Separazione e divorzio. Escluso l'assegno divorzile se l'ex non sfrutta le proprie competenze professionali.
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 07/04/2022) 09-06-2022, n. 18697
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda - Presidente -
Dott. CROLLA Cosmo - rel. Consigliere -
Dott. CASADONTE Annamaria - Consigliere -
Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere -
Dott. CAMPESE Eduardo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28727/2018 R.G. proposto da:
B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA N. 42, presso lo studio dell'avvocata ALESSIA GIORGIANNI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato FILIPPO DANOVI;
- ricorrente -
contro
D.T.M.N.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 22B, presso lo studio dell'avvocata ANNAMARIA BERNARDINI DE PACE, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocata TERESA DEVERCELLI;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano n. 3220/2018, pubblicata il 29/06/2018 udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 7 aprile 2022 dal Consigliere Dott. Cosmo Crolla.
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Milano, dichiarata con sentenza non definitiva la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da B.M. con D.T.M.N.D., con la sentenza definitiva determinò il contributo a carico di D.T. per il mantenimento delle due figlie in Euro 9.000 mensili, da versare all'ex moglie, ma respinse la domanda di quest'ultima di riconoscimento di un assegno divorzile.
2. La Corte d'appello di Milano, per quanto in questa sede ancora rileva, ha a sua volta respinto il gravame proposto da B. contro la statuizione di rigetto.
2.1. La corte del merito ha pienamente condiviso le motivazioni in base alle quali il tribunale, conformandosi all'orientamento giurisprudenziale inaugurato da Cass. n. 11504/2017, aveva escluso il diritto di B. all'attribuzione dell'assegno: ha affermato che il convincimento del primo giudice - secondo il quale la signora era in grado di garantirsi una piena autosufficienza economica in ragione della sua accertata capacità lavorativa e delle sue cospicue disponibilità mobiliari e immobiliari, queste ultime acquisite iure hereditario e per donazioni dell'ex marito - non solo non risultava superabile in base alle argomentazioni critiche contenute nell'atto d'appello (teso a fornire una lettura riduttiva delle attività professionali dell'appellante e a sminuire la consistenza dei suoi beni), ma era rafforzato dagli accertamenti (in ordine all'assenza di un significativo contributo della stessa alla formazione del patrimonio comune, alla durata non lunga del matrimonio e alle ragioni della dissoluzione del rapporto coniugale) compiuti anche con riferimento agli indici utilizzati per la determinazione del quantum debeatur.
3 B.M. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi. D.T.M. si è difeso con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6; sostiene che la corte d'appello, aderendo acriticamente ai principi enunciati da Cass. n. 11507/2017, ha fondato la propria decisione sulla mera verifica della sua autosufficienza economica, trascurando ogni indagine sugli altri parametri, incidenti sull'attribuzione dell'assegno divorzile, valorizzati dalla successiva pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287/2018.
1.1 Con il secondo motivo B. deduce ulteriore violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 5, per avere la corte del merito accertato la sua autosufficienza economica sulla base di un'errata applicazione dei criteri relativi alla valutazione e alla comparazione delle situazioni patrimoniali delle parti.
1.3 Con il terzo mezzo lamenta ancora violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, commi 6 e 9, per avere i giudici di secondo grado completamente pretermesso ogni accertamento sulla situazione economico-patrimoniale dell'ex marito.
1.4 Con il quarto motivo denuncia, infine, la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di ottenimento delle necessarie garanzie a tutela delle obbligazioni poste a carico di D.T., resosi responsabile di gravi e ripetuti ritardi nell'adempimento.
2. Il primo motivo non merita accoglimento.
2.1 Il principio di diritto enunciato dalla sentenza delle Sezione Unite di questa Corte n. 18287/2018 è il seguente "Ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto".
2.2 L'innovativo orientamento giurisprudenziale espresso da Cass. n. 11504/2017 (che ha per la prima volta affermato che l'indagine sull'an debeatur dell'assegno divorzile in favore del coniuge richiedente non va ancorata al criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma a quello dell'autosufficienza economica) è stato dunque integrato dalle SS.UU. mediante il riconoscimento della natura, oltre che assistenziale, anche perequativa/compensativa dell'assegno, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà. In tale ottica, quando ognuno degli ex coniugi sia in grado di mantenersi autonomamente, l'assegno va riconosciuto in favore di quello economicamente più debole in una funzione equilibratrice non più finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma volta a consentirgli il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito alla vita familiare, dovendosi tener conto, in particolare, se, per realizzare i bisogni della famiglia, questi, anche in ragione dell'età raggiunta e della durata del matrimonio, abbia rinunciato (alle) o sacrificato le proprie personali aspirazioni e aspettative professionali (cfr., in termini, Cass. n. 18287/2019 e 5603/2020).
