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Sentenza

I genitori devono impartire una educazione idonea a scongiurare danni ai terzi
I genitori devono impartire una educazione idonea a scongiurare danni ai terzi
Corte di appello di Bari, sentenza n. 1754, pubblicata il 19 ottobre 2020
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Bari - Terza Sezione Civile composta dai seguenti Magistrati: 1) dott. Michele Ancona Presidente 2) dott. Michele Prencipe Consigliere 3) dott. Emma Manzionna Consigliere rel. ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello iscritta nel Ruolo Generale degli affari contenziosi civili, sotto il numero (...), avverso la sentenza n. 3432/2016 emessa il 5.12.2016 dalla prima sezione civile del Tribunale di (...), in composizione monocratica; TRA (...) APPELLANTE (...) APPELLATA NONCHE' (...) APPELLATI contumaci CONCLUSIONI: i procuratori delle parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni mediante scambio e deposito telematico di note scritte entro il giorno prima dello svolgimento dell'udienza del 3.06.2020 mediante trattazione scritta ex art. 83 d.l. n. 18/2020, conv. il L. n. 27/2020 e successive modifiche. RAGIONI DELLA DECISIONE 
I genitori esercenti la potestà sul minore XXX XXX (nato il (...)) agivano in giudizio, con citazione del 19.12.2007, nei confronti di (...) quali genitori esercenti la potestà sul minore (...) per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro occorso in data (...) 2006 alle ore 17.30 circa, allorquando quest'ultimo si avvicinava al piccolo XXX intento a giocare con alcuni amici nei pressi della propria abitazione e lo colpiva con una violenta ginocchiata all'altezza dei genitali. Gli attori sostenevano che (...), forte della sua prestanza fisica, si era reso protagonista, in precedenza, di atti di bullismo in danno di XXX e dei suoi amici e che quest'ultimo, a causa del violento colpo subito, aveva riportato lesioni personali con postumi permanenti del 7/8%; chiedevano quindi, la condanna dei convenuti, quali genitori responsabili ai sensi dell'art. 2048 cc. per culpa in vigilando ed educando, al pagamento della somma di Euro. 18.419,18 o di quella ritenuta di giustizia da accertarsi nel corso del giudizio. A seguito del decesso di (...), il giudizio proseguiva nei confronti degli eredi; si costituivano (...) la quale dichiarava di rinunciare all'eredità e (...) che affermava la propria estraneità ai fatti in quanto aveva divorziato da (...) sin dal 20.10.1997. Espletata l'istruttoria a mezzo delle prove testimoniali e di una c.t.u. medico legale, con sentenza n. 3432/16 pubbl. il 5.12.2016, il Tribunale di (...) rigettava la domanda e compensava tra le parti le spese processuali. Avverso detta sentenza, ha proposto appello XXX XXX, divenuto nella more maggiorenne, con atto di citazione notificato in data 25.05-1.06.2017, chiedendo accertarsi la responsabilità di (...) per il danno causatogli e, per l'effetto, accertare la responsabilità per culpa in vigilando ed educando ex art. 2048 c.c. di (...) e di (...) e, per quest'ultimo, dei suoi eredi, danno esistenziale da quantificarsi in via equitativa, interessi e rivalutazione monetaria, o nella diversa somma ritenuta di giustizia; in subordine condannare gli appellati al risarcimento del danno ex art. 2047 c.c., con vittoria di spese del doppio grado di giudizio da distrarsi in favore del procuratore costituito. Si è costituita nel presente grado di giudizio solo (...), la quale ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva per essere, nelle more, il proprio figlio divenuto maggiorenne chiedendo, nel merito, il rigetto dell'appello, con vittoria di spese da distrarsi in favore del procuratore costituito per dichiarata anticipazione. Benché ritualmente citate, le altri parti appellate non si sono costituite nel presente grado di giudizio e devono pertanto essere dichiarate contumaci. In via preliminare, deve rigettarsi il difetto di legittimazione passiva sollevato (...) nel presente grado di giudizio in relazione al raggiungimento della maggiore età da parte del figlio. Rileva la Corte che la domanda attorea si fonda, in via principale, sulla responsabilità - presunta ex art. 2048 c.c.- dei genitori per il fatto illecito compiuto del figlio all'epoca in cui era minorenne, sicché, non v'è dubbio che l'appellata, nella predetta qualità, conservi la piena legittimazione passiva rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio. 
