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Sentenza

Mantenimento. La figlia maggiorenne non vuole studiare e rifiuta di lavorare? Va revocato l'assegno di mantenimento.
Mantenimento. La figlia maggiorenne non vuole studiare e rifiuta di lavorare? Va revocato l'assegno di mantenimento.
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 30/03/2021) 02-07-2021, n. 18785


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Presidente -

Dott. ACIERNO Maria - rel. Consigliere -

Dott. VALITUTTI Antonio - Consigliere -

Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -

Dott. CAPRIOLI Maura - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 04042/2017 proposto da:

G.M.S., rappresentato e difeso dall'Avv. Francesco La Valle ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Luigi Settembrini n. 38, presso lo studio dell'Avv. Carlo Maria Mattioli;

- ricorrente -

contro

L.G., elettivamente domiciliato in Messina, Via Dei Mille n. 272 is. 77, presso lo studio dell'Avv. Antonino Lo Giudice che lo rappresenta e difende;

- controricorrente -

avverso il decreto della CORTE DI APPELLO di MESSINA, depositato il 27/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/03/2021 da Dott. ACIERNO MARIA.
Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Messina, con decreto n. 1687/2016 del 27/07/2016 ha accolto il reclamo proposto ex art. 739 c.p.c. da L.G. avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Messina, in data 05/10/2015, ha parzialmente accolto il suo ricorso, revocando l'obbligo, in capo allo stesso, di corrispondere l'assegno divorzile in favore della moglie, G.M., e confermando l'obbligo di mantenimento nei confronti della figlia L.F..

2. L'appellante ha chiesto in via principale la cessazione dell'obbligo di mantenimento nei confronti della figlia ed, in via subordinata, la riduzione del relativo assegno.

3. A sostegno della decisione la Corte di Appello ha affermato quanto segue.

In base al contenuto degli atti ed alla relativa documentazione risulta pacifica la circostanza che la Sig.ra G. abbia instaurato una nuova e stabile convivenza con altro uomo, sicchè deve confermarsi la decisione di primo grado in merito alla cessazione del diritto della stessa al mantenimento.

Per quanto concerne la figlia F., la Corte ritiene di dover revocare l'obbligo del mantenimento incombente sul padre attesa l'età avanzata della stessa (nata nel 1989) e la sua indiscutibile scarsa propensione agli studi, nonchè il suo altrettanto poco volenteroso impegno nel proseguire l'attività commerciale che padre e zio le avevano prospettato mettendole a disposizione persino un locale.

4. Avverso la presente decisione ha proposto ricorso per cassazione G.M., cui resiste con controricorso L.G..
Motivi della decisione

5. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 l'omessa motivazione del provvedimento impugnato relativamente alla revoca dell'assegno di mantenimento nei confronti della figlia F., posto che la Corte territoriale non ha reso noti gli elementi in forza dei quali è giunta ad una pronuncia diametralmente opposta a quella di primo grado, rilevando una scarsa propensione agli studi ed un poco volenteroso impegno nell'intraprendere un'attività lavorativa.

6. Nel secondo motivo si lamenta la violazione del L. n. 898 del 1970, art. 6 e successive modifiche ed integrazioni, e degli artt. 147, 148 e 337 septies c.c. e art. 115 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 poichè, in contrasto con principi sanciti dalla giurisprudenza di legittimità in materia di mantenimento dei figli maggiorenni, la Corte ha omesso di accertare se F. fosse nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente e se il mancato svolgimento di un'attività economica dipendesse da un suo atteggiamento di inerzia o rifiuto ingiustificato, tenuto conto anche delle allegazioni difensive relative agli sforzi compiuti dalla stessa gli studi ed inserirsi nel mondo del lavoro.

