L'assegno di mantenimento deve assicurare tendenzialmente un tenore di vita analogo a quello prima della separazione.
Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. - Sent. del 27.09.2012, n. 16481
Presidente Di Palma - Relatore Giancola
Svolgimento del processo
Con sentenza non definitiva del 28,05.2008, il Tribunale di Udine dichiarava la separazione dei coniugi A.S. , ricorrente (ricorso del 31.08.2007) e G.O. , coniugatisi il 13.02.1993, disponendo per l'ulteriore corso del giudizio.
Con sentenza definitiva del 18.06 - 14.07.2009, il medesimo Tribunale di Udine addebitava la separazione al marito, in ragione della violazione dell'obbligo di fedeltà coniugale, disponeva l'affidamento condiviso dei due figli minorenni della coppia, V. , nato il (…) , e L. , nato il (…) , con residenza prevalente degli stessi presso la madre, assegnataria dell'alloggio coniugale; disponeva, inoltre, che l'O. corrispondesse alla moglie sia l'assegno per il suo mantenimento di Euro 900,00 mensili, da elevare ad Euro 1.300,00 a decorrere dal dicembre 2009, e sia il contributo di Euro 600,00 mensili per ciascuno dei due figli (in aggiunta al 50% delle concordate spese straordinarie), importi da aggiornare annualmente. Poneva, infine, le spese processuali a carico del resistente.
Con sentenza del 24.02-12.04.2010,la Corte di appello di Trieste, nel contraddittorio delle parti ed in parziale accoglimento del gravame dell'O. , fondato su quattro motivi, escludeva l'addebito a lui della separazione, aumentava i periodi di permanenza dei figli presso lo stesso, riduceva, con decorrenza dalla domanda, ad Euro 1.000,00, mensili, annualmente rivalutabili, l'assegno per il mantenimento della S. , che condannava al pagamento di 1/3 delle spese dei due gradi di merito, compensate per la residua parte.
La Corte territoriale osservava e riteneva che:
- erano fondati il primo ed il terzo motivo d'appello dell'O. , inerenti rispettivamente all'addebito della separazione ed ai tempi di permanenza dei due figli con lui;
- era parzialmente fondato il terzo motivo del medesimo gravame, inerente all'assegno di mantenimento statuito in favore della S. ;
- la S. non aveva mai svolto attività lavorativa all'esterno della famiglia;
- l'O. traeva dal suo lavoro di pilota dell'aviazione civile un reddito di circa Euro 7.000,00 mensili, aveva, inoltre, ormai trasferito la sua residenza a Catania, ove, in appartamento locato, conviveva con altra donna, collega di lavoro, con la quale aveva concepito un figlio, ed aveva anche locato altro alloggio in (…) per viverci con i primi due figli;
- il primo giudice aveva stabilito con decorrenza dal dicembre 2009, l'aumento dell'assegno di mantenimento della moglie, in ragione del fatto che da allora il marito non doveva più pagare il rateo (pari ad Euro 1.100,00 mensili) del mutuo contratto per l'acquisto dell'immobile adibito a casa coniugale, in comproprietà dei coniugi;
- era pacifico che il coniuge più debole fosse la S. , la quale aveva diritto all'aiuto economico del marito per continuare a godere del tenore di vita mantenuto durante il matrimonio;
- in caso di mantenimento del rapporto coniugale il marito avrebbe sicuramente destinato alla moglie e ai figli almeno un terzo del suo stipendio, sgravato del rimborso dell'oneroso mutuo;
- criterio prudenziale suggeriva d'individuare la misura dell'assegno in favore della moglie (tenuto conto del godimento da parte sua della casa coniugale e dell'assegno per i figli, anche durante gli ampi periodi di mantenimento diretto del padre) nell'importo di Euro 1.000,00 mensili, quella essendo la somma sulla quale il coniuge debole avrebbe potuto ragionevolmente contare, in caso di protrazione del vincolo coniugale ed al verificarsi nel suo corso dell'evento dell'estinzione del mutuo ipotecario;
- non era percorribile la valutazione (sollecitata dal PG) sul peggioramento delle condizioni della beneficiaria;
- meritava parziale accoglimento anche il quarto motivo del gravame, relativo alla condanna alle spese processuali statuita dal primo giudice;
- le spese di lite dell'intero giudizio andavano compensate per 3^, con accollo della frazione residua alla S. maggiormente soccombente per la domanda d'addebito respinta e l'accoglimento delle disposizioni economiche suggerite, in via subordinata, dall'O.
