La ex moglie pignora meta' della pensione di invalidità del marito.
Corte di Cassazione Sez. Lavoro - Sent. del 28.11.2011, n. 25043
Svolgimento del processo
A seguito di procedimento d'urgenza ex art. 700 cpc, C. C., premesso che con ordinanza del giudice dell'esecuzione era stata disposta, in favore della ex moglie G. A., l'assegnazione nei limiti di un quinto della pensione d'invalidità lnps di cui era titolare per il pagamento degli assegni divorzile e di mantenimento della figlia e che l'istituto aveva invece trattenuto un importo superiore e, in particolare, fino alla metà della prestazione ai sensi dell'art. 8 legge n. 898/1970, evocò in giudizio l'lnps avanti al Tribunale di Napoli, chiedendo che venisse dichiarata l'illegittimità della trattenuta così come operata; nel corso del giudizio venne disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti della G.
Con sentenza del 19.1 - 4.5.2007 il Tribunale di Napoli in funzione di Giudice del Lavoro dichiarò l'impignorabilità della pensione de qua oltre il limite di un terzo del suo ammontare e l'illegittimità delle trattenute operate dall'lnps in misura superiore. A sostegno del decisum, per ciò che qui rileva, il Tribunale ritenne che:
- l'azione doveva qualificarsi come opposizione all'esecuzione, a seguito dell'azione esecutiva diretta intrapresa dalla ex moglie ai sensi dell'art. 8 legge n. 898/70 per l'inadempimento all'obbligo di versamento degli assegni divorzile e di mantenimento della figlia;
sussisteva la competenza del Giudice del Lavoro, posto che l'azione esecutiva riguardava il trattamento pensionistico erogato dall'lnps;
- la previsione del regime di parziale pignorabilità nei limiti della metà contenuta nell'art. 8, comma 6, legge n. 898/70, come modificato dalla legge n. 74/87, non riguarda la prestazione pensionistica, ma solo quella retributiva, pubblica e privata;
- dalla natura prevalentemente assistenziale dell'assegno divorzile discende la sua ricomprensione nel novero dei crediti di natura alimentare per i quali, a mente degli artt. 128 rdl n. 1827/35 e 2, comma 2, legge n. 180/50, nella formulazione derivante dalle pronunce della Corte Costituzionale nn. 22169, 1041/88 e 506/2002, è prevista la pignorabilità fino alla concorrenza di un terzo al netto della ritenute.
Avverso l'anzidetta sentenza G. A. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi e illustrato con memoria. C. C. ha resistito con controricorso, eccependo altresì la non impugnabilità in cassazione della sentenza di prime cure. L'Inps ha depositato procura.
Motivi della decisione
1. Con riferimento all'eccezione in rito sollevata dal controricorrente C. E. e relativa all'applicabilità alla fattispecie dell'art. 616 cpc, la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di questa Corte ha avuto modo di precisare che, in difetto di una disciplina transitoria e di esplicite previsioni contrarie, trova applicazione il principio dell'immediata applicabilità della legge processuale, che soltanto agli atti processuali -successivi all'entrata in vigore della legge stessa, non incidendo su quelli anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla legge sotto il cui imperio sono stati posti in essere; pertanto, alle sentenze che hanno deciso opposizioni all'esecuzione pubblicate prima del 10 marzo 2006 il regime applicabile resta quello della normale appellabilità, mentre solo quelle pubblicate successivamente sono soggette alla nuova regola della inimpugnabilità; la disposizione transitoria di cui all'art. 58, comma 2, legge n. 69/09, che ha ripristinato l'immediata appellabilità delle sentenze ex art. 616 cpc è applicabile esclusivamente ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge” ha riguardo esclusivamente “ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della presente legge” (ossia 4 luglio 2009), e, nel caso in esame, a tale data il giudizio di prime cure si era ormai concluso ed era stato già notificato il ricorso per cassazione (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 994/2009; Cass., nn. 17440/2002; 20414/2006; 3688/2011). Va data continuità al suddetto indirizzo ermeneutico, non essendo state svolte argomentazioni che già non siano state scrutinate dalla ricordata giurisprudenza di legittimità; l'eccezione all'esame va pertanto disattesa.
2. Con il primo motivo, denunciando violazione degli art. 9 legge n. 898/70) della presente controversia, l'applicabilità del rito camerale, la competenza collegiale e l'obbligatorietà dell'intervento del pubblico ministero.
