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Sentenza

DIRITTO PENALE - Violazione degli obblighi di assistenza familiare
(Cp artt. 81, 131-bis, 133, 570-bis, 572; art. 12-sexies Legge 1 dicembre 1970 n. 898; Cpp art. 530)
L’impossibilità assoluta dell’obbligato di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570-bis cod. pen., che esclude il dolo, non può essere assimilata alla indigenza totale, dovendosi valutare se, in una prospettiva di bilanciamento dei beni in conflitto, ferma restando la prevalenza dell’interesse dei minori e degli aventi diritto alle prestazioni, il soggetto avesse effettivamente la possibilità di assolvere ai propri obblighi senza rinunciare a condizioni di dignitosa sopravvivenza.
Nel caso in esame la condizione dell’uomo quale emersa dall’istruttoria lo poneva in condizione di non poter adempiere agli obblighi imposti, indipendentemente dalla sua volontà, trovandosi in condizioni economiche così disastrose da dover ricorrere all’aiuto sistematico di parenti ed amici cercando al contempo, di reperire una nuova attività lavorativa, anche umile.
DIRITTO PENALE - Violazione degli obblighi di assistenza familiare (Cp artt. 81, 131-bis, 133, 570-bis, 572; art. 12-sexies Legge 1 dicembre 1970 n. 898; Cpp art. 530) L’impossibilità assoluta dell’obbligato di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570-bis cod. pen., che esclude il dolo, non può essere assimilata alla indigenza totale, dovendosi valutare se, in una prospettiva di bilanciamento dei beni in conflitto, ferma restando la prevalenza dell’interesse dei minori e degli aventi diritto alle prestazioni, il soggetto avesse effettivamente la possibilità di assolvere ai propri obblighi senza rinunciare a condizioni di dignitosa sopravvivenza. Nel caso in esame la condizione dell’uomo quale emersa dall’istruttoria lo poneva in condizione di non poter adempiere agli obblighi imposti, indipendentemente dalla sua volontà, trovandosi in condizioni economiche così disastrose da dover ricorrere all’aiuto sistematico di parenti ed amici cercando al contempo, di reperire una nuova attività lavorativa, anche umile.
CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta dai magistrati
1) dott. Massimo Costantino Poddighe - Presidente
2) dott. Giovanni Lavena - Consigliere
3) dott. Silvia Badas - Consigliere
In seguito a trattazione scritta
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
in Camera di Consiglio
- S.G., nato a S. il (...),
libero - non comparso
Prescrizione: 24.07.2024
APPELLANTE
Avverso la sentenza emessa in data 28 ottobre 2022 dal Tribunale di Cagliari, in composizione
monocratica, che - riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva
contestata, e considerato l'aumento per la continuazione - lo ha condannato alla pena di mesi quattro
di reclusione ed Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento
del danno patito dalla parte civile costituita, da liquidarsi in separato giudizio civile, concedendo
una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad Euro 5.000,00, nonché a rifondere alla stessa
parte civile le spese di costituzione e difesa liquidate come in dispositivo,
PERCHÉ DICHIARATO COLPEVOLE
Del reato di cui all'art. 3 L. n. 54 dell'8 febbraio 2006 (in relazione all'art. 12 sexies L. 1 dicembre 1970,
n. 898 e punito ai sensi dell'art. 570 c.p.) perché, successivamente al provvedimento di separazione
personale emesso dal Presidente ff del tribunale di Cagliari in data 10 giugno 2014, si sottraeva alla
corresponsione o versava saltuariamente in misura ridotta l'assegno mensile di Euro 700,00 come
stabilito dal Giudice, somma dovuta alla coniuge M.S. quale contributo per il mantenimento della
stessa e del figlio minore P. ad entrambi affidato con domicilio presso la madre.
In Villaputzu dal mese di gennaio 2015 all'8 luglio 2016
Con la recidiva di cui all'art. 99 comma 1 c.p.
All'odierna udienza in camera di consiglio si è proceduto, ai sensi dell'articolo 23 del D.L. n. 149 del
9 novembre 2020 (e successive modificazioni e integrazioni), con trattazione scritta senza l'intervento
del procuratore Generale e del difensore, che hanno formulato le seguenti
Svolgimento del processo
1. Con sentenza pronunciata in data 28 ottobre 2022 il Tribunale di Cagliari, in composizione
monocratica, dichiarava S.G. colpevole del reato di cui in epigrafe.
