Assegno di mantenimento. La convivenza more uxorio fa venir meno il diritto dell'ex al mantenimento
Cass. civ. Sez. VI - 1, Ord., (ud. 01/06/2022) 12-10-2022, n. 29865
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto - Presidente -
Dott. MARULLI Marco - Consigliere -
Dott. IOFRIDA Giulia - rel. Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - Consigliere -
Dott. FALABELLA Massimo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12691/21 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cola di Rienzo n. 92, presso lo studio dell'avvocato E. Nardone, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe La Spina;
- ricorrente -
contro
B.B., elettivamente domiciliata in Roma, Via Savoia n. 84, presso lo studio dell'avvocato Andrea Menichetti, e rappresentata e difesa dall'avvocato Vittorio Betti;
- controricorrente -
avverso sentenza n. 94/21 della Corte d'appello di Perugia depositata il 2/3/21;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 9/06/2022 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.
Svolgimento del processo
La Corte d'appello di Perugia, con sentenza n. 94/21, depositata il 2/3/21, pronunciando in sede di rinvio, a seguito di cassazione, con sentenza n. 16928/2018 di questa Corte, di altra sentenza di appello, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva dichiarato la separazione giudiziale dei coniugi B.B. e A.A., ponendo a carico del marito un assegno di mantenimento del coniuge, nella misura di Euro 1.250,00 mensili.
I giudici di appello, in particolare, ammessa la prova testimoniale, diretta e contraria articolata dalle parti, hanno rilevato, in relazione all'unico profilo in contestazione ammissibile - la debenza dell'assegno di mantenimento da parte del marito, non essendovi contestazione sull'ammontare, che, pur essendo emerso dall'istruttoria espletata che, per un quinquennio, sino al (Omissis), la B.B. aveva avuto una relazione con convivenza con C.C., dalla quale era nata una figlia, non vi era prova che si fosse trattato di "una convivenza more uxorio connotata da stabilità, continuatività e progettualità" e che il C.C. contribuisse economicamente alle esigenze di vita della B.B. (avendo lo stesso solo provveduto alle diverse esigenze della figlia).
Avverso la suddetta pronuncia A.A. propone ricorso per cassazione, notificato il 6/3/21, affidato a due motivi, nei confronti di B.B. (che resiste con controricorso, notificato il 14/6/21).
E' stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all'art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, degli artt. 352 e 190 c.p.c. e art. 24 Cost., in relazione alla mancata fissazione di udienza di discussione e senza lo scambio, all'esito della precisazione delle conclusioni, di conclusionali e repliche, con violazione del diritto di difesa del ricorrente; b) con il secondo motivo, sia la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell'art. 115 c.p.c., sia la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, sia l'omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatti decisivi, per avere la Corte d'appello, pronunciando in sede di rinvio, ai fini della decisione sull'assegno di mantenimento a carico del marito, negato la relazione stabile e continuativa della B.B. con altro uomo, malgrado le risultanze della prova testimoniale espletata.
2. La prima censura è infondata.
Risulta dalla sentenza che la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza collegiale del 22/2/21, svoltasi secondo modalità telematica. Se il ricorrente avesse voluto procedere previa discussione orale, avrebbe dovuto formulare la relativa istanza.
Il ricorrente lamenta comunque che non siano stati concessi i termini per conclusionali e repliche.
Ora, questa Corte, al riguardo, aveva da tempo chiarito che "nell'ambito del processo civile, la mancata assegnazione dei termini, in esito all'udienza di precisazione delle conclusioni, per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie finali di replica ai sensi dell'art. 190 c.p.c., costituisce motivo di nullità della conseguente sentenza, impedendo ai difensori delle parti di svolgere nella sua pienezza il diritto di difesa, con conseguente violazione del principio del contraddittorio" (Cass. 4805/2006; Cass. 18149/2016; cfr. Cass. 20732/2018: "E' nulla la sentenza che pronunci nel merito della causa senza che siano state precisate le conclusioni e assegnati i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie finali di replica, essendo in tal modo impedito ai difensori delle parti il pieno svolgimento del diritto di difesa, con conseguente violazione del principio del contraddittorio").
Tuttavia, nella specie si verte in tema di appello in materia di separazione, cui si applica il rito camerale.
Questa Corte ha già chiarito che "nei procedimenti di natura contenziosa che si svolgono con il rito camerale, deve essere assicurato il diritto di difesa e, quindi, realizzato il principio del contraddittorio; tuttavia, trattandosi di procedimenti caratterizzati da particolare celerità e semplicità di forme, ad essi non sono applicabili le disposizioni proprie del processo di cognizione ordinaria e, segnatamente, quelle di cui all'art. 189 c.p.c. (Rimessione al collegio) e art. 190 c.p.c.(Comparse conclusionali e memorie)" (Cass. 565/2007). Il principio è stato ribadito più di recente: "I procedimenti camerali contenziosi, fermo il rispetto del principio del contraddittorio, sono caratterizzati da particolare celerità e semplicità di forme, sicchè con essi sono incompatibili le disposizioni che regolano la fase decisoria nel processo ordinario di cognizione e, segnatamente, quelle di cui agli artt. 189 e 190 c.p.c." (Cass. 26200/2015; cfr. anche Cass. 2032/2019, con riguardo al procedimento di primo grado di divorzio).
Ne consegue che, nella specie, non era obbligatoria per il giudice la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Quindi, la doglianza, incentrata sulla mancata concessione di detto termine, risulta infondata, attesa la disciplina peculiare che assoggetta al rito camerale, improntato a semplicità delle forme, l'appello in materia di separazione personale dei coniugi.
3. Il secondo motivo è, invece, fondato nei sensi di cui in motivazione.
Nel mezzo di ricorso si denuncia, oltre all'omesso esame di fatti decisivi ed alla erronea percezione delle risultanze probatorie, anche una motivazione illogica e contraddittoria, in violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, per avere la Corte d'appello, a fronte di deposizioni di diversi testimoni, da cui emergeva che tra la B.B. ed il C.C. "si era instaurata una convivenza...che aveva avuto una durata di cinque anni, quanto meno dal (Omissis), nascita della figlia della coppia, fino al (Omissis)", ritenuto non raggiunta la prova che tra i due vi fosse stata "una convivenza more uxorio, connotata da stabilità, continuatività e progettualità", anzi emergendo addirittura la prova contraria, sulla base di alcune affermazioni dello stesso C.C..
Il ricorrente deduce di avere anche allegato, in via documentale, che le raccomandate, dirette alla B.B., relative alla notifica del ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed altri atti negli anni successivi erano state sempre ricevute dal C.C. il quale si era qualificato "compagno convivente".
Deve poi rilevarsi che questa Corte, nella sentenza n. 16982/2018, che ha dato luogo al giudizio di rinvio (in relazione alla pregressa decisione di appello, cassata per non avere ammesso la prova orale dedotta, volta proprio al fine di dimostrare la convivenza stabile e continuativa instaurata dalla B.B.), aveva precisato che il diritto all'assegno di mantenimento del coniuge separato può essere negato o eliminato "se il coniuge debitore (convenuto nel giudizio per l'attribuzione dell'assegno o attore in quello per l'eliminazione o la revisione dello stesso) dimostri che l'altro coniuge abbia instaurato una convivenza more uxorio con altra persona che assuma i caratteri della stabilità, continuatività ed effettiva progettualità di vita, presumendosi in tal caso che le disponibilità economiche di ciascun convivente siano messe in comune nell'interesse del nuovo nucleo familiare"; questa Corte aveva precisato che "la convivenza stabile e continuativa con altra persona deve ragionevolmente assumersi come fattore la cui prova è a carico del coniuge che si oppone all'attribuzione dell'assegno, trattandosi di un fatto potenzialmente impeditivi o estintivo del diritto azionato - che fa presumere la cessazione o l'interruzione dell'obbligo di mantenimento", salva la facoltà del coniuge richiedente l'assegno di allegare e dimostrare, anche in via presuntiva, che quella convivenza non influisca in melius sulle proprie condizioni economiche, restando i suoi redditi complessivamente "inadeguati" a fargli conservare tendenzialmente il tenore di vita coniugale.
Ora la Corte d'appello, pur dando atto delle contrarie risultanze istruttorie, si è limitata ad affermare la mancanza di prova, in ordine al fatto che la B.B. avesse tratto, dalla convivenza con il C.C., benefici economici, sulla base delle dichiarazioni di quest'ultimo in ordine all'assenza di un proprio reddito da lavoro (reperito comunque successivamente), all'epoca della nascita della bambina, ed al fatto che egli restava a casa con la bambina "per non gravare la B.B. della spesa di una baby-sitter" e di avere, in seguito, solo provveduto alle esigenze della figlia "comperandole beni materiali".
Trattasi di motivazione contraddittoria e quindi gravemente carente di logicità e tale da non assolvere al cd. minimo costituzionale della motivazione che legittima la cassazione della decisione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 (S.U. n. 8053 del 7 aprile 2014).
3. Per tutto quanto sopra esposto, va accolto il secondo motivo del ricorso, respinto il primo, e va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Perugia, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Perugia, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 giugno 2022.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2022
16-11-2022 06:50
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