A fondamento della decisione, il giudice di prime cure ha ritenuto : che l'azione non potesse essere inquadrata giuridicamente ai sensi dell'art. 2048 c.c., perché detta norma presupponeva che il minore, al momento del fatto, fosse dotato di capacità naturale, circostanza che doveva essere esclusa nel caso concreto trattandosi di soggetto minore di anni quattordici; che la fattispecie dedotta in giudizio dovesse essere qualificata nell'ambito dell'art. 2047 c.c. concernente l'obbligo di sorveglianza dei soggetti incapaci (e quindi anche dei minori privi di capacità naturale); che i testi avevano reso dichiarazioni generiche, senza nulla riferire in ordine alla dinamica del sinistro ed alle relative cause; che "unico dato incontrovertibile è che in data 22.02.2006 alle ore 17.30, il minore XXX giocava in compagnia di amici nei pressi della propria abitazione, allorquando veniva avvicinato dal (...) che lo colpiva ai genitali con una ginocchiata"; che la convenuta aveva vinto la presunzione di difetto di sorveglianza ex art. 2047c.c. in quanto aveva fornito al prova di aver impartito al figlio un'educazione adeguata alla propria condizione sociale e familiare e di aver esercitato sul minore una vigilanza allo sviluppo prevedibile e non scongiurato di una serie di atti di bullismo come prospettato da parte attrice (che non avevano trovato alcun riscontro probatorio), ma ad una fase di giochi tra adolescenti sfociata in una lesione dell'integrità fisica del XXX. 1. Con il primo motivo di appello, XXX XXX ha lamentato che il giudice di prime cure avrebbe errato nell'escludere l'applicazione dell'art. 2048 c.c. sul presupposto che, al momento della commissione del fatto, il minore non avesse compito 14 anni. 2. Con il secondo motivo, l'appellante ha censurato l'erronea valutazione delle prove acquisite perché il giudice di primo grado avrebbe fatto riferimento al teste il dott. (...) o senza indicare il contesto - presso il pronto soccorso - nell'ambito del quale era stato chiamato a deporre e poiché il teste (...) non poteva fare altro che confermare il fatto al quale aveva assistito. Inoltre, il primo giudice avrebbe omesso di considerare l'assenza ingiustificata dei convenuti a rendere il deferito interrogatorio formale che, in base all'art. 232 c.p.c., consentirebbe di ritenere ammesse tutte circostanze oggetto di prova anche quelle tendenti a dimostrare la condotta deviante di (...) 3. Con il terzo motivo, l'appellante ha lamentato la contraddittorietà della motivazione laddove il Tribunale di (...) pur ritenendo accertato il fatto storico posto a fondamento della domanda avrebbe contraddittoriamente ritenuto non dimostrata la dinamica del sinistro e le relative cause ed avrebbe omesso di considerare la natura spiccatamente dolosa dell'illecito consumato, espressione di un atto di bullismo, il cui disvalore sarebbe agevolmente percepibile in base ai canoni educativi tradizionali. 4. Con il quarto motivo, l'appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui ha ritenuto integrata la prova liberatoria da parte della convenuta atta a superare la presunzione di colpa in educando e vigilando senza considerare la gravità del fatto commesso e le modalità di esecuzione che esprimerebbero in modo incontrovertibile l'inadeguatezza dell'educazione impartita, confermata dalla testimonianza dell'insegnante (...). 
I motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi e sono fondati per quanto di ragione ma limitatamente alla posizione di (...) e non anche degli eredi di (...) per quanto si dirà oltre con riguardo al quinto motivo. 1.a Occorre premettere, in diritto, che l'applicazione della disciplina prevista dall'art. 2048 c.c. o di quella ex art. 2047 c.c. dipende dal riconoscimento in capo al minore della capacità naturale, ossia della capacità di intendere e volere al momento del fatto. Nella specie, il minore (...) (nato il 1992) al momento del fatto (22.02.2006) aveva quasi quattordici anni, sicché non vi sono ragioni per dubitare che egli fosse capace di intendere e volere anche in ragione della precoce emancipazione dei minori frutto del costume sociale (cfr. Cassazione civile sez. VI, 04/10/2019, n.24907). La responsabilità ex art. 2048 c.c., secondo dottrina e giurisprudenza dominante, non integra una ipotesi di responsabilità oggettiva, ma soggettiva basata su una presunzione di culpa in educando e vigilando che può essere vinta da parte dei genitore mediante la prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto, prova che "deve essere fornita in positivo attraverso la dimostrazione di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, elementi da contestualizzare rispetto a condizioni sociali, familiari, età, carattere ed indole del minore. Le modalità del fatto illecito possono essere utilizzate solo come presunzione di inadeguatezza di educazione e vigilanza, ma non anche per provare l'assolvimento dei detti obblighi genitoriali" (cfr. Cassazione civile sez. III, 18/11/2014, n. 24475; Cassazione civile sez. III, 20/10/2005, n.20322). E stato ritenuto, quindi, che la carenza o l'inadeguatezza dell'educazione e della vigilanza parentali possa ricavarsi anche dalla gravità e dalle modalità del fatto illecito commesso dal figlio in seno alle sue relazioni, anche d'ordine sportivo o ricreativo, con i terzi (cfr. Cassazione civile sez. III, 06/12/2011, n. 26200). 2.a Nel caso di specie, dall'istruttoria espletata nel giudizio di primo grado è emerso indubbiamente la gravità del fatto commesso dal minore senza una ragione evidente e la carenza della motivazione offerta dal giudice di prime cure a base della decisione sia sotto il profilo della valutazione della prova, sia delle ragioni della decisione. Va, infatti, considerato che il teste (...), indifferente, ha confermato integralmente i capitoli di prova di parte attrice avendo assistito al sinistro trovandosi a pochi metri di distanza dal luogo dell'evento ed ha precisato che, mentre XXX era con un gruppo di amici nei pressi di casa intento a fare "comunella", (...), più alto e robusto degli altri, sferrava una ginocchiata all'altezza dei genitali ai danni del XXX "senza ragioni apparenti". Il teste dott. (...), medico del pronto soccorso che ha prestato le cure al piccolo XXX, ha inoltre con XXX e lo aveva colpito; nell'occasione entrambi (madre e figlio) si mostravano preoccupati per le condizioni di salute di XXX. Ritiene, quindi, la Corte che la dinamica del fatto come prospettata dagli attori, abbia trovato pieno riscontro probatorio e sia consistita in un gesto violento compiuto intenzionalmente da un ragazzo più grande di età (quasi quattordicenne e 
presumibilmente di forza fisica superiore) rispetto alla vittima (il quale aveva circa dodici anni e mezzo). 3.a Sebbene non sia emerso dall'istruttoria che (...) si fosse reso in precedenza protagonista di atti di bullismo o di violenza, è indubbio che la gravità del fatto commesso (violenta ginocchiata all'altezza degli organi genitali che ha provocato nella vittima lesioni permanenti) e le sue modalità di esecuzione (in modo improvviso senza alcuna giustificazione apparente), ad opera di un ragazzo più grande di età rispetto alla vittima, siano significativi dell'inadeguatezza dell'educazione fornita dalla madre rispetto al carattere ed alle attitudini del minore e del fatto che quest'ultimo ne abbia "tratto profitto", ponendola in atto, in modo da avviarsi a vivere correttamente nei rapporti con i propri coetanei. 