Lezioni private per la figlia. A decidere è la madre e paga anche il padre.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 5 maggio – 21 settembre 2017, n. 22029
Presidente Nappi – Relatore Bisogni
Rilevato che
1. Il Tribunale di Udine ha dichiarato con la sentenza 119/2009 la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra i coniugi, Gi. Gu. e St. Ot., con affidamento esclusivo delle due figlie alla madre, regolamentazione del diritto di visita del padre e fissazione a carico di quest'ultimo di un assegno mensile da corrispondere alla Ot., a titolo di concorso al mantenimento delle minori, di Euro 732,00, oltre alla metà delle spese straordinarie.
2. Sulla base di questa regolamentazione la Ot. ha adito il Giudice di pace di Cividale del Friuli deducendo di essere stata costretta ad assumere da sola le scelte necessarie alla crescita e all'educazione delle figlie comportanti oneri straordinari, a fronte di un comportamento del tutto assenteista del Gu.. Ha chiesto l'emissione di decreto ingiuntivo al fine di ottenere il rimborso delle spese straordinarie sostenute per esigenze mediche e scolastiche delle figlie quantificate in 4.407,47 Euro (somma poi ridotta a 3885,77 Euro, all'esito del riconoscimento della Ot. di un parziale rimborso da parte del Gu.). Il Giudice di pace ha accolto il ricorso e ha emesso il richiesto decreto ingiuntivo che è stato opposto dal Gu.. Con sentenza n. 197/2015 il Giudice di Pace di Cividale del Friuli revocato il decreto ingiuntivo ha condannato l'opponente al pagamento della minor somma di 3885,77 Euro.
3. Ha interposto appello il Gu. e il Tribunale di Udine, con sentenza n. 154/2016 ha ritenuto infondato l'appello proposto dal Gu., rilevando che l'iscrizione alla scuola privata e il ricorso a ripetizioni private, decise ed effettuate dalla Ot. per venire incontro alle difficoltà nel percorso scolastico incontrate dalla figlia, sono state adottate nell'interesse della minore e sono compatibili con il livello sociale ed economico dei coniugi così come le modestissime spese mediche oggetto della richiesta di rimborso.
4. Ricorre per cassazione Gi. Gu. affidandosi a due motivi di ricorso: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 315 bis, 316, 316 bis, 337 bis, 337 ter. 337 quater c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c; b) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.
5. Si difende con controricorso St. Ot..
Ritenuto che
6. Il ricorso è inammissibile perché in netto contrasto con una consolidata giurisprudenza di questa Corte che ha più volte ribadito il principio secondo il quale, riguardo alla partecipazione alle spese straordinarie rispondenti al maggior interesse dei figli, tra le quali rientrano quelle relative all'istruzione, non è previsto alcun onere di informazione a carico del genitore affidatario, eccetto le ipotesi in cui si tratti di eventi urgenti o eccezionali, sussistendo pertanto a carico del coniuge non affidatario un obbligo di rimborso qualora non abbia adottato validi motivi di dissenso (Cass. Civ. sez. VI nn. 1960/11, 16175/15, 2127/16 e sez. I 19607/2011). Peraltro la Corte di appello, oltre a non identificare alcun valido motivo di dissenso del Gu. emergente dall'istruttoria, ha anche evidenziato che la Ot. ha sempre cercato inutilmente di informare il Gu. sulle decisioni di spese che voleva effettuare nell'interesse della figlia
7. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile avendo il giudice di prima istanza valutato concretamente quale fosse il superiore interesse della figlia e preso pertanto atto delle difficoltà dalla stessa manifestate nel corso del suo percorso scolastico. Infine il Tribunale di primo grado ha considerato le condizioni economiche del padre e, più in generale, il livello sociale ed economico degli ex coniugi, compatibili con le spese sostenute nell'interesse della prole (la Ot. è dipendente di una società con inquadramento come dirigente e Gu. è ingegnere elettronico e lavora all'estero per una società italiana).
8. Il ricorso va pertanto respinto con condanna del Gu. alle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 1.800 Euro di cui 100 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 maggio 2017.
22-09-2017 21:29
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