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Sentenza

Separazione: la prevalente permanenza dei figli presso il padre incide sull'assegno alla madre.
Separazione: la prevalente permanenza dei figli presso il padre incide sull'assegno alla madre.
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 26-01-2022) 14-02-2022, n. 4794


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - Presidente -

Dott. PARISE Clotilde - Consigliere -

Dott. CAIAZZO Luigi - Consigliere -

Dott. SCALIA Laura - rel. Consigliere -

Dott. CAMPESE Eduardo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 141/2021 proposto da:

M.D., elettivamente domiciliato in Roma, Via Antonio Serra, 104 presso lo studio dell'Avvocato Marcella Lombardo che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

C.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Tacito, 10 presso lo studio dell'Avvocato Roberto Santucci che la rappresenta e difende per procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente - ricorrente in via incidentale -

avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di ROMA, n. 1674/2020 depositato il 26/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/01/2022 dal Cons. Scalia Laura.
Svolgimento del processo

1. M.D. propone ricorso straordinario, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7, affidato a tre motivi, illustrati con memoria, per la cassazione del decreto in epigrafe indicato, con cui la Corte d'Appello di Roma, in sede di reclamo ed in parziale riforma della decisione adottata dal locale tribunale, pronunciando nei giudizi riuniti r.g. n. 52043 del 2018 e r.g. n. 50205 del 2019, ha determinato, per quanto ancora rileva in giudizio, in Euro 850,00 mensili il contributo dovuto dal signor M. alla signora C. per il mantenimento dei due figli minori, A. e M.B.J., nati, rispettivamente, negli anni 2009 e 2010 (per l'importo di Euro 425,00 per ciascuno).

La corte di merito, nel resto, ha confermato la decisione impugnata che affidava i figli ad entrambi i genitori con collocazione prevalente presso il padre.

Resiste con controricorso C.A. che articola, altresì, ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente principale fa valere la violazione degli artt. 315, 316, 316-bis e 337-ter c.c. e del criterio di proporzionalità che deve guidare il giudice nella determinazione del contributo che grava sul genitore per il mantenimento dei figli.

I figli erano stati affidati ad entrambi i genitori con collocamento prevalente presso il padre che doveva sopportare, pertanto, in quanto gravato dal mantenimento diretto per un più ampio lasso temporale, le maggiori spese.

Il signor M. provvedeva comunque a pagare integralmente le spese per la mensa scolastica nell'assegno di mantenimento corrisposto all'ex compagna quando i minori si trovavano presso la madre e sosteneva integralmente le spese scolastiche, sportive, mediche e straordinarie dei figli.

Deduce ancora il ricorrente che la Corte d'Appello di Roma aveva disposto il collocamento prevalente dei minori presso il padre e l'accollo totale in capo a quest'ultimo di tutte le spese ordinarie e straordinarie, in ragione di una mera presunzione di redditività del suo patrimonio immobiliare non accompagnata, neppure, da indagini tributarie nei confronti dell'altro genitore.

In siffatto contesto, l'intervenuto riconoscimento dell'assegno di contributo al mantenimento dei figli alla signora C. avrebbe consentito a quest'ultima di godere di un importo in realtà finalizzato al mantenimento del tenore di vita avuto nella pregressa convivenza, non risultando invece, ed altrimenti, giustificato da una condizione di precarietà economica che, d'impedimento a fronteggiare anche le primarie esigenze dei figli nei periodi che i minori trascorrevano con la madre, avrebbe dovuto, essa sola, determinare la corte di merito all'attribuzione dell'indicata posta.

La conferma che il giudice del reclamo aveva dato alla misura, pari al 100%, delle spese straordinarie poste a carico del padre, che pure ne aveva richiesto la riduzione al 50%, era poi esito di una motivazione non adeguata.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 315, 316, 316-bis e 337-ter c.c. e l'"incongruenza tra le circostanze di fatto accertate e le motivazioni addotte in decreto per omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio", in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

L'ampio patrimonio immobiliare del ricorrente, ritenuto dalla corte di merito, consisteva, in realtà, in due soli immobili posti nella periferia romana il cui valore non superava i 150 mila Euro; inoltre il ricorrente non era in grado di mettere a reddito detti cespiti essendo essi oggetto di pignoramento, sorte condivisa con le pigioni derivanti al primo dai contratti di locazione degli immobili pure posseduti, anche pro-quota, con i fratelli.

La signora C. aveva poi intrapreso una serie di azioni esecutive, per il recupero di somme che M. non era stato in grado di corrisponderle, ricorrendo a pignoramenti presso terzi e ottenendo il blocco di tutti i conti del ricorrente che era stato costretto a ricorrere a prestiti per mantenere i figli.

Il fatto che la signora C., come rilevato dalla corte territoriale, si trovasse a sostenere elevati oneri abitativi, disponendo di un appartamento nel centro storico della capitale, e fosse rimasta fuori dal mercato del lavoro non avrebbe giustificato, se non per una motivazione incomprensibile e con travisamento delle risultanze processuali (secondo le quali l'ex convivente godeva di un reddito da lavoro di circa 800 Euro mensili che versava per la locazione di un immobile nel centro di Roma, in cui risiedeva), l'obbligo del ricorrente di versare l'assegno di contributo al mantenimento dei figli.

Il giudice del reclamo non aveva esaminato i punti decisivi prospettati dalle parti o rilevabili ex officio e non aveva indicato le ragioni di dissenso dal convincimento del primo giudice.