4.a Con riguardo alla prova liberatoria fornita dalla convenuta (...), se è pur vero che, dalle testimonianze degli insegnanti di (...), assunte nel giudizio di primo grado, è emerso che la madre si interessasse al profitto ed al comportamento del figlio (cfr. deposizione di (...), insegnante di sostegno ; (...)), è altresì vero che l'istruttoria ha evidenziato che egli era un ragazzo poco integrato, molto insofferente, che non si impegnava nello studio e che la madre non riusciva da sola a gestire (cfr. in particolare, deposizione della teste (...)). D'altra parte, la circostanza che il ragazzo vivesse un disagio derivante da una infanzia difficile trascorsa nella terra di origine ed una problematica integrazione in Italia in particolare nell'ambiente scolastico non esclude né attenua la responsabilità che l'art. 2048 c.c. pone a carico della genitrice, la quale, proprio in ragione di tali fattori, aveva l'onere di impartire al figlio l'educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, nonché di vigilare sul fatto che l'educazione impartita fosse adeguata al carattere e alle attitudini del minore. A tal fine, pur non essendo necessario che il genitore provi la costante ininterrotta presenza fisica accanto al figlio, pena la coincidenza dell'obbligo di vigilanza con quello di sorveglianza, è comunque necessario che risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l'ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano costituire fonte di pericoli per sè e per i terzi (cfr. Cass. 22/04/2009, n. 9556, Corte appello Lecce sez. I, 09/04/2018, n.393). In applicazione di tali principi, ritiene la Corte che l'appellata (...) non abbia vinto la presunzione di responsabilità su di lei gravante ex art. 2048 c.c., non essendo stato peraltro dimostrato che il gesto violento compiuto nei confronti del XXX sia stato una reazione immediata rispetto ad un'offesa ricevuta da quest'ultimo (Cassazione civile sez. III, 10/09/2019, n. 2254). 5. Con il quinto motivo, l'appellante ha sostenuto che anche il de cuius (...), quale coniuge del genitore convivente con (...), fosse responsabile ex art.2048 c.c. quale cd. genitore di fatto. 
Osserva la Corte che (...) risulta convenuto nel giudizio quale genitore di (...) sebbene non fosse padre del minore ma solo il marito di (...). Nelle note conclusionali e nel giudizio di appello, il XXX ha comunque ventilato la responsabilità del (...) quale "genitore di fatto" convivente con il minore. L'assunto non pare condivisibile. La giurisprudenza prevalente propende per un elenco tassativo della persone soggette a responsabilità ex art.2048 c.c., ma anche a volerla aderire ad una lettura costituzionalmente orientata della norma, suggerita soprattutto dalla dottrina e ritenere che in astratto essa possa estendersi anche al cd. genitore di fatto, una tale responsabilità sarebbe ipotizzabile solo ove gli attori avessero dimostrato una stabile convivenza del (...) con il minore e l'assunzione di fatto da parte di quest'ultimo del ruolo paterno, mentre, in realtà, dagli atti prodotti nel giudizio di primo grado da (...), risulta semmai il contrario, ossia che i figli della donna (tra cui ...) non fossero mai stati accettati dal marito; che ... entrò in Italia solo alla fine dell'estate 2005, pochi mesi prima dell'aggressione, periodo durante il quale il (...) subì diversi documentati ricoveri in ospedale. Il precedente giurisprudenziale invocato dall'appellante (Cassazione civile sez. III, 12/05/1981, n.3142), è inconferente al caso di specie perché relativo all'art. 2047 comma 1 c.c. (che non è applicabile al caso di specie perché il minore era capace di intendere e volere) e riferito "ad una scelta liberamente compiuta da un soggetto, il quale, accogliendo l'incapace nella sua sfera personale o familiare, assuma spontaneamente il compito di prevenire od impedire che il suo comportamento possa arrecare nocumento ad altri", che certamente non risulta nel caso concreto. Sotto il profilo del quantum debeatur, decisiva appare la consulenza tecnica d'ufficio redatta dal dott. (...), il quale ultima ha accertato che, a seguito del sinistro, il XXX riportò la seguente patologia: "trauma del funicolo spermatico sinistro; ematoma scrotale sinistro, accentuazione del vericocele sinistro" che gli procurò una malattia per 65 gg (di cui 30 totale, 20 al 50% e 20 al 25%), con postumi permanenti nella misura del 3-4%. Sulla scorta di tali condivisibili valutazioni tecniche, avverso cui le parti non hanno mosso alcun rilievo specifico, ritiene questa Corte, nella liquidazione del danno non patrimoniale, in difetto di allegazioni di circostanze affatto peculiari, devono trovare applicazione i parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano, atteso che i criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall'art. 139 cod. assicur., per il caso di danni derivanti da sinistri stradali, costituiscono oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica nel caso di danni non derivanti da sinistri stradali (cfr. Cassazione civile sez. III, 07/06/2011, n.12408). Tali tabelle (Milanesi) successivamente all'esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008, determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di "danno morale" la quale, nei sistemi tabellari precedenti veniva invece liquidata separatamente, mentre nella versione tabellare successiva all'anno 2011 viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità, bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione (cfr. Cassazione civile sez. 
