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Sentenza

Divorzio. Assegno divorzile e divario fra redditi (legge 898/1970, articolo 5)
Divorzio. Assegno divorzile e divario fra redditi (legge 898/1970, articolo 5)
    Tribunale di Trento, civile, sentenza 15 gennaio 2025 n. 29
TRIBUNALE ORDINARIO DI TRENTO
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Luciano Spina - Presidente
dott.ssa Laura Di Bernardi - Giudice
dott.ssa Alessandra Tolettini - Giudice relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 38/2021
avente ad oggetto: divorzio contenzioso - scioglimento del matrimonio
promossa da
OMISSIS (C.F. OMISSIS ) con l'Avv. …
ricorrente
contro
OMISSIS (C.F. OMISSIS ) con l'Avv. …
convenuto
E con l'intervento del P.M.
Svolgimento del processoCon ricorso depositato in data 13 gennaio 2021, la ricorrente sig.ra OMISSIS ha domandato
pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con il sig. OMISSIS a Storo
(TN) il giorno 21 novembre 2009, disponendosi a carico del marito l'obbligo di corrisponderle, a
titolo di assegno divorzile, la somma di Euro 500-800 mensili. La ricorrente ha esposto che
dall'unione matrimoniale non sono nati figli e che tra i coniugi è intervenuta separazione
consensuale, omologata da questo Tribunale con decreto del 4 dicembre 2013, rappresentando che
in quella sede è stato disposto "il versamento da parte del sig. OMISSIS della somma di Euro
20.000,00 a titolo di contributo di mantenimento della sig.ra OMISSIS erogata nelle seguenti
modalità: Euro 3.600,00 sono stati corrisposti mediante bonifici bancari da giugno a novembre 2013;
Euro 16.400,00 mediante assegno circolare intestato alla ricorrente, che il marito ha consegnato
contestualmente alla sottoscrizione del verbale di separazione".
La sig.ra OMISSIS ha dedotto che, durante gli anni di matrimonio, si è sempre dedicata alla gestione
della casa e si è fatta carico anche della cura della suocera (che ha sempre vissuto con la coppia nella
casa familiare), svolgendo attività lavorative saltuarie che le permettevano di contribuire alle spese
familiari (quali per esempio la spesa o la benzina) e al mantenimento delle proprie figlie, nate da
una precedente relazione.
La ricorrente ha, quindi, esposto che, dopo la separazione, ha lavorato sporadicamente (come
addetta alle pulizie, cameriera e assistente anziani) e si è trasferita a vivere con la figlia OMISSIS
presso l'Opera Famiglia Materna di Rovereto, sostenendo un canone di Euro 90,00 mensili. La stessa
ha lamentato che, rispetto all'epoca della separazione, le sue condizioni economiche - e anche di
salute - sono peggiorate, dando atto che, nonostante gli sforzi profusi, non è riuscita a reperire una
stabile occupazione lavorativa e di essersi dovuta trasferire, dal 1 luglio 2019, in un appartamento
privato, per il quale sostiene un canone di locazione pari ad Euro 420,00 mensili.
La ricorrente ha dato atto che il sig. OMISSIS lavora come autista per una ditta di autotrasporti ed è
proprietario di un immobile in località N. e di alcuni terreni nel comune di Storo.
Radicatosi validamente il contraddittorio, si è costituito in giudizio il convenuto aderendo alla
domanda sullo status e chiedendo il rigetto della domanda di assegno divorzile.
Il convenuto ha dedotto che la moglie attualmente lavora ed è pienamente in grado di svolgere
attività lavorativa, che è proprietaria esclusiva di un'abitazione sita a S.D. in C.W.A. e che non è mai
stato richiesto alla ricorrente di sacrificare la propria vita lavorativa per dedicarsi alla cura della
famiglia, contestando, in ogni caso, che la moglie si sia dedicata alla cura della casa e della suocera.
Il sig. OMISSIS ha rappresentato di essere in congedo straordinario per poter accudire la madre, che
il proprio stipendio si è ridotto a circa Euro 1.000,00 mensili a causa della crisi pandemica e che gli
altri immobili di cui è proprietario (garage/deposito e baita di montagna) sono privi di apprezzabile
valore economica.
All'udienza presidenziale del 13 aprile 2021 sono comparsi entrambi i coniugi; il Presidente ha
rigettato la domanda di assegno di mantenimento proposta dalla ricorrente, ha nominato il G.I. ed
ha disposto il passaggio al rito ordinario, con termini alle parti per il deposito della memoria
integrativa e della comparsa di costituzione.Con sentenza non definitiva n. 680/2023 di data 26 luglio 2023, pubblicata il 4 agosto 2023, questo
Tribunale ha pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto tra le parti, disponendo il
prosieguo del giudizio per le restanti domande accessorie.