2. Sulla base degli atti del dibattimento, istruito - alla presenza dell'imputato - mediante prove
testimoniali (segnatamente la persona offesa M.S., costituitasi parte civile, e il maresciallo M.F.,
dedotti dal Pubblico Ministero; D.L.M., O.L., T.D., L.M., S.A. e D.G., tutti dedotti dal difensore
dell'imputato), produzioni documentali (in particolare, per quanto di specifico interesse, il verbale
di sommarie informazioni testimoniali di A.G. e M.P., contestualmente rinunciando al loro esame
con il consenso delle altre parti, prodotto dal P.M.; ricevute di alcuni bonifici effettuati dal S., in
favore della M., nel periodo in contestazione, oltre copia degli atti esecutivi emessi nei confronti del
S., prodotti dal suo difensore) ed esame dell'imputato, il Giudice di primo grado ricostruiva i fatti
nei termini di seguito precisati.
2.1. Si era in primo luogo premesso che, stante l'originaria contestazione di cui all'art. 3 della L. n. 54
del 2006, che con il D.Lgs. n. 21 del 2018 il legislatore delegato ha introdotto all'articolo 3 bis del
codice penale, la cosiddetta riserva di codice, in base alla quale "nuove disposizioni che prevedono
reati possono essere introdotte nell'ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero se sono
inserite con leggi che disciplinano in modo organico la materia". Conseguentemente, si è avuto il
trasferimento, nel nuovo articolo 570 bis c.p., sia dell'articolo 12 sexies della L. n. 898 del 1970, che
dell'articolo 3 L. n. 54 del 2006, disposizioni attualmente abrogate che sanzionano l'inadempimento
degli obblighi patrimoniali posti a carico di un coniuge nei confronti dell'altro o dei figli.
Alla luce dell'insegnamento del giudice di legittimità, doveva ritenersi, nel caso di specie, che
sebbene non vi fosse identità di dicitura tra la norma penale incriminatrice dell'articolo 3 L. n. 54 del
2006 e l'attuale articolo 570 bis c.p., la condotta penalmente rilevante e sanzionata (con identica pena,
stante il rinvio quo ad poenam all'articolo 570 c.p.), sia identica, quanto meno per il caso della
violazione degli obblighi di contribuzione nei confronti dei figli, riferendosi alla mancata
corresponsione della somma oggetto dell'obbligo.
2.2. Dalla testimonianza di S.M., persona offesa costituitasi parte civile, era emerso che la stessa era
stata coniugata con il S. dal 2008 al 2014, anno in cui aveva chiesto la separazione a causa del carattere
violento del marito che aveva originato, nei confronti di quest'ultimo, un procedimento penale per
il reato di cui all'art. 572 c.p., conclusosi con la sua condanna.
2.2.1. La stessa aveva altresì riferito che, a seguito di un provvedimento del Tribunale di Cagliari in
data 10 giugno 2014, veniva stabilito a carico dell'imputato il pagamento di un importo di Euro
700,00 mensile a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore (nato il (...)), di cui Euro
300,00 in favore del figlio ed Euro 400,00 in favore della medesima. In ordine a tale contributo, la
stessa aveva riferito che il coniuge, dopo aver corrisposto l'importo dovuto per il primo mese
successivo al provvedimento, dai mesi successivi aveva operato autonomamente una auto riduzione
dell'importo fino a quando, nel dicembre 2014, aveva omesso totalmente ogni versamento.
2.2.2. Quanto alla propria condizione economica, la M. aveva riferito di aver potuto fornire al figlio
quantomeno i mezzi di prima necessità grazie all'aiuto dei propri genitori che avevano provveduto
anche a corrispondere il canone di locazione dell'abitazione in cui viveva con il figlio.
2.2.3. In relazione all'attività lavorativa del S., la donna affermava di non conoscere esattamente
quale fosse la sua attività, né in costanza di matrimonio né successivamente, di essere però a
conoscenza dei viaggi all'estero dell'imputato, avendo ricevuto una cartolina da D. e che questi, dopo
la separazione, si era presentato ad una visita al figlio a bordo di una Ferrari e questo nonostante le
sue affermazioni di non avere la disponibilità economica per far fronte al pagamento dell'assegno di
mantenimento a suo carico.
2.2.4. Da ultimo, la M. aveva affermato che mai nessuna spesa era stata effettuata dal S. per la
famiglia e che questi, né in costanza di matrimonio né successivamente, aveva mai pagato nulla,
ovvero bollette, spese, o il canone di locazione, e nemmeno un caffè al bar.
