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Sentenza

Diritto all’assegno divorzile: rilevano l’età, la mancanza di competenze professionali e la collocazione territoriale
Diritto all’assegno divorzile: rilevano l’età, la mancanza di competenze professionali e la collocazione territoriale
Cass. civ. Sez. VI - 1, Ord., (ud. 05/03/2019) 10-04-2019, n. 10084


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Presidente -

Dott. BISOGNI Giacinto - rel. Consigliere -

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - Consigliere -

Dott. NAZZICONE Loredana - Consigliere -

Dott. CAIAZZO Rosario - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.A., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso dall'avv. Carmine Maiorano, (indirizzo p.e.c. carmine.maiorano.ordineavvocaticuneo.eu; fax n. 0171/681528);

- ricorrente -

nei confronti di:

S.K., domiciliata in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa, per procura allegata al controricorso, dagli avv.ti Anna Rita Oggianu (p.e.c. avv.annarita.oggianu.pec.it fax 0784/34292) e Luciano Trubbas (p.e.c. avvlucianotrubbas.oua.legalmail.it) - controricorrente -

avverso la sentenza n. 178/2017 della Corte di appello di Cagliari emessa il 10 maggio 2017 e depositata il 17 maggio 2017, R.G. n. 557/2016;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons. Giacinto Bisogni.
Svolgimento del processo

Che:

1. Nel giudizio per la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da G.A. e S.K. il Tribunale di Nuoro ha negato il riconoscimento in favore della S. del diritto all'assegno divorzile.

2. Sull'appello della sig.ra S. la Corte di appello di Cagliari ha disposto la corresponsione, in suo favore, di un assegno mensile di 150 Euro con la seguente motivazione. "L'appellante vive con la madre e con il figlio avuto da altra relazione, la stessa è priva di reddito, non essendovi alcuna prova che la medesima lavori, nè che percepisca pensione, o introiti da affitti; è verosimile che essa percepisca un assegno dal padre del minore; risulta avere 43 anni; non risulta aver acquisito una specifica professionalità; non risulta peraltro neppure iscritta nelle liste di disoccupazione. Deve quindi affermarsi contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice - che non soltanto l'appellante non ha mezzi adeguati per essere economicamente indipendente, ma - considerata l'età, la mancanza di specializzazione professionale e la prolungata crisi del mercato del lavoro, che risulta ancora più severa in Sardegna - non ha la possibilità di procurarseli per ragioni oggettive, con la conseguenza che deve ritenersi sussistente la prova relativa all'an del diritto all'assegno di divorzio". Per pervenire alla quantificazione dell'assegno la Corte di appello ha considerato che "il matrimonio è stato celebrato nel 1997, che i coniugi si sono separati di fatto nel 2000, che nel 2012 l'appellante ha avuto un figlio con un'altra persona, con la quale non vi è prova dell'instaurazione di una convivenza more uxorio, che il contributo dell'istante alla formazione del patrimonio comune è stato pertanto minimo, che le incompatibilità di carattere sono indicate come la ragione della separazione, richiesta nel 2008 e intervenuta nel 2010".

3. Ricorre per cassazione contro tale decisione il sig. G. deducendo: a) nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 in relazione all'art. 111 Cost., comma 6, per omessa pronuncia sui motivi di cui all'appello, per mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale e/o manifesta e irriducibile contraddittorietà e/o motivazione apparente; b) violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la Corte di appello omesso l'esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti e pertanto per aver riconosciuto il diritto dell'ex coniuge all'assegno di divorzio in assenza delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dalla richiedente; c) violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per omesso esame circa la sussistenza di una famiglia di fatto, circostanza decisiva per il giudizio e che è stata oggetto di discussione tra le parti. a pronuncia. I primi due motivi si riferiscono, dunque, alla mancanza di prova dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno, il terzo all'omesso esame della relazione con il padre del figlio avuto dalla S. dopo la separazione.

4. Non svolge difese la sig.ra S.. 5. Il ricorrente deposita memoria difensiva.
Motivi della decisione

Che:

6. Anche al di là della contraddittoria formulazione delle rubriche dei suoi motivi deve in ogni caso dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

7. Lungi dal presentare una inesistenza della motivazione la decisione della Corte di appello, sia pure sinteticamente, verifica e analizza, con riferimento al caso in esame, tutti i parametri normativi e giurisprudenziali finalizzati all'accertamento del diritto all'assegno divorzile e alla sua quantificazione. Nè, per altro verso, il ricorrente impugna la decisione in conformità ai requisiti richiesti dal nuovo testo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità (a partire dalla nota sentenza delle S.U. n. 8053 del 7 aprile 2014), indicando specifici fatti il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di merito pur a fronte di una specifica deduzione nel corso del giudizio. Ciò vale anche per la asserita instaurazione di una convivenza more uxorio e di una stabile relazione affettiva e di vita con il padre del piccolo T., nato da una relazione di K. S. successiva alla separazione dal ricorrente. La Corte di appello, a tale riguardo, registra, infatti, il difetto di prova all'esito dell'istruttoria circa l'instaurazione di una convivenza more uxorio e il ricorrente non indica alcun fatto rilevante ai fini di smentire tale affermazione del giudice di appello. Tanto meno il ricorrente fornisce indicazioni sui modi e tempi della deduzione di tali fatti nel corso del giudizio di merito.

8. Per quanto riguarda la generica asserzione di violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, deve rilevarsi che la motivazione della Corte di appello appare conforme sia alla invocata decisione della I sezione di questa Corte n. 11504 del 10 maggio 2017 che alla successiva pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287 dell'11 luglio 2018 in quanto ha accertato sia la condizione di non autosufficienza economica della S. sia la ricorrenza dei parametri indicati dall'art. 5 della legge divorzio come sono stati valorizzati dalle Sezioni Unite con la citata pronuncia dell'11 luglio 2018.

9. Il ricorso per cassazione va pertanto dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 2.100 Euro di cui 100 per spese, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2019
Avv. Antonino Sugamele

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