La causa è stata istruita mediante produzioni documentali ed è stata trattenuta in decisione sulle
conclusioni precisate con note di trattazione scritta in sostituzione dell'udienza del 29 maggio 2024,
con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di
replica.
La domanda di assegno divorzile non è fondata e va rigettata per i motivi di seguito esposti. Giova
premettere che con la pronuncia n. 18287/2018 le Sezioni Unite hanno riconosciuto all'assegno
divorzile di cui all'art. 5, co. 6 L. n. 898 del 1970 una funzione assistenziale e in pari misura
compensativa e perequativa, individuando nei criteri (equiordinati) di cui alla prima parte della
citata norma i parametri cui attenersi per decidere sia sull'attribuzione dell'assegno all'ex coniuge
richiedente (ossia ai fini del giudizio sull'inadeguatezza dei mezzi, quale presupposto per il
riconoscimento dell'assegno divorzile, unitamente all'impossibilità per il coniuge istante di
procurarseli per ragioni oggettive), sia sulla sua quantificazione.
In particolare, la Sezioni Unite, hanno affermato che "il giudizio di adeguatezza impone una
valutazione composita e comparativa che trova nella prima parte della norma i parametri certi sui
quali ancorarsi. La situazione economico-patrimoniale del richiedente costituisce il fondamento
della valutazione di adeguatezza che, tuttavia, non va assunta come una premessa meramente
fenomenica ed oggettiva, svincolata dalle cause che l'hanno prodotta, dovendo accertarsi se tali
cause siano riconducibili agli indicatori delle caratteristiche della unione matrimoniale così come
descritti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, i quali, infine, assumono rilievo direttamente
proporzionale alla durata del matrimonio".
La Corte ha, inoltre, precisato che nel giudizio sull'adeguatezza dei mezzi deve farsi riferimento ai
ruoli endofamiliari assunti dai coniugi in costanza di matrimonio, al fine di accertare "se la
condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle
determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età
del richiedente. Ove la disparità abbia questa radice causale e sia accertato che lo squilibrio
economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e
reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente
all'interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio
comune e a quello dell'altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare
nella valutazione dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di
procurarseli per ragioni oggettive. Gli indicatori, contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6,
prefigurano una funzione perequativa e riequilibratrice dell'assegno di divorzio che permea il
principio di solidarietà posto a base del diritto" (cfr. Cass. Sez. Un. 18287/2018).Ne consegue che la decisione sull'assegno di divorzio deve essere espressa alla luce di una
valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti che tenga conto delle
modalità con cui la vita familiare è stata condotta in costanza di matrimonio, anche alla luce della
durata dello stesso e dell'età del coniuge richiedente l'assegno.
A tale orientamento interpretativo è stato dato seguito anche dalla pronuncia della Suprema Corte
n. 17601/2019, laddove la Corte di Cassazione, nel riferirsi alla "natura composita" dell'assegno
divorzile e al "principio di solidarietà postconiugale", ha richiamato i principi già enucleati con la
citata sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018, ribadendo che "4.2 Nel verificare i presupposti per
il riconoscimento di un assegno divorzile il giudice deve compiere quindi una valutazione concreta
ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi del richiedente e dell'incapacità di procurarseli per ragioni
oggettive fondata innanzitutto sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Questa verifica
tuttavia non è di per sé sufficiente, ma deve essere collegata causalmente alla valutazione degli altri
indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, L. n. 898 del 1970, onde accertare se
l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello
scioglimento del matrimonio dipenda da scelte condivise di conduzione della vita familiare in
costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti,
tenuto conto della durata del matrimonio e delle effettive potenzialità professionali e reddituali alla
conclusione della relazione matrimoniale".
