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Sentenza

Assegno divorzile. Dopo la sentenza 18287 dell’11 luglio 2018, con cui le Sezioni unite della Cassazione hanno sostanzialmente riformato l’interpretazione dei criteri per il riconoscimento dell’assegno divorzile e nella giurisprudenza della Suprema corte risulta definitivamente cancellato il criterio guida del tenore di vita goduto in costanza del matrimonio.
Assegno divorzile. Dopo la sentenza 18287 dell’11 luglio 2018, con cui le Sezioni unite della Cassazione hanno sostanzialmente riformato l’interpretazione dei criteri per il riconoscimento dell’assegno divorzile e nella giurisprudenza della Suprema corte risulta definitivamente cancellato il criterio guida del tenore di vita goduto in costanza del matrimonio.
La Cassazione con l'ordinanza 15774 del 23 luglio 2020, ha ancora una volta confermato «la natura perequativo-compensativa, dell'assegno divorzile  che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, conduce quindi al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate». Ancora, specifica la stessa ordinanza, la funzione equilibratrice del reddito tra gli ex coniugi che ha l'assegno divorzile non è finalizzata alla ricostruzione del tenore di vita endoconiugale ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio di famiglia e di quello personale.

Sul punto della tutela della parte più debole, vale citare la sentenza 6519 del 9 marzo 2020, che ha specificato come «nel procedere alla determinazione della richiesta, occorre comunque evitare di incidere in maniera punitiva, con riguardo a quei casi in cui il coniuge economicamente più debole sia rimasto sposato per lungo tempo, dedicando tempo alla famiglia e al partner, incrementando le risorse economico-familiari sia col proprio lavoro fuori di casa o anche con il lavoro di casalinga».
Sulla formazione dei patrimoni
Pertanto, l'indirizzo, ormai pacifico e costante, della Suprema corte è quello di riconoscere all'assegno divorzile una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, in base all'articolo 5, comma 6, della legge 898/1970; di qui deriva l'onere per il giudice di approfondire la modalità di formazione del patrimonio dei coniugi. Ad esempio, se il patrimonio dell'ex che chiede l'assegno si è formato durante il matrimonio con l'apporto dell'altro, è possibile arrivare a negare l'assegno perché l'ex a cui è richiesto l'assegno ha già fornito il suo contributo.

Anche l'assegnazione della casa coniugale, anche se dovuta alla presenza di figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti, si traduce in ogni caso in un risparmio di spesa che incide sulla situazione economica del coniuge assegnatario e costituisce, pertanto, un elemento che deve essere ponderato come componente positivo nella determinazione della misura dell'assegno, con una conseguente percentuale riduzione della sua parte economica.
Avv. Antonino Sugamele

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