3. I motivi primo e secondo possono trattarsi congiuntamente perchè connessi nei contenuti - nel denunciato contrasto con il principio di proporzione rispetto ai redditi dei genitori in cui sarebbe incorsa la corte d'appello nel fissare la misura dell'assegno di contributo per il mantenimento dei figli - ed identici nella struttura.

3.1. Essi sono innanzitutto inammissibili perchè diretti, pur nelle indicate e tipizzate censure, a sollecitare una rivalutazione del fatto per una alternativa ricomposizione degli esiti probatori (cfr. ex multis: Cass. 27/12/2019, n. 34476).

3.2. I motivi si espongono ad una ulteriore valutazione in termini di inammissibilità per loro genericità.

Le censire proposte mancano infatti di indicare le norme violate, nella interpretazione offertane da questa Corte, in rapporto con i vari passaggi della motivazione impugnata e così, anche, i fatti che sarebbero stati omessi nella valutazione, il tutto nell'osservanza del modello segnato dall'art. 360 c.p.c., nn. 4 e 6.

3.3. Le critiche introdotte, ancora, là dove invocano una inammissibile diversa ricostruzione del fatto, in ragione di una differente composizione degli esiti istruttori, risultano inconciliabili con la pure dedotta violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la cui sistematica sussistenza si apprezza, infatti, nella stabilità e non contestazione del fatto accertato (cfr.: Cass. 13/03/2018, n. 6035; Cass. SU 12/11/2020, n. 25573).

3.4. La percezione del reddito di cittadinanza da parte della signora C., fatta valere in memoria dal ricorrente a sostegno della non spettanza dell'assegno perequativo per i figli, è d'altro canto deduzione nuova, come riconosce lo stesso M., e come tale estranea al presente giudizio.

3.5. I motivi sono comunque infondati.

La corte di merito ha quantificato l'assegno di contributo indiretto al mantenimento di figli in misura proporzionale ai redditi dei genitori, tenendo conto delle risorse di entrambi e della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti, nell'osservanza dell'art. 337-ter c.c., comma 4 e così, anche, la misura percentuale delle spese straordinarie gravanti su ciascuno degli obbligati, il tutto per un giudizio comprensivo, anche, del carattere prevalente del collocamento dei minori presso il padre e della sua corrispondente incidenza, nella maggiore misura del praticato mantenimento diretto, sull'assegno perequativo.

4. Con il terzo motivo il ricorrente fa valere la violazione in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 91 e 92 c.p.c..

La corte di merito aveva richiamato la parziale soccombenza reciproca delle parti per giustificare la compensazione delle spese di lite e tanto là dove, invece, il reclamo principale, proposto dall'odierno ricorrente, era stato accolto.

Il motivo come formulato - il ricorrente invoca la violazione dell'art. 92 c.p.c. per avere la corte di merito richiamato il "concetto di reciproca soccombenza che giustificherebbe l'integrale compensazione delle spese di lite" (p. 20 ricorso) - è inammissibile perchè in contrasto con consolidato indirizzo di legittimità rispetto al quale il mezzo proposto non offre ragioni di modifica (art. 360-bis n. 1 c.p.c.).

Risponde a fermo principio di questa Corte quello per il quale, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (ex multis: Cass. 17/10/2017, n. 24502; Cass. 31/03/2017, n. 8421).

5. Con il ricorso incidentale la signora C. fa valere la violazione degli artt. 337-ter e 316-bis c.c..

La corte di merito, senza tenere conto della disparità reddituale dei genitori, aveva rideterminato il contributo al mantenimento dei figli in Euro 850,00 mensili, ritenendo eccessivo l'importo riconosciuto dal tribunale, pari ad Euro 1.500,00 mensili, senza apprezzare che la richiedente era persona disoccupata, che godeva esclusivamente del reddito di cittadinanza e che il signor M. era invece l'amministratore della Thomson Trading LLC (società con sede in Svizzera operante nel settore del "dating online), conduceva uno stile di vita di elevato tenore, effettuando vacanze in luoghi rinomati e disponendo di un collaboratore domestico per la pulizia dell'attico in cui dimorava, in un quartiere pregiato della capitale.

Il motivo del ricorso incidentale è inammissibile perchè versato in fatto e generico.

La critica conduce, nel suo complesso, ad una non consentita alternativa lettura dei fatti e non rispetta l'art. 366 c.p.c., n. 4, mancando di riportare, insieme ai contenuti delle norme che assume violate, i passi della motivazione in cui il criterio della proporzionalità, la cui osservanza guida, per previsione di norma (art. 337 ter cit.), la determinazione dell'assegno di contributo al mantenimento dei figli, sarebbe rimasto inosservato.

Le deduzioni difensive neppure agganciano il fatto come tempestivamente portato alla cognizione del giudice del reclamo la cui motivazione si lascia comunque apprezzare come rispettosa del principio di proporzione come già indicato sub 3.5. per gli scrutinati redditi dei genitori.

6. I ricorsi, in via conclusiva, sono infondati e vanno rigettati con condanna del ricorrente principale, ritenuta una parziale soccombenza tra le parti nella misura di un terzo dell'intero, per il residuo, al pagamento delle spese di lite come in dispositivo indicato.

Contributo esente.

Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi, in via principale ed incidentale, proposti e ritenuta una parziale soccombenza tra le parti, nella misura di un terzo, condanna M.D. a rifondere a C.A. le spese di lite che liquida, per il residuo, in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

Si dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022
Avv. Antonino Sugamele

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