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Sentenza

Il reddito di cittadinanza incide sull'assegno di divorzio?
Il reddito di cittadinanza incide sull'assegno di divorzio?
Cassazione civile sez. I, 07/10/2022, (ud. 27/09/2022, dep. 07/10/2022), n.29264

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE PRIMA CIVILE                         
              Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:              
Dott. GENOVESE Francesco A.                         -  Presidente   -
Dott. PARISE   Clotilde                             -  Consigliere  -
Dott. TRICOMI  Laura                                -  Consigliere  -
Dott. TERRUSI  Francesco                       -  rel. Consigliere  -
Dott. CAPRIOLI Maura                                -  Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:                                          
                     ORDINANZA                                       
sul ricorso iscritto al n. 28003/2020 R.G. proposto da: 
            C.R., nella qualità di amministratore di sostegno del 
fratello              C.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA 
MONTE SANTO, 2 (TEL 06.6620116), presso lo studio dell'avvocato 
CARLONI SIMONA, (CRLSMN70E49H501Q) rappresentato e difeso 
dall'avvocato CAVEZZUTI RITA (CVZRTI56H69C407X) come da procura 
speciale allegata al ricorso; 
- ricorrente - 
contro 
              V.A.M.,            C.S., elettivamente domiciliato in 
ROMA VIA CATONE 15, presso lo studio dell'avvocato MAZZUCCHIELLO 
GIUSEPPE (MZZGPP65A28F839Y) rappresentato e difeso dall'avvocato 
PISANI ANGELO, (PSNNGL71L21F839W) come da procura speciale in calce 
al controricorso; 
- controricorrenti - 
avverso DECRETO di CORTE D'APPELLO NAPOLI n. 1525/2019 depositato il 
23/01/2020; 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2022 
dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI. 
                 

Fatto
RILEVATO IN FATTO

che:

La Corte d'appello di Napoli, pronunciando in sede di reclamo, ha respinto la domanda presentata da C.P. (tramite il suo amministratore di sostegno) per la revoca dell'assegno di mantenimento in favore della figlia S., classe (Omissis);

ha motivato la decisione osservando che il diritto al mantenimento era stato sancito con la sentenza di divorzio quando già sussisteva la condizione di amministrato dell'istante, e ancorché la figlia, all'epoca ventiduenne e munita di semplice licenzia media, non fosse impiegata in attività lavorative, avendo abbandonato un corso di estetista; sicché tale circostanza non poteva dirsi nuova ai fini della pronuncia di revoca;

ha soggiunto che la figlia aveva dichiarato di essersi prodigata nella ricerca di un'occupazione, e che aveva in effetti lavorato al nero presso l'impresa di pulizie dei nonni materni e poi presso l'esercizio commerciale della madre, con compensi settimanali di 50,00 EUR, del tutto insufficienti a renderla economicamente autonoma;

ha quindi svolto la considerazione per cui il semplice progredire dell'età della figlia, nell'invariata condizione di giovane munita di capacità lavorativa generica, utilizzata in lavori al nero insufficientemente retribuiti nelle persistenti condizioni negative del mercato del lavoro al sud d'Italia, non poteva costituire motivo sopravvenuto di revoca dell'assegno; il raggiungimento dell'indipendenza economica non poteva dirsi dimostrato neppure dalla nascita di una bimba, avendo S. continuato a vivere con la madre; né poteva dirsi correlato all'impegno di mantenimento del compagno, visto che pure lui, sebbene lavorando come pizzaiolo, aveva continuato a vivere nella sua casa familiare;

il C. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della corte d'appello, deducendo tre motivi, illustrati da memoria; le intimate hanno replicato con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

I. - il ricorrente denunzia nell'ordine:

(i) la Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 legge div. in punto di giustificati motivi sopravvenuti per la modifica delle condizioni di divorzio, avendo la corte d'appello erroneamente ritenuto che il trascorrere del tempo e il progredire dell'età della figlia non costituissero di per sé tali giustificati motivi;

(ii) la violazione e falsa applicazione degli artt. 147,149,337-sexies e 337 septies c.c., in rapporto all'obbligo di mantenimento del figlio divenuto maggiorenne, avendo la corte d'appello erroneamente ritenuto la permanenza dell'obbligazione nonostante l'avanzata crescita della figlia, in mancanza di fatti concreti che denotassero un comportamento responsabile e idoneo a rendersi indipendente;

(iii) la violazione ed errata applicazione dell'art. 337 septies c.c., in relazione all'art. 2697 c.c., e art. 115 c.p.c., nonché degli artt. 117 e 229 c.p.c., per avere il giudice del merito valutato le semplici dichiarazioni della C. onde ritenere indimostrato il presupposto del raggiungimento dell'indipendenza economica, e senza valutare, invece, il diverso atteggiarsi del principio di ripartizione dell'onere della prova dopo il raggiungimento della maggiore età;

II. - il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente, è fondato nel senso che segue;

III. - questa Corte ha elaborato il principio secondo il quale, in caso di figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l'esclusione del diritto al mantenimento, che debbono costituire oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda, sono integrati: (a) dall'età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all'età progressivamente più elevata dell'avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento; (b) dall'effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro (v. ex aliis Cass. Sez. 1 n. 17183-20);

IV. - tuttavia il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l'esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione mera dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre;

egli deve far fronte al suo stato attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito;

resta ferma solo l'obbligazione alimentare, da azionarsi nell'ambito familiare per supplire a ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso (v. Cass. Sez. 1 n. 38366-21, nonché, in analoga direzione, Cass. Sez. 1 n. 10455-22);

V. - il decreto della corte d'appello di Napoli non è coerente coi citati principi, che in questa sede ulteriormente si ribadiscono;

difatti, anche sorvolando sulla deficitaria deficitaria linearità logica dell'accertamento della non raggiunta indipendenza economica e dell'impegno di reperire un lavoro, desunti da semplici dichiarazioni di parte, è certa l'inadeguatezza del riferimento alla ininfluenza del progredire dell'età della figlia (oggi prossima ai trent'anni) e della sua attuale condizione di madre;

le stesse circostanze menzionate nella motivazione ne danno dimostrazione, poiché le considerazioni di ordine sociologico, a proposito delle condizioni nel mercato del lavoro del meridione d'Italia, non ottengono di motivare la persistenza di un obbligo di mantenimento da parte del genitore sottoposto ad amministrazione di sostegno per disabilità; esse stesse sarebbero indicative, semmai, della necessità della figlia di far ricorso, con un minimo di responsabilità, agli strumenti di sostegno sociale, in aggiunta alla dedotta condizione di persona non stabilmente occupata in un'attività di lavoro;

di contro un atteggiamento inerziale da questo punto di vista non può essere - neppure astrattamente - riversato sulla persistenza di un diritto al mantenimento di durata indeterminata;

VI. - ne segue che il decreto va cassato e la causa rinviata alla medesima corte d'appello di Napoli, in diversa composizione;

la corte d'appello si uniformerà ai principi esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
PQM
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla corte d'appello di Napoli anche per le spese del giudizio di cassazione.

Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2022
Avv. Antonino Sugamele

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