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Sentenza

Divorzio congiunto: è revocabile il consenso prestato? La domanda in questo caso è improcedibile?
Divorzio congiunto: è revocabile il consenso prestato? La domanda in questo caso è improcedibile?
Cass. civ. Sez. VI - 1, Ord., (ud. 09/03/2021) 07-07-2021, n. 19348


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto - Presidente -

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. - rel. Consigliere -

Dott. PARISE Cotilde - Consigliere -

Dott. MARULLI Marco - Consigliere -

Dott. CAIAZZO Rosario - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22860-2019 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati FRAIOLI ANNA RITA, CALLIPARI NATALE;

- ricorrente -

contro

B.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato MANZI LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato PELLICINI PAOLO;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 150/2019 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 21/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCOTTI UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE.
Svolgimento del processo

La Corte, rilevato che:

con sentenza del 21.1.2019 la Corte di appello di Venezia ha rigettato l'appello proposto da G.L., con aggravio delle spese del grado, nei confronti della sentenza del Tribunale di Verona del 10.7.2018, che aveva accolto il ricorso di divorzio da lui proposto congiuntamente alla moglie B.A.M., nonostante che egli non avesse sottoscritto il verbale e avesse voluto revocare il proprio consenso;

la Corte di appello, confermando la decisione di primo grado, ha disatteso l'assunto dell'appellante e ha escluso che il consenso all'accordo fosse revocabile separatamente da ciascuno dei due coniugi che avevano presentato il ricorso congiunto, in ogni tempo o quanto meno sino alla sottoscrizione del verbale di udienza;

avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 19.7.2019 ha proposto ricorso per cassazione G.L., svolgendo tre motivi, al quale ha resistito con controricorso notificato il 26.9.2019 B.A.M., chiedendone l'inammissibilità o il rigetto;

è stata proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. la trattazione in camera di consiglio non partecipata;

il ricorrente ha illustrato con memoria ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c., le proprie difese.
Motivi della decisione

Che:

con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 4;

secondo il ricorrente, la Corte di appello non aveva tenuto conto del fatto che in sede divorzile è prevista la fissazione dell'udienza, non solo per accertare la sussistenza dei requisiti legali, ma anche per verificare la volontà delle parti e valutare la corrispondenza del divorzio all'interesse dei figli, anche non minori, valutazione questa del tutto omessa dalla Corte territoriale;

il motivo appare inammissibile perchè attinente a un presunto vizio processuale che non risulta fatto valere con l'atto di appello;

la sentenza impugnata non dà conto di alcun motivo di appello del tipo di quello riferito, peraltro del tutto genericamente, dal ricorrente a pagina 14 del ricorso ("Omessa pronuncia del Tribunale di prime cure sulla valutazione degli accordi in relazione all'interesse della prole ...."), senza dar atto del concreto e specifico contenuto del motivo di appello effettivamente proposto, con il conseguente vizio di autosufficienza del ricorso;

il motivo non appare comunque pertinente rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, che, a pagina 3, primo paragrafo, ha conferito rilievo al contenuto della sentenza di primo grado circa l'insussistenza di questioni relative alla prole maggiorenne, economicamente autosufficiente e nata rispettivamente nel 1975 e nel 1982 (rispettivamente 44 anni e 37 anni nel 2019);

il motivo è infine del tutto generico perchè neppure il ricorrente assume che sussistessero questioni relative ai figli maggiorenni o che gli stessi non fossero autosufficienti e si limita a lamentare il mancato esame di una questione che non ha posto e di cui pure non prospetta il contenuto;

con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all'art. 112 c.p.c., poichè la Corte di appello non si era pronunciata sulla dedotta assenza del presupposto di una "domanda congiunta";

il motivo è manifestamente infondato;

la Corte lagunare ha esaminato e deciso la censura, ritenendo che il consenso prestato con la proposizione del ricorso congiunto, non fosse revocabile da uno solo dei coniugi, così puntualmente conformandosi alla giurisprudenza di legittimità (Sez. 6 - 1, n. 19540 del 24.07.2018, Rv. 650192 - 01; Sez. 6 - 1, n. 10463 del 2.5.2018, in motivazione; Sez. 1, n. 6664 del 08.07.1998, Rv. 517042 - 01);

