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Sentenza

Avvocato lei, magistrato lui:  i criteri per l'erogazione dell'assegno divorzile
Avvocato lei, magistrato lui: i criteri per l'erogazione dell'assegno divorzile
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 19/05/2022) 01-06-2022, n. 17908
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE F. Antonio - Presidente -

Dott. DI MARZIO Fabrizio - Consigliere -

Dott. TERRUSI Francesco - rel. Consigliere -

Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -

Dott. D'ORAZIO Luigi - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27090/2020 proposto da:

L.P., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Gorizia n. 22, presso lo studio dell'avvocato Lauteri Annalisa, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Graziani Daniela, Pividori Giulia, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

T.M.T., elettivamente domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini n. 134, presso lo studio dell'avvocato Contucci Marzia, rappresentata e difesa da sè medesima, giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 344/2020 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, pubblicata il 23/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2022 dal cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.
Svolgimento del processo

Il tribunale di Udine, dopo aver pronunciato lo scioglimento del matrimonio civile contratto nell'(OMISSIS) tra L.P. e T.M.T., ha posto a carico del primo un contributo per il mantenimento dei due figli minori, collocati presso la madre, di complessivi 1.400,00 Euro al mese, oltre al 65 % delle spese straordinarie.

La sentenza è stata impugnata dalla T., la quale, per ciò che unicamente ancora rileva, ha chiesto il riconoscimento di un assegno anche a proprio favore.

Nella resistenza di L. l'adita corte d'appello di Trieste ha accolto tale domanda per l'importo mensile di 700,00 Euro, rivalutabile secondo Istat.

L. ricorre per cassazione con sei motivi.

L'intimata resiste con controricorso.

Il ricorrente ha depositato una memoria.
Motivi della decisione

I. - Il ricorrente prospetta le seguenti censure:

(i) col primo motivo, la violazione degli artt. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., essendo l'impugnata sentenza carente, a suo dire, sul versante della motivazione, stante l'omesso riferimento alle fonti di prova poste a base di una decisione opposta a quella di primo grado;

(ii) col secondo, la violazione degli artt. 132 c.p.c., art. 118 att. c.p.c., art. 706 e ss., artt. 167 e 183 c.p.c., avendo la corte d'appello assunto a fondamento della decisione mere e generiche allegazioni di parte in ordine alla ricorrenza dei presupposti per l'assegno;

(iii) col terzo, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., essendo state poste a fondamento della decisione circostanze contestate e non provate, quali in particolare quelle relative al sacrificio di aspettative professionali e reddituali in nome della dedizione della T. alla famiglia, all'impossibilità di procurarsi redditi più elevati, al contributo alla formazione del patrimonio e del reddito del coniuge;

(iv) col quarto, la violazione degli artt. 2697 c.c., art. 115 c.p.c. e art. 2729 c.c., avendo la corte d'appello posto erroneamente a carico dell'obbligato l'onere di provare l'inesistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno;

(v) col quinto, la violazione dell'art. 5 Legge div., essendo stati applicati parzialmente ed erroneamente i criteri forniti dalla giurisprudenza di questa Corte a proposito del riconoscimento dell'assegno divorzile;

(vi) col sesto, infine, l'omesso esame di fatti decisivi in ordine (a) alle condizioni di esercizio della professione forense da parte della ex moglie e alla redditività di tale attività prima, durante e dopo il matrimonio, (b) alle motivazioni circa le rinunce a opportunità professionali, in verità avulse da ragioni inerenti agli impegni familiari, (c) alla durata medio-breve del matrimonio.

II. - Allo scrutinio dei motivi è necessario premettere che il ricorrente svolge la professione di magistrato, mentre la resistente quella di avvocato del libero foro.

Ciò premesso, è necessario muovere dai principi che all'esito della più recente evoluzione giurisprudenziale sono oggi alla base del riconoscimento del diritto all'assegno divorzile, secondo l'art. 5 Legge div.

Questa Corte, a sezioni unite, ha fissato il criterio fondamentale relativo alla natura perequativo-compensativa, oltre che assistenziale, dell'assegno stesso: "all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate" (Cass. Sez. U n. 18287-18).

In funzione di tale riconoscimento è stato precisato - e a più riprese - che si richiede "l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive", ma anche che in tale prospettiva debbono essere applicati "i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma", i quali costituiscono quindi il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Sicchè il giudizio deve essere espresso, in particolare, "alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto" (così ancora Cass. Sez. U n. 1828718, cui adde Cass. n. 1882-19, Cass. n. 21234-19 e altre conf.).

III. - E' così sostanzialmente acquisito, come finale esito di tale indirizzo, che nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge che ne faccia richiesta, o l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, si deve tener conto, utilizzando i criteri di cui all'art. 5, comma 6 Legge div., sia della impossibilità di vivere autonomamente e dignitosamente da parte di quest'ultimo, sia della necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge durante la vita matrimoniale, senza che abbiano rilievo, da soli, lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale dell'altro ex coniuge, tenuto conto che la differenza reddituale è sì coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, ma è oramai recessiva rispetto ai fini della determinazione dell'assegno, e l'entità del reddito dell'altro ex coniuge non giustifica, di per sè, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze.

IV. - La corte d'appello di Trieste non ha infranto i citati principi.

Essa ha espresso il convincimento in ordine al fondamento del diritto all'assegno giustappunto su base perequativo-compensativa, mettendo l'accento (a) sulla chiara differenza reddituale tra le parti siccome evinta già dal tribunale, (b) sulla avvenuta maggior dedizione della ex moglie alla cura dei figli per tutta la durata del matrimonio, con sacrificio dell'attività professionale propria, (c) sulla correlata eziologica relazione intercorrente tra tale scelta di vita coniugale e la mancanza di continuità della professione, (d) sulla sostanziale e attuale impossibilità della stessa ex moglie di procurarsi un reddito maggiore di quello in effetti percepito e attestato dalle sue dichiarazioni annuali (da ultimo 22.800,00 EUR a fronte di circa 106.000,00 EUR del coniuge, entrambi al lordo d'imposta).

La motivazione conforta la conclusione circa l'esistenza del diritto all'assegno.

Di contro i motivi di ricorso sono, nel loro complesso e singolarmente, in parte inammissibili e in parte infondati.

V. - A fronte di una sentenza che manchi di indicare le fonti probatorie di un determinato accertamento, il ricorrente per cassazione non può limitarsi a lamentare il vizio di omessa motivazione, giacchè altrimenti la censura postulerebbe la caducazione della decisione non per una concreta lesione sofferta dalla parte, bensì solo per ragioni formali relative al modo di motivare.

Egli invece ha l'onere di denunciare in maniera specifica che, contrariamente a quanto asserito dal giudice del merito, nell'ambito degli elementi probatori non ne esistono di idonei a giustificare il convincimento espresso (per tutte Cass. n. 1593-17).

Questo non è stato fatto dal ricorrente, il quale si è limitato a contestare la decisione per una mancata indicazione delle fonti di prova. Alle quali, tuttavia, la corte d'appello ha fatto sintetico riferimento mediante il rinvio agli "atti di causa".

Invero occorre precisare che la motivazione della sentenza che si limiti ad affermare genericamente, cioè senza indicare specificamente le fonti probatorie da cui origina il convincimento, che l'istruttoria ha fornito la dimostrazione di una serie di fatti, specificamente indicati, sui quali il giudicante fonda il suo convincimento, rappresenta una dichiarazione formale, e - si dice pure - intrinsecamente solenne, con la quale il giudice attesta, in maniera semplificata ma chiara, che effettivamente sussistono elementi probatori ritenuti idonei a giustificare l'esplicitato convincimento in fatto (v. Cass. n. 11058-04).

Nel caso concreto è decisivo constatare che in nessuno dei motivi spesi il ricorrente ha denunciato - di contro - la mancata valorizzazione di altre prove, o di altre risultanze di fatto, a esso ricorrente favorevoli e che la corte del merito non avrebbe vagliato.

VI. - Nel contempo egli ha denunziato la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. Ma ciò ha fatto in contrasto con l'insegnamento di questa Corte, che esclude la possibilità di far ricorso a simile denunzia per affermare che il giudice del merito, valutando le prove, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (peraltro nella specie neppure indicate dal ricorrente), essendo tale attività valutativa consentita proprio dall'art. 116 c.p.c. (v. Cass. Sez. U n. 2086720).

VII. - Vanno quindi disattesi i primi cinque mezzi: quelli dal primo al terzo perchè inammissibili, siccome supponenti generiche critiche alla valutazione probatoria; il quarto e il quinto perchè errati nel presupposto, e come tali infondati, volta che la corte territoriale non ha violato i criteri forniti dalla giurisprudenza di questa Corte a proposito del riconoscimento dell'assegno divorzile.

VIII. - Il sesto motivo è inammissibile.

La corte d'appello ha ritenuto raggiunta la prova dei fondamenti dell'assegno facendo applicazione del criterio perequativo-compensativo sopra sintetizzato, e ha motivato la sua decisione mediante sintetico riferimento alle risultanze di causa, dando conto delle relative inferenze.

Il ricorrente censura le conclusioni cui la corte è pervenuta, sottolineando che sarebbe stato omesso l'esame delle condizioni di esercizio della professione forense da parte della ex moglie e della redditività della stessa prima, durante e dopo il matrimonio; che non sarebbe stata valorizzata la questione relativa alla rinuncia di opportunità professionali avulsa da ragioni inerenti agli impegni familiari; che infine non sarebbe stata considerata la durata medio-breve del matrimonio.

E' agevole osservare che le prime due affermazioni non sono supportare dal necessario livello di autosufficienza, non essendo specificato quando e come i pertinenti fatti siano stati dedotti, nè da cosa gli stessi siano stati sostenuti.

La durata del matrimonio è stata invece considerata dalla corte d'appello.

Essa ne ha fatto implicita menzione in base al nesso intercorrente tra la situazione economica della T. e le scelte familiari effettuate (e - si dice - "non contestate") in costanza di un matrimonio stipulato nel (OMISSIS), allietato dalla nascita di due figli e giunto in crisi dopo dieci anni.

La valutazione delle scelte familiari fatte dai coniugi di comune accordo mostra che la corte ha tenuto da conto anche della non irrilevante durata del matrimonio stesso, quale elemento ulteriore cui associare la significatività di quelle scelte.

Pertanto, la denunciata omissione di risultanze istruttorie così come genericamente svolta nel sesto motivo finisce per rappresentare una censura di merito, come tale non proponibile in sede di legittimità.

La giurisprudenza di questa Corte è da sempre ferma nel ritenere incensurabile l'apprezzamento del giudice di merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di convincimento, sempre che la motivazione appaia - come nel caso di specie - congrua dal punto di vista logico e immune da errori di diritto.

Il ricorso, conclusivamente, è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.200,00 EUR, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 19 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2022
Avv. Antonino Sugamele

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