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Sentenza

Marito si dichiara single su facebook: sì all'addebito della separazione
Marito si dichiara single su facebook: sì all'addebito della separazione
Tribunale Palmi, Sent., 07-01-2021
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI PALMI

riunito in camera di consiglio e composto dai sigg. magistrati

dott. Piero Viola - Presidente

dott.ssa Mariateresa Gentile - Giudice

dott. Mariano Carella - Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 1276 dell'anno 2015 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi, vertente

tra

N.A. (nata a T. il (...)- c.f. (...)), rappresentata e difesa dagli avv.ti Angela Sciarrone e Maria Pia Pulitanò

- ricorrente -

e

R.F. (nato a P. il (...) - c.f. (...)), rappresentato e difeso dagli avv.ti Ettore Tigani e Pasquale Simari

- resistente-

Oggetto: separazione giudiziale.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ricorso depositato in data 23/09/2015 N.A. ha chiesto la declaratoria di separazione giudiziale dal coniuge R.F. per fatto a questi addebitabile, con affidamento congiunto dei figli minori di età C. (nata a P. il (...)) e M. (nato a P. il (...)) e collocamento prevalente presso la madre, con assegnazione alla madre della casa coniugale e con regolamentazione degli incontri tra il genitore non collocatario ed i figli minori sulla base di un accordo già in atti, con previsione in danno del resistente di un assegno di contribuzione al mantenimento per i figli nella misura di Euro 1.000,00 mensile, oltre al 50% delle spese straordinarie.

La ricorrente, premesso di aver contratto matrimonio con R.F. in P. in data 22/09/2002 (trascritto nei registri dello Stato Civile del predetto Comune atto n. 46, parte II, serie A, anno 2002) e che dall'unione sono nati i figli C. e M., ha dedotto che sino al mese di settembre 2013 la vita coniugale non aveva registrato alcun problema ed i coniugi gestivano insieme l'attività di gioielleria e oreficeria intestata a N.A.; ha riferito che a far data dal settembre 2013 R.F. ha iniziato ad assumere comportamenti contrari ai doveri coniugali, intrattenendo una relazione extraconiugale con una persona di nome V.; ha indicato una serie di circostanze comprovanti la condotta del coniuge:

- il disinteresse progressivamente manifestato nei confronti della moglie;

- l'utilizzo eccessivo del cellulare, anche in luoghi appartati;

- le assenze da casa anche in ore notturne, giustificate dalla necessità di recarsi presso il proprio negozio di moto;

- la descrizione sul proprio profilo facebook come "single e mi piacciono le donne";

- la realizzazione di un ciondolo rappresentante la lettera "V" poi indossato dalla sig.ra V.; lavoro sempre celato alla moglie.

La ricorrente ha, ancora, dedotto che al momento della cessazione della convivenza (il 7/07/2014) il resistente ha portato con sé l'unica autovettura della famiglia ed ha prelevato dalla gioielleria i semilavorati, il metallo, le pietre preziose e gli strumenti da orafo, così da riprendere l'attività autonomamente; ha, altresì, riferito di aver scoperto solo in quel momento la situazione debitoria in cui versava la gioielleria la cui contabilità era stata tenuta sempre dal coniuge; ha, infine, reso noto che sebbene fosse stato raggiunto un accordo per la separazione consensuale (con la previsione di un contributo per le figlie di Euro 300,00 sino al luglio 2016 e di Euro 400,00 successivamente; oltre all'estinzione dei finanziamenti in scadenza nell'anno 2018 per un carico mensile di Euro 661,50) il resistente vi ha data concreta attuazione ma poi non ha sottoscritto il ricorso congiunto.

R.F. si è costituto confermando il venir meno dell'affectio maritalis ma negando di aver posto in essere condotte contrarie ai doveri matrimoniali tali da aver causato la frattura del vincolo. Al riguardo ha precisato che sin dal decesso del padre (dicembre 2012) N.A. ha adottato nei suoi confronti un comportamento poco amorevole, aggressivo ed offensivo, attribuendogli colpe inesistenti; sicché la cessazione della convivenza è stata causata dai continui litigi iniziati, appunto, sin da quel periodo. Ha, poi, precisato che sebbene le due attività siano state esercitate sempre all'interno degli stessi locali, egli si è sempre occupato dell'attività artigianale di orafo e la moglie di quella commerciale di gioielleria, ragion per cui al momento della cessazione della convivenza egli ha prelevato solo i beni afferenti alla propria attività. Ha negato di aver gestito la contabilità della gioielleria ed ha precisato che la macchina e la moto portati con sé erano di sua proprietà. Ha precisato, infine, che la mancata sottoscrizione dell'accordo non è a lui addebitabile avendo atteso i tempi tecnici gestiti dai difensori, non avendo mai negato la disponibilità alla sottoscrizione (tant'è che ha dato corso concreto alle condizioni pattuite) ed avendo appreso del deposito del ricorso giudiziario senza alcun preavviso; ha chiesto, comunque, la conferma di quelle condizioni. Ha concluso per la separazione con addebito a carico della moglie (domanda non ribadita nella precisazione delle conclusioni).