2.1 La controversia che ne occupa non è relativa “alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6″ (secondo il dettato dell'art. 442 cpc, è prevista la competenza del Giudice del lavoro.
Il motivo all'esame non può pertanto essere accolto.
3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione degli art. 8 legge n. 898/70, siccome riferibile non soltanto ai crediti di natura retributiva ma anche a quelli pensionistici con conseguente possibilità di versamento fino alla metà delle somme dovute al coniuge obbligato.
3.1 L'art. 8 legge n. 898/70 e successive modificazioni prevede, per quanto qui di rilievo, che:
“Il coniuge cui spetta la corresponsione periodica dell'assegno, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato e inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato con l'invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente” (comma 3);
“Lo Stato e gli altri enti indicati nell'art. 1 del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, nonché gli altri enti datori di lavoro cui sia stato notificato il provvedimento in cui è stabilita la misura dell'assegno e l'invito a pagare direttamente al coniuge cui spetta la corresponsione periodica, non possono versare a quest'ultimo oltre la metà delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori (comma 6).
L'legge n. 10/11.
3.2 Non può dubitarsi - in linea, del resto, con quanto è già stato ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3817/1991; 13630/1992) - che nella locuzione “terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato” (art. 128 del regio decreto- legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui esclude la pignorabilità per ogni credito dell'intero ammontare di pensioni, assegni ed indennità erogati dall'INPS, anziché prevedere l'impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte”).
3.3 Quanto alla portata precettiva dell'art. 1 dpr n. 180/50 verrebbero in considerazione in quanto anch'essi (giusta appunto l'utilizzo del termine “altri) siano obbligato” su cui può essere effettuata la trattenuta fino alla metà del loro ammontare sono quelle dovute dai datori di lavoro e, pertanto, i crediti retributivi, e non già, per quanto qui specificamente rileva, anche i trattamenti pensionistici.
Si tratta di un'interpretazione che, sotto il profilo strettamente letterale, è percorribile, ma non necessitata, posto che l'utilizzo della locuzione “altri enti datori di lavoro” può anche solo stare ad indicare i soggetti erogatori di corresponsioni in denaro, diversi da quelli precedentemente considerati, in quanto datori di lavoro; il che, fra l'altro, trova una sua logica tenendo conto che “Lo Stato e gli altri enti indicati nell'decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180″, nell'amplissima formulazione utilizzata nel testo legislativo richiamato e tenuto altresì conto delle ricordate pronunce della Corte Costituzionale esauriscono la platea dei soggetti erogatori di trattamenti pensionistici assistenziali e previdenziali obbligatori. Ne discende che la possibile alternativa ermeneutica che il tenore letterale della norma consente, rende indispensabile focalizzare l'attenzione sull'intenzione del legislatore, giusta la previsione dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale.
3.4 In tale prospettiva va considerato che:
- se davvero il legislatore avesse voluto limitare la portata precettiva della norma all'esame ai soli crediti retributivi avrebbe, verosimilmente, esplicitato tale volontà facendo testuale riferimento al termine retribuzione o ad altro equivalente;
- per converso i soggetti contemplati attraverso il richiamo all'art. 1 dpr n. 180/50 sono invece, in tale testo legislativo, quelli che corrispondono non soltanto retribuzioni lavorative, ma anche “le pensioni, le indennità, i sussidi ed i compensi di qualsiasi specie”;
- la norma all'esame detta una particolare disciplina per il soddisfacimento diretto degli assegni divorzili (i quali vengono quindi a costituire un credito qualificato, come definito dalla ricordata art. 8, comma 6 legge n. 898/70, a favore del titolare di assegno divorzile. La causa va quindi decisa sulla base del suddetto principio di diritto; essendosene il Tribunale discostato, il motivo all'esame risulta pertanto fondato.
4. In definitiva il primo motivo di ricorso va rigettato, mentre il secondo va accolto.
Per l'effetto la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa con il rigetto della domanda. Il difforme esito del grado di merito, le oggettive difficoltà ermeneutiche della normativa di riferimento e l'assenza di precedenti specifici di legittimità consigliano la compensazione delle spese relative all'intero processo.
P. Q. M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; spese dell'intero processo compensate.
Depositata in Cancelleria il 28.11.2011
02-12-2011 00:00
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