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Sentenza

Diritto di famiglia. Separazione personale tra coniugi: scioglimento della comunione legale.
Diritto di famiglia. Separazione personale tra coniugi: scioglimento della comunione legale.
Corte di Cassazione Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 324 del 12/01/2012

Corte di Cassazione Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 324 del 12/01/2012

RITENUTO IN FATTO
- che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione dell'art. 380 bis cod. proc. civ.:
Con sentenza non definitiva 19 luglio 2007 il Tribunale di Caltagirone dichiarava lo scioglimento della comunione legale dei beni tra D.T.P. e C.E. , con contestuale
accertamento della loro consistenza.
Il successivo gravame del C. era rigettato dalla Corte d'appello di Catania con sentenza 22 dicembre 2009.
- la corte territoriale motivava che era inammissibile, per novità, la domanda volta all'accertamento della natura personale di una casa e di un agrumeto in quanto acquistati con il prezzo del trasferimento di un immobile dei genitori del C. ;
- che in ogni caso era da escludere la loro natura personale ai sensi dell'art. 179, lett. f), per difetto di dichiarazione del coniuge non acquirente in sede di rogito;
- che la comunione legale si scioglieva ex nunc alla data del passaggio in giudicato della sentenza di separazione, mentre restava irrilevante il precedente provvedimento presidenziale, autorizzativo dell'interruzione della convivenza;
- che l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 191 cod. civ., sollevata dall'appellante era inammissibile, come già ritenuto dalla Corte costituzionale con ordinanza 7 luglio 1988, n. 795. Avverso la sentenza notificata il 20 maggio 2010 il C. proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi e notificato il 19 luglio 2010.
Deduceva:
1) la violazione dell'art. 191 cod. civ., giacché la corte territoriale, nel richiamare taluni precedenti di legittimità, aveva confuso il problema della proponibilità della domanda di divisione - inammissibile prima del passaggio in giudicato della sentenza di separazione - con l'automatica cessazione del regime di comunione legale, che si verificava invece già a seguito del provvedimento presidenziale ex art. 708 cod. proc. civ., anteriore di un anno all'acquisto della casa e dell'agrumeto;
2) la violazione degli artt. 191 e 193 cod. civ., nel non aver ritenuto ricompresa implicitamente la domanda di scioglimento della comunione, quale in sostanza quella di separazione dei beni ex art. 193 cod. civ., nella domanda più ampia di separazione personale: con la conseguenza che l'accoglimento di quest'ultima doveva estendersi anche alla prima, prospettata già con l'atto di appello, e non solo in sede di precisazione delle conclusioni come ritenuto alla corte;
3) l'omessa motivazione sull'accertamento della natura non personale dei beni in contestazione.
Sollevava inoltre la questione di illegittimità dell'art. 191, in riferimento all'art. 3 Cost., non ostandovi la precedente pronunzia di inammissibilità n. 795/1988 della Corte costituzionale, motivata con la sua prospettazione erronea da parte del giudice remittente. La signora D.T. non svolgeva attività difensiva.
Così riassunti i fatti di causa, il ricorso sembra, prima facie, manifestamente infondato.
Per giurisprudenza costante di questa Corte, lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi si verifica, con effetto ex nunc, dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di separazione, ovvero dell'omologazione degli accordi di separazione consensuale:
non spiegando, per converso, alcun effetto il provvedimento presidenziale di cui all'art. 708 cod. di rito, autorizzativo dell'interruzione della convivenza, atteso il suo contenuto limitato e la sua funzione meramente provvisoria (Cass., sez. 1, 5 ottobre 1999, n. 11.036; Cass., sez. 1, 18 settembre 1998, n. 9325; Cass., sez. 1, 2 settembre 1998, n. 8707).
E che si tratti proprio della persistenza del regime di comunione in relazione agli acquisti stipulati anche dopo il provvedimento presidenziale è dimostrato dalla coeva giurisprudenza che riteneva inammissibile la domanda di divisione anteriormente al passaggio in giudicato della pronuncia di separazione personale (Cass., sez. 1, 25 marzo 2003, n. 4351); pur se successivamente rivista da Cass., sez. 1, 26 febbraio 2010, n. 4757).
Inammissibile è il secondo motivo, dal momento che la novità della domanda di separazione dei beni ex art. 193 cod. civ. (cui sarebbe automaticamente riconducibile, in ipotesi, la domanda di scioglimento della comunione) non verrebbe meno se prospettata nell'atto d'appello (a prescindere dalla carenza di autosufficienza del ricorso, che non riproduce in parte qua l'atto di gravame) e non in sede di precisazione delle conclusioni, come rilevato dalla corte territoriale (art. 345 cod. proc. civ.).
Infine si palesa inammissibile, perché volto ad introdurre temi nuovi di indagine aventi natura di merito, anche l'ultimo motivo sulla provenienza della provvista per t'acquisto degli immobili in questione.
- che la relazione è stata comunicata al Pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
che la parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa - che all'udienza in camera di consiglio il P.G. ha chiesto la conferma della relazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- che il collegio, discussi gli atti delle parti, ha condiviso la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l'accompagnano, rilevando come la memoria illustrativa non adduca ragioni giustificative di una diversa decisione, ne' profili di incostituzionalità dell'art. 191 cod. civ., che non siano già stati implicitamente disattesi nella sent. n. 795/1988 della Corte costituzionale;
- che il ricorso dev'essere dunque rigettato.
P.Q.M.
- Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2012
Avv. Antonino Sugamele

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