In fase presidenziale è stato disposto l'affido congiunto dei figli con collocazione prevalente presso la madre (cui è stata assegnata la casa coniugale) e previsione a carico del padre di un contributo mensile di Euro 1.000,00 per il loro mantenimento, oltre al 50% delle spese straordinarie.

In via istruttoria sono stati escussi i testi P.G., L.M., N.A. (udienza del 21/06/2017), B.C., R.M.A. (udienza del 9/11/2017), N.M. (udienza del 21/02/2018), R.M. (udienza del 24/05/2018), M.M. (udienza del 28/06/2018), R.G. e N.M. (udienza del 28/06/2018).

Con ordinanza del 19/04/2019 il G.I. ha ridotto ad Euro 300,00 per ogni figlio il contributo di mantenimento a carico del padre.

E' stata, altresì, disposto accertamento patrimoniale per il tramite della Guardia di Finanza.

All'udienza dell'8/07/2020, all'esito negativo del tentativo di pervenire alla separazione a condizioni concordate, le parti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione al Collegio, con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle memorie conclusionali e di replica.

La domanda di separazione è chiaramente fondata e merita accoglimento.

I - Le risultanze istruttorie hanno fornito oggettivo ed indubbio riscontro della circostanza che già prima della formale introduzione del giudizio i coniugi non vivevamo più insieme e non avevano più rapporti di comunione materiale e spirituale, così dovendosi ritenere acclarato il venir meno dell'affectio maritalis sulla quale si dovrebbe fondare il matrimonio.

L'oggettiva situazione di fatto, unita all'assenza di elementi indicativi di una intervenuta riconciliazione, le concordi dichiarazioni delle parti, le univoche risultanze anche delle prove costituende, sono tutte circostanze ampiamente sufficienti a ritenere integrati i presupposti per la declaratoria di separazione personale dei coniugi ai sensi dell'art. 151 c.c..

L'interesse ai fini del decidere e l'effettivo contraddittorio tra le parti si sono incentrati, piuttosto, sulle cause della patologia coniugale e sulla conseguente responsabilità eventualmente attribuibile ad una delle parti.

Si è detto, infatti che la ricorrente ha formulato domanda di addebito della separazione, adducendo la violazione dell'obbligo della fedeltà coniugale da parte di R.F..

Il resistente, invece, in fase conclusionale non ha riproposto la domanda di addebito originariamente articolata.

In diritto va premesso che è principio giurisprudenziale consolidato che la mera violazione da parte di uno dei coniugi dei doveri nascenti dal matrimonio ai sensi dell'art. 143 c.c. non è profilo di per sé sufficiente a giustificare la pronuncia di addebito della separazione nei suoi confronti, essendo altresì necessario accertare che detta violazione sia stata l'unica causa della crisi coniugale.

Dunque, in presenza di una condotta oggettivamente integrante violazione degli obblighi familiari l'indagine deve incentrarsi sulla sua efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale, cioè se essa sia intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza ovvero se di tale risultato sia stato il fattore generatore. Con l'ovvia conseguenza giuridica che, pur nell'oggettiva presenza della violazione, l'eventuale mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa del fallimento dell'unione, deve essere pronunciata la separazione senza addebito (Cass. n. 3923 del 19/02/2018, Cass. n. 12392 del 17/05/2017; Cass. n. 11929 del 12/05/2017; Cass. n. 14414 del 14/07/2016).

La necessità della verifica del nesso causale sussiste anche qualora la violazione dei doveri coniugali sia tale da giustificare di per sé la valutazione di disvalore ai fini dell'addebito, come nell'ipotesi di infedeltà (Cass. n. 16859 del 14/08/2015: "In tema di separazione tra coniugi, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale").

In tema di infedeltà coniugale, poi, la Suprema Corte ha osservato che ai fini della valorizzazione nell'ambito di un giudizio di separazione per colpa non rilevano esclusivamente le relazioni extraconiugali in senso stretto ma anche quei comportamenti univocamente a ciò indirizzati che possano giustificare da soli la lesione della dignità e dell'onore dell'altro coniuge (Cass. n. 21657 del 19/09/2017: "La relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell'art. 151 c. c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all'onore dell'altro coniuge" - Cass. n. 8929 del 12/04/2013).

Invero, l'elaborazione giurisprudenziale di legittimità ha da tempo condiviso il principio per il quale l'obbligo di fedeltà deve intendersi caratterizzato non soltanto dall'astensione da relazioni sessuali extraconiugali ma anche quale impegno, ricadente su ciascun coniuge, di non tradire la fiducia reciproca, ovvero di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi, che dura quanto dura il matrimonio.

In effetti la nozione di fedeltà coniugale va avvicinata a quella di lealtà, la quale impone di sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune. In questo quadro la fedeltà affettiva diventa componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda (Cass. n. 15557 dell'11/06/2008).

Nel caso di specie, sebbene le risultanze istruttorie non siano esenti da dubbi interpretativi, il Collegio ritiene che una valutazione complessiva degli elementi acquisiti (anche quelli aventi valore indiziario, ma univoca direzione) giustifichi la conclusione in termini di addebito di responsabilità della separazione in capo al resistente.

