Nell'ambito di un giudizio di divorzio congiunto, gli effetti traslativi immobiliari, oggetto di accordo, non derivano dalla sentenza
Cassazione civile sez. III, 12/05/2022, n.15169
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI - Trasferimento di immobili concordato tra i coniugi nell'ambito del procedimento di divorzio congiunto - Trasfusione di tale accordo nella sentenza di divorzio - Azione di simulazione e subordinata actio pauliana proposta dai terzi creditori del coniuge alienante - Ammissibilità.
Nell'ambito di un giudizio di divorzio congiunto, gli effetti traslativi immobiliari, oggetto di accordo tra i coniugi, non derivano dalla sentenza (di divorzio) che, per tale parte, ha effetti dichiarativi e non costitutivi. Gli accordi patrimoniali costituiscono manifestazione di autonomia contrattuale privata, frutto della libera determinazione delle parti anche dopo la sentenza e come tali vivono nel mondo del diritto in ragione e nei limiti di tale loro natura. Pertanto, rimangono soggetti anche agli ordinari rimedi impugnatori negoziali a tutela delle parti stesse del contratto e dei terzi.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele - Presidente -
Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - rel. Consigliere -
Dott. CRICENTI Giuseppe - Consigliere -
Dott. SPAZIANI Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28750/2019 R.G. proposto da:
G.M., e Ga.Ma., rappresentati e difesi dagli Avv.ti
Glauco Susa, e Veronica Marchiori, con domicilio eletto in Roma,
Principessa Clotilde, n. 2, presso lo studio dell'Avv. Sebastiana
Dore;
- ricorrenti -
contro
T.D., rappresentata e difesa dall'Avv. Paolo Dall'Igna;
- controricorrente -
e contro
Ge.Gi.Ba., rappresentato e difeso dall'Avv. Raffaele
Bertoldo, con domicilio eletto in Roma, Via Federico Cesi, n. 21,
presso lo studio dell'Avv. Salvatore Torrisi;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Venezia, n. 2665/2019
depositata il 25 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 30 marzo 2022
dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. B.E. e G.M. convennero in giudizio, avanti il Tribunale di Venezia, Ge.Gi.Ba. e T.D., chiedendo dichiararsi simulati o, in subordine, inopponibili nei loro confronti, ex art. 2901 c.c., gli accordi da questi ultimi presi, nell'ambito di procedimento di divorzio congiunto conclusosi con sentenza del medesimo tribunale n. 1564/12, aventi ad oggetto il trasferimento dal Ge. alla T. della proprietà di alcuni beni immobili.
In parziale accoglimento della domanda il tribunale dichiarò la simulazione assoluta di detti accordi limitatamente ad alcuni soltanto degli immobili e condannò i convenuti alle spese di lite.
2. Tale decisione è stata riformata dalla Corte d'appello di Venezia che, con la sentenza in epigrafe, in accoglimento di reiterata eccezione degli appellanti, ha dichiarato inammissibili le domande, compensando per intero le spese.
Secondo i giudici d'appello, infatti, l'"assegnazione" (in sentenza è a questo alternato l'uso del termine "trasferimento") di alcuni beni immobili, operata da un coniuge in favore dell'altro nell'ambito della regolazione dei rapporti patrimoniali, essendo divenuta oggetto di sentenza divorzile passata in giudicato, avrebbe dovuto essere impugnata, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., comma 2, con opposizione di terzo revocatoria, posto che, a fondamento delle proposte azioni, i terzi creditori avevano dedotto che l'assegnazione era simulata o, comunque, era stata disposta in loro danno.
