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Sentenza

Nella fase dell’an debeatur occorre verificare se la domanda dell’ex coniuge richiedente l’assegno soddisfi le condizioni di legge (mancanza di mezzi adeguati o comunque impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive) non con riguardo a un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, ma con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica, desunta dai principali indici-salvo altri rilevanti nelle singole fattispecie-del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniuge.
Nella fase dell’an debeatur occorre verificare se la domanda dell’ex coniuge richiedente l’assegno soddisfi le condizioni di legge (mancanza di mezzi adeguati o comunque impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive) non con riguardo a un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, ma con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica, desunta dai principali indici-salvo altri rilevanti nelle singole fattispecie-del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniuge.
Corte d'Appello di Milano, Sez. V, 16 novembre 2017, n. 4793 - Pres. Canziani - Rel. Domanico - Be. Si.
c. Ba. Mi.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
1. Con ricorso depositato il 22.1.2016 Si. Be. ha proposto
appello avverso la sentenza n.1842 emessa il 23.6.2015 dal
Tribunale di Monza, che ha dichiarato il diritto di Mi. Ba. a
conseguire, a titolo di assegno divorzile, la somma mensile
di Euro 1.400.000,00 a far tempo dalla notifica del ricorso
introduttivo del giudizio di scioglimento del matrimonio
(maggio 2013), da versarsi entro il giorno 5 di ogni mese a
mezzo bonifico bancario e a valuta fissa, assegno rivalutabile
annualmente secondo gli indici ISTAT.
Nell'ambito del giudizio di scioglimento del matrimonio,
il Tribunale di Monza aveva prima emesso sentenza non
definitiva, depositata il 17.2.2014, con cui aveva dichiarato
lo scioglimento del matrimonio civile contratto in
Milano il 15.12.1990 tra Si. Be. e Mi. Ba.
L'appellante Be. ritiene anzitutto la insussistenza dei
requisiti per la costituzione dell'obbligazione di pagamento
dell'assegno divorzile e censura la sentenza
impugnata “nella parte in cui ha acriticamente assunto
il tenore di vita, quale termine di comparazione ex art.
5 legge n. 898 del 1970 per la valutazione di adeguatezza”
delle sostanze della Signora Ba....criterio, come
noto, assente dalla norma in parola ma interpolato da
una costante interpretazione giurisprudenziale successiva
alla pronuncia a Sezioni Unite della Suprema
Corte n. 11490/1990”. Osserva quindi che il riferimento
al parametro del “tenore di vita” costituisce
l'interpretazione normativa della “volontà di un Legislatore
non solo socialmente, ma anche costituzionalmente
superato”.
In sintesi, l'appellante ha esposto quanto segue:
- la normativa nazionale va interpretata in senso conforme
all'indirizzo comunitario e inmododa garantire la efficacia
delle norme dell'Unione; in materia di divorzio e mantenimento
tra ex coniugi la Commissione Europea ha
espresso degli indirizzi normativi al dichiarato fine di
contribuire alla armonizzazione del diritto della famiglia
in Europa e di facilitare la libera circolazione delle persone
in Europa; in particolare si richiede che la materia del
mantenimento tra ex coniugi sia plasmata attorno ai
principi di autosufficienza, stato di bisogno e
temporaneità.
-Va adottata una interpretazione dell'art. 5, comma 6,
L. n. 898/1970 conforme ai predetti principi, con la
conseguenza che deve essere escluso il diritto della
signora Ba. al percepimento dell'assegno divorzile,
valutati i mezzi della medesima che vanno rapportati
al parametro dell'autosufficienza, ovvero al parametro
costituzionale della sufficienza per una esistenza libera
e dignitosa ovvero al diverso parametro ritenuto
rispondente all'interpretazione dell'odierno Legislatore
ai sensi dell'art. 12 Prel., diversamente dovendosi
promuovere questione di legittimità costituzionale
della norma nella parte in cui, per effetto del diritto
vivente, dispone che l'adeguatezza dei mezzi del richiedente
l'assegno divorzile sia parametrata al tenore di
vita goduto in costanza di matrimonio.
- La sentenza del Tribunale di Monza impugnata è erronea
nella parte in cui ha costituito l'obbligazione di mantenimento
ritenendo genericamente inadeguati i mezzi della
signora Ba., riconosciuta titolare dei soli proventi della
società immobiliare (Omissis), che sarebbero appena sufficienti
a fronteggiare il prelievo fiscale.
Le disponibilità della appellata sono in realtà enormemente
maggiori, considerato solo chela stessa, nei 63 mesi
antecedenti, ha percepito come assegno di mantenimento
oltre 91,5 milioni di Euro, somma lorda, con disponibilità
al netto del prelievo fiscale di circa 50 milioni di Euro,
ovvero 26.000,00 Euro al giorno percepiti negli ultimi
cinque anni.
Inoltre, le consistenti disponibilità patrimoniali di Mi. Ba.
al momento della separazione consistevano in:
- liquidità amministrata per oltre 16 milioni di Euro (doc. 7
allegato al fascicolo di parte di primo grado, ovvero sentenza
di primo grado nel giudizio di separazione);
- villa a (Omissis) del valore di diversi milioni di Euro
fiduciariamente intestata alla madre (doc. 182);
- gioielli di valore pari a decine di milioni di Euro (doc. 5);
- patrimonio immobiliare di proprietà de (Omissis) pari a
circa 80 milioni di Euro (doc. da 11 a 173). Il patrimonio è
quindi complessivamente stimabile in circa 300 milioni di
Euro, oltre al credito ancora esigibile, credito che, nonostante
il ribasso operato dalla Corte di Appello in sede di
gravame nel giudizio di separazione, ammonta a venti
milioni di Euro.
Il pagamento, da parte di Si. Be., di una somma complessiva
di oltre 110 milioni di Euro costituisce nei fatti un
indebito trasferimento di ricchezza, non consentito dall'ordinamento;
inoltre una disponibilità così ingente di
liquidità, accumulata in un arco temporale estremamente
contenuto, ha consentito alla signora Ba. una ulteriore
produzione di ricchezza mediante patrimonializzazione
della misura non consumata, e ciò secondo la comune
esperienza. Infatti “...se i costi del mantenimento della
signora Ba. fossero stati anche solo tendenzialmente avvicinabili
alla misura goduta, la medesima non avrebbe
avuto alcuna difficoltà di esibizione probatoria, adempiendo
a quell"onere sempre eluso nel corso della lunga
epopea giudiziaria...”.
- La sentenza impugnata è viziata nella parte in cui ha
omesso di valutare la sussistenza del requisito del comma 6
dell'art. 5 L. n. 898/70 perché sia riconosciuto l'assegno
divorzile, ovvero la capacità del richiedente di procurarsi i
mezzi adeguati.