Va premesso, in tal senso, che non sono utilizzati ai fini del decidere gli argomenti contenuti nelle interlocuzioni telematiche trascritte ed allegate dalla ricorrente alla memoria ai sensi dell'art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. per la duplice ragione che la loro collocazione temporale è ampiamente successiva alla cessazione della convivenza tra i coniugi e che, in ogni caso, non è stato prodotto il supporto informatico sul quale sono stati registrati i messaggi e neanche è stata precisata la fonte e la modalità di acquisizione. Profili, questi ultimi, certamente rilevanti atteso che il resistente ha tempestivamente contestato l'autenticità del contenuto di quelle interlocuzioni, oltre che la legittimità della loro acquisizione.

Privi di concreta incidenza ai fini del decidere risultano, altresì, le deduzioni di parte ricorrente in ordine alla frequenza ed alle modalità di utilizzo del telefono e del tablet da parte del resistente, di per sé prive di lesività in rapporto agli obblighi nascenti dal vincolo matrimoniale che non comprendono la necessaria ostensione al partner del contenuto di tutti i contatti interpersonali.

Irrilevante, ancora, appare la vicenda della pluralità delle schede telefoniche che la ricorrente ha indicato come in uso al resistente. Al riguardo, al di là di ogni altra valutazione, è dirimente osservare che N.A. ha dedotto che le varie schede sarebbero state attivate dal coniuge a suo nome, così che proprio l'agevole possibilità per lei di controllare in qualsiasi momento il traffico telefonico svuota di concreta lesività il dato.

Significativa risulta, invece, la circostanza relativa al profilo facebook di R.F. nella parte in cui, in un periodo in cui vi era ancora coesione familiare, si è definito "single" con l'annotazione "mi piacciono le donne".

Il dato è stato confermato da alcuni dei testimoni escussi: P.G. (per averlo visto dal computer della ricorrente), N.A. (per averlo constatato personalmente attraverso l'utenza facebook del marito nel 2013), N.M. (per averlo visualizzato attraverso la posizione facebook dei figli), N.M..

Sebbene i testimoni siano familiari della ricorrente - come gran parte di quelli escussi nel presente giudizio - le deposizioni in parte qua non presentano profili di inattendibilità.

Le indicazioni contenute sul profilo facebook di R.F. pur non essendo, ovviamente, prova di un rapporto extraconiugale costituiscono, tuttavia, un atteggiamento lesivo della dignità del partner proprio nella misura in cui, pubblicamente e sin troppo palesemente, rappresentano ai terzi estranei un modo di essere o uno stato d'animo incompatibile con un leale rapporto di coniugio.

Ma ciò che rende il contegno di R.F. maggiormente censurabile, cosi da integrare un quadro meritevole della sanzione dell'addebito in sede di separazione, è la modalità del rapporto con la sig.ra V.C..

Al di là della circostanza che tra i due vi sia stata o meno una vera e propria relazione "adulterina", non può negarsi che la frequentazione abbia assunto connotazioni esteriori tali da pregiudicare la dignità e l'onore della ricorrente.

In tal senso sono rilevanti le numerose occasioni nelle quali il resistente, in orari e luoghi certamente non aderenti alle ordinarie dinamiche familiari, è stato individuato in compagnia della sig.ra C..

Il riferimento non è, ovviamente, agli episodi che possono rientrare in una normale frequentazione (il caffè presso il bar vicino al luogo di lavoro; anche le visite nella gioielleria pur se in orari non ancora di apertura) bensì a quelli che denotano oggettivamente un distacco dalle abitudini della famiglia e rispetto ai quali il resistente non ha fornito una lettura alternativa:

- P.G. ha riferito di aver incontrato il resistente e la sig.ra C. a G.I. presso il bar Golosia;

- M.M. ha riferito che dopo la separazione dalla moglie C.V. (negli anni 2013 e 2014) l'ha vista in compagnia del resistente sia a P. che a G.I. in orari serali;

- N.M. ha riferito di aver incontrato il resistente e la sig.ra C. a C. in una sera di luglio o agosto 2013 nonché a C. nei pressi del centro commerciale P. sempre in orari notturno;

- N.A. ha riferito anch'ella di aver notato il resistente e la sig.ra C. nei pressi del parcheggio del centro commerciale P. a tarda sera.

Anche in questo caso, solo i rapporti di parentela di quasi tutti i testi potrebbero sollecitare una particolare attenzione della valutazione delle risultanze testimoniali che, tuttavia, non palesano profili di inattendibilità intrinseca tali da poterle sanzionare come non "genuine".

Del resto il "particolare" rapporto personale - non adeguato allo status di coniugato del resistente - esistente tra R.F. e C.V. già nell'anno 2013 è stato ulteriormente confermato da M.M. (coniuge separato della sig.ra C.) che ha riferito di aver trovato su un proprio computer (in uso alla moglie prima della separazione) messaggi "intimi" intercorsi tra la moglie ed il resistente. Il teste ha riferito che il giudizio di separazione dalla moglie si è già concluso e non ha avuto come causale la violazione dell'obbligo di fedeltà da parte della sig.ra C., sicché non può presumersi che il sig. M. abbia reso la predetta dichiarazione falsamente e per utilità personale.

