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Sentenza

Il genitore affidatario ha l'obbligo di favorire il diritto di visita dell'altro genitore.
Il genitore affidatario ha l'obbligo di favorire il diritto di visita dell'altro genitore.
Tribunale di Frosinone – Sezione penale – Sentenza 9 marzo 2018 n. 261 

Tribunale di Frosinone –Sezione penale –
Sentenza 9 marzo 2018n. 261
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI FROSINONE
SEZIONE PENALE
Il  Tribunale  di  Frosinone,  sezione  penale,  in  composizione  monocratica,  in  persona  del  giudice Giuseppe Farinella, nell'udienza del giorno 21.2.2018 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
pubblicata mediante lettura del dispositivo nel processo penale nei c
onfronti di:1) (...)n. R. il (...), res. In F., Via (...), difesa di fiducia dall'avv. P.Bi.
Libera presente
Imputatadel reato p. e p. dall'art. 388 co. 2 c.p., poiché, eludeva il provvedimento del Tribunale di Frosinone datato 11.2.2010 con il quale, in sede di giudiziale separazione, venivano  affidati alla stessa i figli minori (...) ed (...), con facoltà per il coniuge (...), di averli con sé nei giorni stabiliti, in particolare rendendosi  irreperibile  nei  giorni  fissati  per  il  diritto  alla  visit
a  da  parte  del  padre  assumendo  un comportamento ostativo all'esercizio del diritto di visita di P.C. ed, infine, negando a quest'ultimo di recuperare il periodo di visita non potuto godere.
FATTO E DIRITTO
Con  decreto  del  22.5.2013  la  Procura  della Repubblica  di  Frosinone  citava  a  giudizio  l'imputata dinanzi a questo Tribunale in composizione monocratica, per rispondere del reato di cui in rubrica.
Dopo  una  prima  udienza  di  mero  rinvio,  all'udienza  del  18.11.2015  venivano  ammessi  i  mezzi  di prova  e,stante  l'assenza  della  persona  offesa,  il  difensore  acconsentiva  all'inversione  dell'ordine delle prove ed accettava che avvenisse l'esame dell'imputata e l'escussione dibattimentale del teste a difesa.   Dopodichè,   avvenuto   il   completamento   istruttorio   all'udienza   del   19.7.2017,   oggi   si dichiarava  chiusa  l'istruttoria  dibattimentale,  invitando  le  parti  alle  conclusioni,  sopra  trascritte. 
Veniva, quindi, pronunciata sentenza, pubblicata mediante lettura del dispositivo.
In esito all'istruttoria dibattimentale l'imputata deve essere riconosciuta colpevole del reato ascritto.
La persona offesa ha raccontato di essere separato dalla coniuge B. e di essere genitore di due loro figli,  (...)  (minorenne  all'epoca  dei  fatti)  ed  (...).  Con  il  provvedimento  di  separa
zione  emesso  dal Tribunale  Frosinone  i  figli  erano  stati  affidati  alla  madre,  con  il  diritto  di  visita  esercitabile  dal padre ogni mercoledì pomeriggio ed alternativamente nei fine -
settimana. Ha rappresentato che la moglie,  però,  faceva  di  tutto  per  non ottemperare  a  quanto  imposto  dal  Giudice  dal  momento  che, da  subito  dopo  la  separazione,  non  gli  concedeva  di  vedere  i  figli,  o  non  rispondendo  al  citofono oppure negando che essi fossero in casa. E tutto ciò era avvenuto per un numero di volte rilevante, ben  al  di  là,  tra  l'altro,  del  limite  temporale  disegnato  nell'imputazione  odierna.  Più  volte,  per questo,  aveva  sporto  denuncia,  chiedendo  anche  l'intervento  dei  Carabinieri,  senza  però  riuscire nell'intento  di  far  mutare  atteggiamento  alla  moglie,  sino  aquando  un  giorno  il  figlio  minore  era 
sceso da casa, dicendo espressamente al padre di non avere intenzione di vederlo. Aveva egli anche provveduto,  in  una  delle  occasioni  in  cui  era  intenzionato  ad  esercitare  il  suo  diritto  di  vedere  i propri  figli  in  un mercoledì,  a  far  intervenire  i  Carabinieri,  i  quali  avevano  suonato  al  portone  e, dopo  essersi  qualificati,  erano  saliti,  accertando  la  presenza  della  (...)  in  casa,  quando  invece  ella non aveva risposto poco prima al marito.
