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Sentenza

Assegno divorzile: per averne diritto non è sufficiente la sola sperequazione tra i redditi.
Assegno divorzile: per averne diritto non è sufficiente la sola sperequazione tra i redditi.
Corte di cassazione, sez. I, ordinanza 28 febbraio 2020, n. 5603
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 29-11-2019) 28-02-2020, n. 5603
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Presidente -
Dott. VALITUTTI Antonio - Consigliere -
Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - Consigliere -
Dott. SCALIA Laura - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19112/2015 proposto da:
A.B., elettivamente domiciliato in Roma, Via Caio Mario n. 7, presso lo studio dell'avvocato Barbantini
Maria Teresa, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Ferru Franco, giusta procura a
margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
P.D.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 261/2015 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/11/2019 dal Cons. Dott. VALITUTTI
ANTONIO.
Svolgimento del processo
1. Con decreto del 27 marzo 2007, il Tribunale di Rovigo omologava la separazione consensuale dei
coniugi A.B. e P.D., ponendo a carico del marito - in assenza di figli nati dal matrimonio concordatario,
celebrato il (OMISSIS) - un assegno di mantenimento a favore della moglie, nella misura di Euro 150,00
mensili. Con successiva sentenza n. 146/2013, il Tribunale di Rovigo - su ricorso di A.B. - pronunciava la
cessazione degli effetti civili del matrimonio religioso, elevando ad Euro 300,00 mensili, rivalutabili
annualmente secondo indici Istat, l'assegno di mantenimento a favore della P.. 2. La Corte d'appello di
Venezia, con sentenza n. 261/2015, depositata il 2 febbraio 2015, rigettava l'appello proposto da A.B.,
confermando in toto la decisione di primo grado. La Corte territoriale riteneva la situazione economica
del marito - il quale svolgeva l'attività retribuita di autista - migliore di quella della moglie, che esercitava
un'attività irregolare (prestazioni di manicure) e non fissa, laddove - al tempo della separazione - la
medesima risultava regolarmente assunta presso lo stesso salone di parrucchiere-estetista.
3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso A.B. nei confronti di P.D., affidato a due
motivi, illustrati con memoria ex art. 380 bis. 1. c.p.c.. L'intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, A.B. denuncia la violazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5,
come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 10, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
1.1. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello, sebbene fosse stata raggiunta in giudizio la
prova della capacità lavorativa e reddituale della P., abbia fondato la conferma dell'obbligo per il marito
di corrispondere un assegno di mantenimento alla moglie esclusivamente sul rilievo che la saltuaria
occupazione, dalla medesima svolta dopo la separazione, non era tale da assicurarle un tenore di vita
almeno tendenzialmente analogo a quello mantenuto in costanza di matrimonio. In siffatta, erronea,
prospettiva, l'assegno era stato addirittura elevato, rispetto a quanto convenuto in sede di separazione.
1.2. Il motivo è fondato.
1.2.1. Il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari
misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede, invero,
l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per
ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali
costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione
dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa
delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente
alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale
di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.
1.2.2. La natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio
costituzionale di solidarietà, conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al
coniuge richiedente, non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro
astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella
realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.
La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno
divorzile, non è finalizzata, peraltro, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al
riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla
formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. Sez. U., 11/07/2018,
n. 18287; Cass., 23/01/2019, n. 1882).
1.2.3. Tanto premesso, va rilevato che, nel caso di specie, la Corte veneta non si è attenuta ai principi di
diritto suesposti.
1.2.3.1. Il mantenimento dell'assegno, stabilito dal Tribunale nella misura di Euro 300,00 mensili (il
doppio di quanto stabilito in sede di separazione), è stato, invero, giustificato dal giudice di appello
esclusivamente sulla base del criterio - la cui rilevanza è stata, invece, esclusa dall'indirizzo più recente
della giurisprudenza di legittimità - dell'inidoneità del guadagno ricavato dalla moglie, in forza dell'attività
lavorativa prestata, a consentirle un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello tenuto in costanza
di matrimonio. E ciò in quanto tale attività - non essendo più la P. assunta presso il salone di bellezza,
presso il quale prestava attività dipendente al tempo della separazione - sarebbe saltuaria ed irregolare
sotto il profilo fiscale e previdenziale.
1.2.3.2. La Corte territoriale non ha, per contro, operato - ai fini di pronunciarsi in ordine alla spettanza,
o meno, dell'assegno divorzile ed alla corretta quantificazione dello stesso - un'effettiva valutazione
comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, mancando qualsiasi accertamento, a
fronte dell'indicazione del reddito (Euro 1.850,00 mensili) percepito dal marito, in ordine all'effettivo
guadagno che la P. realizza con l'attività svolta, che comunque - in quanto in concreto accertata evidenzia
una capacità lavorativa e reddituale della medesima. E ciò al fine di stabilire - in applicazione del, sopra
enunciato, principio di solidarietà - se tale guadagno sia tale da consentire, o meno, alla donna di
mantenere un livello di vita dignitoso.
1.2.3.3. E' del tutto mancata, infine, la valutazione in ordine al contributo dato dal coniuge
economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell'ex
coniuge, in relazione alla durata del matrimonio, secondo i principi enunciati dalla giurisprudenza
succitata.
1.3. Per tali ragioni, il motivo va accolto, restandone assorbito il secondo motivo di ricorso, avente ad
oggetto la valutazione del materiale istruttorio da parte della Corte d'appello.
2. L'accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio
alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame del merito
della controversia, facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, e provvedendo, altresì, alla
liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione,
cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Dispone, ai sensi del D.Lgs. n.
196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli
altri dati identificativi delle parti.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2020
Avv. Antonino Sugamele

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