2.3. P.M. e G.A., rispettivamente padre e madre della persona offesa, in sede di sommarie
informazioni, avevano riferito che dal mese di giugno 2015 il S. non aveva mai corrisposto nulla alla
coniuge, e che quindi erano stati loro a fornire alla figlia l'aiuto economico necessario per pagare
l'affitto di casa, le bollette di luce e acqua, la spesa, del vestiario e delle visite mediche
2.4. Nel corso dell'esame dell'imputato aveva ammesso e riconosciuto "di non aver onorato una parte
degli assegni familiari, ma gli ho dato anche, qualche soldo glielo ho dato in quei mesi lì". Il S. aveva
però giustificato la quasi totale omissione dei versamenti con un (non confermato) problema di
depressione e con un contestuale fallimento sia del proprio lavoro di manager teatrale, sia della sua
società di pubblicità, entrambi verificatisi nel 2015.
2.4.1. Tali circostanze, a suo dire, non gli avevano permesso di corrispondere l'assegno di
mantenimento in favore del figlio. Su domanda del difensore di parte civile, però, il S. aveva meglio
chiarito che il fallimento delle proprie società era avvenuto nell'anno 2010 e, richiesto il periodo in
cui egli sarebbe stato in possesso di una Ferrari, prontamente riferiva di non esserne mai stato
proprietario, ma di averla presa a noleggio, per quindici giorni, nell'anno 2012; periodo in cui,
a suo dire, risultava già affetto dalla depressione e privo di mezzi, tanto da essere "costretto" ad
interrompere i versamenti dell'assegno del mantenimento.
2.4.2. Irrilevante, ai fini del giudizio, era la circostanza dallo stesso riferita, di aver ricominciato, da
circa due anni, a corrispondere al figlio il predetto assegno, essendo il riferito periodo successivo
alla contestazione.
2.5. Quanto ai sei testi dedotti dalla difesa, D.M.L., direttore della C., mostratogli il S., presente in
aula e richiestogli se lo riconoscesse, aveva affermato di non ricordare di averlo mai visto.
Tuttavia aveva riferito di aver preso informazioni dall'Ente e di aver appreso che il soggetto fosse
conosciuto sia dagli operatori del Centro di Ascolto, facente parte alla stessa C., sia dal Centro
Diocesano C. di Assistenza sito nella Via Po; centro che aveva la finalità di fornire alle persone
indigenti una spesa mensile. Non era però era stato in grado di riferire i periodi in cui l'imputato
avrebbe frequentato i locali della C..
2.6. L.O., volontaria della C. presso il Centro Diocesano Assistenza di via Po, aveva riferito di aver
visto il S. un paio di volte all'atto del ritiro del pacco di viveri, e che lo stesso frequentava il Centro
dal gennaio 2018. Aveva inoltre confermato di non averlo mai visto negli anni precedenti.
2.7. La Dottoressa D.T., operatrice sociale del Comune di Villaputzu, aveva dichiarato di conoscere
i coniugi in quanto nell'anno 2016 era giunta al Comune di Villaputzu un decreto del Tribunale
Ordinario di Cagliari che stabiliva la sospensione della responsabilità genitoriale di entrambi i
genitori con affidamento al servizio sociale, al fine di porre in essere ima serie di interventi, compresi
gli incontri protetti tra il S. ed il figlio. La stessa però non era stata in grado di riferire nulla circa la
situazione economica dell'imputato; se non per averlo appreso dal diretto interessato.
2.8. M.L., assistente sociale presso il consultorio di Muravera, aveva confermato anch'essa di
conoscere i coniugi avendo ricevuto nell'anno 2017 un incarico dal Tribunale di Cagliari per il
sostegno alla genitorialità. Nulla era tuttavia in grado di riferire rispetto agli anni antecedenti.
2.9. A.S., fratello dell'imputato, preventivamente informato della facoltà di cui all' art. 199 c.p.p.,
aveva dichiarato di non volersene avvalere, aveva raccontato che nel periodo in contestazione il
fratello era privo di attività lavorativa e che talvolta lo aveva aiutato economicamente, una volta
acquistandogli un paio di scarpe e talvolta pagandogli la benzina per poter raggiungere Villaputzu
per vedere il figlio.
Il teste aveva altresì confermato che il fratello, senza però ricordare il periodo, si era recato diverse
volte in Spagna al fine di trovare attività lavorativa; non era stato però in grado di riferire ove avesse
reperito i soldi per il viaggio (non avendogli egli fornito alcun aiuto in tal senso), né per il suo
sostentamento nel paese straniero.
