Va revocato l'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne che non studia né lavora
Cassazione civile, sez. I, sentenza 8 novembre 2021, n. 32406.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto - Presidente -
Dott. PARISE Clotilde - rel. Consigliere -
Dott. DI MARZIO Mauro - Consigliere -
Dott. TERRUSI Francesco - Consigliere -
Dott. CAIAZZO Rosario - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14778-2020 proposto da:
S.R., domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall'avvocato GASPARE AGNELLO;
- ricorrente -
contro
C.L., domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall'avvocato MARIA TERESA CIMINO;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 195/2020 della CORTE D'APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 01/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell'08/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CLOTILDE PARISE.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. La Corte d'appello di Caltanissetta, con sentenza n. 195/2020 depositata l'1-4-2020 e notificata il 3-4-2020, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Enna n. 592/2018, per quanto ancora di interesse, ha revocato il contributo di mantenimento a carico del padre C.L. in favore del figlio maggiorenne C.D. ed ha revocato l'assegnazione della casa familiare a S.R., confermando nel resto l'impugnata sentenza.
2. Avverso detta sentenza S.R. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, a cui resiste con controricorso C.L..
3. In via pregiudiziale, va dichiarata la tempestività dell'odierno ricorso, benchè notificato (il 5 giugno 2020) oltre il termine di cui all'art. 325 c.p.c., rispetto alla data di notificazione della sentenza impugnata (3-4-2020), attese le misure adottate dal legislatore per far fronte all'emergenza epidemiologica da Covid-19, in particolare quanto disposto dal D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 27 del 2020), che ha sospeso, per il periodo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, successivamente allungato fino all'11 maggio 2020, dal D.L. n. 23 del 2020, art. 36 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 40 del 2020), il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.
4. I due motivi di ricorso, da trattare congiungiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
4.1. La ricorrente, nel censurare la decisione della Corte d'appello nella parte in cui ha disposto la revoca del contributo di mantenimento in favore del figlio maggiorenne, versato dal padre alla madre, convivente con il figlio, in forza delle statuizioni del Tribunale (primo motivo), nonchè nel censurare la conseguente statuizione di revoca dell'assegnazione della casa familiare alla madre (secondo motivo) lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione ed errata applicazione degli artt. 337 septies, 147 e ss. c.c., e dell'art. 30 Cost., nonchè della L. n. 898 del 1970, art. 6, comma 6, ma, in realtà, le doglianze, per un verso, non si confrontano con il percorso argomentativo della sentenza impugnata e, per altro verso, sollecitano una rivisitazione del merito.
La Corte territoriale, con motivazione adeguata e facendo corretta applicazione dell'art. 337 septies c.c., secondo i principi affermati da questa Corte e condivisi dal Collegio in tema di mantenimento del figlio maggiorenne (cfr. Cass. n. 12952/2016; Cass. n. 18076/2014; Cass. Sez. Un. 20448/2014), ha rilevato che il figlio, oramai trentaduenne, aveva abbandonato gli studi all'età di sedici anni, aveva frequentato corsi di formazione professionale negli anni 2011 e 2012, aveva avuto esperienze lavorative, seppur saltuarie, e non risultavano presenti circostanze oggettive o soggettive tali da giustificare la sua impossibilità di inserirsi nel mondo del lavoro.
La Corte di merito ha, dunque, dato concreta applicazione al principio della autoresponsabilità, che impone al figlio di non abusare del diritto ad essere mantenuto dal genitore oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perchè "l'obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione" e, nella valutazione degli indici di rilevanza, come enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 12952/2016 e Cass. n. 18076/2014 citate), ha correttamente ritenuto di dover ponderare la sussistenza dei requisiti per il mantenimento con rigore crescente con il crescere dell'età del figlio.
A fronte di tale motivazione, la ricorrente si limita a richiamare, in modo non pertinente rispetto ai dati fattuali accertati dai giudici d'appello, la giurisprudenza di questa Corte e a dedurre, peraltro genericamente, che non sono provate, nè sussistenti, nella specie, l'indipendenza economica del figlio e la percezione da parte di quest'ultimo di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, senza specificamente confrontarsi con l'iter argomentativo della sentenza impugnata, secondo cui non ricorre, in capo al figlio maggiorenne, il requisito della non autosufficienza economica per causa a lui non imputabile, così in buona sostanza chiedendo, tramite la denuncia di vizio di violazione di legge, la rivisitazione del merito.
4.2. Le medesime considerazioni valgono per le doglianze espresse con il secondo motivo, con cui si censura la statuizione di revoca dell'assegnazione della casa familiare alla madre, attuale ricorrente, per non avere la Corte di merito tenuto conto delle condizioni economiche delle parti.
Premesso che in primo grado è stato negato alla ricorrente, con statuizione non impugnata in appello, il diritto all'assegno divorzile, la Corte di merito ha affermato che l'assegnazione della casa familiare non può assumere una funzione di perequazione delle condizioni patrimoniali dei coniugi, ma ha la finalità di soddisfare l'esigenza di speciale protezione dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti ed ha ritenuto, nella specie, in base all'accertamento di fatto di cui si è detto, quell'esigenza non sussistente per il figlio maggiorenne Danilo, così attenendosi ai principi costantemente affermati da questa Corte e condivisi dal Collegio (cfr. tra le tante Cass. n. 25604/2018, citata anche nella sentenza impugnata, e Cass. n. 3015/2018).
La ricorrente, ancora una volta, non si confronta con l'iter motivazionale della sentenza impugnata e si limita a svolgere deduzioni non conducenti, relative alla condizione economica dell'ex marito, asseritamente non "disastrosa" o di indigenza, contrariamente a quanto dallo stesso rappresentato, senza, peraltro, nulla precisare circa la propria condizione reddituale, nonchè considerazioni relative a fatti dei quali chiede, impropriamente, un riesame in sede di legittimità.
5. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di lite del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro3.600, di cui Euro100 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2021
25-11-2021 20:32
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