Divorzio: anche se la domanda è consensuale è necessario che il ricorso sia proposto da un avvocato
Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. - Sent. del 07.12.2011
Svolgimento del processo
La Corte d'appello di Catania, in accoglimento del gravame della sig. ra M. C. R ., ha dichiarato la nullità della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio dell'appellante con il sig. G.O. pronunciata dal Tribunale di Siracusa, sul rilievo che il ricorso con cui i coniugi avevano congiuntamente adito il Tribunale con la richiesta di cessazione degli effetti civili del matrimonio era stato sottoscritto dalle parti personalmente, mentre era necessario il ministero di un difensore ai sensi dell'art. 82 c.p.c.
Il sig. O. ha quindi proposto ricorso per cassazione, cui l'intimata ha resistito con controricorso contenente anche ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno anche presentato memorie.
Motivi della decisione
1. - I ricorsi principale e incidentale vanno preliminarmente riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c.
2. - Con l'unico motivo del ricorso principale si ribadisce la tesi della non necessità di ministero
difensivo per la domanda congiunta di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, dando origine la stessa a un procedimento camerale di volontaria giurisdizione.
2.1. - Il motivo è infondato.
L'art. 82, comma terzo, c.p.c. stabilisce che davanti al tribunale le parti stanno in giudizio a ministero di un difensore, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il ricorrente richiama Cass. 5814/1987 (riguardante fattispecie di designazione del coltivatore-erede ai sensi dell'art. 7 1. 29 maggio 1967, n. 379 sulla riforma fondiaria), che ha escluso, di
regola, l'applicazione di tale norma per i procedimenti in camera di consiglio, qual è appunto quello originato dalla domanda congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ai sensi dell'art. 4, ultimo comma, l. 10 dicembre 1970, n. 898 e successive modificazioni.
Detta tesi, però, è stata ben presto superata nella giurisprudenza di questa Corte. Cass. 1848/1989, in dichiarato dissenso, ha osservato, sulla scorta anche di rilievi della dottrina, che “nei procedimenti camerali che risolvono una controversia su diritti soggettivi, con provvedimento (nella specie qualificato dalla nuova legge espressamente sentenza) suscettibile di passare in giudicato e ricorribile per cassazione, sussiste l'eadem ratio della necessità inderogabile della rappresentanza tecnica, che sta alla base dell'art. 82 c.p.c. (salva espressa contraria specifica norma); ha pertanto affermato la necessità del ministero del difensore nei procedimenti camerali di delibazione di sentenza ecclesiastica in materia matrimoniale, e la giurisprudenza successiva si è orientata in senso conforme (cfr. Cass. 2643/1989, 2684/1989, 3099/1989, 5831/1989, 4260/1990, 5025/1990, 5026/1990).
Dunque il carattere decisorio del provvedimento del giudice, attribuendo al relativo procedimento camerale natura contenziosa anziché volontaria, comporta l'applicazione della regola della necessità della difesa tecnica, come per tutti gli altri giudizi contenziosi regolati secondo il rito ordinario.
Nel caso dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio chiesto congiuntamente dai coniugi, la decisorietà del provvedimento che lo dispone è evidente, trattandosi di provvedimento che incide sicuramente su diritti soggettivi ed è assunto con sentenza destinata a passare in giudicato.
Il ricorrente sostiene che il procedimento di divorzio su istanza congiunta delle parti non abbia natura contenziosa perché le parti non hanno interessi contrapposti, ma concordano nella richiesta rivolta al giudice.
A ciò va replicato ribadendo che è il carattere decisorio del provvedimento del giudice, ossia la sua
incidenza sui diritti soggettivi o status con l'efficacia propria del giudicato, che conferisce carattere contenzioso - piuttosto che volontario - al relativo giudizio, e non le posizioni in concreto assunte
dalle parti; inoltre il carattere “congiunto” della domanda non significa “consensualità” dello scioglimento del matrimonio, quasi che fosse la volontà delle parti e non il provvedimento del giudice a produrlo, salva la mera omologazione giudiziale, come avviene per la separazione consensuale dei coniugi (cui pure fa riferimento il ricorrente nelle sue difese): è invece il tribunaIe che decide in base alla verifica - che è sua prerogativa - dell'esistenza dei presupposti di legge, oltre che della valutazione della rispondenza delle condizioni indicate dagli istanti all'interesse dei figli (art. 4, ult. comma, cit.).
Va infine precisato che la tesi qui sostenuta non si pone in contrasto con le considerazioni svolte da questa Corte - e ampiamente riportate nella memoria del ricorrente - nella sentenza n. 25366 del 2006 riguardante l'onere del patrocinio nei procedimenti in materia di amministrazione di sostegno. In particolare non vi è contrasto con l'affermazione che il discrimine fra necessità e facoltà del patrocinio non può essere individuato nel carattere contenzioso o volontario del procedimento: ‘tale affermazione, invero, è fatta in quel precedente solo nel senso che la necessità del patrocinio può sussistere anche in procedimenti volontari, non già per negare detta necessità nei procedimenti contenziosi.
3. Il ricorso incidentale (con cui si deduce l'incompletezza del ricorso in primo grado e la revocabilità del consenso manifestato dal coniuge con la sottoscrizione di esso) resta assorbito perché logicamente condizionato.
4. - Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in € 1. 700, 00, di cui 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Depositata in Cancelleria il 07.12.2011
14-12-2011 00:00
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