2.10. G.D., ultimo dei testi dedotto dal difensore, premesso di essere conoscente e amico del S. da
circa trent'anni, aveva riferito di essere a conoscenza delle sue precarie condizioni economiche, che
non gli consentivano di corrispondere alla moglie l'assegno di mantenimento, avendo anche
difficoltà per l'acquisto del mangiare e per il pagamento delle utenze; ciò in un periodo dall'anno
2013 e fino all'attualità.
2.10.1. Il teste aveva inoltre specificato di averlo aiutato, sia economicamente, consegnandogli i soldi
per pagare le utenze, sia facendogli la spesa, e ciò, talvolta dietro richiesta del S., e talvolta
spontaneamente conoscendone il bisogno.
2.10.2. Richiestogli quale attività esercitasse l'amico, il D. aveva risposto di non saperlo, e in ordine
alle motivazioni della presunta crisi economica del medesimo, aveva parimenti detto di non esserne
a conoscenza, e rispondendo da ultimo che non ricordava se avesse mai visto l'amico alla guida di
una Ferrari.
3. Valutando tali fatti in termini di colpevolezza del S., il Giudice di primo grado svolgeva le seguenti
considerazioni.
3.1. All'esito dell'istruttoria era stato certamente provato che questi, non solamente nel periodo in
contestazione, ma anche successivamente (ed anche nell'attualità), aveva quasi totalmente omesso il
versamento al coniuge dell'assegno disposto a suo carico quale contributo al mantenimento dello
stesso coniuge e del figlio minore P..
3.2. Nel corso del periodo in contestazione (dal gennaio 2015 al luglio 2016), era emerso, a seguito
delle produzioni del difensore, che il S. aveva provveduto ad effettuare i seguenti versamenti: Euro
400,00 in data 4 febbraio 2015; Euro 400,00 in data 8 aprile 2015; Euro 400,00 in data 5 maggio 2015 ;
Euro 100,00 in data 10 settembre 2015 ed Euro 100,00 in data 24 settembre 2015. Il S., pertanto, a
fronte di un importo pari a 13.300,00 euro (Euro 700 per 19 mensilità), aveva versato il minor importo
di Euro 1.400,00.
3.3. Si doveva inoltre rilevare che la colpevolezza del S. era da ritenersi dimostrata da almeno tre
ordini di ragioni: 1) dall'oggettiva imposizione a questi dell'obbligo, così come stabilito nella
predetta documentazione, di corrispondere mensilmente al coniuge l'importo di Euro 700,00 quale
contributo al mantenimento del figlio minore (e dello stesso coniuge); 2) dalla circostanza che il S.
aveva quasi totalmente omesso il versamento, corrispondendo un importo pari ad appena un
decimo rispetto a quanto avrebbe dovuto corrispondere; 3) dalla assoluta credibilità delle
circostanze riferite dalla M., confermate dai genitori di quest'ultima; 4) dall'aver privato il figlio P.,
beneficiario, dell'importo posto a suo carico.
3.4. Le circostanze dallo stesso S. riferite in sede d'esame, relative ad un suo presunto stato di
malattia, non avevano infatti trovato alcuna conferma documentale: la depressione di cui egli
sarebbe stato affetto non risultava infatti documentata, avendo lo stesso S. riferito di essere invece
in cura con una diabetologa.
3.5. Lo stesso imputato, inoltre, sempre in corso d'esame, aveva riconosciuto il mancato versamento
del pagamento dell'assegno di mantenimento, senza però fornire prova di un reale impedimento a
compiere un'attività lavorativa. Pertanto, era evidente che il versamento del detto contributo
economico da parte del S., per il mantenimento del figlio minore in misura ridotta, configurava il
reato di cui all'art. 570 bis c.p.
3.5.1. Proprio in riferimento alla configurabilità del detto reato, pur dovendosi ricordare
l'affermazione costante in giurisprudenza che, laddove manchi la capacità economica dell'obbligato,
non può trovare applicazione la sanzione penale di cui all'art. 570 bis c.p., deve tuttavia anche
ricordarsi che sul punto più volte interveniva la Suprema Corte affermando che l'incapacità
economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati
dall'art. 570 bis c.p., deve essere assoluta e deve integrare una situazione di persistente oggettiva
indisponibilità di introiti. Deve essere pertanto l'imputato a dover allegare "in maniera seria" la
propria incapacità economica al fine di condurre alla dimostrazione che, pur esistendo la volontà di
adempiere, e quindi difettando il dolo, il venir meno ai doveri di assistenza familiare è stato
inevitabile.