Infine, il teste N.M. ha dichiarato che nel corso di un colloquio "chiarificatore" con il cognato questi avrebbe ammesso i contatti con la sig.ra C., pur se degradandoli a momenti "scherzosi e semplicemente provocatori". Connotazione, quest'ultima, che potrebbe escludere un rapporto adulterino ma che certamente non attribuisce alla condotta del resistente l'adeguatezza rispetto all'obbligo di preservare la dignità del coniuge e mantenere nei suoi confronti spirito di lealtà coniugale.

Il quadro probatorio è completato da una vicenda di per sé assai significativa che ha interessato C., la figlia ancora minore di età delle parti in causa, la quale sul telefono del padre ha intercettato dei messaggi dall'esplicito contenuto intimo ("ti amo", "ti morderei la lingua").

La circostanza è stata riferita da P.G., N.A. e da N.M.; tutti testi che l'hanno appressa direttamente da C..

Il Collegio non ha individuato elementi per dubitare della veridicità del racconto dei testi in parte qua e volutamente ha preferito non attivare il rimedio processuale di cui all'art. 257 comma 1 c.p.c. per preservare per quanto possibile l'integrità del rapporto bigenitoriale di C. che, se fosse stata chiamata a rendere testimonianza sul punto, sarebbe stata costretta a "prendere parte" in favore di un genitore nei confronti dell'altro. In un eventuale prosieguo del giudizio in fase di gravame la Corte potrà diversamente valutare il profilo anche in ragione della diversa età nelle more raggiunta da C..

Il complesso degli elementi analizzati conduce il Tribunale a ritenere che la condotta di R.F. ha violato i doveri nascenti dal vincolo coniugale; e ciò, si ribadisce, al di là dell'esistenza di una vera e propria relazione extraconiugale ed in applicazione del già richiamato principio giurisprudenziale di legittimità (Cass. n. 21657 del 19/09/2017).

Il resistente ha dedotto che la sua condotta in ogni caso non sarebbe assistita dall'efficienza causale atteso che la crisi coniugale era già sorta nei primi mesi del 2013 (dopo il decesso del padre della ricorrente) tant'è che la coppia si era rivolta a due professionisti per intraprendere un percorso di mediazione familiare poi non completato.

Il profilo non appare dirimente atteso che le ragioni dei dissidi intercorsi tra le parti in quei mesi erano pur sempre correlate ai dubbi di N.A. sul tradimento del coniuge; sicché vi è contestualità tra quella crisi e le condotte rimproverate a R.F. ritenute in questa sede non adeguate agli obblighi nascenti dal matrimonio.

Per le ragioni appena esposte deve essere attribuito a R.F. l'addebito di responsabilità nella pronuncia di separazione.

II - Dall'unione tra N.A. e R.F. sono nati i figli C. (P., (...)) e M. (P., (...)).

Il Collegio ritiene che nella regolamentazione della responsabilità genitoriale debba confermarsi il criterio ordinario di affidamento condiviso tra i coniugi.

E' noto che a seguito della novella di cui alla L. n. 54 del 2006 è stato introdotto all'art. 337 ter c.c. il principio generale dell'affido condiviso dei figli ad entrambi i genitori, essendo questo in via prioritaria il sistema normalmente più adeguato alla crescita equilibrata dei minori ed allo sviluppo del rapporto genitoriale.

L'art. 337 quater c.c. faculta il Tribunale a disporre l'affidamento esclusivo ad uno solo dei coniugi nell'eccezione ipotesi nella quale il regime della condivisione sia contrario all'interesse della prole; profilo questo da porre motivatamente a base del provvedimento.

E' condiviso nell'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale il principio secondo cui in tema di affidamento dei minori, il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice della separazione è costituito dall'esclusivo interesse morale a materiale della prole il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo, con particolare riguardo alla capacità di relazione affettiva, nonché mediante l'apprezzamento della personalità del genitore (Cass. n. 14728 del 19/07/2016).

E' l'interesse dei minori, dunque, l'unico obiettivo che deve orientare la scelta del regime dell'affido nella patologia del rapporto di coniugio.

Proprio l'esclusiva preminenza del predetto superiore interesse giustifica l'affermazione per la quale l'affido condiviso non è di per sé impedito dall'esistenza di una conflittualità pur se aspra tra i coniugi, salvo che cioè abbia in concreto effetti pregiudizievoli sui figli, alterando e ponendo in serio pericolo il loro equilibrio e sviluppo psico-fisico (Cass. n. 27 del 3/01/2017).

Nella stessa ottica, in astratto neanche la commissione di reati da parte di un genitore nei confronti dell'altro costituisce in senso assoluto un fatto dotato di assorbente influenza sul regime di affidamento più consono, in virtù della preminenza che riveste in tali procedimenti l'interesse del minore, da intendersi come riferito alle sue fondamentali ed imprescindibili esigenze di cura, educazione, istruzione e sana ed equilibrata crescita psicologica, e possono, pertanto, fondare la domanda di affidamento esclusivo (Cass. n. 18559 del 22/09/2016).