Osserva, inoltre, il Collegio che la giurisprudenza più recente ha valorizzato la necessità che sussista,
ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile, una "rilevante" disparità della situazione
economico-reddituale delle parti, tanto da considerarla quale " precondizione": "L'assegno divorzile
assolve una funzione non solo assistenziale, ma anche compensativo-perequativa che dà attuazione
al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole; ne consegue che detto assegno
deve essere riconosciuto, in presenza della precondizione di una rilevante disparità della situazione
economico-patrimoniale tra gli ex coniugi, non solo quando la rinuncia a occasioni professionali da
parte del coniuge economicamente più debole sia il frutto di un accordo intervenuto fra i coniugi,
ma anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare - che, salvo prova contraria,
esprime una scelta comune tacitamente compiuta dai coniugi - a fronte del contributo, esclusivo o
prevalente, fornito dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro
coniuge, anche sotto forma di risparmio." (cfr. Cass. 4328/2024); "L'assegno di divorzio, che ha una
funzione, oltre che assistenziale, compensativa e perequativa, presuppone l'accertamento, anche
mediante presunzioni, che lo squilibrio effettivo e di non modesta entità delle condizioni economico-
patrimoniali delle parti sia causalmente riconducibile, in via esclusiva o prevalente, alle scelte
comuni di conduzione della vita familiare; l'assegno divorzile, infatti, deve essere anche adeguato
sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere
rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali - che il coniuge richiedente l'assegno ha
l'onere di dimostrare - al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione
perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-
patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo
fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del
patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l'eventuale
profilo prettamente assistenziale." (cfr. Cass. 35434/2023); "Com'è noto, la giurisprudenza più recente
di questa Corte (Cass., Sez. U, Sentenza n. 18287 dell'11/07/2018) ha stabilito che il riconoscimentodell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura
compensativa e perequativa, ai sensi dell'art. 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, richiede
l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di
procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della
norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia
sulla quantificazione dell'assegno. I criteri attributivi e determinativi dell'assegno divorzile non
dipendono, pertanto, dal tenore di vita godibile durante il matrimonio, operando lo squilibrio
economico patrimoniale tra i coniugi unicamente come precondizione fattuale, il cui accertamento è
necessario per l'applicazione dei parametri di cui all'art. 5, comma 6, prima parte, L. n. 898 del 1970,
in ragione della finalità composita assistenziale e perequativo-compensativa di detto assegno (Cass.,
Sez. 1, Sentenza n. 32398 del 11/12/2019). Il giudizio deve essere espresso alla luce di una valutazione
comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo
fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio
comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del
matrimonio ed all'età dell'avente diritto La natura perequativo-compensativa, poi, discende
direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al
riconoscimento di un contributo, volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento
dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, ma il raggiungimento in concreto
di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare,
tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate. In altre parole, il giudice del
merito è chiamato ad accertare la necessità di compensare il coniuge economicamente più debole
per il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio
comune o dell'altro coniuge, nella constatata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex
coniugi che trovi ragione nelle scelte fatte durante il matrimonio, idonee a condurre l'istante a
rinunciare a realistiche occasioni professionali-reddituali, la cui prova in giudizio spetta al
richiedente (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9144 del 31/03/2023; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 23583 del
28/07/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 38362 del 03/12/2021)." (cfr. Cass. 27945/2023).
I principi sopra richiamati sono stati, di recente, ribaditi dalla Corte di Cassazione con la pronuncia
n. 27536/2024, laddove la Suprema Corte ha affrontato la questione relativa alla funzione
dell'assegno divorzile e della comunione legale tra i coniugi, ovvero "se l'assegno divorzile ed il
regime della comunione legale tra coniugi assolvano una funzione solidaristica coincidente o
sovrapponibile ed in particolare se dello scioglimento della comunione legale debba tenersi conto in
sede di attribuzione e determinazione del predetto assegno.".
In quella sede, la Corte di Cassazione ha ribadito che lo squilibrio economico-patrimoniale e
reddituale tra i coniugi, conseguente allo scioglimento del vincolo, costituisce la precondizione per
il riconoscimento dell'assegno divorzile sicché, in caso di sostanziale parità o di squilibrio di entità
modesta, non si procede alla fase successiva di verifica dell'applicabilità dei criteri elaborati dalle
Sezioni Unite con la pronuncia n. 18287/2018. La Suprema Corte ha, inoltre, chiarito che il diritto
all'assegno di divorzio non sorge ove, all'esito dello scioglimento della comunione legale, la
posizione economico patrimoniale e reddituale delle parti risulti di fatto paritaria: "l'unico
denominatore comune e condicio sine qua non nell'esame del diritto all'assegno di divorzio, deve
rinvenirsi nella precondizione dello squilibrio economico-patrimoniale e reddituale, conseguente
allo scioglimento del vincolo. In caso di sostanziale parità o di squilibrio di entità modesta non siprocede alla fase successiva di verifica dell'applicabilità dei criteri elaborati dalle S.U. Nell'ipotesi
contraria, della emersione di una condizione di squilibrio, conseguente allo scioglimento del vincolo
per il coniuge richiedente, occorre verificare se questa nuova condizione può essere eziologicamente
conseguente alle modalità di conduzione della vita familiare, alla ripartizione dei ruoli e, in
particolare, all'impegno di cura della famiglia e dei figli in misura prevalente od esclusiva a carico
di uno coniuge. (...) Ove all'esito dello scioglimento della comunione legale, la posizione economico
patrimoniale e reddituale dei due ex coniugi risulti sostanzialmente paritaria, non sorge il diritto
all'assegno di divorzio. Ma se, al contrario, lo squilibrio permane, occorre verificarne le cause, in
relazione alla conduzione della vita familiare, secondo gli ordinari indicatori di accertamento fondati
sul diritto vivente costituito dalle S.U 18278 del 2018 e dalla successiva elaborazione
giurisprudenziale della prima sezione civile".