3.5.2. Inoltre, deve ricordarsi quanto evidenziato dalla Suprema Corte, secondo la quale il coniuge
tenuto al versamento di un assegno di mantenimento in favore dei figli o dell'altro coniuge, è già
tutelato dalla legge che stabilisce una proporzione tra l'impegno economico richiesto e le sue
effettive capacità economiche.
3.5.3. Non può, pertanto, ritenersi ammissibile che un soggetto decida di omettere o ridurre
l'importo stabilito, secondo quanto stabilito nella sentenza della Suprema Corte n. 5752 del 2011, che
ha certamente segnato un inasprimento interpretativo in ordine al reato di mancata (o ridotta)
corresponsione dell'assegno di mantenimento, così come contestato al S..
3.5.4. In sostanza, è stato ribadito che il corretto adempimento dell'obbligazione gravante sul
soggetto in favore dell'altro coniuge consiste nella dazione dei mezzi di sussistenza, nella qualità e
nel valore determinato nel dialettico confronto delle parti, e nel superiore interesse del soggetto
debole, oggetto di tutela privilegiata. Non è pertanto consentito al soggetto tenuto, di autoridurre
(od omettere) il versamento dell'assegno disposto a suo carico, salva la sua comprovata incapacità
di far fronte all'impegno.
3.6. Relativamente al caso in esame, si doveva infine evidenziare che all'esito dell'istruttoria
dibattimentale era risultata totalmente assente la dimostrazione di una impossibilità assoluta, da
parte del S., a adempiere all'obbligazione, essendo al contrario emerso che questi, quanto meno in
costanza di matrimonio, aveva sempre esercitato attività lavorativa, non essendo stati fomiti, da
parte di questi, elementi dai quali potesse desumersi l'impossibilità di adempiere.
3.6.1. La sola circostanza delle azioni esecutive poste in essere nei suoi confronti a seguito delle quali
erano risultate essere state sottoposte a pignoramento diverse unità immobiliari, sia in S. che a R.,
ove l'imputato aveva esercitato per lungo tempo attività lavorativa, non costituivano prova per poter
ritenere sussistente l'incapacità lavorativa dello stesso.
3.6.2. Nessun elemento poteva inoltre dedursi dalle circostanze riferite dai testi dedotti dalla difesa
non essendo stati questi in grado di far emergere un'assoluta indisponibilità di mezzi da parte del
S..
Al contrario essendo emerso dalle risultanze dibattimentali, il dato pacifico della corresponsione in
maniera saltuaria e ridotta, da parte del S., dell'assegno di mantenimento disposto dal Tribunale in
favore del figlio minore, risultava provata la colpevolezza dell'odierno imputato in ordine al reato
di cui all'articolo 570 bis c.p., in continuità normativa con la norma in contestazione.
3.7. Non era infine applicabile la disciplina prevista dall'art. 131 bis c.p. e ciò, sia in quanto, tenuto
conto della durata della condotta inadempiente e della protrazione della stessa anche oltre il periodo
in contestazione (avendo lo stesso S. indicato nell'anno 2019 il periodo in cui avrebbe ripreso a
versare il predetto assegno), non poteva ritenersi il fatto di particolare tenuità, e sia in quanto
l'applicabilità risultava preclusa stanti i precedenti del S. nei confronti del quale risultava essere stata
emessa sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 572 c.p., commesso nei confronti della M..
3.8. Ciò posto, il Giudice di primo grado - riconosciute le circostanze attenuanti generiche
equivalenti alla recidiva contestata, e considerato l'aumento per la continuazione - richiamati i
parametri dell'articolo 133 c.p., riteneva equo determinare la pena per il S. in mesi quattro di
reclusione ed Euro 300,00 di multa (pena base mesi tre di reclusione ed Euro 300,00 di multa, con
l'aumento ai sensi dell'art. 81 c.2 c.p. pari a mesi uno di reclusione fino alla misura finale), oltre al
pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno patito dalla parte civile costituita, da
liquidarsi in separato giudizio civile, concedendo una provvisionale immediatamente esecutiva pari
ad Euro 5.000,00, nonché a rifondere alla stessa parte civile le spese di costituzione e difesa liquidate
come in dispositivo
Motivi della decisione
4. Il difensore del S. ha proposto appello sottoponendo alla Corte i motivi di seguito sintetizzati
4.1. L'appellante lamenta, sotto molteplici profili, l'erronea valutazione delle prove con specifico
riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato.