L'assunto è così argomentato:
- l'assegnazione, frutto della volontà delle parti e avente, quindi, natura negoziale, è stata superata dalla pronuncia giudiziale, passata in giudicato, che l'ha fatta propria (tanto dovendosi desumere sia dalla motivazione, ove si legge "poiché la domanda indica compiutamente le condizioni inerenti al regolamento dei reciproci interessi, non potrà che andare accolta con le conseguenti annotazioni di legge", sia dal dispositivo, ove è scritto: "ratifica le conclusioni tutte esposte dai ricorrenti nella loro domanda e da aversi qui integralmente riprodotte");
- l'opposizione di terzo revocatoria costituisce in tal caso rimedio esclusivo, e non alternativo ad altri rimedi esperibili in ambito negoziale, perché la sentenza di divorzio (che ha riconosciuto le assegnazioni dei beni come indicato dalle parti), per le esigenze di certezza dei rapporti giuridici coperti dal giudicato, necessita della impugnazione ex art. 404 c.p.c., che disciplina in modo specifico la possibilità di incidere su sentenze esecutive o passate in giudicato; e ciò a prescindere dalla valutazione se il trasferimento sia da ascrivere alla volontà delle parti piuttosto che alla statuizione del giudice, dovendosi comunque considerare che la sentenza di divorzio congiunto non si limita a riconoscere l'esistenza degli accordi ma li fa propri;
- in sostanza, pur ammesso che l'accordo delle parti sulle questioni economiche abbia valore negoziale, una volta trasfuso nella sentenza di divorzio ne acquista la forma, con la conseguenza che va impugnato insieme alla sentenza, con i rimedi propri previsti dall'ordinamento processuale (nel caso l'opposizione di terzo revocatoria ex art. 404 c.p.c., comma 2).
3. Avverso tale sentenza G.M. e Ga.Ma., entrambi quali eredi di B.E. ed il primo anche in proprio, propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resistono, con separati controricorsi, Ge.Gi.Ba. e T.D..
La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
I ricorrenti e la controricorrente T. hanno depositato memorie.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, "violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 c.c. e segg. e dell'art. 2901 c.c., nel punto in cui la sentenza della Corte d'appello di Venezia ha ritenuto inammissibili la domanda di simulazione assoluta e l'azione revocatoria avverso gli accordi di trasferimento immobiliari formalizzati nell'ambito del procedimento di divorzio congiunto... conclusosi con la sentenza n. 1564/2012 del Tribunale di Venezia".
Deducono l'erroneità dell'interpretazione accolta dalla corte di merito - secondo cui gli accordi patrimoniali avrebbero perduto la loro autonomia nel momento in cui sono stati recepiti dalla sentenza di divorzio, con il corollario di ritenere inapplicabili le norme codicistiche in materia di contratti ed esperibile il solo rimedio dell'opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., comma 2 - in quanto smentita dalla giurisprudenza di legittimità che riconosce ad essi natura negoziale e autonomia rispetto all'omologa o alla sentenza che li ratifica e la conseguente assoggettabilità alle norme in materia di contratti.
Osservano che, infatti, per costante giurisprudenza della Suprema Corte, l'autonomia degli accordi traslativi assunti in sede di divorzio e la conseguente applicabilità della normativa codicistica in materia di contratti non vengono meno con la pronuncia della sentenza sullo status, poiché il tribunale opera un controllo meramente formale ed esterno degli accordi patrimoniali.
Rilevano che non può di contro rilevare che il ricorso congiunto prevedesse che il trasferimento immobiliare si sarebbe determinato al passaggio in giudicato della sentenza, avendo le parti con ciò inteso solo individuare il momento a decorrere dal quale si sarebbero determinati gli effetti traslativi pattuiti.
Rimarcano, inoltre, che il tenore degli accordi patrimoniali non consentiva di ricondurli a mere esigenze di mantenimento della ex moglie o della prole, atteso che l'accordo in questione presentava un contenuto ampio e articolato (prevedendo il trasferimento della proprietà su tre immobili a fronte della cessione di una quota sociale) e considerato anche che, come rilevato dal primo giudice, il pattuito trasferimento non trovava ragion d'essere nella sola funzione di mantenimento dell'ex coniuge, poiché la T. era economicamente autosufficiente già all'epoca della separazione intervenuta ben dieci anni prima, nel 1992, allorché non aveva chiesto per sé un assegno di mantenimento e i figli erano ormai "maggiorenni ed autosufficienti".
2. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, "violazione e falsa applicazione dell'art. 2908 c.c., nel punto in cui la sentenza della Corte d'Appello di Venezia ha ritenuto che il trasferimento dei diritti di proprietà sia stato prodotto dalla sentenza di divorzio che ha ratificato gli accordi di trasferimento immobiliari ritenendo inammissibili la domanda di simulazione assoluta e l'azione revocatoria".
Rilevano che la ricostruzione accolta dalla corte di merito, si pone in stridente contrasto con il principio generale espresso dall'art. 2908 c.c., secondo il quale la legge prevede in via tassativa le ipotesi eccezionali nelle quali la sentenza pronunciata dall'autorità giudiziaria può produrre effetti costitutivi e traslativi.
3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, "violazione e falsa applicazione dell'art. 404 c.p.c., comma 2, nel punto in cui la sentenza della Corte d'appello di Venezia ha ignorato il carattere straordinario e residuale di tale rimedio processuale ritenendo inammissibili la domanda di simulazione assoluta e l'azione revocatoria".
Rilevano che l'opposizione di terzo è strumento straordinario e facoltativo, alternativo all'autonoma azione che il terzo può esperire a tutela del proprio diritto; esso, pertanto, si cumula e non si sostituisce ai rimedi che il codice civile accorda al creditore per la conservazione della propria garanzia patrimoniale.
A conferma dell'errore di diritto commesso, nel ritenere il contrario, dalla corte territoriale, evidenziano di non aver mai chiesto l'accertamento della simulazione assoluta o la revoca ex art. 2901, della sentenza di divorzio, ma, ben diversamente, solo nei confronti degli accordi di trasferimento immobiliare sottoscritti in sede di ricorso congiunto.
4. Il ricorso si sottrae ai rilievi di inammissibilità, preliminarmente opposti da ciascuno dei controricorrenti, per inosservanza dell'onere di cui all'art. 366 c.p.c., n. 3.
L'esposizione dei fatti di causa, quale anteposta all'illustrazione dei motivi, soddisfa ampiamente l'onere al riguardo dettato dalla prima delle citate previsioni, funzionale non ad un'esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. Sez. U. 20/02/2003, n. 2602).
A tal fine è dunque necessario, ma anche sufficiente, che il ricorso fornisca autonomamente la chiave di comprensione della vicenda processuale e della motivazione della sentenza impugnata, per poi muovere ad essa una critica ragionata ed ancorata al motivo (v. Cass. Sez. U. 10/09/2019, n. 22575; Id. 28/11/2018, nn. 30754-30755; Id. 16/05/2013, n. 11826), dati certamente ricavabili nella specie dalla predetta parte espositiva del ricorso oltre che dalla lettura degli stessi motivi.
5. E' fondato il primo motivo di ricorso.
5.1. Giova premettere che la S.C. non ha mai dubitato della esperibilità dell'azione di simulazione o dell'actio pauliana in relazione ad atti traslativi riversati negli accordi di separazione consensuale o di divorzio congiunto (v. Cass. 23/03/2004, n. 5741; 26/07/2005, n. 15603; 14/03/2006, n. 5473; 12/04/2006, n. 8516; 20/03/2008, n. 7450; con riferimento alla revocatoria fallimentare, Cass., 13/05/2008, n. 11914; Cass., 10/04/2013, n. 8678; Cass., 05/07/2018, n. 17612).
Nell'ampia motivazione di Cass. 13/04/2006, n. 8516, si era già in particolare significativamente evidenziato come, "in accordo con i postulati della concezione c.d. "privatistica" della separazione consensuale - a cui favore militano tanto il tenore letterale dell'art. 158 c.c., comma 1, e art. 711 c.p.c., comma 4, quanto i limiti ai poteri di controllo del Giudice prefigurati dall'art. 158 c.c., comma 2, - questa Corte (abbia) ripetutamente affermato che l'accordo di separazione costituisce un atto di natura essenzialmente negoziale più precisamente, un negozio giuridico bilaterale a carattere non contrattuale (in quanto privo, almeno nel suo nucleo centrale e salvo quanto appresso si dirà, del connotato della "patrimonialità") rispetto al quale il provvedimento di omologazione si atteggia a mera condizione sospensiva (legale) di efficacia: avendo detto provvedimento la circoscritta funzione di verificare che la convenzione sia compatibile con le norme cogenti ed i principi di ordine pubblico, nonché di controllare, in termini più pregnanti, che l'accordo relativo all'affidamento e al mantenimento dei figli non contrasti con l'interesse di questi ultimi.