Ciò posto nel caso in esame gli elementi acquisiti nel corso del giudizio non hanno fatto emergere condotte dei genitori o di uno di essi tali da pregiudicare la corretta crescita dei figli nel rapporto bigenitoriale.

Del resto entrambe le parti hanno rassegnato le conclusioni chiedendo l'affido condiviso.

La collocazione prevalente di C. e M. deve essere confermata presso la madre, in continuità con la situazione che in concreto si è realizzata nell'immediatezza della cessazione della convivenza e che non ha evidenziato profili di criticità per i minori e per il loro rapporto con il genitore non collocatario.

La casa coniugale è assegnata alla ricorrente in ragione della collocazione prevalente dei figli.

Con ordinanza del 21/03/2016 il Presidente del Tribunale ha delineato la regolamentazione degli incontri tra il genitore non collocatario ed i figli.

Entrambe le parti, tuttavia, sullo specifico profilo avevano rassegnato in fase di costituzione le medesime conclusioni, richiamando la regolamentazione già concordata nell'ambito delle trattative per la soluzione consensuale della separazione.

In questa sede decisoria, considerato che C. è prossima alla maggiore età e che anche M. ha ormai un'età nella quale è più agevole la gestione concordata delle occasioni di incontro con il padre, il Collegio intende richiamare la regolamentazione indicata dalle parti che non presenta aspetti pregiudizievoli per i minori.

III - In ordine al contributo economico per il mantenimento dei figli, che ai sensi dell'art. 337 ter comma 2 c.c. grava sul genitore non affidatario o non collocatario, il G.I. nell'ordinanza del 19/04/2019 ha già articolato un'ampia ricostruzione dei principi che ispirano la delibazione giudiziale che il Collegio condivide ed alla quale intende operare integrale richiamo.

Al riguardo si osserva che, al fine di garantire (per quanto possibile) alle parti dei procedimenti di separazione e di cessazione degli effetti civili del matrimonio una uniformità e prevedibilità di giudizio, la giurisprudenza del Tribunale di Palmi è comunemente concorde nel determinare la misura della contribuzione economica dei genitori verso i figli ponderando tra loro per un verso le oggettive esigenze dei figli, per altro verso le abitudini di vita dei figli assicurate nel corso dell'unione familiare, per altro verso ancora la redditualità dei genitori in costanza di unità familiare e negli sviluppi successivi (cfr. anche Cass. n. 25134 del 10/10/2018).

Le esigenze della prole e le abitudini di vita che hanno caratterizzato il periodo di unità familiare possono essere apprezzate nella misura in cui risultino dedotte e provate dalle parti, dovendosi, in difetto, fare riferimento ai parametri astratti ordinari.

La valutazione sulla capacità patrimoniale dei genitori tenuti al contributo di mantenimento non può che essere rapportata al reddito per come documentato o accertato nel processo, sia con riferimento agli anni precedenti la disgregazione familiare (appunto nell'ottica di acquisire elementi che contribuiscano ad individuare quale fossero le abitudini di vita dei figli), sia con riferimento al momento in cui viene assunta la delibazione (in tale ultimo momento avendo riguardo pure alle possibili "alterazioni" indotte proprio in funzione della pendenza del giudizio, da valutare anche mediante indizi e presunzioni con i requisiti di legge).

In ipotesi di produzione delle dichiarazioni fiscali il dato da esse rinvenibile assume un valore presuntivo sulla sovrapponibilità della redditualità formale a quella sostanziale, ferma restando la possibilità di ritenere non veritieri quei dati sia mediante le indagini specifiche tecniche disposte su impulso di parte o d'ufficio, sia mediante un ragionamento deduttivo in rapporto alle circostanze di fatto provate nel processo.

Va, poi, evidenziato che le oggettive esigenze dei figli e le abitudini di vita assicurate nel corso dell'unione familiare assumono un particolare rilievo, essendo il fine da realizzare in presenza di possibilità reddituali; per contro, non si può che prendere atto che il parametro del "fabbisogno dei figli" deve necessariamente adeguarsi alla situazione di disgregazione del nucleo familiare che ordinariamente determina un "complessivo impoverimento" proprio per la duplicazione di spese fisse.

Proprio la ponderata correlazione tra il fabbisogno dei figli e la capacità reddituale dei genitori consente, per un verso, di assicurare ai figli continuità di stile di vita nelle ipotesi in cui la redditualità familiare sia tale da assorbire l'aumento dei costi provocati dalla disgregazione familiare e, per altro verso, di evitare che le esigenze dei figli per come sotto questo profilo "riconosciute" in giudizio siano sovrastimate rispetto alle possibilità dei genitori e, per altro verso ancora, che il mantenimento dei figli nella fase della patologia familiare non sia ancorata solo alle possibilità economiche dei genitori (che pur essendo particolarmente abbienti potrebbero avere in corso di unità familiare adottato uno stile di vita ordinario) bensì alla "continuità".