4.1.1. Il Giudice di prime cure ha attribuito piena efficacia probatoria alle dichiarazioni rese dalla
persona offesa e ai di lei genitori in sede di s.i.t., acquisite in dibattimento, mentre non ha mostrato
di tenere nella medesima considerazione quanto invece riferito dal m.llo M. e dai testi a difesa, oltre
alla documentazione da quest'ultima prodotta con riguardo alla procedura esecutiva immobiliare
promossa contro il S., tutti elementi che contraddicono di fatto sia la prospettiva accusatoria sia le
dichiarazioni della M..
Oltretutto risulta errata la affermazione che il S., nonostante la depressione e le sue difficoltà
economiche dovute al fallimento delle proprie attività, abbia preso a noleggio una Ferrari invece di
contribuire al mantenimento dallo stesso dovuto, posto che dalle dichiarazioni della M. e
dall'ordinanza del Tribunale di Cagliari del 10.06.2014, emerge chiaramente che nel 2012 non
sussisteva alcun provvedimento che imponesse obblighi contributivi al prevenuto nei confronti
della M..
4.1.2. Ma soprattutto in sentenza, pur correttamente premesso che nell'art. 570 bis c.p. sono confluite
le disposizioni di legge contestate all'imputato e che tale reato si configura qualora il coniuge si
sottragga agli obblighi contributivi ed economici previsti dal giudice civile autoriducendosi od
omettendo il versamento a suo carico, non considera che dall'istruttoria non emerge la capacità
economica del S. di far fronte a tale impegno.
Difatti, è stato dimostrato che l'imputato non ha potuto adempiere integralmente al suo obbligo a
causa di uno stato di indigenza determinato da cause a lui non imputabili, e quindi risulta, in linea
con l'insegnamento di cui alla sentenza n. 3257 del 5.09.2022 della Corte di Cassazione, la sua
impossibilità assoluta a adempiere all'obbligazione.
Non può dunque ritenersi sussistente l'elemento psicologico del reato contestato, avendo dato il S.
prova di essersi incolpevolmente trovato in situazione di indigenza e quindi nell'impossibilità
pressoché assoluta di adempiere agli ordini impostigli dal Giudice civile, dimostrando il prevenuto
perfino di aver provveduto parzialmente ai pagamenti dovuti.
4.1.3. Tutti i testi, compresa la M., che ha definito l'abitazione del S. "un tugurio", hanno riferito sulle
disastrose condizioni economiche dell'imputato e sugli aiuti fomiti allo stesso.
Il m.llo M., in seguito agli accertamenti patrimoniali e reddituali sul S., aveva riferito delle sue
proprietà immobiliari, di una FIAT Tipo e non una Mercedes o una Ferrari, e sul reddito pari ad
Euro 2.900,00 circa ma in negativo, relativi alle perdite della Ditta Individuale G.S. di S.G., cessata
tra l'altro nel 2007.
4.1.4. In relazione alle proprietà immobiliari, sono stati prodotti dalla difesa all'udienza del 4.04.2022
svariati documenti dai quali si evince una forte esposizione debitoria del S. di 294.000,00 euro circa,
come risulta dagli atti del procedimento esecutivo ed in particolare dal provvedimento del Tribunale
di Cagliari, Ufficio esecuzioni immobiliari in data 29.07.2009, che ha determinato prima il
pignoramento di due immobili siti in S. e successivamente la vendita all'asta di uno dei due. In ogni
caso, nonostante le grosse difficoltà economiche determinate prima della cessazione della sua
attività di intrattenimento e spettacolo con sede a R., dalla quale è residuato un debito di circa
2.900,00 euro e successivamente dal pignoramento e dalla conseguente vendita e assegnazione
dell'immobile sito in S., il S. ha sempre cercato di adempiere con grossi sacrifici e secondo le sue
possibilità, l'obbligazione su di lui gravante.
4.1.5. La Dott.ssa T. aveva riferito di quanto appreso dai coniugi durante gli incontri protetti, in
particolare dal S. che le aveva comunicato di essere in una situazione economica precaria tanto da
avere difficoltà a recarsi a Villaputzu per gli incontri con il figlio, mentre la M. si lamentava con lei
del fatto di non aver mai ricevuto il mantenimento dal marito, per poi riferirle di non gradire la
spesa che quest'ultimo portava a Villaputzu in quanto ritenuta dal figlio un'elemosina.
4.1.6. Anche la Dott.ssa L. smentisce quanto affermato dalla M. sull'assoluta mancata corresponsione
dell'assegno, riferendo sulla base di quanto appreso dalla donna che il marito "qualche volta dava
50,00 100,00 euro".