Mi. Ba. svolge, di fatto, l'attività di imprenditrice
immobiliare per il tramite della società (Omissis) e,
in ogni caso, è abile allo svolgimento di attività
lavorativa; peraltro dispone di fonti reddituali non
lavorative ma di provenienza finanziaria. Ella pertanto
amministra la propria ricchezza con conseguente percepimento
di rendite finanziarie e di posizione, avendone
le capacità.
- In via subordinata e in parziale riforma della sentenza
impugnata va comunque ridotto l'assegno divorzile in
quanto è errata la valutazione delle modalità di determinazione
dell'assegno medesimo; in primo luogo la
sentenza è erronea nella parte in cui fa corrispondere
le ricchezze di tutta la famiglia Be., intesa in senso
allargato, a quel tenore di vita goduto in costanza di
matrimonio, tenore che la sentenza descrive in modo
iperbolico e che comunque l'appellante non è tenuto a
continuare ad assicurare alla ex moglie. Il metro di
valutazione cui fa riferimento il Tribunale di Monza
per determinare l'importo dell'assegno in 1.400.000
Euro mensili è quello, come si legge in sentenza,
“desumibile dalla comune esperienza” in quanto il
tenore di vita della famiglia sarebbe stato “ben superiore
a quasi tutti i soggetti ritenuti i più ricchi del
mondo”, genericità di parametri e valutazioni che il
Tribunale avrebbe potuto superare accogliendo le
istanze istruttorie formulate.
- La signora Ba. non ha mai dato conto degli esborsi
effettuati dalla separazione in avanti e dal settembre
2010 è ignota anche la sua dimora, mentre il Tribunale
ha anche valorizzato “ingenti costi” necessari per la locazione
di un immobile ove vivere.
La conseguenza è che la sentenza neppure ipotizza quali
costi l'appellata debba oggi sopportare. Pertanto la quantificazione
dell'assegno effettuata dal tribunale appare
arbitraria, avendo adottato un generico criterio esponenziale
di spese. Inoltre l'appellata non ha mai lamentato la
insufficienza del mantenimento percepito nella fase iniziale
della separazione, pari a un milione di Euro, fase
anche più difficile rispetto alla attuale vita di donna
divorziata.
L'assegno dovrà pertanto essere determinato previa adeguata
attività istruttoria e comunque in misura inferiore a
un milione di Euro.
- lamotivazione delTribunale diMonza è contraddittoria
laddove determina l'assegno divorzile tenendo conto del
prelievo fiscale, salvo poi prendere atto che “...il reddito
che la Ba. può trarre dagli immobili a lei attribuiti in
proprietà, attraverso la società Il Poggio e che sono locati,
oltre che alla loro stessa conservazione e gestione potrà
servire, e forse neppure a sufficienza, a compensare il
prelievo che il fisco opererà sul suo assegno divorzile.”. Si
chiede conseguentemente di ridurre l'assegno quantomeno
nella misura della pressione fiscale. In ogni caso
l'assegno quantificato, multiplo rispetto a redditi da
lavoro percepito da categorie economiche equiparabili,
ad esempio dirigenti di multinazionali, crea posizioni di
rendita fondate su un mero status sociale e inoltre
“impone discriminatoriamente a carico del solo coniuge
onerato il dovere di mantenere il medesimo (anzi superiore)
tenore reddituale, coartando, dunque, il diritto di
auto-determinazione garantito dall'art. 4 Cost. e legittimando
il coniuge beneficiario a sottrarsi al proprio
dovere di contribuire al progresso sociale per il tramite
della propria attività lavorativa (art. 4 Cost.)”. Pertanto,
ove non si ritenga di adottare il criterio del reddito da
lavoro al fine di determinare il quantum, si insiste nella
richiesta di rimessione alla Corte Costituzionale della
prospettata questione di incostituzionalità dell'art. 5,
comma 6, L. n. 898/1970.
-Vengono infine censurati altri passaggi della motivazione
della sentenza impugnata, in particolare laddove si fa
riferimento alla pressione fiscale, che viene espressamente
criticata così come viene operata, motivazione che mostra
come sia radicata “...una concezione “indissolubilista” del
matrimonio e “matrimonialista” del divorzio di cui...il
perdurante utilizzo del criterio del “tenore di vita” è il
precipitato più ingombrante e anacronistico: il divorzio,
nella concezione del Tribunale di Monza, assurge ad avere,
nel rapporto tra ex coniugi, un mero carattere formale che
nulla fa decadere, sul piano sostanziale, rispetto all'‟unione
matrimoniale di cui si continua ad imporre giudizialmente,
al di fuori della volontà dei consociati e lontani
dai canoni Europei, una perdurante, irrazionale,
sopravvivenza.”.
- Si contestano le affermazioni del Tribunale, mancanti di
supporto probatorio, laddove ritiene che il valore del
compendio immobiliare de Il Poggio sia inferiore alle
appostazioni di bilancio e ciò sulla base di generiche
affermazioni, ovvero:
- l'immobile di via (Omissis) sarebbe edificio “di normali
caratteristiche costruttive”;
- costi ingenti per il drenaggio dell'acqua nei piani interrati
di palazzo (Omissis), per la presenza di falde acquifere;
- venir meno di relazioni privilegiate che Be. aveva con il
mondo imprenditoriale e ciò per la locazione dei prestigiosi
immobili, ora più difficile.
- Si chiede pertanto di accertare la insussistenza dei presupposti
di legge per il riconoscimento di un assegno
divorzile e, in via subordinata, comunque di ridurlo
nella misura ritenuta equa.
2. Con memoria depositata in via telematica il 25.11.2016
si è costituita in giudizio Mi. Ba., che ha chiesto il rigetto
dell'appello e ha proposto a sua volta appello incidentale
avverso la sentenza n. 1842/14 del Tribunale di Monza,
chiedendo il riconoscimento di un assegno divorzile a suo
favore pari a Euro 3.600.000 mensili.
In sintesi l'appellata ha esposto quanto segue:
- In relazione alla ritenuta illegittimità costituzionale
dell'art. 5 L. n. 898/70, la questione è stata già ritenuta
non fondata dalla Corte Costituzionale che ha chiarito
che l'esistenza di un “diritto vivente” fondato sul paradigma
del “tenore di vita” non trova riscontro nella giurisprudenza
della Cassazione, secondo cui il tenore di vita
goduto in costanza di matrimonio non costituisce l'unico
parametro di riferimento ai fini della statuizione dell'assegno
divorzile ma rileva per determinare in astratto il tetto
massimo della misura dell'assegno; in concreto quel parametro
concorre e va bilanciato, caso per caso, con tutti gli
altri criteri indicati dall'art. 5. La durata del matrimonio è
elemento rilevatore dell'effettività della comunione e
costituisce il filtro attraverso il quale devono essere esaminati
e considerati tutti gli altri criteri indicati nella
norma.
- Il paradigma del tenore di vita coniugale e la necessità/
possibilità di conservarlo va dedotto sia dal riferimento
alle condizioni reddituali e patrimoniali dei coniugi che
dal contenuto del comma 9 dell'art. 5, che prevede la
possibilità, in caso di contestazioni, di disporre indagini
“sull'effettivo tenore di vita”.