Deve, dunque, ritenersi accertata una condotta di ostacolo alle legittime facoltà di visita del genitore non affidatario ed al conseguente diritto di quest'ultimo di tenere con sé i minori, dal momento che l'esercizio  di  tale  diritto  (/dovere)  è  stato  tentato,  ma  risulta  esser  stato 
reso  vano  da  una  condotta oppositiva dell'imputata, con inevitabile frustrazione degli obiettivi di sviluppo della personalità del minore, tutelati e garantiti proprio con il provvedimento giudiziario rimasto inadempiuto per lungo tempo.
Sul punto occorre puntualizzare che, ai fini della sussistenza del reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice che concerna l'affidamento dei minori, il termine "elude" va inteso in  senso  ampio,  comprensivo  di  qualsiasi  comportamento,  positivo  o  nega
tivo,  che  non  esige scaltrezza o condotta subdola per evitare l'esecuzione del predetto provvedimento; se è vero che la semplice  inattività,  in  genere,  non  integra  l'elusione,  ".......  non  può  disconoscersi  che  l'azione negativa dell'obbligato assume rilievo, ai fini della configurazione dell'illecito in esame, ogni volta che il relativo obbligo richieda, per essere adempiuto, una certa collaborazione da parte del soggetto cui  è  imposto,  in  difetto  della  quale,  divenendo  il  provvedimento  del  Giudice  difficilmente eseguibile, si ha elusione del provvedimento stesso. Nella specifica materia in esame, è di intuitiva evidenza il ruolo centrale che assume il genitore affidatario nel favorire gli incontri dei figli minori con l'altro genitore, e ciò a prescrivere dall'osservanza burocratica del relativo obbligo imposto col provvedimento  giurisdizionale.  Ne  consegue,  che  il  rifiuto  di  fatto  apposto  dal  genitore  affidatario 
alla richiesta -verbale o scritta -dell'altro genitore di esercitare il diritto di visita dei figli concreta 
l'elusione   del   provvedimento   giurisdizionale   che   regolamenta   tale   rapporto,   proprio   perché l'atteggiamento  omissivo  dell'obbligo  finisce  col  riflettersi  negativamente  sulla  psicologia  dei minori, indotti così a contrastare essi stessi gli incontri col genitore non affidatario, proprio perché non  sensibilizzati  ed  educati  al  rapporto  con  costui  dall'altro  genitore......"  (così,  in  motivazione: Cass.  n.  2925/2000).  In  altri  termini  più  volte  la  Corte  di  legittimità  si  è  espressa  nel  senso  che l'elusione  dell'esecuzione  di  un  provvedimento  del  giudice  civile  che  riguardi  l'affidamento  di minori  può  concretarsi  in  un  qualunque  comportamento  da  cui  derivi  la  "frustrazione"  delle legittime  pretese  altrui,  ivi  compresi  gli  atteggiamenti  di  mero  carattere  omissivo,  quando  questi siano finalizzati ad ostacolare ed impedire di fatto l'esercizio del diritto di visita e di frequentazione della prole (cfr. negli stessi termini: Cass. pen. sez. 6, 33719/2010 Rv. 248157: fattispecie in cui vi erano  stati  frequenti  e  non  comunicati  spostamenti  del  luogo  di  dimora  senza  preavviso  al  marito separato non affidatario; conformi: N. 37118 del 2004 Rv. 230211, N. 32846 del 2009 Rv. 24462; 
da ultimo, Cass. n. 43292/2013).
Ciò consente di ritenere integrata la condotta elusiva contestata all'imputata.