Orbene, nel caso di specie le dichiarazioni fiscali allegate dalle parti delineano una redditualità complessiva del nucleo familiare prima della disgregazione sempre inferiore a Euro 3.000,00 mensili (composto dall'attività lavorativa di entrambi i coniugi).

Dagli atti di causa e dalle deduzioni delle parti non emerge l'esistenza di uno stile di vita sintomatico di particolare agiatezza incompatibile con il reddito formale (il nucleo familiare disponeva di una sola autovettura di valore ordinario, una Ford Focus, e di una moto Aprilia; non sono stati indicati altri elementi per valutare lo stile di vita; è stato necessario attivare due finanziamenti rateali per far fronte alle esigenze dell'attività d'impresa); del resto, la stessa ricorrente ha indicato i guadagni della gioielleria (ove nella sostanza hanno lavorato entrambi i coniugi) quale fonte di sostentamento per tutta la famiglia (pag. 4 del ricorso introduttivo).

Dunque, un primo approccio nella determinazione del quantum della contribuzione verso i figli è dato dalla redditualità complessiva di circa Euro 3.000,00 della famiglia coesa e dall'assenza di particolari elementi dimostrativi di un tenore di vita non compatibile con tale redditualità.

Attraverso le dichiarazioni reddituali depositate dalle parti e l'indagine integrativa disposta con delega alla Guardia di Finanza è stato, altresì, accertato in capo al resistente un reddito attuale (costante negli ultimi anni) assai poco significativo, sempre inferiore agli Euro 700,00 mensili netti.

In fase istruttoria il G.I. anche al fine di condurre le parti nella direzione di una soluzione concordata che consentisse il perseguimento del sostanziale maggiore interesse per i figli minori (anche con il reciproco parziale sacrificio delle aspettative di diritto vantate dalle parti) ha modulato il contributo provvisorio in Euro 300,00 per ogni figlio discostandosi dal "rigoroso" criterio correlato al reddito formale, specificando "che non risulta determinante in tal senso la circostanza relativa al regolare versamento da parte del resistente delle rate dei due finanziamenti contratti prima della separazione atteso, per un verso, che l'adempimento costituisce un obbligo di legge e non un'espressione del suo stile di vita e, per altro verso, che l'incoerenza tra la disponibilità sostanziale di somme ed i redditi dichiarati in corso di causa (inferiori ai precedenti) ed il conseguente "dubbio" sulla veridicità di queste ultime dichiarazioni è già considerato nella misura del contributo mensile di Euro 600,00 per entrambi i figli".

Il G.I., cioè, ha osservato che la circostanza del versamento delle rate del finanziamento da parte del resistente (addotto dalla ricorrente quale prova del maggior reddito sostanziale rispetto a quello formale in capo al resistente) non avrebbe potuto essere dirimente (ed a breve sarà più chiaro il perché) ed ha specificato che, in ogni caso, nella misura proposta era già contemplato l'adeguamento causalmente determinato dal dubbio sulla genuinità dei redditi formali dichiarati da R.F..

E' evidente che le valutazioni operate dal G.I. erano giustificate dallo stato del giudizio (cioè, dall'istruttoria ancora in corso) e dalla particolare prospettiva già richiamata (l'impulso alla riflessione conciliativa).

Nella presente fase decisionale, preso atto che le parti non hanno inteso definire la causa a condizioni concordate ed hanno optato per l'applicazione delle regole di valutazione processuale (come era loro diritto), l'angolazione con la quale è necessario esaminare le risultanze processuali non può che essere diversa proprio perché è mutato lo stato del procedimento (acquisizione probatoria completata anche in punto di redditualità) e soprattutto è mutata la prospettiva (non più conciliativa sostanziale bensì decisoria formale).

In quest'ottica va osservato che il Collegio è tenuto necessariamente a valutare il dato formale di partenza sulla patrimonialità dichiarata dal resistente che restituisce un reddito netto negli ultimi anni non superiore a Euro 700,00 mensili.

L'indagine patrimoniale eseguita dalla Guardia di Finanza - disposta proprio in ragione della censura articolata dalla ricorrente sulla difformità dei redditi dichiarati a quelli effettivi - non ha consentito di acquisire alcun elemento utile ad affermare che il resistente sta illegittimamente occultando i propri redditi. Tale ultima conclusione non sarebbe giustificabile né per i rapporti e le movimentazioni bancarie, né per i beni immobili o mobili registrati intestati al resistente, né per i rapporti lavorativi o commerciali.

Del resto la ricorrente - al di là di quanto si dirà di seguito - non ha affiancato alla contestazione di inveridicità dei redditi formali la deduzione di fatti oggettivi che potessero rappresentare il lavoro di orafo eseguito dal resistente "in nero".

Un'annotazione particolare merita la circostanza - indicata dalla ricorrente quale prova di maggiore redditualità - per la quale R.F. sin dagli accordi pregiudiziali (attuati di fatto ma poi non confluiti in un ricorso consensuale) ha manifestato la disponibilità a versare sino al 2018 (in aggiunta al contributo di Euro 300,00/Euro 400,00 per i figli) l'importo mensile di circa Euro 660,00 necessari per estinguere alcuni finanziamenti contratti dalla famiglia coesa, così riconoscendo di avere risorse ulteriori rispetto a quelle indicate nella dichiarazione dei redditi. Circostanza che, verosimilmente, ha indotto il Presidente del Tribunale a determinare in Euro 1.000,00 il contributo mensile in favore dei figli minori.

