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Sentenza

Impedire sistematicamente al padre di vedere i figli impedisce l'applicazione del 131-bis
Impedire sistematicamente al padre di vedere i figli impedisce l'applicazione del 131-bis
Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08/11/2023) 30-11-2023, n. 47882

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -

Dott. MESSINI D'AGO.P. - rel. Consigliere -

Dott. DE SANTIS M. Anna - Consigliere -

Dott. PARDO Ignazio - Consigliere -

Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nata a (Omissis);

avverso la sentenza del 28/04/2023 della CORTE DI APPELLO DI SALERNO visti gli atti;

udita la relazione svolta dal Consigliere Piero Messini D'Agostini;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariaemanuela Guerra, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni dell'avv. Castrignanò Antonella, difensore della parte civile, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

lette le conclusioni dell'avv. Calabrese Rita, difensore dell'imputata ricorrente, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con sentenza del 7 dicembre 2022 la Sesta Sezione penale della Corte di cassazione annullava con rinvio la sentenza con la quale la Corte di appello di Campobasso aveva assolto A.A. dal reato ex art. 388 c.p., comma 2, ritenendola non punibile per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), così riformando la sentenza con la quale il giudice di primo grado aveva assolto l'imputata per insussistenza del fatto.

Il giudice del rinvio, con la sentenza qui impugnata, in riforma della decisione del primo giudice, dichiarava l'imputata colpevole del reato ascrittole (in particolare, per non avere consentito al marito separato, per quattro mesi, nell'anno 2016, di vedere i figli a lei affidati, in violazione degli accordi fra i coniugi, recepiti nel decreto di omologa della separazione consensuale emesso dal Tribunale di Campobasso il 20 giugno 2013) e la condannava alla pena di trecento Euro di multa, oltre al risarcimento del danno subito dalla parte civile.

2. Ha proposto ricorso l'imputata, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento della sentenza in ragione dei seguenti motivi.

2.1. Vizio della motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità della ricorrente e alla omessa applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p..

La sentenza impugnata non ha indicato le ragioni per le quali il reato è stato ritenuto sussistente, ha valorizzato solo le dichiarazioni della parte civile, ignorando quelle rese dall'imputata, e ha escluso la causa di non punibilità sulla base di due indimostrate circostanze, costituite dagli impegni di lavoro che avrebbero impedito al marito di essere puntuale agli appuntamenti fissati e dal presunto interesse della stessa a privilegiare il rapporto con il nuovo compagno a discapito del diritto del padre di incontrare i figli, in assenza di episodi indicativi di tale fatto, non riferiti neppure dalla persona offesa.

Disattendendo le indicazioni della sentenza rescindente, il giudice del rinvio non ha accertato la pluralità delle condotte, omettendo di considerare la successione dei provvedimenti civili, e non ha analizzato se gli episodi riferiti dalla parte civile fossero caratterizzati dalla simulazione e dalla fraudolenza.

2.2. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla intensità del dolo.

La Corte di appello ha sottolineato la refrattarietà della ricorrente a trovare soluzioni accomodanti e il protrarsi della condotta elusiva, ma non ha valutato l'incidenza del ricorso al giudice civile da parte dell'imputata nè la mancata condivisione da parte della persona offesa del decreto emesso nel febbraio 2017 con il quale il giudice aveva modificato le modalità di visita del padre ai figli.

2.3. Mancata assunzione di una prova decisiva e vizio della motivazione in relazione alla omessa valutazione della memoria depositata il (Omissis), nella quale erano esposti temi nuovi inerenti alla esatta scansione cronologica degli avvenimenti.

3. Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dal D.L. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 94, comma 2, come modificato dal D.L. 22 giugno 2023, n. 75, convertito nella L. 10 agosto 2023, n. 112), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il Procuratore generale, il difensore della parte civile e quello della ricorrente hanno depositato conclusioni scritte.

4. Il ricorso è inammissibile perchè proposto con motivi non consentiti o manifestamente infondati.

5. La difesa, trattando della intensità del dolo, ha irritualmente reintrodotto anche il tema della "responsabilità dell'imputata per i fatti a lei ascritti" (così la rubrica del primo motivo), evidentemente precluso in questa sede, in quanto l'annullamento con rinvio aveva ad oggetto unicamente la sentenza di assoluzione per la particolare tenuità del fatto e non già la sua insussistenza.

Nello stesso vizio cade il ricorso là dove pone nuovamente in discussione il profilo della credibilità della persona offesa e dell'attendibilità delle sue dichiarazioni, già positivamente valutate nella prima sentenza di appello, non oggetto di ricorso dell'imputata, nella quale si era accertato che la stessa, "con sistematicità", aveva "impedito l'incontro tra la persona offesa e i suoi figli, in termini del tutto ingiustificati" rispetto a quanto previsto nel provvedimento giudiziale di omologazione della separazione (così la sentenza rescindente).

Il giudice del rinvio ha escluso che le modalità della condotta elusiva, protrattasi nell'anno 2016 per un periodo apprezzabile, nonchè il danno cagionato al padre dei figli minori consentissero di ritenere l'offesa di particolare tenuità.

Si tratta di una motivazione che, sebbene sintetica, risulta immune dai vizi denunciati dalla ricorrente, peraltro cumulativamente, in contrasto con il principio ribadito di recente dalle Sezioni Unite di questa Cori:e, secondo il quale "i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione. Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risulta priva della necessaria specificità" (Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027, non mass. sul punto).

In riferimento alla omessa valutazione della memoria depositata il (Omissis), non è pertinente il richiamo all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), motivo che presuppone la "mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'art. 495, comma 2".

La memoria, poi, non è stata allegata dalla ricorrente, che non l'ha neppure indicata fra gli atti da inserire a cura della cancelleria del giudice, ai sensi dell'art. 165-bis disp. att. c.p.p., comma 2, ciò in violazione del principio di autosufficienza; il Collegio, pertanto, non è in grado di valutare se con detto atto si fossero proposti temi nuovi e questioni diverse potenzialmente decisive, come asserito dalla difesa.

5. All'inammissibilità della impugnazione proposta segue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro tremila, così fissata in ragione dei motivi dedotti.

Non vengono liquidate le spese alla parte civile, in quanto la difesa si è limitata a rassegnare le conclusioni senza contrastare i motivi di impugnazione proposti o apportare comunque alcun contributo.

Il Collegio condivide il principio secondo il quale, nel giudizio di legittimità celebrato con il rito camerale non partecipato, nella vigenza della normativa introdotta per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, quando il ricorso dell'imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile, in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purchè abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione (Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960; Sez. 2, n. 24619 del 02/07/2020, Puma, Rv. 279551).

L'orientamento si è ormai consolidato (cfr., ad es., Sez. F, n. 45316 del 10/08/2023, Di Ruggiero; Sez. 2, n. 38426 del 05/07/2023, Teseo; Sez. 2, n. 27097 del 03/05/2023, Gheorghe; Sez. 2, n. 16710 del 29/03/2023, Alù; Sez. 2, n. 17957 del 10/02/2023, Carbone; Sez. 2, n. 14851 del 25/01/2023, Chiorean; Sez. 5, n. 17809 del 18/01/2023, Notargiacomo) dopo la pronuncia con la quale le Sezioni Unite di questa Corte, richiamando un principio espresso in una risalente sentenza (Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, P.v. 226716), hanno di recente ribadito che nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 c.p.p., ovvero con rito camerale "non partecipato", quando il ricorso dell'imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, ne va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, purchè, in sede di legittimità, la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attività diretta a contrastare la pretesa dell'imputato per la tutela dei propri interessi (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, Sacchettino, non mass. sul punto).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Dispone, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52 che sia apposta, a cura della cancelleria, sull'originale del provvedimento, un'einnotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza. Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2023
Avv. Antonino Sugamele

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