e non solo dei soli suoi aspetti patrimoniali), come pure consente di negare un'effettiva sua incidenza con riguardo, da un lato, ad un eventuale incremento della complessiva situazione economica del B.B. e, dall'altro, ad un ipotetico mancato miglioramento (o addirittura ad un peggioramento) di quella della A.A.. In altri termini, l'estrema brevità della loro relazione non permette di affermare che vi sia stata conduzione di vita familiare e rende non valutabili eventuali scelte medio tempore effettuate, altresì ricordandosi che lo squilibrio patrimoniale costituisce solo una precondizione fattuale per l'applicazione dei parametri di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6.

1.4.6. Va rimarcato, inoltre, che l'appellante nemmeno ha fornito adeguata dimostrazione circa la reale impossibilità, per ragioni oggettive (tale non potendosi intendere la mera, lamentata difficoltà a trovare una occupazione, cui era finalizzata la prova testimoniale invocata in sede di gravame), malgrado la sua ancora giovane età (trent'anni, al momento dell'inizio del giudizio di separazione; trentacinque, al momento della instaurazione del giudizio di divorzio) e l'assenza di patologie incidenti negativamente sulla sua capacità lavorativa.

1.5. In definitiva, come si legge in Cass. n. 13224 del 2023, "la corte di appello, investita della domanda di corresponsione di assegno divorzile, deve accertare l'impossibilità dell'ex-coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge durante la vita matrimoniale, nella registrata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nella intrapresa vita matrimoniale, per scelte fatte e ruoli condivisi" (l'assegno divorzile, infatti, deve essere adeguato anche a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali - che il coniuge richiedente l'assegno ha l'onere di dimostrare nel giudizio - al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale profilo assistenziale. Cfr. Cass., n. 38362 del 2021).

1.5.1. Ne consegue che, nella specie, alla stregua di tutto quanto si è detto circa la brevissima durata che ha caratterizzato il matrimonio tra la A.A. ed il B.B., le cui rispettive, reciproche condizioni patrimoniali erano pacificamente squilibrate, in favore di quest'ultimo, già prima del matrimonio stesso (senza significativi mutamenti nel corso del medesimo), la conclusione negativa della corte distrettuale quanto al riconoscimento, in favore della A.A. dell'invocato assegno divorzile si rivela assolutamente coerente con quanto ormai sancito dalla qui giurisprudenza di legittimità formatasi successivamente al descritto intervento delle Sezioni Unite del 2018 e, come tale, immune dalle censure ad essa ascritte dalla doglianza in esame.

1.6. Resta solo da dire che la ricorrente dovrà cercare di far fronte alla dedotta sua difficile situazione dovuta al non aver reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, la remuneri in misura tale da assicurarle una vita dignitosa, attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito.

2. Il secondo motivo di ricorso è rubricato "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con riferimento all'art. 155-quater del codice civile e dell'art. 156 c.c.: l'assegnazione della casa coniugale è finalizzata in modo esclusivo alla tutela della prole e non può essere disposta come se fosse una componente dell'assegno previsto dall'art. 156 del codice civile. In merito all'assegno di mantenimento per la figlia minore B.B. C.C. e sulla mancata attribuzione della casa coniugale". Esso chiede a questa Corte di cassare e modificare integralmente l'impugnata sentenza laddove ha confermato e non riformato quanto disposto dal Tribunale di Sondrio, che ha incluso nell'assegno di mantenimento della figlia C.C. anche le spese relative all'appartamento in cui la minore vive. La censura riporta stralci della pronuncia di primo grado, dolendosi dell'avvenuta sua conferma, in luogo dell'invocata riforma, in appello.