In corso di causa, tuttavia, il resistente ha dedotto che l'estinzione di quei debiti è stata consentita dall'apporto economico volontariamente garantito dai suoi familiari ed ha comprovato il fatto mediante alcune dichiarazioni testimoniali.

Orbene, la stessa ricorrente nella memoria conclusionale (pag. 12) ha attribuito attendibilità alle dichiarazioni testimoniali sullo specifico profilo, espressamente ammettendo l'apporto economico integrativo operato dai familiari in favore di R.F. sia pima che dopo la crisi coniugale.

Il dato, dunque, può dirsi processualmente accertato.

L'esistenza dell'aiuto economico da parte dei familiari del resistente depotenzia la circostanza che la disponibilità patrimoniale concretamente utilizzata da R.F. per estinguere i finanziamenti e far fronte alle altre spese successive alla separazione possa essere espressione di inveridicità del dato reddituale formale e di presenza di "guadagni in nero". La maggiore disponibilità del resistente, infatti, non è frutto dell'occultamento di redditi ma del supporto della famiglia di origine (stando alle risultanze processuali).

Sicché nella valutazione sul reddito utile per la modulazione del contributo economico in favore dei figli non può che considerarsi quello formalmente dichiarato (acquisito agli atti e non smentito dall'accertamento della Guardia di Finanza).

La ricorrente nelle memorie conclusionali ha invocato l'operatività del principio per il quale anche il supporto economico della famiglia di origine contribuisce a determinare il reddito disponibile dell'obbligato.

Per affermare ciò ha richiamato la sentenza della Corte di Cassazione n. 13026 del 10/06/2014: "A norma dell'art. 156 cod. civ., il diritto al mantenimento a seguito di separazione personale sorge, in favore del coniuge al quale questa non sia addebitabile, ove egli non fruisca di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello che aveva durante il matrimonio. Nel valutare tale presupposto, tuttavia, il giudice dovrà tenere conto di ogni tipo di reddito disponibile da parte del richiedente, ivi compresi quelli derivanti da elargizioni da parte di familiari che erano in corso durante il matrimonio e che si protraggano in regime di separazione con carattere di regolarità e continuità tali da influire in maniera stabile e certa sul tenore di vita dell'interessato".

Il percorso giuridico e la conclusione cui è pervenuta la ricorrente non possono essere condivisi.

Al riguardo va osservato che nella citata pronuncia la Suprema Corte ha inteso valorizzare l'aiuto economico dei familiari non quale componente del reddito dell'obbligato al mantenimento bensì, al contrario, quale indice di disponibilità in capo al richiedente (qualora abbia assunto i caratteri della stabilità) che erode la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'assegno di separazione ovvero ne riduce il quantum ed al più quale indice del tenore di vita in costanza di matrimonio.

Nella medesima pronuncia, infatti, la Suprema Corte ha delimitato chiaramente il perimetro di valenza del predetto principio ed ha escluso che il sostegno economico volontariamente prestato dai familiari possa identificare una componente del reddito dell'obbligato alla prestazione di mantenimento. In tal senso è esaustivo il passaggio della motivazione in cui la Corte ha sancito che "Tale giurisprudenza, applicabile al caso in esame sotto il profilo della determinazione del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, non è in contraddizione con quella richiamata dal ricorrente (Cass. civ. sezione 1^ n. 10380 del 21 giugno 2012) che si riferisce alla valutazione del reddito del soggetto obbligato alla corresponsione dell'assegno di mantenimento perché in tal caso viene in gioco un elemento (il reddito dell'obbligato) cui deve essere attribuito un carattere di stabilità destinato a valere nel tempo futuro e che non può derivare da un evento incerto e non dipendente dalla volontà dell'obbligato qual'è necessariamente l'elargizione di liberalità in suo favore, sia pure da parte dei suoi familiari ...".

Quindi essendo R.F. l'obbligato rispetto al mantenimento di cui si tratta, l'apporto economico dei familiari non può implementare il reddito sulla cui base deve essere quantificato il contributo in favore dei figli.

Tale ultimo appunto assorbe, peraltro, la rilevanza del profilo sulla necessità che l'apporto dei familiari sia strutturato e stabile, non meramente eventuale.

Essendo questo il panorama processuale, in applicazione dei parametri orientativi in uso presso l'Ufficio, il Collegio ritiene che sia giustificato determinare l'assegno mensile di contribuzione a carico di R.F., genitore non collocatario, per il mantenimento dei figli nella misura di Euro 200,00 per ciascun figlio (rivalutabile annualmente secondo indici Istat e da versarsi entro i primi cinque giorni del mese), oltre al 50% delle spese straordinarie preventivamente concordate e poi adeguatamente documentate.