Passando al caso di specie, osserva il Collegio che la sig.ra OMISSIS , per sua stessa prospettazione,
sia in costanza di matrimonio che successivamente alla separazione dal marito ha sempre svolto
attività lavorativa, ancorché a tempo determinato (cfr. anche percorso lavoratore doc. 5 parte
convenuta), che le ha permesso "di contribuire alle spese familiari (quali per esempio la spesa o la
benzina), nonchè al mantenimento delle figlie." (cfr. pag. 2-3- ricorso). Non è però possibile
ricostruire l'esatta condizione reddituale della ricorrente in costanza di matrimonio né quella
immediatamente successiva alla separazione (risalente al 2013), non essendo stata prodotta in atti
documentazione al riguardo (il doc. 2 è relativo ad attività lavorativa prestata nel 2019, da cui risulta
un compenso mensile pari ad Euro 983,22). Dall'esame degli atti prodotti risulta, invece, che la
ricorrente, per l'anno di imposta 2022 ha percepito un reddito imponibile di Euro 11.206,00 e per
l'anno di imposta 2023, ha percepito un reddito imponibile di Euro 13.801,27 (con imposta netta pari
ad Euro 1.294,00), pari a circa 1.042,00 euro mensili. Quanto alla condizione reddituale del sig.
OMISSIS (assunto come autista a tempo indeterminato presso un'impresa di trasporti privati), dalla
documentazione versata in atti risulta che egli, per l'anno di imposta 2023, ha percepito un reddito
imponibile pari ad Euro 19.065,00 (con imposta netta pari ad Euro 3.187,00), pari a circa 1.323,00 euro
mensili. Trattasi di retribuzione media che il sig. OMISSIS eccepiva anche in costanza di matrimonio,
ancorché con alcune oscillazioni (per stessa prospettazione di parte ricorrente, il minor reddito di
Euro 18.969,72 euro, percepito dal convenuto nei mesi di lockdown era "di poco inferiore rispetto
agli anni precedenti", cfr. pag. 10 memoria integrativa).
Quanto alla condizione patrimoniale delle parti, il sig. OMISSIS è nudo proprietario della casa
familiare oltre che di un garage e di una baita di montagna (cfr. pag. 9-10 comparsa di costituzione
e risposta e doc. 11 ricorrente), mentre la sig.ra OMISSIS è proprietaria di un immobile a S.D. (la
circostanza, dedotta dal convenuto a pagina 14 della comparsa di costituzione, non è stata
specificamente contestata dalla ricorrente).
Orbene, ritiene il Collegio che, alla luce di quanto sopra, non sussista alcun rilevante squilibrio tra
la condizione economico-reddituale delle parti determinatosi per effetto dello scioglimento del
vincolo coniugale, non dovendo, quindi, procedersi, in applicazione dei principi giurisprudenziali
sopra richiamati, alla verifica dell'applicabilità dei criteri di cui alla pronuncia delle Sezioni Unite n.
n. 18287/2018. In ogni caso, osserva il Collegio, con riguardo ai beni di proprietà del sig. OMISSIS
che trattasi di beni acquistati dal convenuto prima del 2009 (doc. 11), ossia prima del matrimonio,
sicché rispetto ad essi non sarebbe, in ogni caso, possibile riconoscere alcun apporto dato dalla sig.ra
OMISSIS alla formazione del patrimonio immobiliare delVa, dunque, ritenuta l'insussistenza dei presupposti dell'assegno divorzile sia con finalità
perequativa che assistenziale, non potendo ritenersi, quanto al secondo profilo, che la sig.ra OMISSIS
sia priva di mezzi adeguati al proprio sostentamento, tenuto conto dell'accertata consistenza dei suoi
redditi (pari a circa 1.042,00 euro mensili per l'anno 2023).
Considerato che il convenuto ha aderito alla domanda sullo status, sussistono giusti motivi per
compensare di ½ le spese di lite, ponendosi la restante metà a carico della ricorrente soccombente
sulla domanda di divorzio (valori medi per le quattro fasi, ridotti per le fasi istruttoria e decisionale
considerati il numero, la natura e le caratteristiche delle questioni giuridiche affrontate).
P.Q.M.
Il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella presente controversia,
sulle condizioni accessorie del divorzio pronunciato con sentenza di questo Tribunale n. 680/2023
così provvede:
1) rigetta la domanda di assegno divorzile;
2) compensa per ½ le spese di lite e condanna la ricorrente a rimborsare al convenuto la restante
metà liquidata in Euro 2.630,50, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.
Conclusione
Così deciso dal Tribunale di Trento nella camera di consiglio del 8 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2025.
Avv. Antonino Sugamele

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