III, 15/05/2018, n.11754). Ritiene, quindi, la Corte che nessuna ulteriore maggiorazione del danno possa essere riconosciuta all'appellante a titolo di pretium doloris, tenuto conto del cd. punto pesante indicato nelle tabelle milanesi (comprensivo di ogni pregiudizio subito, anche morale); né, tanto meno, a titolo di danno esistenziale essendo il cd. danno biologico e danno esistenziale, "voci" di danno ricollegabili alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (art. 32 Cost.), (Cassazione civile sez. III, 08/04/2020, n.7753), peraltro in difetto di specifica allegazione e prova del radicale cambiamento di vita, dell'alterazione della personalità e dello sconvolgimento dell'esistenza del soggetto. Seguendo, quindi, i suddetti parametri, se si considera che il danneggiato, al momento del sinistro, aveva dodici anni, il danno non patrimoniale, calcolato sulla base di valori monetari attuali, sarà pari a Euro.5.674,00 ossia alla media tra Euro.4714,00 per il pregiudizio da invalidità permanente al 3% ed Euro. 6634,00 per invalidità permanente al 4%. A tale importo deve essere aggiunto quello di Euro. 4410,00 per invalidità temporanea e quello pari a Euro. 400,00 per spese mediche documentate per complessivi Euro.10.484,00. Pertanto, in parziale accoglimento del gravame ed in riforma dell'impugnata sentenza, l'appellata (...), deve esser condannata, al pagamento in favore dell'appellante della somma complessiva di Euro.10.529,00, oltre agli interessi legali sulla somma devalutata alla data dell'atto del sinistro sino alla sentenza. A seguito della liquidazione, il debito si trasforma in debito di valuta, sicché sono dovuti gli ulteriori interessi legali sulla somma innanzi liquidata, dalla data della presente sentenza sino al soddisfo. Secondo l'ordinario criterio della soccombenza, l'appellata (...), va altresì condannata a rimborsare all'appellante, le spese e competenze del doppio grado, liquidate nella misura indicata dispositivo di seguito trascritto, tenendo conto dei parametri previsti dalle tabelle allegate al D.M. 10.03.2014 n.55 (tra il minimo ed il medio)- in relazione all'entità effettiva della somma attribuita e dell'attività difensiva svolta (con esclusione della fase istruttoria nel presente grado di giudizio). P.Q.M. La Corte d'Appello di Bari, III sezione civile, pronunciando definitivamente sull'appello proposto da XXX XXX, con atto di citazione notificato in data 25.05-1.06.2017, avverso la sentenza avverso la sentenza n.3432/2016 emessa il 5.12.2016 dalla prima sezione civile del Tribunale di (...) in composizione monocratica, nei confronti di (...) e degli eredi di (...) in epigrafe indicati, ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: 1°) accoglie l'appello per quanto di ragione nei confronti di ..., e per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza, la condanna, al pagamento in favore di XXX XXX della somma complessiva di Euro.10.529,00, oltre agli interessi legali calcolati con la modalità e decorrenza stabilita in parte motiva; 
2°) rigetta l'appello nei confronti di (...) 3°) condanna l'appellata (...), a rimborsare le spese e competenze del doppio grado di giudizio, liquidate in Euro. 3800,00 per compensi professionali ed Euro.178,00 per esborsi relativi al giudizio di primo grado; Euro. 2833,00 per compensi professionali ed Euro.382,50 per esborsi relativi al presente grado di giudizio, oltre rimborso forfettario del 15% delle spese generali, iva e c.p.a., con distrazione in favore del procuratore costituito per dichiarata anticipazione; 4°) Nulla per le spese nei confronti degli appellati contumaci. Così decisa in Bari, nella camera di consiglio della III Sezione Civile della Corte, addì 7 ottobre 2020.
Avv. Antonino Sugamele

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