"Con la conseguenza, tra l'altro, che l'avvenuta omologazione lascia affatto impregiudicata la facoltà delle parti di esperire nei confronti della convenzione l'azione di annullamento per vizi della volontà, in base alle regole generali (Cass., 29 marzo 2005, n. 6625; Cass., 4 settembre 2004, n. 17902; Cass., 20 novembre 2003, n. 17607; Cass., 5 marzo 2001, n. 3149).
"Al tempo stesso, questa Corte ha costantemente riconosciuto la validità delle clausole dell'accordo di separazione che, nel quadro della complessiva regolamentazione dei rapporti fra i coniugi, prevedano il trasferimento di beni immobili (Cass., 15 maggio 1997, n. 4306; Cass., 11 novembre 1992, n. 12110) con particolare riguardo ai riflessi fiscali, Cass., 20 maggio 2005, n. 11458; Cass., 22 maggio 2002, n. 7493), ovvero la costituzione di diritti reali minori, tra cui, in primis, per quanto al presente interessa, il diritto di abitazione (cfr., in tal senso, già la remota Cass., 12 giugno 1963, n. 1594) clausole che presentano, peraltro, una loro propria "individualità", quali espressioni di libera autonomia contrattuale delle parti interessate (cfr. Cass., 2 dicembre 1991, n. 12897), dando vita, nella sostanza, a veri e propri contratti atipici, con particolari presupposti e finalità, non riconducibili né al paradigma delle convenzioni matrimoniali né a quello della donazione, ma diretti comunque a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c. (Cass., 17 giugno 2004, n. 11342; Cass., 11 novembre 1992, n. 12110; Cass., 21 dicembre 1987, n. 9500; Cass., 27 ottobre 1972, n. 3299; con riguardo altresì a clausola inserita in un accordo per la separazione di fatto, Cass., 17 giugno 1992, n. 7470).
"Pattuizioni del genere considerato, nondimeno, ben possono rivelarsi lesive, in concreto, dell'interesse dei creditori all'integrità della garanzia patrimoniale del coniuge disponente eventualità nella quale nessun ostacolo testuale o logico - giuridico si frappone alla loro impugnazione - ove ricorrano i relativi presupposti - tramite azione revocatoria, tanto ordinaria (cfr., al riguardo, Cass., 23 marzo 2004, n. 5741) che fallimentare.
"Tali azioni non possono ritenersi precluse, difatti, né dall'avvenuta omologazione dell'accordo di separazione, cui resta affatto estranea la funzione di tutela dei terzi creditori, e che, per quanto detto, lascia comunque inalterata la natura negoziale della pattuizione) né - contrariamente a quanto assume l'odierna ricorrente - dalla pretesa "inscindibilità" della pattuizione stessa dal complesso delle altre condizioni della separazione.
"E' del tutto evidente, in effetti, che nell'ipotesi considerata si discute non già di una (peraltro difficilmente concepibile) revocatoria "della" separazione, quanto piuttosto di una revocatoria "nella" separazione: l'impugnativa mira a colpire, cioè, non la separazione in sé, ma il segmento della fattispecie complessa in cui si annida il vulnus alle aspettative di soddisfacimento dal ceto creditorio".
5.2. Tale impostazione è stata confermata dalla recente pronuncia, richiamata in ricorso, di Cass. 30/08/2019, n. 21839, tuttavia con un importante distinguo.