Ora, è evidente che le dichiarazioni della persona offesa risultano la principale fonte probatoria del 
processo. Non è superfluo rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte Suprema, in tema di valutazione probatoria, la deposizione della persona offesa dal reato, anche se quest'ultima non è equiparabile  al  testimone  estraneo,  può  tuttavia  essere  da  sola  assunta  come  fonte  di  prova,  ove venga  sottoposta  ad  un'indagine  positiva  sulla  credibilità  soggettiva  ed  oggettiva  di  chi  l'ha  resa (Cass.:  Sez.  5,  1.6.1999,  n.  6910,  Sez.  6,  4.3.1994,  n.2732  e  Sez.  1,  18.3.1992,  n.3220).  Inoltre, secondo  Cass.  33162/2004,  "la  deposizione  della  parte  offesa  può  essere  assunta,  anche  da  sola, come prova della responsabilità dell'imputato purché sia sottoposta ad indagine positiva circa la sua 
attendibilità. Infatti, alle dichiarazioni indizianti della persona offesa non è indispensabile applicare 
le regole di cui ai commi terzo e quarto dell'art. 192 cod. proc. pen., che richiedon
o la presenza di riscontri  esterni.  Tuttavia,  considerato  l'interesse  di  cui  la  parte  offesa  è  portatrice;  soprattutto quando  essa  è  costituita  parte  civile,  più  accurata  deve  essere  la  valutazione  e  più  rigorosa  la relativa  motivazione  ai  fini  del  controllo  d'attendibilità  rispetto  al  generico  vaglio  cui  vanno sottoposte  le  dichiarazioni  di  qualsiasi  testimone:  in  tale  ottica,  può  concretamente  apparire opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi".
Nel caso di specie, la valutazione di attendibilità della persona offesa supera positivamente l'uso di tale  doverosa  accortezza,  ove  solo  si  abbia  riguardo  all'importante  circostanza  che  il  (...)  non  solo non si è costituito parte civile nell'odierno processo, mostrando di essere fo
rtemente interessato solo ad  una  pronuncia  di  giustizia,  senza  alcun  ritorno  economico,  ma  ha  anche  mostrato  insussistente sentimento  di  rivalsa  verso  l'ex  coniuge,  riferendo  i  fatti  con  pacatezza  e  rassegnazione.  Inoltre importante  riscontro  al  suo  racconto  è  derivato  dalla  testimonianza  del  Brigadiere  (...),  il  quale  ha effettuato due interventi sollecitati da altrettante denunce del (...), in uno dei quali aveva verificato la  presenza  a  casa  della  (...)  e  del  figlio  minorenne  che,  comprensibilmente  turbato  dalla  (atipica) situazione  della  presenza  dei  Carabinieri  in  casa  propria  in  relazione  ai  non  buoni  rapporti  tra  i propri  genitori,  non  aveva  manifestato  gradimento  di  vedere  il  proprio  padre  in  quella  occasione (cfr., sul punto, la testimonianza della figlia della coppia, (...)).
D'altra   parte   assolutamente   insufficiente   è   stata   la   linea   difensiva   tenuta   dall'imputata personalmente, che si è limitata, nel corso del suo esame, a negare l'accaduto o a dichiarare di non sapere  se  il  figlio  scendesse  o  meno  da  casa  per  incontrare  il  padre  (pagg.  8  e  9  delle  relative trascrizioni:  quindi  indirettamente  confermando  qualche  tentativo  d'accesso  del  marito),  semmai rimproverando quest'ultimo di non essere stato puntuale nel rispettare i giorni delle visite.
Tenuto, dunque, conto della natura e della gravità del reato, nonché, in generale dei parametri di cui all'art. 133 c.p., si ritiene congrua la pena di mesi 1 di reclusione.
Lo stato di incensuratezza dell'imputata consente una valutazione prognostica positi
va in ordine alla futura  non  commissione  di  ulteriori  reati  e,  dunque,  permette  la  concedibilità  del  beneficio  della sospensione  condizionale  della  pena,  oltre  alle  attenuanti  generiche,  anche  in  considerazione  del fatto  che  la  stessa  ha  ripreso  ad  adempie
re  regolarmente  ad  ai  propri  obblighi,  secondo  quanto emerso dalla testimonianza della figlia.
Alla sentenza di condanna segue l'obbligo del pagamento delle spese processuali per il condannato.
P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.;
Concesse le attenuanti generiche;
condanna (...) alla pena di mesi 1 di reclusione, oltre il pagamento delle spese processuali.
Pena sospesa.
Giorni 90 per il deposito delle motivazioni.
Così deciso in Frosinone il 21 febbraio 2018.
Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2018.
Avv. Antonino Sugamele

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