- Dalle norme costituzionali che garantiscono la parità dei
coniugi durante il matrimonio discende il fondamento
dell'assegno divorzile.
- I principi normativi e giurisprudenziali, secondo i quali
l'assegno divorzile deve essere strumento di riequilibrio
delle posizioni economiche dei coniugi e deve garantire
la conservazione del tenore di vita coniugale, rispondono
a ragionevolezza: “il legislatore, consapevole del fatto che
la divisione del lavoro nella famiglia si caratterizza per
una ripartizione e distinzione di ruoli, ha dettato delle
regole attuative del principio costituzionale di parità (art.
29 Cost.), stabilendo che con il matrimonio il marito e la
moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi
doveri, sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie
sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o
casalingo a contribuire ai bisogni della famiglia(art. 143
c.c.) e devono adempiere l'obbligo di mantenere i figli
(artt. 147 e 315 bis c.c.) in proporzione alle rispettive
sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale
o casalingo (artt. 148 c.c. e 316 bis c.c.). Così, in applicazione
degli stessi valori, nel momento in cui il matrimonio
si scioglie, il principio della parità tra i coniugi
deve trovare applicazione e realizzazione attraverso una
equa condivisione delle risorse della famiglia, ciò a tutela
del coniuge debole proprio nella fase in cui le scelte
operate in virtù del matrimonio manifestano le loro
conseguenze negative.”.
- La Commission on European Family Law (CEFL) è
carente di rilevanza giuridica e cogenza e, in ogni caso,
sul piano normativo i sistemi Europei sono molto diversi
fra loro e inoltre alcuni sistemi prevedono la possibilità di
stipulare accordi prematrimoniali. Dunque appare fallace
il confronto fatto per singoli istituti, estraniati dal contesto
normativo.
- Il tenore di vita in costanza di matrimonio costituisce un
parametro dal quale partire, per affrontare poi la specificità
dei casi concreti. Il presupposto per riconoscere il diritto
all'assegno divorzile è costituito dalla “inadeguatezza dei
mezzi del coniuge richiedente (tenendo conto di tutte le
sue possibilità) a conservare un tenore di vita analogo a
quello avuto in costanza di matrimonio, senza che sia
necessario uno stato di bisogno dell'avente diritto, il
quale può anche essere economicamente autosufficiente,
avendo rilievo l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza
del divorzio, delle condizioni economiche del medesimo
che, in via di massima, devono essere ripristinate in
modo da ristabilire un certo equilibrio (Cass., Sez. Unite,
n. 11490/90)”.
- La funzione assistenziale dell'assegno di divorzio è strettamente
collegata al valore della solidarietà post matrimoniale
e l'assegno divorzile è un mezzo per far fronte al
deterioramento del livello di protezione connesso alla fine
del matrimonio (non a uno stato di bisogno) e ha finalità di
riequilibrare i rapporti.
- Il tenore di vita coniugale costituisce la misura di riferimento
per la valutazione dell'adeguatezza dei mezzi del
coniuge che richiede l'assegno divorzile e ne è il tetto
massimo in quanto, nella concreta determinazione del
diritto, il giudice deve tenere conto degli altri parametri
indicati dal sesto comma.
- Per quanto riguarda le disponibilità della signora Ba., le
stesse sono state correttamente valutate dal Tribunale,
che non ha omesso nulla, mentre l'appellante cita dati che
non corrispondono alla realtà:
- il patrimonio immobiliare posseduto dall'appellata
attraverso la società Il Poggio non è di 80 milioni di
Euro, come sostenuto da controparte, quotazione non
provata e contestata. I c.d. “giudizi di stima” effettuati in
data 11.1.2010 e a firma del geom. Fr. Ma., prodotti in
primo grado dall'appellante, sono stati contestati dalla
signora Ba. in relazione alla loro provenienza e attendibilità.
Gli approfondimenti peritali, che l'appellata si era
dichiarata disponibile a effettuare, non sono stati ritenuti
necessari dal Tribunale, anche per il divario consistente
tra i patrimoni delle parti, giacché, sulla base delle classifiche
Forbes degli uomini più ricchi del mondo, il
patrimonio di Be. risulta stimato nell'ordine dei 9
miliardi di Euro.
- La società (Omissis) non produce utili, ed è anzi in
perdita, “in quanto i frutti derivanti dalla locazione degli
immobili che possiede sono integralmente assorbiti dagli
oneri relativi al mutuo gravante su uno di tali beni (Palazzo
(Omissis)) nonché dagli oneri fiscali, gestionali, nonché di
manutenzione e la qualità degli immobili posseduti da tale
società incide sulla remuneratività degli stessi, anche in
relazione alle attuali richieste del mercato”.
- La casa in località (Omissis) è stata acquistata nel 2004 ed
è stata intestata alla suocera di Be..
- La liquidità riferita dalla signora Ba. in sede di separazione,
e richiamata dall'appellante anche nei giudizi di
divorzio, “non ha rilevanza, tra l'altro da allora si è notevolmente
ridotta sia in ragione dell'andamento della
borsa, sia in ragione dei finanziamenti soci ai quali l'appellata
è stata tenuta per la copertura delle perdite della
società Il Poggio”.
- Quanto ricevuto dalla signora Ba. a titolo di assegno
di separazione prima e di divorzio poi viene indicato
dalla controparte al lordo di imposta e in ogni caso si
tratta di somme che “sono ovviamente servite e servono
alla stessa per vivere secondo canoni analoghi,
almeno tendenzialmente, a quelli relativi al precedente
tenore di vita”. Del resto anche la Cassazione
ha ribadito che l'assegno può essere molto elevato se
parametrato a un elevato e dispendioso tenore di vita e
che esso è finalizzato alla conservazione di tale tenore.
È dato inconfutabile che per mantenere, almeno tendenzialmente,
il precedente tenore di vita debbano
essere messe a disposizione della signora Ba. somme
adeguatamente consistenti.
- Per quanto riguarda i gioielli, la signora Ba. “intende
conservarli per lasciarli alle figlie e alla futura moglie del
figlio”.
- Le sostanze dell'appellata non vengono in rilievo per
il loro valore assoluto, ma per il peso relativo che
devono assumere nella valutazione comparativa con
la situazione economica e patrimoniale del dott. Be..
La divergenza tra le sostanze dell'onerato e quelle della
beneficiaria risulta nel caso di specie pacificamente
incommensurabile.
- La signora Ba. non può svolgere lavoro e non lo ha mai
svolto, se non per un breve periodo, quando era molto
giovane e svolgeva l'attività di attrice, lavoro che ha
interrotto accondiscendendo alla volontà del coniuge.
Inoltre la società Il Poggio è sempre stata amministrata
da un professionista e l'appellata non ha mai fatto l'immobiliarista
ma, semplicemente, detiene alcuni immobili
a mezzo della società.