In tale arresto questa Corte ha affrontato analogo caso di azione di simulazione e subordinata actio pauliana esercitata in relazione ad accordi patrimoniali raggiunti in sede di separazione personale, pervenendo alla cassazione della sentenza di merito che tali domande aveva rigettato sul presupposto della non impugnabilità per simulazione dell'accordo di separazione, una volta che risulti intervenuta omologazione da parte dell'autorità giudiziaria.
Nel ritenere fondata la censura della ricorrente, che si doleva che il giudice d'appello non aveva tenuto conto dell'esistenza di una differenza, ontologica e concettuale, tra separazione consensuale dei coniugi ed accordi patrimoniali raggiunti, tra gli stessi, in occasione della prima, la S.C. ha ritenuto tuttavia necessario "chiarire a quali condizioni possa affermarsi l'autonomia di detti accordi patrimoniali rispetto al negozio di separazione".
A tal fine ha richiamato quanto, in altra precedente occasione, era già stato affermato da questa Corte, ovvero che "la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale - il consenso reciproco a vivere separati, l'affidamento dei figli, l'assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti - ed un contenuto eventuale, non direttamente collegato al precedente matrimonio, ma costituito dalle pattuizioni che i coniugi intendono concludere in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata, a seconda della situazione pregressa e concernenti le altre statuizioni economiche" (Cass. 19/08/2015, n. 16909, in motivazione).
Ha quindi evidenziato che, su tali basi, era stato già affermato che "l'accordo mediante il quale i coniugi pongono consensualmente termine alla convivenza può racchiudere ulteriori pattuizioni, distinte da quelle che integrano il suo contenuto tipico predetto e che ad esso non sono immediatamente riferibili: si tratta di quegli accordi che sono ricollegati, si potrebbe dire, in via soltanto estrinseca con il patto principale, relativi a negozi i quali, pur trovando la loro occasione nella separazione consensuale, non hanno causa in essa, risultando semplicemente assunti "in occasione" della separazione medesima, senza dipendere dai diritti e dagli obblighi che derivano dal perdurante matrimonio, ma costituendo espressione di libera autonomia contrattuale (nel senso che servono a costituire, modificare od estinguere rapporti giuridici patrimoniali: art. 1321 c.c.), al fine di regolare in modo tendenzialmente completo tutti i pregressi rapporti, e che sono del tutto leciti, secondo le ordinarie regole civilistiche negoziali e purché non ledano diritti inderogabili".
Con l'ulteriore conseguenza che "ben possono allora dette pattuizioni - quelle aventi causa concreta e quelle aventi mera occasione nella separazione, le prime volte ad assolvere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla separazione e le seconde finalizzate semplicemente a regolare situazioni patrimoniali che non è più interesse delle parti mantenere invariate - convivere nello stesso atto: esse si configurano come del tutto autonome e riguardano profili fra di loro pienamente compatibili, sebbene diverso ne sarà il trattamento" (ancora Cass. n. 16909 del 2015, cit.).
Sulla base di tali premesse il precedente che si sta richiamando ha quindi osservato che, nel caso allora esaminato, l'accordo avverso il quale era stata esperita l'azione di simulazione costituiva adempimento una tantum di tutti gli obblighi del marito verso la moglie (e non soltanto di quell'obbligo di mantenimento, facente parte, come già evidenziato, del "contenuto essenziale" dell'accordo di separazione), recando, pertanto, una regolamentazione complessiva dei loro rapporti. Attraverso di esso, infatti, il marito aveva disposto, in favore della moglie, non del solo immobile già adibito a casa coniugale, ma del suo intero patrimonio immobiliare, realizzando, pertanto, un atto dispositivo che - per il suo ampio contenuto - andava ben oltre la necessità di definire l'obbligo di mantenimento, comprendendo quelle "altre statuizioni economiche" che integrano il contenuto "eventuale" dell'accordo di separazione.
Secondo la Corte, in tal caso, "non possono valere le argomentazioni - ostative all'impugnabilità per simulazione della separazione (ad avvenuta omologazione giudiziale della stessa) individuate dalla giurisprudenza di legittimità... e basate sul rilievo che "l'iniziativa processuale diretta ad acquisire l'omologazione, e quindi la condizione formale di coniugi separati, è volta ad assicurare efficacia alla separazione, così da superare il precedente accordo simulatorio, rispetto al quale si pone in antitesi dato che è logicamente insostenibile che i coniugi possano "disvolere" con detto accordo la condizione di separati ed al tempo stesso "volere" l'emissione di un provvedimento giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti giuridici a tale condizione" (Cass. 12/09/2014, n. 19319)".
5.3. Reputa il Collegio che - in disparte i dubbi che appare necessario esprimere sulla possibilità di diversamente qualificare quanto a natura giuridica (e, conseguentemente, di assoggettare a diverso trattamento giuridico) accordi traslativi o costitutivi di diritti su immobili o altri beni a seconda che essi siano oppure no riferibili ovvero funzionali al c.d. contenuto essenziale della separazione - le conclusioni cui giunge il menzionato precedente (nel quale quella distinzione rimane comunque priva di effetti pratici) debbano valere anche nel caso qui in esame, per intero sovrapponibile a quello esaminato in quel precedente, con la sola differenza che, mentre in quello gli accordi patrimoniali erano posti ad oggetto di separazione consensuale omologata dal tribunale, in quello in esame essi sono invece posti ad oggetto di ricorso di divorzio congiunto necessariamente concluso con sentenza che ne ha recepito il contenuto.
Si tratta però di differenza che, ai fini in esame, rimane priva di rilievo.
5.4. Soccorrono in tal senso le considerazioni svolte, in motivazione, dall'ancor più recente arresto di Cass. Sez. U. 29/07/2021, n. 21761, che, rispondendo a quesito riguardante la validità e trascrivibilità di accordi patrimoniali conclusi in sede (e ai fini del giudizio) di separazione o divorzio, ha affermato i seguenti principi di diritto: "sono valide le clausole dell'accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento; il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale d'udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art. 2699 c.c., e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 16, che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l'omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell'art. 2657 c.c.; la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l'attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis; non produce nullità del trasferimento, il mancato compimento, da parte dell'ausiliario, dell'ulteriore verifica circa l'intestatario catastale dei beni trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari".
Ai fini in esame quel che rileva è il subprincipio che afferma il valore dichiarativo della pronuncia in relazione alle pattuizioni sui rapporti economici, il quale riceve lumi dalle considerazioni svolte in motivazione.
Le Sezioni Unite hanno invero rilevato che "i due istituti" (ossia, da un lato, la separazione consensuale tra i coniugi e, dall'altro, il divorzio congiuntamente richiesto dai medesimi, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 16) - pur presentando innegabili diversità sul piano della disciplina (le quali essenzialmente si compendiano nel fatto che, nel secondo caso, il procedimento non termina con l'omologazione da parte del tribunale, bensì con una sentenza emessa all'esito dell'audizione dei coniugi) - "si presentano strettamente connessi l'uno all'altro sul piano dogmatico. Ed invero, ad accomunare le due fattispecie è certamente la connotazione, presente in entrambe, dell'essere finalizzate ad ottenere mediante il consenso dei coniugi, piuttosto che con la pronuncia costitutiva del giudice, le divisate modificazioni dello status coniugale, con le conseguenti ricadute sull'affidamento ed il mantenimento della prole, ove esistente, e sui profili economici concernenti i rapporti tra i coniugi stessi".
In tale prospettiva le Sezioni Unite hanno quindi condiviso l'affermazione, già presente nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, "in caso di separazione consensuale o di divorzio congiunto (o su conclusioni conformi), la sentenza incide sul vincolo matrimoniale, ma sull'accordo tra i coniugi. Essa realizza pertanto - in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli - un controllo solo esterno su tale accordo, attesa la natura negoziale dello stesso, da affermarsi in ragione dell'ormai avvenuto superamento della concezione che ritiene la preminenza di un interesse superiore e trascendente della famiglia rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti... (Cass., 20/08/2014, n. 18066; Cass., 13/02/2018, n. 10463)".