2.1. Questa doglianza si rivela inammissibile.

2.2. Invero, giova premettere che: i) la congruità della motivazione adottata dal giudice di appello deve essere verificata con esclusivo riguardo alle questioni sottoposte al suo esame, e dallo stesso risolte per decidere la controversia, risultando ad essa del tutto estranea la decisione eventualmente diversa del giudice di primo grado, la quale è destinata a rimanere interamente travolta ed assorbita da quella emessa, in sua sostituzione, dal giudice del gravame, che, dunque, può limitarsi ad una valutazione diretta del materiale probatorio messo a disposizione dalle parti, nell'ambito delle questioni sollevate con i motivi di impugnazione, senza essere tenuto ad una puntuale confutazione dei singoli punti della decisione impugnata (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4226 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 15038 del 2018; Cass., n. 28487 del 2005; Cass. n. 9670 del 2003; Cass. n. 2078 del 1998); ii) come condivisibilmente opinato da Cass. n. 10260 del 2021, "Il ricorso per cassazione deve contenere, (...), a pena di inammissibilità, l'esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421). In particolare, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989)".

2.3. Orbene, la censura in esame, come si è già anticipato, riporta ampi stralci della decisione di primo grado riguardanti la concreta determinazione dell'assegno di mantenimento per la figlia minorenne posto a carico del B.B., per la cui quantificazione si sarebbe tenuto conto pure delle esigenze abitative della stessa, con conseguente rigetto della domanda ivi formulata dalla A.A., in via subordinata, di assegnazione, in proprio favore, della casa coniugale. La ricorrente assume che il tribunale "ha disposto un mix tra mantenimento della minore e contributo economico per l'affitto della casa in cui vive la minore con la madre e nella quale la stessa si è dovuta trasferire dopo aver lasciato la casa coniugale" e lamenta il fatto che la corte di appello abbia confermato, anzichè riformato, un tale, asserito operato.

2.4. Rileva, allora, il Collegio che, dalla sentenza oggi impugnata, emerge che la corte territoriale, dopo aver disatteso il primo motivo di gravame della A.A. (riguardante la richiesta di riconoscimento, in suo favore, di un assegno divorzile) si è così pronunciata sugli altri motivi formulati da quest'ultima: "E' infondato il secondo motivo di appello relativo alla richiesta di un importo corrispondente al canone di locazione. Infatti, il titolo in questione non rientra tra le statuizioni devolute alla cognizione di questa Corte ed è come tale inammissibile a meno di ritenere che sia compreso nel mantenimento, nel qual caso valgono le considerazioni già esposte (il riferimento deve intendersi, ragionevolmente, a quanto argomentato da quel giudice per respingere la richiesta di assegno divorzile. Ndr). E' infondato il terzo motivo di appello proposto in via subordinata. Infatti, non è luogo a provvedere sulla invocata riforma della pronuncia avente ad oggetto l'obbligo di contribuire al mantenimento della minore posto in capo al padre, in quanto la formulazione delle conclusioni sul punto costituisce mera reiterazione di quanto già disposto dal primo giudice. In altre parole, con detto motivo l'appellante chiede sostanzialmente la conferma della pronuncia di primo grado che, tuttavia, non è oggetto di impugnazione. L'unico motivo asseritamente nuovo è l'inciso concernente il pagamento della mensa scolastica. Tuttavia, osserva la Corte che la questione è mal posta in quanto, sulla scorta del Protocollo per le Spese straordinarie vigente presso il Tribunale di Sondrio e applicabile alla fattispecie, detto importo è compreso nel contributo al mantenimento relativo alle spese ordinarie. Pertanto, assorbita ogni altra questione dalle considerazioni che precedono, l'appello è infondato e va respinto".

2.4.1. La doglianza in esame, dunque, per come concretamente argomentata, non solo non si confronta minimamente non tali rationes decidendi, ma si rivela pure palesemente priva di autosufficienza, nemmeno riportando il concreto tenore del motivo di appello eventualmente formulato contro le argomentazioni del giudice di primo grado che la corte distrettuale avrebbe confermato, invece che riformato come richiestole.

3. In conclusione, dunque, l'odierno ricorso di A.A. deve essere respinto, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, essendo il B.B. rimasto solo intimato, altresì dandosi atto, - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 - che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre "spetterà all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento".

4. Va, disposta, infine, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Dispone, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 4 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2023
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza