Come si deve dividere la pensione di reversibilità tra prima moglie divorziata e seconda moglie superstite?
Cass. civ., sez. I, ord. 25 agosto 2022, n. 25369
Presidente Genovese – Relatore Cardadonna
Rilevato in fatto che:
1. Il Tribunale di Ravenna, con sentenza n. 6/2008 del 23 settembre 2008, aveva attribuito a T.V. , coniuge divorziata di R.L. , deceduto, il 50% della pensione di reversibilità in relazione alla durata effettiva quasi equivalente dei matrimoni del R. con Ro.Fr. , coniuge superstite, e con la T. .
2. La Corte d'appello di Bologna, presentato appello da entrambe le parti e in accoglimento di quello proposto dalla T. , aveva determinato la quota della pensione di reversibilità spettante alla Ro. nella misura del 5% (pari a 300,00 Euro), ritenendo prevalente rispetto al criterio della durata del matrimonio, quello della condizione economica delle parti.
3. Questa Corte, adita dalla Ro. , con sentenza n. 5136/2014 del 5 marzo 2014, ha ritenuto insufficiente e contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata, affermando che aveva atto della durata di trent'anni del matrimonio della Ro. e della sua età avanzata, ma aveva opposto un riferimento del tutto generico alla situazione patrimoniale della Ro. senza raffrontarla con quella della T. e finendo, sulla base di tale presupposto, per attribuire all'entità dell'assegno un valore presuntivo, del tutto indimostrato e da verificare in concreto, circa l'autosufficienza economica della Ro. ; nè il riferimento all'assegno di divorzio poteva costituire un criterio generale e astratto idoneo a sostituire quello della durata del matrimonio o essere ritenuto un antecedente vincolante nella determinazione della quota della pensione di reversibilità, non essendo consentito al giudice di individuare nell'entità dell'assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all'ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tale senso.
4. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello, calcolando la durata dei matrimoni, l'età e le condizioni economiche del coniuge divorziato e del coniuge superstite, ha determinato la percentuale del 25% della pensione di reversibilità spettante alla Ro. , con decorrenza dalla data della domanda giudiziale, essendo passata in giudicato sul punto la sentenza della Corte d'appello n. 28 del 26 maggio 2009, compensando le spese processuali di tutti i gradi del giudizio, in ragione delle reciproche soccombenze.
5. La sentenza della Corte di Appello di Bologna è stata impugnata da T.V. con ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, cui ha resistito R.R. , nella qualità di erede di Ro.Fr. , con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi.
6. La Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale.
7. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto che:
1. Con il primo ed unico motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, e l'erronea applicazione del calcolo matematico della durata dei matrimoni; in particolare, la ricorrente deduce che era errato il calcolo matematico della durata dei rispettivi matrimoni; nello specifico, il periodo di convivenza prematrimoniale con la T. di circa 11 anni, dal 1974 al 1985, era stato calcolato due volte, mentre andava valutato una volta sola ed in esclusivo favore della T. e sottratto al periodo di durata del matrimonio della Ro. , calcolando la durata del matrimonio con la T. in anni 33 e in anni e 22 quello con la Ro. .
1.1. Il motivo è inammissibile, perché la censura prospettata, lungi dal prospettare un error in iudicando, si risolve, nella sostanza, in una critica investente l'accertamento e l'apprezzamento del giudice del merito in ordine alla quaestio facti, per di più deviando dal paradigma di cui al vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass., 13 marzo 2018, n. 6035), non avendo la ricorrente dedotto nulla in ordine alla decisività dell'errore denunciato, in cui è incorsa la Corte territoriale, sul computo della durata dei matrimoni del coniuge divorziato e del coniuge superstite, rilevato che, nel caso in esame, la Corte territoriale ha determinato la percentuale del 25% della pensione di reversibilità spettante alla Ro. , tenendo conto non soltanto del criterio della durata dei matrimoni, ma anche dell'età e delle condizioni economiche dei due coniugi, divorziato e superstite.
1.2 Ciò in ossequio al principio affermato da questa Corte, anche di recente, secondo cui in caso di decesso dell'ex coniuge, la ripartizione dell'indennità di fine rapporto tra il coniuge divorziato e il coniuge superstite, che abbiano entrambi i requisiti per la pensione di reversibilità, deve essere effettuata ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, oltre che sulla base del criterio legale della durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica dell'istituto e individuati dalla giurisprudenza, quali l'entità dell'assegno riconosciuto al coniuge divorziato e le condizioni economiche di entrambi, tenendo inoltre conto della durata della convivenza, ove il coniuge interessato alleghi, e provi, la stabilità e l'effettività della comunione di vita precedente al proprio matrimonio con il "de cuius" (Cass., 23 luglio 2021, n. 21247).
1.3 Quanto detto senza prescindere dall'ulteriore profilo di inammissibilità della censura proposta, non risultando che la ricorrente abbia mai censurato l'accertamento in fatto sulla durata dei rispettivi matrimoni, espletato in primo grado, poiché risulta che già il Tribunale di Ravenna aveva accolto la domanda della Ro. attribuendo il 50% della pensione di reversibilità in relazione alla durata effettiva quasi equivalente dei due matrimoni del R. e che l'appello proposto dalla T. era stato accolto dalla Corte, che aveva ritenuto prevalente rispetto al criterio della durata del matrimonio quello della condizione economica delle parti (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata); inoltre tale accertamento non è stato oggetto di censura nemmeno in sede di legittimità dato che il ricorso per cassazione è stato proposto da Ro.Fr. e la T. ha resistito con controricorso; anche questa Corte, infine, nella sentenza di annullamento con rinvio, resa tra le parti, ha affermato, al paragrafo 19, che la Corte aveva dato atto della durata di trent'anni del matrimonio della Ro. , oltre che della sua età avanzata.
2. Il R. , nella qualità di erede di Ro.Fr. , ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi.
3. Con il primo motivo ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c., per non avere il giudice del rinvio posto le spese del giudizio a carico della parte risultante soccombente all'esito globale del processo che era stata la Ro. .
4. Con il secondo motivo ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 92, c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nonché contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, avendo la decisione gravata dedicato alla contestata compensazione le ultime due righe della motivazione e non essendosi nel caso in esame in presenza di un'ipotesi di soccombenza reciproca.
4.1 Il ricorso incidentale è inefficace in quanto tardivo.
4.2 La sentenza impugnata è stata pubblicata il 15 gennaio 2015 e il ricorso incidentale è stato notificato alle il 23 febbraio 2016, oltre la scadenza del termine annuale (cui va sommato il periodo di sospensione feriale dei termini processuali di 31 giorni) prescritto dall'art. 327 c.p.c., comma 1, per proporre impugnazione.
La tardività del ricorso incidentale non ne precluderebbe l'esame ove il ricorso principale fosse stato ammissibile; poiché il ricorso principale è stato dichiarato inammissibile, e il ricorso incidentale è stato notificato oltre la scadenza del termine per impugnare la sentenza di appello, ai sensi dell'art. 334 c.p.c., comma 2, l'impugnazione incidentale proposta dai controricorrenti ha perso efficacia e non può, quindi, essere esaminata.
Alla declaratoria di inammissibilità, per qualsiasi motivo, del ricorso principale per cassazione, segue, infatti, di diritto, l'inefficacia del ricorso incidentale tardivo, proposto, cioè, allorché erano già scaduti i termini di impugnazione della sentenza di appello, senza che rilevi, in senso contrario, che lo stesso sia stato proposto nel rispetto dei termini indicati dall'art. 371 c.p.c., comma 2, (quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale) (in questo senso, tra le altre, Cass., 6 aprile 2006, n. 8105; Cass., 26 marzo 2015, n. 6077).
4.3 È utile ricordare che questa Corte ha ripetutamente affermato che la riduzione della durata del periodo di sospensione feriale attualmente decorrente dal 1 al 31 agosto di ogni anno ai sensi della L. n. 741 del 1969, art. 1, nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. n. 162 del 2014 - è immediatamente applicabile con decorrenza dall'anno 2015, in forza dell'art. 16, comma 1, dello stesso decreto legge, a nulla rilevando la data di introduzione del giudizio, in attuazione, peraltro, del principio "tempus regit actum", ovvero "la data di pubblicazione della sentenza" (Cass., 31 dicembre 2020, n. 30053; Cass., 6 settembre 2017, n. 20866 del 2017; Cass., 11 maggio 2017, n. 11758).
5. Le spese di giudizio sono compensate in ragione della reciproca soccombenza tra le parti.
5.1 Non trova applicazione il raddoppio del versamento del contributo unificato nei confronti del ricorrente in via incidentale il cui ricorso è divenuto inefficace ai sensi dell'art. 334 c.p.c., comma 2, in quanto, con la perdita di efficacia, il ricorso incidentale tardivo diviene tanquam non esset e non viene preso in esame dalla Corte, non potendosi così pervenire ad una pronuncia di rigetto o ad una declaratoria di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione, che costituiscono le sole ipotesi in presenza delle quali l'D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater prevede che chi ha proposto l'impugnazione debba versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato Cass., 25 luglio 2017, n. 18348).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
28-08-2022 19:26
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