4.1.7. È altresì emerso che il S., disoccupato, sia stato solerte nella ricerca di un'attività lavorativa,
pur senza successo, circostanza peraltro confermata dal fratello A. che riferiva altresì del suo viaggio
in Spagna a tal fine, elemento però preso in considerazione dal P.M. e dalla parte civile per screditare
il S. e far apparire quest'ultimo come soggetto incline a spendere soldi per una vacanza piuttosto che
contribuire al mantenimento della M. e di suo figlio.
4.1.8. Anche i testi L. e O. avevano detto che il S. era assistito dal Centro di ascolto e dal Centro
Diocesano che si occupa di fornire aiuto e sostegno ai bisognosi, fomiti allo stesso dal 31 gennaio
2018 con la consegna di alimenti o anche il pagamento delle bollette relative alle utenze domestiche.
4.1.9. Mentre i testi S.A. e D. hanno analogamente raccontato delle condizioni economiche
dell'imputato, tanto da doverlo aiutare facendogli la spesa, pagandogli le bollette, dandogli del
denaro (perché a detta del D. non aveva soldi nemmeno per mangiare) e addirittura comprargli le
scarpe. Da tale situazione il S. è riuscito a venirne fuori solo da qualche anno grazie ad un lavoretto
che, come lui stesso ha detto, "mi sono inventato", consistente nell'accompagnare persone in
difficoltà a fare visite mediche, lavoro che gli ha consentito di provvedere integralmente alla
corresponsione di quanto dovuto.
4.10. Per tale motivo ricorre violazione e falsa applicazione degli artt. 125 e 546 c.p.p. per mancanza
di esplicitazione dell'impianto argomentativo della sentenza, essendosi limitato il giudicante ad
indicare la fonte di prova delle dichiarazioni sulla base delle quali è stato ritenuto sussistere il reato
(le dichiarazioni della M. e dei di lei genitori), senza tuttavia indicare né valutare gli elementi
probatori documentali e soprattutto senza un'analisi approfondita degli elementi costitutivi del
reato.
4.2. Il Giudice di primo grado inoltre ritiene erroneamente non applicabile la disciplina di cui all'art.
131 bis c.p.
In particolare, il Tribunale ha basato il proprio convincimento avuto riguardo alla precedente
condanna dell'imputato per il reato di maltrattamenti in famiglia, nonostante di tale sentenza non si
faccia cenno nel certificato penale.
Inoltre, l'imputato ha fornito la prova sia degli adempimenti, sebbene parziali, dell'obbligazione, sia
dell'indisponibilità per causa a lui non imputabile di risorse economiche che gli consentissero di
adempiere la sua obbligazione, per cui il fatto deve ritenersi di lieve entità.
5. L'appellante ha quindi concluso chiedendo, in via preliminare, di annullare la sentenza
impugnata; in via principale, in riforma della sentenza impugnata, di assolvere l'imputato ai sensi
dell'art. 530 c.p.p. perché il fatto non costituisce reato o con la formula ritenuta di giustizia; in via
subordinata, di non doversi procedere perché non punibile per la particolare tenuità del fatto; in via
ulteriormente subordinata, di applicare la pena pecuniaria e ridurla al minimo.
LA CORTE OSSERVA
6. L'appello è fondato, e la sentenza deve essere pertanto riformata.
6.1. Osserva la Corte che, non appare contestabile ne è stata contestata la materialità del fatto,
essendo certamente comprovato che il S. non ha provveduto interamente, o solo parzialmente, al
contributo dal medesimo dovuto a titolo di mantenimento per il figlio minore P. secondo quanto
stabilito dal Tribunale civile di Cagliari con Provv. del 10 giugno 2014.
Di converso, l'esame delle prove raccolte e di tutte le deposizioni testimoniali, restituisce un quadro
che non consente di ritenere provata oltre ogni ragionevole dubbio la ricorrenza dell'elemento
soggettivo del contestato reato atteso che, al contrario, numerosi elementi rendono plausibile, se non
rigorosamente comprovata, la ricostruzione alternativa dei fatti offerta dall'imputato.
6.1.1. Si rileva in primo luogo come diversi testi della difesa hanno reso dichiarazioni convergenti in
ordine all'effettiva situazione del S. che, privo di impiego e dedito a lavori
occasionali, cercava per quanto possibile di contribuire al mantenimento del figlio, seppur in misura
ridotta, come dimostrato dalle ricevute dei bonifici in atti in cui egli ha provveduto almeno al
mantenimento del minore per i mesi di febbraio, aprile e maggio 2015 oltre a due contributi per le
spese scolastiche e i libri in data 10 settembre e 24 settembre 2015.