7. Con il terzo motivo si censura la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, commi 6 e 10 e successive modifiche ed integrazioni, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè la nullità della pronuncia per violazione del giudicato ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, atteso che il Tribunale, alla luce dei nuovi orientamenti giurisprudenziali, ha ritenuto di poter modificare, in assenza di fatti sopravvenuti, le precedenti statuizioni coperte da giudicato adottate dal Tribunale (decreto del 10/11/2009) e dalla Corte di Appello (decreto del 20/05/2010) nel corso del procedimento di modifica delle condizioni patrimoniali tra gli ex coniugi promosso dal Sig. L., le quali avevano escluso l'esistenza di una convivenza stabile della ricorrente con un altro uomo tale da giustificare la revoca dell'assegno di divorzio. Pertanto, per effetto della mera conferma da parte della Corte territoriale della pronuncia di primo grado, i vizi di quest'ultima si estendono anche al decreto di appello impugnato in tal sede.

8. I primi due motivi che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.

8.1. In relazione alla mancanza di motivazione deve rilevarsi che la Corte d'Appello ha puntualmente esposto la ratio decidendi della revoca dell'assegno in favore della figlia maggiorenne fondandola sull'inerzia colpevole della stessa e sulla mancanza di un progetto formativo. In ordine al fondamento della ratio deve osservarsi che l'accertamento di fatto sull'inerzia, desunta dalla non accettazione dell'offerta lavorativa del padre non è censurabile nel giudizio di legittimità. Il rilievo probatorio è del tutto corretto essendo sorretto dall'orientamento tradizionale di questa Corte (Cass. 19859 del 2011 e 17738 del 2015) più favorevole all'avente diritto, peraltro attualmente sottoposto a revisione critica (Cass. 12952/2016; 5088/2018 ed in particolare la più recente 17183 del 2020) proprio in punto di onus probandi.

8.2. In relazione al concorrente profilo della mancanza di un progetto formativo effettivo, il diritto del figlio maggiorenne al mantenimento si giustifica all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, considerato che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell'obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società (Cass. 5088/2018; Cass. 12952/2016).

8.3.Di conseguenza, deve escludersi che l'assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all'acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione e del mercato del lavoro. Deve osservarsi, al riguardo, che la strutturale impossibilità di acquisire una capacità reddituale idonea a garantire almeno il grado minimo di autosufficienza economica, ove disancorata dai requisiti sopra illustrati, su cui poggia l'assegno di mantenimento per i figli maggiorenni non autosufficienti, confluisce negli obblighi alimentari.

8.4. A tal fine, la valutazione delle circostanze che giustificano la cessazione di tale obbligo va effettuata dal giudice del merito caso per caso e deve fondarsi su un accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa nonchè, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell'avente diritto (Cass. 5088/2018; Cass.12952/2016).

8.5. Al riguardo, deve precisarsi che costituisce un elemento rilevante il raggiungimento di un'età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è concluso, posto che la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, o, come già osservato dovute ad un ciclo formativo da concludere se intrapreso e proseguito concretamente) costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole (Cass. 5088/2018).

8.6. Per quanto concerne il caso di specie, la Corte territoriale, in piena conformità ai principi giurisprudenziali su esposti, nella motivazione del provvedimento impugnato, ha dato conto degli elementi presuntivi alla luce dei quali è pervenuta al convincimento circa la colpevolezza di F. nel mancato raggiungimento dell'indipendenza economica. Ha ritenuto che l'età avanzata della stessa (di anni ventisei all'epoca del procedimento di appello), il suo rifiuto ingiustificato di proseguire l'attività commerciale che padre e zio le avevano prospettato attraverso la messa a disposizione di un locale, nonchè la sua scarsa propensione agli studi, integrassero circostanze sufficienti a legittimare la revoca dell'obbligo di mantenimento da parte del padre.

9. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

9.1. La Corte d'Appello ha riconosciuto nella convivenza more uxorio perdurante anche dopo la proposizione del ricorso L. n. 898 del 1970, ex art. 9, e frutto di ammissione della parte ricorrente (come precisato nell'incipit del terzo motivo), il requisito fattuale su cui fondare l'accoglimento della domanda. Questo accertamento attenendo all'ambito dell'accertamento di fatto è insindacabile.

9.2. L'eccezione di giudicato prospettata per contrastare questo peculiare accertamento, è del tutto genericamente prospettata anche nella parte di censura riproduttiva del coerente motivo di ricorso incidentale.

10. Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto. Le spese legali seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato par a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. Oscuramento dei dati personali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 luglio 2021
Avv. Antonino Sugamele

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