Ed hanno altresì fatto propria l'affermazione secondo cui, "a differenza di quanto avviene nel procedimento di separazione consensuale, la domanda congiunta di divorzio dà luogo ad un procedimento che si conclude con una sentenza costitutiva, nell'ambito del quale l'accordo sotteso alla relativa domanda riveste natura meramente ricognitiva, con riferimento alla sussistenza dei presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale della L. n. 898 del 1970, ex art. 3, mentre ha valore negoziale per quanto concerne la prole ed i rapporti economici. Il che consente al tribunale di intervenire su tali accordi soltanto nel caso in cui essi risultino contrari a norme inderogabili, con l'adozione di provvedimenti temporanei ed urgenti e la prosecuzione del giudizio nelle forme contenziose (Cass., 24/07/2018, n. 19540)".
Deve quindi ritenersi - si legge ancora nella sentenza citata - che, "ferma la natura costituiva della sentenza che definisce il procedimento di divorzio a domanda congiunta", la sentenza medesima riveste invece "un valore meramente dichiarativo, o di presa d'atto... quanto alle condizioni "inerenti alla prole ed ai rapporti economici", che la domanda congiunta di divorzio deve "compiutamente" indicare. Fermo il limite invalicabile costituito dalla necessaria mancanza di un contrasto tra gli accordi patrimoniali e norme inderogabili, e dal fatto che gli accordi non collidano con l'interesse dei figli, in special modo se minori".
Le S.U. hanno quindi sul punto concluso evidenziando che "la pacifica... natura negoziale degli accordi dei coniugi, equiparabili a pattuizioni atipiche ex art. 1322 c.c., comma 2, comporta... che - al di fuori delle specifiche ipotesi succitate - nessun sindacato può esercitare il giudice del divorzio sulle pattuizioni stipulate dalle parti.... Come del resto - sul piano generale - il giudice non può sindacare qualsiasi accordo di natura contrattuale privato, che corrisponda ad una fattispecie tipica, libere essendo le parti di determinarne liberamente il contenuto (art. 1322 c.c., comma 1), fermo esclusivamente il rispetto dei limiti imposti dalla legge a presidio della liceità delle contrattazioni private e, se si tratta di pattuizioni atipiche, sempre che l'accordo sia anche meritevole di tutela secondo l'ordinamento (art. 1322 c.c., comma 2)".
5.5. Alla luce degli esposti principi appare evidente l'errore commesso dal giudice a quo.
Nel riferire gli effetti traslativi immobiliari alla sentenza di divorzio invece che all'accordo tra i coniugi, la corte territoriale ha in sostanza attribuito alla sentenza, anche per tale parte, efficacia costitutiva, e non meramente dichiarativa come, nei sensi e nei limiti sopra detti, ad essa deve invece riconoscersi.
Dire che la sentenza di divorzio, su domanda congiunta (o su conclusioni concordi), ha effetto dichiarativo con riferimento agli accordi patrimoniali, significa dire che, per tale parte, l'accordo vive nel mondo del diritto solo quale atto di autonomia negoziale, del quale la sentenza si limita a prendere atto in quanto non ostativo al fine della nuova configurazione del loro status e della disciplina dei loro rapporti.
Significa dire che tale accordo, per tale parte, conserva la natura di atto contrattuale privato frutto della libera determinazione delle parti anche dopo la sentenza e come tale vive nel mondo del diritto in ragione e nei limiti di tale sua natura, rimanendo pertanto soggetto anche agli ordinari rimedi impugnatori negoziali a tutela delle parti stesse del contratto e dei terzi, le cui conseguenze sul piano della disciplina dei rapporti tra i coniugi potranno, se del caso, (invertendo l'ordine di idee seguito dalla sentenza impugnata) solo valere quale mutamento delle condizioni postulate in sede di divorzio congiunto, rilevante ai fini della richiesta di modifica delle condizioni medesime.
6. In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza deve essere pertanto cassata, restando assorbito l'esame dei restanti motivi. La causa va conseguentemente rinviata al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, comunque in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 marzo 2022.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2022
05-11-2022 06:17
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