Per completezza di argomentazione, nel ribadire che l'attuale misura è stata dettata dalla ridotta redditualità del resistente (che è risultato, nella specie, un fattore più incisivo rispetto a quello della continuità dello stile di vita dei minori), va aggiunto che il diverso importo indicato dal G.I. era compatibile con il tenore di vita della famiglia coesa (quindi avrebbe potuto, in via conciliativa, realizzare una situazione di maggiore sostanziale equità per i figli); va considerato, infatti, in ragione del principio generale per il quale entrambi i genitori (anche quello collocatario che provvede in via diretta) sono tenuti alla contribuzione in modo paritario, il fabbisogno dei figli in quella ipotesi era sostanzialmente individuato in Euro 1.200,00 mensili oltre alle spese straordinarie, cioè sicuramente adeguato rispetto alla patrimonialità vantata dalla famiglia prima della separazione e non penalizzato rispetto al reddito formale.

Per contro, il maggior importo di Euro 1.000,00 richiesto anche in fase conclusiva dalla ricorrente (ed originariamente riconosciuto nell'ordinanza presidenziale) risulta oggettivamente irragionevole in rapporto ai parametri su esposti atteso che corrisponderebbe ad un fabbisogno dei figli di Euro 2.000,00 mensili oltre le spese straordinarie, oggettivamente incompatibile con i redditi dichiarati dalle parti (anche dalla stessa ricorrente) e con la patrimonialità che la famiglia coesa aveva potuto garantire.

Ai sensi dell'art. 92 c.p.c. ed in ragione della reciproca parziale soccombenza per come sopra delineata (il resistente in punto di addebito della separazione, la ricorrente in punto di misura della contribuzione al mantenimento in favore dei figli), è disposta la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale di Palmi, definitivamente pronunciando sulla domanda di separazione proposta da N.A. e da R.F., così provvede:

- accoglie la domanda e, per l'effetto, pronuncia la separazione dei coniugi N.A. e R.F. (matrimonio celebrato P. in data 22/09/2002, trascritto nei registri dello Stato Civile del predetto Comune atto n. 46, parte II, serie A, anno 2002) con addebito di responsabilità a R.F.;

- affida i figli minori C. e M. in via congiunta ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente presso la madre alla quale è assegnata la casa coniugale;

- salvo diverso accordo tra le parti, dispone che il rapporto tra il genitore non collocatario ed i figli minori sia così regolamentato:

- R.F. rimarrà con i figli, durante i giorni lavorativi della settimana in base alle loro esigenze ed agli impegni scolastici, alle attività sportive, ludiche dei bimbi;

- R.F. curerà l'accompagno mattutino a scuola, a giorni alterni, di entrambi i figli;

- R.F. resterà con i figli a domeniche alterne dalle ore 11,30 fino alle ore 16,30 e alternativamente per cena dalle ore 19,30 fino alle ore 22,30, tranne i mesi estivi durante i quali i figli potranno restare con il padre fino alle ore 23,30, salvo eventuali imprevisti che dovranno essere tempestivamente comunicati alla madre;

- durante i mesi estivi, il padre potrà portare i figli con sé al mare durante le domeniche stabilite nella turnistica, prendendoli alle ore 08,15 e

riaccompagnandoli alle ore 13,00; eventuali imprevisti, che comporteranno ritardi o eventuali mutamenti della turnistica per comprovati motivi, dovranno essere reciprocamente comunicati, in maniera tempestiva;

- i figli potranno trattenersi a pranzo o a cena con il padre anche durante gli altri giorni della settimana, previo accordo tra i genitori;

- in caso di impedimento, entrambi i genitori concordano che saranno coadiuvati dalle proprie famiglie di provenienza, ciò anche al fine di mantenere la regolarità di vita della prole in assenza di uno dei genitori;

- eventuali viaggi che comportino lo spostamento di uno dei genitori con i figli fuori Regione, debbano essere oggetto di espresso avviso all'altro genitore;

- per il Santo Natale ed il Capodanno si prevede alternanza annuale dei figli con ciascun genitore fra le festa e la vigilia; analogamente si prevede accada per l'alternanza fra il giorno di Pasqua ed il Lunedì dell'Angelo, analoga alternanza si prevede per il giorno di Ferragosto;

- per il Compleanno di ciascun figlio la festa sarà organizzata in comune; in difetto di accordo, vige il criterio dell'alternanza annuale tra gli stessi genitori fra pranzo e cena;

- con lo stesso criterio verranno gestite le altre ricorrenze dei figli (quali ad

- esempio, Comunione, Cresima);

- pone a carico di R.F. quale contributo per il mantenimento dei figli C. e M. un assegno mensile di Euro 400,00 (Euro 200,00 per ogni figlio), da rivalutarsi annualmente secondo l'indice ISTAT, da corrispondere a N.A. entro il giorno 5 di ogni mese, nonché il 50% delle spese straordinarie previamente concordate (salva l'urgenza) ed adeguatamente documentate;

- rigetta nel resto;

- dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.

Così deciso in Palmi, così deciso nella camera di consiglio del 2 gennaio 2021.

Depositata in Cancelleria il 7 gennaio 2021.
Avv. Antonino Sugamele

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