6.1.2. In tal senso hanno deposto in primo luogo D.M.L., soggetto terzo e disinteressato, che,
indagando presso il centro Diocesano e della C., aveva riferito che il S. frequentava il centro di
ascolto ed era destinatario degli aiuti alimentari previsti dal pacchetto di aiuto ai bisognosi della C.,
come del resto confermato anche dalla volontaria O.L..
6.1.3. Anche le dichiarazioni del fratello S.A. e dell'amico di lunga data D.G. convergono in tale
direzione, riferendo delle condizioni disastrose dell'imputato che necessitava del loro contributo per
le esigenze primarie di vita, quali il cibo, il vestiario e perfino i soldi della benzina per recarsi a
Villaputzu in occasione degli incontri con il figlio. Gli stessi avevano riferito della sua volontà di
contribuire al mantenimento del figlio con qualsiasi mezzo, tramite lavori occasionali e poi con uno
"di sua invenzione" consistente nell'accompagnare gli anziani alle visite mediche. Pertanto, il S. si è
impegnato attivamente per la ricerca di un'occupazione senza adagiarsi in tale condizione, come
dallo stesso riferito all'udienza del 17 giugno 2022, durante il suo esame.
6.1.4. La stessa deposizione poi del m.llo M., offre poi ulteriori elementi di riscontro in relazione alla
situazione finanziaria del S., da cui emerge il debito del medesimo risultante dalla cessazione della
sua attività, oltre al pignoramento dell'immobile sito in S. e le varie ingiunzioni di pagamento a suo
carico, che dimostrano la situazione economica negativa dell'imputato e le difficoltà a adempiere
totalmente ai suoi obblighi.
6.1.5. Infine, per quanto sia comunque idoneo ad integrare l'elemento oggettivo del reato, non si può
non considerare l'impegno del S. nell'adempiere, seppur parzialmente, all'obbligo di mantenimento,
considerate altresì le sue condizioni economiche disastrose che gli impedivano di sostenere in
maniera completamente dignitosa perfino sé stesso. Da ultimo, è necessario precisare che il noleggio
della Ferrari da parte del S. si riferisce ad un periodo antecedente alla contestazione, al 2012- 2013
precisamente, come riferito dalla stessa M.; mentre il viaggio in Spagna era giustificato dalla ricerca
di un lavoro migliore anche per contribuire al mantenimento del figlio, e dunque in un'ottica di
ricerca attiva di un'occupazione da parte del S..
6.2. Richiamato pertanto il recente insegnamento del giudice di legittimità a mente del quale
l'impossibilità assoluta dell'obbligato di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570-bis cod.
pen., che esclude il dolo, non può essere assimilata alla indigenza totale, dovendosi valutare se, in
una prospettiva di bilanciamento dei beni in conflitto, ferma restando la prevalenza dell'interesse
dei minori e degli aventi diritto alle prestazioni, il soggetto avesse effettivamente la possibilità di
assolvere ai propri obblighi senza rinunciare a condizioni di dignitosa sopravvivenza, ritiene questa
Corte che nel caso in esame la condizione del S. quale emersa dall'istruttoria lo ponesse per l'appunto
in condizione di non poter adempiere agli obblighi imposti, indipendentemente dalla sua volontà,
risultando che lo stesso si fosse trovato in condizioni economiche così disastrose da dover ricorrere
all'aiuto sistematico della C. e di associazioni dello stesso genere, oltre che di parenti ed amici e ciò
nonostante si fosse dato da fare nel tentativo di reperire una nuova attività lavorativa, anche umile,
quale quella da ultimo reperita.
6.3. Va da ultimo rilevato come la remissione della querela ad opera della persona offesa S.M. risulta
irrilevante nel caso in esame, trattandosi di reato perseguibile d'ufficio.
7. L'imputato alla luce del quadro probatorio quantomeno dubbio che emerge dall'istruttoria con
riguardo alla ricorrenza dell'elemento soggettivo, deve andare assolto dal delitto ascritto perché il
fatto non costituisce reato.
P.Q.M.
La Corte
Visto l'art. 605 c.p.p., in riforma della sentenza impugnata assolve G.S. dal reato ascrittigli perché il
fatto non costituisce reato e revoca le statuizioni civili.
Motivazione contestuale.
Conclusione
Così deciso in Cagliari, il 6 febbraio 2024.
Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2024


Avv. Antonino Sugamele

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