2.3 La corte milanese si è attenuta ai suesposti criteri.
2.4 La reiezione della domanda di B. di attribuzione dell'assegno divorzile trae fondamento e ragione, secondo quanto si legge nella sentenza impugnata, in primo luogo, nella autosufficienza economica della ricorrente, la quale: a) dopo la separazione, pur mantenendo integra la propria capacità lavorativa, ha scelto di non mettere a frutto le proprie competenze professionali che l'avevano portata a pubblicare nel 2013 un libro di ricette, a collaborare con gallerie d'arte, quale esperta nel settore, ed a partecipare all'organizzazione di mostre; b) è titolare di tre conti correnti e di cespiti immobiliari, fra cui due appartamenti in (OMISSIS) che avrebbero potuto essere messi a reddito (così evitando il pignoramento di uno di essi da parte della banca mutuante), e ha inoltre il godimento dell'ex casa familiare, i cui oneri condominiali sono a carico di D.T..
2.5. La corte d'appello ha peraltro fatto proprie anche le argomentazioni della sentenza di primo grado in ordine all'incidenza degli indicatori concorrenti di cui della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, pur escludendone la decisività alla luce dei principi enunciati dalla cit. Cass. n. 11507/2017 (che li aveva ritenuti attinenti alla sola determinazione del quantum e non anche dell'an debeatur); il giudice di seconde cure ha infatti ricordato che il matrimonio non aveva avuto un lunga durata e che le cause della sua dissoluzione erano attribuibili ad entrambi gli ex coniugi, ed ha ribadito che, secondo quanto accertato nella precedente fase di giudizio, B. non aveva fornito alcun contributo alla formazione del patrimonio comune, avendo scelto di non intraprendere un'attività lavorativa nonostante avesse sempre potuto contare sull'apporto del personale domestico nella gestione delle due figlie.
2.6 In buona sostanza, pur dichiarando di volersi adeguare all'indirizzo restrittivo delineato dalla sentenza di questa Corte appena richiamata, il giudice d'appello non ha mancato di tener conto dei parametri in base ai quali va valutata la debenza di un assegno divorzile in funzione perequativa/compensativa ed ha negato, in concreto, la sussistenza nella specie delle circostanze che presiedono al riconoscimento del relativo diritto. Va aggiunto che la ricorrente non solo non ha in alcun modo contestato gli accertamenti sul punto contenuti in sentenza, ma neppure ha lamentato l'omesso esame di fatti decisivi, allegati in giudizio e oggetto di discussione, dai quali poter desumere che, durante il matrimonio, ella ha sacrificato le proprie possibilità di accrescimento professionale e di guadagno per favorire la carriera del marito e/o per dedicarsi alla cura delle figlie.
3. Il secondo motivo è inammissibile in quanto, sebbene formulato sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge, mira in realtà ad ottenere una valutazione del compendio probatorio difforme da quella operata dal giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non nei ristretti limiti consentiti dall'attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
3.2 Come insegna questa Corte, il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex multis, Cass. n. 27686 del 2018; Cass. S.U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).
4 Il terzo motivo è assorbito, posto che, accertata l'autosufficienza economica di B. ed escluso il diritto della stessa alla corresponsione di un assegno divorzile in funzione compensativa, l'indagine sulla disparità della sua situazione economico-patrimoniale rispetto a quella dell'ex marito risulta superflua.
5 E' invece fondato il quarto motivo.
5.1 Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, dal quale non vi è ragione di discostarsi, "L'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra violazione dell'art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che consente alla parte di chiedere - e al giudice di legittimità di effettuare - l'esame degli atti del giudizio di merito, nonchè, specificamente, dell'atto di appello (Cass. n. 22759 del 27/10/2014, Cass. n. 6835 del 16/3/2017). Ne consegue che l'omessa pronuncia determina nullità della sentenza" (Cass., Sez. 5, n. 10036 del 24/04/2018).
5.2 Come risulta dalla lettura dell'atto di appello e dalle conclusioni precisate delle parti nel relativo giudizio, trascritte nell'epigrafe della sentenza impugnata, B. aveva formulato specifica richiesta di ottenere le garanzie reali e/o personali a tutela delle obbligazioni poste a carico di D.T.. 5.3 La corte del merito non ha pronunciato, nemmeno implicitamente, su tale domanda.
6. All'accoglimento del quarto motivo conseguono la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per l'esame della domanda di B. volta ad ottenere l'imposizione a D.T. di idonee garanzie reali e personali e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, rigetta il primo, dichiara inammissibile il secondo e assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2022.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2022
18-06-2022 12:50
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