Revocare l'affidamento dei figli ad un genitore perché omosessuale è illecito e discriminatorio.
CEDU del 16 settembre 2021, caso X c. Poland, (ric. 20741/10)
Evoluzione della prassi e delle leggi sulle famiglie arcobaleno. In primis la CEDU rileva come diverse raccomandazioni del COE sono volte ad eliminare questa discriminazione. In particolar modo l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) ha emesso la risoluzione 2239 (2018) "Vita privata e familiare: raggiungere l'uguaglianza indipendentemente dall'orientamento sessuale" in cui s'invita a superare ogni discriminazione e pregiudizio per un'effettiva parità di genere. Inoltre, dallo studio sulla tutela dei bambini nelle famiglie arcobaleno allegato a questa risoluzione emergerebbe che «non sono i genitori dello stesso sesso, ma le società che non accettano la diversità a danneggiare i bambini in queste famiglie. Dobbiamo basare le nostre decisioni di politica pubblica per quanto riguarda le famiglie arcobaleno, non su nozioni mal interpretate di famiglie "tradizionali" come l'unico, insostituibile, formato familiare che può fornire un'educazione sana per un bambino – una nozione che può anche essere dannosa per i bambini nelle famiglie monoparentale e nelle famiglie miste (step-families) – ma sulla necessità sia di garantire l'accettazione delle diverse famiglie, siano esse "tradizionali" o "non tradizionali", che esistono in tutte le nostre società, sia di promuovere un ambiente privo di discriminazioni per tutti i genitori e i bambini.
Infatti, come ha chiarito la Corte interamericana dei diritti dell'uomo, e come era già implicito nel ragionamento applicato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo quasi 20 anni fa, l'orientamento sessuale di un genitore non ha alcuna influenza sulla sua capacità di crescere e provvedere a un bambino» (neretto, nda). Inoltre, ha richiamato un precedente della Corte interamericana dei diritti umani ove, in linea con quanto sopra, si affronta anche la questione della tutela del supremo interesse dei minori in questi casi.
Nel caso Atala Riffo e figlie c. Cile del 24/2/12, la Corte ha evidenziato: «a questo proposito, la Corte ritiene che il divieto di discriminazione dovuta all'orientamento sessuale dovrebbe includere, come diritti protetti, i comportamenti associati all'espressione dell'omosessualità. Inoltre, se l'orientamento sessuale è una componente essenziale dell'identità di una persona, non era ragionevole richiedere alla signora Atala di mettere in attesa la sua vita e il suo progetto familiare. In nessuna circostanza può essere considerato "legalmente riprovevole" che la signora Atala abbia preso la decisione di ricominciare la sua vita. Inoltre, non è stato dimostrato che le tre ragazze hanno subito alcun danno. Pertanto, la Corte ritiene che imporre alla madre di limitare le sue opzioni di vita implichi l'uso di una nozione "tradizionale" del ruolo sociale delle donne come madri, secondo la quale ci si aspetta socialmente che le donne abbiano la responsabilità principale dell'educazione dei loro figli e che, nel perseguimento di ciò, avrebbe dovuto dare la precedenza all'educazione dei suoi figli, rinunciando a un aspetto essenziale della sua identità.
Pertanto, la Corte ritiene che l'utilizzo dell'argomento della presunta preferenza della signora Atala per i suoi interessi personali, non soddisfi lo scopo di proteggere il miglior interesse delle tre ragazze» (neretto, nda) Si noti come ciò sia in apparente contrasto con recenti Conclusioni della CGUE ove con alcune dicotomie è stato negato il riconoscimento del legame di filiazione ad una coppia di madri omosessuali proprio in nome della tutela dell'interesse nazionale a preservare la famiglia tradizionale (EU:C:2021:296 nel quotidiano del 16/4/21).
27-09-2021 20:20
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