Avverso questa sentenza notificatale il 20.05.2010, la S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, e notificato il 27.07.2010 all'O. , che ha replicato con controricorso notificato il 6.10.2010.
Motivi della decisione
A sostegno del ricorso la S. denunzia:
1. “Violazione e falsa applicazione dell'art. 156 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5. Omessa, insufficiente illogica e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 c.p.c. n. 5″.
La ricorrente censura la riduzione dell'entità dell'assegno statuito per il suo mantenimento, a suo parere illegittimamente avulsa da ogni riferimento al tenore della pregressa vita coniugale ed ai criteri legali di relativa quantificazione, solo ipoteticamente riferita a frazione degli introiti mensili che in costanza di matrimonio il marito avrebbe destinato al nucleo familiare ed ulteriormente ridotta in base a criterio prudenziale, senza nemmeno considerare il proprio stato di salute ostativo allo svolgimento di attività lucrative, il carico fiscale gravante sulla somministrazione, l'appartenenza a lei della quota pari al 50% della casa coniugale, la cui assegnazione andava posta in funzione dell'interesse della prole a mantenere l'habitat domestico. 2. “Violazione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.. Omessa, insufficiente illogica e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n.5 c.p.c”.
Censura lo statuito regime delle spese processuali dei due gradi di merito, che assume anche ricondotto a ragioni inidonee a legittimarlo.
Il primo motivo del ricorso è fondato; al relativo accoglimento segue anche, alla luce del disposto dell'art. 336 c.p.c., l'assorbimento del secondo motivo di ricorso.
Giova ricordare che l'art. 156, primo comma, cod. civ., attribuisce al coniuge al quale non sia addebitabile la separazione un assegno tendenzialmente idoneo ad assicurargli un tenore di vita analogo a quello che aveva prima della separazione, qualora, come nella specie, non fruisca di redditi propri tali da fargli mantenere una simile condizione e che sussista una differenza di reddito tra i coniugi. La conservazione del precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario dell'assegno costituisce un obbiettivo tendenziale, sicché esso va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall'art. 156, secondo comma, cod. civ.. La determinazione dei limiti entro i quali sia possibile perseguire il suddetto obbiettivo è riservata al giudice di merito, cui spetta la valutazione comparativa delle risorse dei coniugi al fine di stabilire in quale misura l'uno debba integrare i redditi insufficienti dell'altro, onde consentire a questi di conservare il tenore di vita goduto in regime di convivenza, da valutarsi con riferimento al contesto nel quale i coniugi hanno vissuto durante il matrimonio, quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze dell'avente diritto all'apporto.
Nella specie la quantificazione dell'assegno dovuto dall'O. alla S. risulta illegittimamente attuata in termini estremamente generici, apparenti ed inidonei a consentire di apprezzare l'iter anche logico sotteso alla espressa valutazione, laddove si presuppone, senza peraltro spiegarne le ragioni, che l'apporto destinato ai familiari nel corso della convivenza coniugale fosse stato di almeno un terzo dello stipendio dell'obbligato, da considerare al netto degli oneri da rimborso del mutuo ipotecario estinto, e poi si introduce un ulteriore criterio, di natura prudenziale, integrativo e correttivo del primo, ancorato alle determinazioni separatizie, senza pure rispetto ad esso chiarire la specifica consistenza dei dati richiamati, e senza conclusivamente rendere comprensibile il rispetto dei parametri legali di commisurazione, in rapporto anche alle esigenze, sia pure sopravvenute, della beneficiaria ed alla prevista correlazione con il pregresso tenore della vita coniugale.
Pertanto si deve accogliere il primo motivo del ricorso, dichiarare assorbito l'esame del secondo motivo e cassare l'impugnata sentenza con rinvio alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione.
Depositata in Cancelleria il 27.09.2012
03-10-2012 23:35
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