La s.r.l. Il Poggio è stata sempre amministrato da persona di
fiducia di Be. (il geom. S.) e, dopo la separazione, è stata
designata persona di fiducia dell'appellata (rag. Mo. Li.).
In ogni caso si tratta di attività non produttiva di redditi e
“quindi inidonea a costituire per la signora Ba. una fonte di
mezzi”.
- Gli assegni ricevuti da Be. sono previsti “...affinché il
beneficiario lo destini ai consumi necessari alla conservazione
del tenore di vita coniugale, non all'accantonamento
e quindi all'investimento. Risulta pertanto
completamente fuori dalla logica sostenere che la signora
Ba. sarebbe in grado di procurarsi i mezzi adeguati alla
conservazione del tenore di vita coniugale in quanto
titolare di assegno divorzile.”.
- In relazione al criterio per la determinazione del mantenimento,
premesso che il tenore di vita della famiglia Be. è
stato decisamente al di sopra della norma e che è fatto non
contestato anche in ragione della sua evidenza pubblica,
l'assegno va dunque rapportato a detto tenore di vita.
Oltretutto il tenore di vita dello stesso Be. “ha comportato
e continua a comportare oneri sbalorditivi, basti pensare
che, per sua stessa ammissione, egli gode di venti case...." Si
fa notare che si tratta di dimore di pregio architettonico e,
nella maggior parte dei casi, di pregio storico, ciascuna di
diverse migliaia di metri quadri, tutte circondate da decine
di ettari di parchi di pregio arboreo e paesaggistico. Inoltre
vengono spese cospicue somme di denaro per continui
abbellimenti, data la passione di Be. per tutte le proprie
dimore: ad esempio una serra a Villa Certosa è costata
quattro milioni di Euro.
- Le osservazioni svolte dall'appellante in merito a un
preteso onere della prova a carico della signora Ba. con
riguardo alle spese dalla stessa sostenute risultano
“assurde” in quanto oggetto di prova è il tenore di vita
goduto durante il matrimonio.
- La sentenza del Tribunale di Monza è erronea, e su questo
punto Mi. Ba. propone appello incidentale, laddove il
primo giudice ha fissato l'assegno divorzile in Euro
1.400.000,00 e ne ha indicato la decorrenza dalla notifica
del ricorso introduttivo del giudizio di scioglimento del
matrimonio. Appare errata la applicazione del parametro
del contributo personale ed economico dato da ciascun
coniuge alla conduzione familiare e alla formazione del
patrimonio di ciascuno o di quello comune, dovendosi
considerare che la signora Ba. si è occupata personalmente
della crescita dei tre figli e di ogni questione relativa alla
loro salute, scuola, attività sportive ed è stata sempre
presente nella quotidianità dei figli, non avendo Be. mai
esercitato funzioni genitoriali quotidiane; il ruolo svolto
dalla signora Ba. in famiglia ha giovato alla immagine
pubblica di Be. e così l'appellata ha contribuito al successo
del marito e quindi anche alla formazione della sua
ricchezza.
Poiché il regime prescelto era stato della separazione dei
beni, dovrà tenersi in maggiore considerazione l'apporto
del coniuge economicamente più debole che, “...per dedicarsi
alla famiglia ha rinunciato alla possibilità di svolgere
lavoro esterno, produttivo di reddito, e quindi alla possibilità
di formare un patrimonio personale”. I predetti
elementi non sono stati tenuti in considerazione dal Tribunale
di Monza e pertanto “...la signora Ba. non deve
subire alcuna riduzione del tenore di vita coniugale...
anche perché il contributo dato dall'appellante incidentale
alla famiglia è stato comprovatamente fondamentale e
certamente non inferiore a quello dato dal dott. Be.
attraverso consistenti esborsi economici. Diversamente,
in contrasto con i principi dell'ordinamento, si attribuirebbe
un valore differente alle funzioni svolte da ciascuno
per la famiglia.”.
Sulla base di queste considerazioni appare ingiustificata la
drastica riduzione dell'assegno rispetto a quanto stabilito
in sede di separazione, assegno che deve essere corrisposto
nella misura di Euro 3.600.000,00 mensili ovvero nella
diversa somma comunque superiore a 1.400.000,00. L'assegno
divorzile, che ha efficacia costitutiva, dovrà decorrere
dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio.
3. All'udienza del 25.1.2017, che si è svolta alla presenza
del P.G., della signora Ba. e dei difensori, sull'accordo delle
parti la causa è stata rinviata all'udienza del 12 aprile 2017,
ritenuta da tutti l'opportunità di attendere la decisione
della Corte di Cassazione nella causa di separazione dei
coniugi Be.- Ba.
Per il medesimo motivo la causa è stata nuovamente
rinviata, sull'accordo delle parti, all'udienza del
13.12.2017 e quindi anticipata all'udienza del
20.9.2017 su istanza dell'appellante, che ha, tra l'altro,
chiesto di produrre la sentenza dellaCassazione n. 12196/
17 emessa il 16.11.2016 e depositata il 16.5.2017, sentenza
che ha rigettato il ricorso proposto da Si. Be.,
cosicché la sentenza della Corte di Appello di Milano
depositata il 27.3.2014, emessa nel giudizio di separazione,
è divenuta definitiva.
4. In data 31.7.2017 è stata depositata in via telematica
comparsa di costituzione di un secondo difensore nell'interesse
di Si. Be., che ha richiamato integralmente il
contenuto dell'atto di appello e le domande ivi formulate,
chiedendo che l'assegno divorzile sia revocato a far data
dalla domanda di divorzio, ovvero maggio 2013; ha chiesto
quindi il rigetto dell'appello incidentale, contestando
integralmente il contenuto della memoria avversaria.
Ha infine chiesto l'autorizzazione a produrre i seguenti
documenti: il bilancio della società (Omissis) al
31.12.2015; la sentenza n. 12196/17 della Corte di Cassazione
pronunciata tra le parti nel giudizio di separazione e
depositata il 16.5.2017; atto di precetto notificato da Mi.
Ba. a Si. Be. il 14.4.2017; visura catastale e relativo
contratto di compravendita da parte di Mi. Ba.; giurisprudenza
(Appello Bologna sentenza n. 1429/2017, pubblicata
il 15.6.2017; Appello Torino sentenza n. 1321/2017,
pubblicata il 14.6.2017).
5. All'udienza del 20.9.2017 parte appellata ha prodotto,
nulla opponendo la controparte, la sentenza del Tribunale
di Udine emessa in data 11.5.2017 e depositata l'1.6.2017
e non si è opposta alla acquisizione della documentazione
che l'appellante ha chiesto di produrre con la memoria
depositata il 31.7.2017.
In relazione al documento prodotto da Be., attestante il
recente acquisto di un appartamento in via (Omissis) n. 10
da parte di Mi. Ba., il difensore dell'appellata ha precisato
che attualmente Mi. Ba. dimora in due appartamenti
condotti in locazione, uno in Milano e l'altra in Brianza.
