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Sentenza

Il padre si ostina a non versare il mantenimento. Niente affidamento in prova ai servizi sociali.
Il padre si ostina a non versare il mantenimento. Niente affidamento in prova ai servizi sociali.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 – 12 maggio 2017, n. 23758
Presidente Di Tomassi – Relatore Rocchi

Ritenuto in fatto

1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Ancona respingeva le istanze di differimento dell'esecuzione della pena e di affidamento in prova al servizio sociale presentate da R.M. , condannato alla pena di mesi quattro di reclusione, e applicava nei confronti del richiedente la misura della detenzione domiciliare.
Il Tribunale dava atto che le condizioni di salute del condannato erano precipitate recentemente e che egli era stato sottoposto ad intervento chirurgico per un epatocarcinoma e seguiva a trattamento farmacologico sperimentale, con la conseguenza che non svolgeva più il lavoro indicato nell'istanza di affidamento in prova.
La pena non poteva essere sospesa perché le condizioni di R. , nonostante la gravità della patologia, erano buone né la malattia era in una fase così avanzata da non rispondere più alle terapie; il Tribunale riteneva inadeguata l'esecuzione in carcere, alla luce della non allarmante pericolosità del soggetto ma non concedibile l'affidamento in prova al servizio sociale, attesa l'ostinata negazione di ogni responsabilità, la mancata volontà di attivarsi per riparare il danno procurato al figlio per il mancato versamento alla ex moglie dell'assegno di mantenimento e la permanenza di un intenso rancore verso l'ex coniuge: elementi che rendevano irrealizzabile un percorso rieducativo, cui R. non era interessato.
2. Ricorre per cassazione il difensore di R.M. , deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva posto a base del diniego dell'affidamento in prova al servizio sociale esclusivamente il mancato ravvedimento del condannato, mentre avrebbe dovuto verificare la condotta successiva al fatto illecito e analizzare i comportamenti attuali del condannato.
Se le finalità della misura dell'affidamento in prova sono la rieducazione e la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati, la mancata ammissione di colpevolezza e la mancanza di una revisione critica completa del passato non sono richiesti, essendo sufficiente che il processo di revisione critica sia iniziato.
Il ricorrente sottolinea che la relazione dei servizi sociali concludeva in senso favorevole alla concessione della misura alternativa e che il Tribunale l'aveva ignorata, così come non aveva tenuto conto che la conflittualità con l'ex moglie era cessata, avendo R. una nuova famiglia.
Il mancato versamento dell'assegno per il mantenimento del figlio dipendeva dalle condizioni economiche del ricorrente, mentre l'interruzione dei rapporti era conseguenza agli ostacoli frapposti dalla madre.
In definitiva, la motivazione dell'ordinanza era inadeguata e contraddittoria.
Il ricorrente conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
L'art. 47, comma 2 ord. pen. prevede che l'ammissione alla misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale possa essere concessa quando il Tribunale ritiene che il provvedimento, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla rieducazione del reo ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Il Tribunale di Sorveglianza, pertanto, è chiamato ad un giudizio prognostico: se è esatto quanto sostenuto dal ricorrente - che, cioè, non è necessario, per l'ammissione alla misura, che il condannato abbia compiuto una completa revisione critica del passato, essendo sufficiente la prova dell'avvio di detto percorso - il giudizio prognostico non può essere eluso.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il Tribunale non ha respinto l'istanza basandosi esclusivamente sulla negazione della propria responsabilità da parte dell'imputato: l'ordinanza impugnata evidenzia, infatti, l'attuale assenza di volontà di attivarsi per riparare il danno al figlio nonché i sentimenti di rancore verso la moglie.
In effetti, in questo caso, il ricorrente non nega affatto la condotta contestatagli - l'omesso versamento prolungato nel tempo dell'assegno in favore del figlio minore stabilito in sede di separazione e poi di divorzio - ma sostiene che tale omesso versamento è incolpevole, sia per le sue difficoltà economiche, sia per l'ingiustizia delle decisioni giudiziarie adottate nei suoi confronti.
Appare evidente, quindi, che la valutazione prognostica espressa dal Tribunale di Sorveglianza è stata fondata su dati attuali: la negazione di ogni responsabilità si accompagna nel condannato alla ferma decisione di non provvedere ad alcun risarcimento del danno nei confronti del figlio, a sua volta non determinata (soltanto) dalle condizioni economiche, ma piuttosto dal rancore verso l'ex moglie.
Il provvedimento evidenzia, ancora, la condotta attuale di non collaborazione con le forze dell'ordine, da cui fa discendere un giudizio di inaffidabilità del soggetto.
In definitiva, la conclusione del Tribunale dell'impossibilità di un percorso rieducativo appare logica e agganciata a dati attuali e concreti.
Di fronte a tale valutazione, il ricorrente contrappone dati di fatto - le abitudini regolari, la dedizione al lavoro e al fratello infermo, il venir meno di conflittualità con l'ex moglie, la collaborazione con i servizi sociali, la mancanza di denaro per pagare l'assegno per il figlio nato dal matrimonio, l'affetto per lo stesso, la responsabilità della madre nell'impedire ogni rapporto con lui - niente affatto provati, né oggetto di denuncia di travisamento da parte del Tribunale di Sorveglianza; il ricorrente non dimostra, comunque, la manifesta illogicità della valutazione espressa nel provvedimento impugnato ed elude anche alcuni specifiche osservazioni (il fatto che, con la nuova compagna e il di lei figlio, egli viva una condizione agiata e, ciò nonostante, non provveda nemmeno in parte al risarcimento a favore del primo figlio; la mancata collaborazione con le forze dell'ordine).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avv. Antonino Sugamele

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