secondo questa Corte infatti, qualora sia stata proposta istanza congiunta di divorzio, la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi non comporta l'improcedibilità della domanda, ma il Tribunale deve provvedere ugualmente all'accertamento dei presupposti per la pronuncia richiesta, per poi procedere, in caso di esito positivo della verifica, all'esame delle condizioni concordate dai coniugi, valutandone la conformità a norme inderogabili ed agli interessi dei figli minori, poichè a differenza di quanto avviene nel procedimento di separazione consensuale, la domanda congiunta di divorzio dà luogo ad un procedimento che si conclude con una sentenza costitutiva, nell'ambito del quale l'accordo sotteso alla relativa domanda riveste natura meramente ricognitiva, con riferimento alla sussistenza dei presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale L. n. 898 del 1970, ex art. 3, mentre ha valore negoziale per quanto concerne la prole ed i rapporti economici, consentendo al Tribunale di intervenire su tali accordi nel caso in cui essi risultino contrari a norme inderogabili, con l'adozione di provvedimenti temporanei ed urgenti e la prosecuzione del giudizio nelle forme contenziose (Sez. 6 - 1, n. 19540 del 24/07/2018, Rv. 650192 - 01); secondo l'orientamento così consolidato, la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi risulta irrilevante sotto il primo profilo, in quanto il ritiro della dichiarazione ricognitiva non preclude al Tribunale il riscontro dei presupposti necessari per la pronuncia del divorzio, ed è inammissibile sotto il secondo, dal momento che la natura negoziale e processuale dell'accordo intervenuto tra le parti in ordine alle condizioni del divorzio ed alla scelta dell'iter processuale esclude la possibilità di ripensamenti unilaterali, configurandosi la fattispecie non già come somma di distinte domande di divorzio o come adesione di una delle parti alla domanda dell'altra, ma come iniziativa comune e paritetica, rinunciabile soltanto da parte di entrambi i coniugi;

con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1325,1411 e 1463 c.c.;

secondo il ricorrente, faceva difetto il consenso agli accordi di divorzio perchè il sig. G., costituendosi con il nuovo difensore, lo aveva negato e per di più entrambi i coniugi all'udienza del 17.4.2018 avevano dichiarato di voler modificare le condizioni e avevano revocato il consenso precedentemente manifestato;

inoltre si era di fronte a un caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione perchè il sig. G. non aveva potuto concludere la trattativa con la Veneto Banca, posta in liquidazione coatta amministrativa;

nella prima parte, il motivo ribadisce il difetto di consenso del sig. G. conseguente alla sua unilaterale dichiarazione di revoca ed incorre nelle obiezioni dirimenti esposte in sede di esame del secondo motivo;

nella seconda parte, ove il ricorrente fa riferimento alla revoca del consenso da parte di entrambi i coniugi - e quindi anche da parte della sig.ra B. all'udienza del 17.4.2018 - il motivo è inammissibile perchè attinente a questione nuova che non risulta introdotta nel giudizio di merito, nè fatta oggetto di specifico motivo di appello;

per giunta il ricorrente espone il comportamento della moglie in termini del tutto generici, che parrebbero denotare, più che una formale revoca del consenso da parte della sig.ra B., una disponibilità da parte sua a trattative e rinvii;

nella terza parte, ove il ricorrente si riferisce al tema della stipulazione a favore di terzo ex art. 1411 c.c., il motivo è piuttosto oscuro e appare comunque privo di un contenuto argomentativo critico, anche a voler trascurare che attiene anch'esso a questione del tutto nuova, non proposta in sede di merito;

nella quarta parte il motivo risulta ancora inammissibile perchè attinente a questione nuova (risoluzione per impossibilità sopravvenuta dell'accordo negoziale fra i coniugi), che secondo la Corte di appello, non risulta introdotta nel giudizio di merito, nè oggetto di specifico motivo di appello, mentre il ricorrente si limita ad enunciarla genericamente come ricompresa nel suo primo motivo di gravame, senza dar conto analiticamente della specifica censura che egli avrebbe svolto e che la Corte di appello avrebbe ignorato;

non si comprende peraltro, come potesse configurarsi una ragione di impossibilità sopravvenuta della prestazione nel fatto della messa in liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca, apoditticamente collegata ad una pretesa impossibilità di cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, a tacer del fatto che la pretesa impossibilità sopravvenuta di una delle prestazioni pattuite non travolgerebbe di per sè il consenso alla proposizione del ricorso congiunto;

ritenuto pertanto che il ricorso debba essere complessivamente rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo;

occorre inoltre disporre che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza;
P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 5.600,00 per compensi, Euro 100,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto disposto d'ufficio.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2021
Avv. Antonino Sugamele

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