La signora Ba. ha quindi deciso di acquistare l'appartamento
in via (Omissis) per destinarlo a propria abitazione
in Milano, con l'intenzione di lasciare a breve l'abitazione
condotta in locazione. Ha infine riferito che la signora Ba.
vive tra Milano e la Brianza in quanto si occupa dei nipoti.
I difensori hanno in conclusione illustrato oralmente i
rispettivi e contrapposti punti di vista in relazione ai
presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile,
tenuto conto degli ultimi arresti della Suprema Corte di
Cassazione.
6. Preliminarmente la Corte acquisisce la documentazione
prodotta dalle parti in questo grado di giudizio, preso atto
del reciproco consenso manifestato.
Si ritengono viceversa ultronee tutte le istanze istruttorie
- riproposte integralmente dalle parti in questo grado di
giudizio - tendenti a dimostrare l'esatta consistenza del
patrimonio degli ex coniugi e il tenore di vita in costanza
di matrimonio, prove irrilevanti ai fini della decisione
ovvero relative a fatti non contestati. In particolare non è
contestato ed è altresì irrilevante ai fini del decidere
l'altissimo tenore di vita delle parti in costanza di matrimonio.
Così come non rileva avere l'esatta contezza
dell'effettiva consistenza del patrimonio di Si. Be., mentre
sarebbe stato rilevante conoscere quantità e qualità
delle spese oggi sostenute da Mi. Ba., che è titolare, in
qualità di socio unico di società immobiliari, di un considerevole
patrimonio immobiliare e ha la disponibilità
di somme di denaro - considerando solo quelle ricevute a
titolo di assegno dopo la separazione - di consistenza tale
da poter essere in parte destinate ad investimenti e
comunque di entità tale da consentirle un elevato tenore
di vita anche negli anni futuri. Pur sollecitata in tal senso
dalla Corte nel confronto orale in udienza, l'appellata
non ha ritenuto di adempiere a tale suo onere probatorio,
neppure allegando quali siano le spese attuali sostenute
dalla signora Ba. per mantenere il patrimonio immobiliare,
che le è stato costituito nel corso del matrimonio
dal marito, e quali siano le spese sostenute in relazione al
suo attuale tenore di vita.
Nel merito, la presente controversia verte esclusivamente
sul riconoscimento o meno di un assegno divorzile a carico
di Si. Be. e a favore dell'ex moglie Mi. Ba..
Appare utile, preliminarmente, puntualizzare l'iter processuale
che da molti anni vede contrapposte le parti, con
il fallimento di diversi tentativi di conciliazione esperiti
dalle diverse autorità giudiziarie e dalle parti stesse, in
particolare evidenziando che:
- il 15.12.1990 Si. Be. e Mi. Be. contraevano matrimonio e
dall'unione sono nati tre figli, tutti economicamente
indipendenti;
- il 4.11.2009 Mi. Ba. proponeva ricorso per separazione;
- il 18.5.2010 veniva emesso provvedimento presidenziale
che poneva a carico di Be. un assegno mensile di Euro
50.000 a favore della moglie con decorrenza giugno 2010 e
fino al rilascio da parte della stessa della casa coniugale
denominata Villa (Omissis), e quindi un assegno mensile
di Euro 1.000.000,00;
- il 19.12.2012 emessa, nel giudizio di separazione, sentenza
dal Tribunale di Milano, depositata il 27.12.2012,
che poneva a carico di Be. un assegno mensile a favore
della moglie di Euro 3.000.000,00, decorrente da maggio
2010;
- il 14.5.2013 Si. Be. proponeva ricorso per scioglimento
del matrimonio;
- il 17.2.2014 veniva pronunciata dal Tribunale di Monza
sentenza parziale n. 499/2014 di scioglimento del
matrimonio
- in data 11.7.2014 veniva depositata, nel giudizio di
separazione, la sentenza n. 2740 dalla Corte di Appello
di Milano, che poneva a carico di Be. un assegno mensile a
favore della moglie di Euro 50.000,00 mensili dalla
domanda (4.11.2009) fino a settembre 2010 (data di
rilascio della casa coniugale da parte di Ba.) e, successivamente,
di Euro 2.000.000,00 mensili;
- il 22.6.2015 è stata emessa dal Tribunale di Monza la
sentenza n. 1842/15 qui appellata, nell'ambito della causa
di scioglimento del matrimonio e relativa agli aspetti
patrimoniali, sentenza che ha posto a carico di Be. un
assegno divorzile pari a 1.400.000,00 mensili;
- il 16.5.2017 è stata depositata sentenza della Corte di
Cassazione di rigetto del ricorso di Be. avverso la sentenza
della Corte di Appello di Milano nella causa di separazione
(con conferma quindi dell'assegno mensile a suo carico di
Euro 2.000.000,00 a favore della moglie a decorrere dal
settembre 2010).
La Corte ritiene che, con lo scioglimento del matrimonio,
sia venuto meno il diritto di Mi. Ba. a richiedere un
assegno di mantenimento e che quindi non sussistano i
presupposti per il riconoscimento di un assegno divorzile ai
sensi dell'art. 5,comma6, L. n. 898/1970,comemodificato
dalla L. n. 74/1987.
La signora Ba. può infatti contare su un cospicuo patrimonio,
oltretutto costituitole integralmente dal marito
nel corso del quasi ventennale matrimonio; ha la capacità
di produrre reddito, sia per le ingenti somme di
denaro che l'ex marito le ha corrisposto sia perché possiede
numerosi beni immobili di notevole valore commerciale
in qualità di socio unico della società
immobiliare (Omissis) - che ha un patrimonio complessivo
di oltre 50 milioni di Euro, come risulta dal bilancio
di esercizio al 31.12.2015 prodotto dall'appellante - e, per
il tramite di detta società della società Reality Corp di
New York, proprietarie entrambe le società di cespiti in
Italia, Stati Uniti e Inghilterra.
Mi. Ba. ha la possibilità e capacità di investimento di parte
delle somme capitali ricevute dal marito, somme che la
stessa signora Ba. ha quantificato in Euro 104.418.000,00
lordi, come emerge dall'atto di precetto del 7.3.2017
notificato a Si. Be., ritenendo l'appellata di essere ancora
creditrice della somma di Euro 26.050.220,715. Senza
considerare il valore dei numerosissimi gioielli avuti in
dono dal marito nel corso del matrimonio, che l'appellante
ha valutato in decine di milioni di Euro, valutazione non
contrastata dalla signora Ba. che si è limitata ad osservare
che non rilevano in quanto è suo desiderio destinarli alle
figlie e alla futura moglie del figlio.
Mi. Ba. ha affermato che le ingenti spese sostenute per la
manutenzione degli immobili e quelle destinate al fisco
sono coperte dai canoni di locazione degli immobili
medesimi; anzi, la società Il Poggio non solo non produce
reddito ma è anche in perdita. Tale situazione emerge dal
bilancio 2015. Peraltro si osserva che potrebbe trattarsi di
una situazione temporanea, ad esempio per la mancata
locazione di alcuni immobili, come sostenuto in primo
grado, ovvero per la necessità di spese straordinarie e, in
ogni caso, quand'anche fosse stato necessario attingere ai
risparmi per far fronte alle perdite (che sempre nel bilancio
2015 vengono indicate in circa 1.300.000 Euro), le
somme accantonate sono di capienza tale da consentire
alla signora Ba. un alto tenore di vita ed essere anche
investite (residuando 103milioni di Euro circa, sia pure al
lordo).
Il valore di tutto il patrimonio immobiliare è in ogni caso
ingente e deve essere anch'esso considerato al fine di
valutare l'adeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente
l'assegno. Così come va considerato l'immobile di
via (Omissis) acquistato daMi. Ba. il 29.9.2015, per essere
destinato a propria abitazione, immobile che dal contratto
prodotto risulta essere stato acquistato al prezzo di
1.500.000,00 Euro, abitazione di cat.A/2, cl. 1, vani 10,5
e terrazzo, rendita catastale di Euro 1.816,647.
Si prendono dunque in considerazione le deduzioni della
appellata e non già dell'appellante, con valutazioni del
patrimonio complessivo della signora Ba. molto prudenziali
e, ciononostante, la condizione economica della
stessa si ritiene possa consentirle, anche per il futuro, un
tenore di vita elevato.
La Corte deve anche tener conto del fatto che parte
appellata non ha adempiuto all'onere probatorio di allegare
e poi dimostrare quale sia l'entità e la qualità dei suoi
attuali esborsi mensili, neppure essendo noto ove la stessa
abbia fissato la sua dimora.
e quale sia il suo tenore di vita attuale. Peraltro, all'udienza
del 20.9.2017, per la prima volta, a fronte della
produzione, da parte dell'appellante, del contratto di
compravendita di immobile da parte della signora Ba.
in data 29.9.2015 e del relativo rapporto catastale, è stato
riferito alla Corte da parte del difensore - come risulta dal
verbale di udienza - che la signora Ba. vive in una
abitazione in locazione in Brianza e in altra abitazione
in locazione a Milano (senza peraltro indicazione dei
luoghi né della entità dei canoni), abitazione di Milano
che lascerà a breve, avendo effettivamente acquistato un
appartamento per sé in via (Omissis) n. 10, ove si trasferirà
a vivere nei periodi che trascorrerà a Milano,
occupando molto del suo tempo a seguire i nipoti,
lasciando dunque intendere di condurre una vita appartata
e nella normalità. Tali dichiarazioni della parte
portano, amaggior ragione, a ritenere che effettivamente
vi sia una capacità di risparmio e investimento di buona
parte delle somme ricevute, essendo verosimilmente
mutate oltre alle condizioni di vita (necessariamente, a
causa della separazione) le stesse scelte di vita e priorità
assegnate alle spese.
Ciò detto, questa Corte condivide le argomentazioni
sviluppate nell'atto di appello con riferimento alla
interpretazione che deve essere data della normativa
in esame, sopra sinteticamente richiamate, interpretazione
che è stata, nelle more del presente giudizio,
fatta propria anche dalla Suprema Corte di Cassazione
con le sentenze n.11504 e n.15481, che hanno mutato
il precedente orientamento in tema di individuazione
dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno
divorzile.
Nelle more del presente giudizio è stata anche depositata,
il 16.5.2017, la sentenza della Corte di Cassazione che, nel
respingere il ricorso proposto da Si. Be., ha reso definitiva
la sentenza di questa Corte che aveva riconosciuto nel
giudizio di separazione un assegno di mantenimento a
favore della signora Ba., sentenza della Suprema Corte
che non contrasta con il nuovo orientamento in tema di
assegno divorzile ma, al contrario, espressamente aderisce
ad esso. Afferma infatti il principio secondo cui la separazione
personale, a differenza dello scioglimento o cessazione
degli effetti civili del matrimonio, presuppone la
permanenza del vincolo coniugale, sicché i “redditi adeguati”
cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno
di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della
condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a
mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio,
essendo ancora attuale il dovere di assistenza
materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con
tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la
sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà
convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben
diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno
di divorzio. In particolare la Suprema Corte
evidenzia “... la sostanziale diversità del contributo in
favore del coniuge separato dall'assegno divorzile, sia
perché fondati su presupposti del tutto distinti, sia perché
disciplinati in maniera autonoma e in termini niente
affatto coincidenti.”. Quindi la Corte di Cassazione precisa
che mentre nella separazione il dovere di assistenza
materiale conserva la sua efficacia e la sua pienezza in
quanto costituisce uno dei cardini del matrimonio e fonda
quindi l'assegno di mantenimento, non apparendo incompatibile
lo stato di separazione, in ipotesi anche temporaneo,
non altrettanto può affermarsi quanto alla solidarietà
post-coniugale, che è alla base dell'assegno divorzile: “al
riguardo - si legge nella sentenza - è sufficiente richiamare
la recente sentenza di questa Corte n. 11504 del 10.5.2017,
le argomentazioni che la sorreggono ... e i principi di diritto
con essa enunciati”.
Dunque il passaggio dal parametro del “tenore di vita
durante il matrimonio” a quello della “autosufficienza
economica” viene ribadito anche da questa terza sentenza
della prima sezione civile della Suprema Corte.
Ciò premesso, deve evidenziarsi che, nel preliminare giudizio
sull'an debeatur, occorre verificare la mancanza o
meno di mezzi adeguati, o comunque la impossibilità di
procurarseli per ragioni oggettive, da parte del coniuge
richiedente l'assegno, cosìcomeespressamente prescrive il
sesto comma dell'art. 5 L. n. 898/70.
L'adeguatezza è certamente un concetto astratto e
anche relativo, ed è stata per lungo tempo rapportata
dalla giurisprudenza al tenore di vita mantenuto in
costanza di matrimonio. Peraltro il criterio del tenore
di vita goduto in costanza di matrimonio è stato, nella
valutazione dei casi concreti, contemperato, moderato,
fino ad essere talora azzerato, tenuto conto della molteplicità
dei criteri indicati nel comma 6 dell'art. 5
L. n. 898/1970, pur se si tratta di criteri di valutazione
riservati al quantum, quali: le condizioni dei coniugi,
le ragioni della decisione, il contributo personale ed
economico dato da ciascuno alla conduzione familiare
e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di
quello comune, il reddito di entrambi, elementi tutti
da valutarsi in rapporto alla durata del matrimonio.
Sulla stessa linea sembrano essere le osservazioni sviluppate
dal Tribunale di Udine nella sentenza
dell'11.5-1.6.2017, in particolare laddove osserva
come in realtà “... il giudizio sull'an non possa logicamente
essere distinto da quello sul quantum, atteso
che si tratta di un'unica operazione in cui i due aspetti
si compenetrano e servono a trovare un equo contemperamento
di tutte le esigenze rappresentate dal legislatore
nel tormentato art. 5, 5° e 9° comma ...”.
Operazione ermeneutica errata, ma resa necessaria
dal permanere di una interpretazione giurisprudenziale
dei parametri di riferimento per definire i mezzi adeguati
non più rispondente ai mutamenti sociali in atto,
distorsione di cui il recente revirement della Corte di
Cassazione si è fatto carico e che ha, condivisibilmente,
superato.
Il tenore di vita è un indice anch'esso relativo, se non altro
perché muta nel tempo ed è legato a tanti fattori, sia di
ordine sociale che personale, non ultimo il progredire
dell'età. Nella generalità dei casi, inoltre, la frattura dell'unità
familiare impoverisce entrambi i coniugi con la
conseguenza che il tenore di vita dopo la separazione non è
quasi mai paragonabile, per entrambi i coniugi, al tenore di
vita in costanza di matrimonio.Nonsi ritiene pertanto che
il canone del tenore di vita in costanza di matrimonio
costituisse un parametro certo su cui poter fare affidamento
e, in ogni caso, negli anni ha di fatto indotto la
giurisprudenza ad una sovrapposizione delle valutazioni
sull'an e sul quantum, per rendere le decisioni comprensibili
in relazione al comune sentire e alla evoluzione del
costume sociale.
Come già detto, nelle more del presente giudizio è intervenuta
la nota pronunzia della Suprema Corte n. 11504/
2017 che ha proposto una diversa interpretazione delle
norme in esame.
Del contenuto della innovativa pronuncia della Suprema
Corte e della sua incidenza nel caso concreto le parti
hanno discusso oralmente in udienza, sostenendone la
conformità ai principi dell'ordinamento e costituzionali il
difensore di Be., che ha richiamato il contenuto dell'atto
di appello ove già era stata proposta una diversa esegesi
della norma nel senso poi deciso dalla Cassazione, e
contrastandola la difesa di Ba., che ha richiamato il pregresso
consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità ritenendolo a sua volta maggiormente coerente
con i principi costituzionali ed evidenziando come il
nuovo parametro introdotto della indipendenza o autosufficienza
economica sia sfuggente, richiamando in proposito
il parere dissenziente manifestato da alcuni
commentatori nelle sedi seminariali e anche da una
parte della giurisprudenza di merito, quale in particolare
la citata sentenza del tribunale di Udine dell'11.5-
1.6.2017.
La sentenza della prima sezione civile della Suprema Corte
n. 11504 del 10.2.2017, depositata il 10.5.2017, cui oltretutto
è seguita anche altra conforme sentenza della Cassazione,
la n. 15481 del 29.5-22.6.2017, con Collegio
parzialmente diverso (e alle quali aderisce anche la sentenza
n. 12196/17, con Collegio ancora parzialmente
diverso) ha mutato il pregresso orientamento interpretativo
della norma in questione, affermando i seguenti
principi di diritto, richiamati anche nei seguenti termini
da Cass. n. 15481/17:
1. il diritto all'assegno di divorzio di cui all'art. 5,
comma 6 della L. n. 74 del 1987 è condizionato dal
suo previo riconoscimento in base a una verifica giudiziale
che si articola necessariamente in due fasi, tra
loro nettamente distinte e poste in ordine progressivo
dalla norma (nel senso che alla seconda può accedersi
solo all'esito della prima, ove conclusasi con il riconoscimento
del diritto): una prima fase, concernente l'an
debeatur, informata al principio dell'autoresponsabilità
economica di ciascuno dei coniugi quali “persone
singole” e il cui oggetto è costituito esclusivamente
dall'accertamento volto al riconoscimento o meno del
diritto all'assegno divorzile fatto valere dall'ex coniuge
richiedente; una seconda fase, riguardante il quantum
debeatur improntata al principio della solidarietà economica
dell'ex coniuge obbligato alla prestazione dell'assegno
nei confronti dell'altro quale persona
economicamente più debole (art. 2 in relazione all'art.
23 Cost.) che investe soltanto la determinazione dell'importo
dell'assegno stesso.
2. Nella fase dell'an debeatur occorre verificare se la
domanda dell'ex coniuge richiedente l'assegno soddisfi
le condizioni di legge (mancanza di mezzi adeguati o
comunque impossibilità di procurarseli per ragioni
oggettive) non con riguardo a un tenore di vita analogo
a quello goduto in costanza di matrimonio, ma
con esclusivo riferimento all'indipendenza o autosufficienza
economica, desunta dai principali indici - salvo
altri rilevanti nelle singole fattispecie - del possesso di
redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali
mobiliari e immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri
lato sensu imposti e del costo della vita nel luogo di
residenza dell'ex coniuge richiedente), delle capacità e
possibilità effettive di lavoro personale (in relazione
alla salute, all'età, al sesso e al mercato del lavoro
dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di
una casa di abitazione; ciò sulla base delle pertinenti
allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente
medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere
probatorio, fermo il diritto all'eccezione ed alla prova
contraria dell'altro ex coniuge.
3. Superata positivamente la prima valutazione, nella fase
del quantum debeatur, informata al principio della solidarietà
economica del coniuge obbligato verso l'altro in
quanto persona economicamente più debole, il giudice
deve tenere conto di tutti gli elementi indicati dal comma
6 dell'art. 5 al fine di determinare in concreto la misura
dell'assegno di divorzio; ciò sulla base delle pertinenti
allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali
canoni che disciplinano l'onere della prova.
Se dunque il passaggio dal canone interpretativo del
“tenore di vita, analogo o tendenzialmente simile a
quello goduto in costanza di matrimonio”, a quello
della “indipendenza o autosufficienza economica” può
apparire un mutamento radicale di impostazione, tanto
da destare forse ingiustificati allarmismi in alcuni commentatori,
non si tratta peraltro di un fulmine a ciel
sereno.
I mutamenti sociali e i modelli familiari, certamente assai
diversi rispetto a quelli di qualche decennio fa, già da
tempo hanno portato la giurisprudenza di merito a ridisegnare
via via i presupposti dell'assegno divorzile, restringendo
e delimitando i confini di un concetto astratto -
quello del tenore di vita - che, avulso dall'impianto normativo,
chenonlo prevede, rischia di ancorare le decisioni
a un modello tradizionale di matrimonio e dei rapporti
personali e patrimoniali tra ex coniugi - che vedeva una
rigida ripartizione tra i coniugi di ruoli e compiti - che
appare superato nella realtà sociale attuale ovvero sempre
più in via di superamento.
Se con il divorzio si torna ad essere individui singoli, con
diversi e nuovi progetti di vita e liberi di formare una
nuova famiglia, il principio solidaristico, che sta alla base
del riconoscimento dell'assegno divorzile, richiede che la
condizione di debolezza e le effettive necessità economiche
siano provate da chi ritenga di avere diritto al riconoscimento
dell'assegno divorzile medesimo, fermo restando
il principio di autoresponsabilità economica, ma anche il
diritto di tutti di condurre una vita non solo libera dal
bisogno, ma dignitosa.
Certamente il riferimento alla indipendenza o autosufficienza
economica appare un parametro a sua volta relativo,
che andrà pertanto ancorato a diversi indici che
saranno soprattutto i casi concreti a suggerire. Certamente
quindi non potranno essere criteri rigidi e predefiniti
(quali il riferimento a stipendi minimi di
determinate categorie di lavoratori o simili), giacché
ogni automatismo contrasta con la particolare natura
di questi procedimenti e con la natura non definitiva
delle decisioni, che sempre devono tenere conto di una
pluralità di fattori.
Massima attenzione dovrà dunque essere prestata alle
variabili dei casi concreti, con maggiore onere probatorio
per le parti e di motivazione delle decisioni adottate da
parte dei giudici.
Mutano, peraltro, l'angolo visuale e la prospettiva, con la
conseguenza che l'attenzione dovrà anzitutto rivolgersi
alla posizione dell'ex coniuge debole richiedente l'assegno,
alle sue effettive condizioni di vita, ai suoi progetti
come singolo individuo, alla sua età e alle sue condizioni di
salute e altro, valutando la natura e qualità della sua
posizione debole.
La Suprema Corte, nell'indicare il criterio della autoresponsabilità,
indipendenza o autosufficienza economica,
ha infatti fornito anche delle indicazioni per
delimitare tale parametro, laddove scrive che “i principali
indici - salvo ovviamente altri elementi che
potranno eventualmente rilevare nelle singole fattispecie
- per accertare, nella fase di giudizio sull'an
debeatur, la sussistenza, o no, dell'indipendenza economica
dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio
- e quindi l'adeguatezza o no dei mezzi nonché la
possibilità o no per ragioni oggettive dello stesso di
procurarseli-possono essere così individuati: 1) il possesso
di redditi di qualsiasi specie; 2) il possesso di
cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, tenuto
conto di tutti gli oneri lato sensu imposti e del
costo della vita nel luogo di residenza (dimora abituale:
art. 43, secondo comma, c.c.) della persona che
richiede l'assegno; 3) le capacità e le possibilità effettive
di lavoro personale in relazione alla salute, all'età,
al sesso e al mercato del lavoro dipendente e autonomo;
4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione
...”.
Vi è dunque un forte richiamo al caso concreto e a tutte le
sue variabili, senza che sia quindi possibile effettuare
alcuna standardizzazione.
Tornando quindi nuovamente al caso in esame, la Corte
ritiene che l'attuale condizione non solo di autosufficienza,
ma di benessere economico della signora Ba.,
tale da consentirle un tenore di vita elevatissimo, comporti
il venir meno del diritto a percepire un assegno
divorzile, sia che si faccia riferimento al parametro dell'autosufficienza
sia che si voglia considerare il parametro
di un tenore di vita sul quale la signora Ba., che per scelta
non ha mai svolto in costanza di matrimonio attività
lavorativa, potesse comunque fare affidamento, quand'anche
durante il matrimonio il tenore di vita fosse assolutamente
al di fuori di ogni termine di paragone, per la
condizione di ricchezza di Si. Be.. Il complessivo patrimonio
costituito da quest'ultimo, in costanza di matrimonio,
a favore della moglie può ritenersi avesse proprio la finalità
di preservarle e garantirle anche per il futuro le aspettative
maturate.
In conclusione deve accogliersi il primo motivo di gravame,
accoglimento che rende superfluo esaminare gli
ulteriori profili di censura alla sentenza impugnata.
La Corte ritiene opportuno ed equo far decorrere la
revoca dell'assegno divorzile non già dalla domanda,
come richiesto dall'appellante, ma dal mese successivo
alla pubblicazione della sentenza di scioglimento del
matrimonio, e ciò tenuto conto del fatto che i procedimenti
di separazione e di divorzio sono stati di lunga
durata e si sono sovrapposti nelle decisioni dei diversi
gradi di giudizio; che le somme previste sono state corrisposte
dall'appellante quantomeno fino alla pronunzia
della Suprema Corte che ha innovato nella interpretazione
della norma e tenuto anche conto del fatto che il
mutamento dell'orientamento giurisprudenziale è intervenuto
nelle more del presente procedimento e la difesa
Ba. ha rinunziato a richiedere un termine per poter
approfondire, con memoria scritta, il mutamento di giurisprudenza,
che si è limitata a contrastare nella discussione
orale.
Quanto alle spese di causa, si rileva che l'appello viene
accolto mentre l'appellata è sostanzialmente soccombente.
Peraltro deve tenersi conto che l'appellante ha
chiesto disporsi la decorrenza della revoca dell'assegno
dalla domanda (14.5.2013) e che è soccombente sul
punto, in quanto la Corte ritiene di dover fissare la
revoca dell'assegno a decorrere dalla mensilità successiva
alla data di pubblicazione della sentenza di scioglimento
del matrimonio (17.2.2014). Poiché si tratta
di una cifra eccezionalmente rilevante è evidente
come ogni mese l'esborso da parte di Be. abbia una
consistenza tale da essere valutata ai fini della ripartizione
delle spese di lite nei due giudizi, spese che
quindi si reputa equo compensare tra le parti nella
misura di un quarto, condannando Mi. Ba. a rifondere
a Si. Be. le spese dei due gradi di giudizio nella misura
di tre quarti, quota che si liquida in Euro 20.250,00 per
il primo grado di giudizio, oltre spese forfettarie IVA e
CPA, e in Euro 24.000,00 per il presente grado di
giudizio, oltre spese forfettarie, IVA e CPA.
P.Q.M
La Corte, definitivamente pronunciando sull'appello proposto
da Be. Si. nei confronti di Ba. Mi. avverso la sentenza
n. 1842 del 23 giugno 2015 emessa inter partes dal Tribunale
di Monza, in riforma della sentenza impugnata così
provvede:
1. Dichiara la insussistenza dei presupposti per il riconoscimento
di un assegno divorzile a favore di Mi. Ba.;
2. Revoca l'assegno divorzile già disposto a favore di Ba. e a
carico di Be. a far tempo dalla mensilità successiva alla
pubblicazione della sentenza di scioglimento del matrimonio
e quindi da marzo 2014;
3. Compensa tra le parti per un quarto le spese di lite
del primo e del secondo grado e condanna Mi. Ba. a
rifondere a Si. Be. i tre quarti delle spese di lite del
primo e del secondo grado di giudizio, quota liquidata
in Euro 20.250,00 per il primo grado e in 24.000,00
per il presente grado di giudizio, oltre spese forfettarie,
IVA e CPA.
Avv. Antonino Sugamele

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