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Sentenza

Revisione delle condizioni di affidamento. La competenza segue la residenza dei minori.
Revisione delle condizioni di affidamento. La competenza segue la residenza dei minori.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 16 settembre – 14 dicembre 2016, n. 25636
Presidente Dogliotti – Relatore Genovese

Rilevato che la signora R.D.P. ha proposto il regolamento di competenza, con atto notificato il 7 settembre 2015, avverso l'ordinanza dei Tribunale di Isernia dei 7 luglio 2015 (comunicato il 9 luglio 2015) con la quale, decidendo sulla domanda, introdotta (con atto depositato il 14 gennaio 2014) ai sensi dell'art. 337-quinquies c.c., per la riforma del decreto della Corte d'Appello di Campobasso del 5 ottobre 2013 e l'affidamento a sé medesima delle figlie minori F. e S., nate dalla relazione con il signor G.F., onerando quest'ultimo di un assegno di mantenimento per le minori, ha dichiarato la propria incompetenza, per esserlo il Tribunale ordinario di Castrovillari, luogo di residenza del convenuto (art. 18 c.p.c.) e luogo di residenza abituale della minore F., convivente con il padre nel comune di Cassano allo Jonio, secondo la previsione giudiziale che s'intende modificare, con cui era stato previsto che le due minori (non solo F., ma anche S., di fatto residente presso la madre) fossero collocate prevalentemente presso la residenza del padre;
che avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per regolamento necessario di competenza la signora D.P., deducendo che il Tribunale di Isernia avrebbe erroneamente declinato la propria competenza e perciò chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata e l'affermazione della competenza del Tribunale a quo, emettendo i provvedimenti per la prosecuzione del processo innanzi a quest'ultimo giudice;
che la controparte ha depositato memoria;
che, nelle conclusioni scritte, ai sensi dell'art. 380-ter c.p.c., il pubblico ministero ha concluso per l'accoglimento del ricorso e la dichiarazione di competenza della Corte d'appello di Campobasso, per il principio della concentrazione delle tutele».
Considerato che il procedimento in esame attiene alla facoltà (… all'art. 55, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, in vigore a partire dal 7 febbraio 2014) dei genitori «di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo» (art. 337- quinquies c.c.);
che il contenuto della norma non rappresenta affatto una novità per il nostro sistema giuridico, essendo il medesimo del previgente art. 155-ter c.c., introdotto nel 2006 (con la riforma sull'affidamento condiviso e abrogato contestualmente alle ultime riforme in tema di filiazione), che all'ultimo comma stabiliva: «I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo»;
che la più rilevante modifica lessicale riguarda i soggetti legittimati alla richiesta di modifica dei provvedimenti relativi alla prole, ossia non più i «coniugi», ma i «genitori», e ciò in virtù dell'art. 4, 2° co., L. n. 54 del 2006, in base alla quale la disposizione deve applicarsi anche alle ipotesi di figli nati fuori dal matrimonio (cfr. il nuovo art. 337 bis);
che, nella specie, uno dei due genitori (precisamente la madre delle minori) ha chiesto la riforma del decreto della Corte d'Appello di Campobasso del 5 ottobre 2013 che, a modifica dell'assetto precedente, ha disposto l'affido condiviso delle bambine ad entrambi i genitori ma con loro collocamento presso la residenza del padre, situata in Cassano allo Jonio, salvo il diritto di visita della genitrice, con il suo obbligo di corrispondere una somma a titolo di mantenimento della prole in favore del padre collocatario; che la decisione sulla domanda di revisione di tali condizioni, proposta dalla madre, spetta: a) secondo il Tribunale a quo, a quello del luogo di residenza (sia che si segua il criterio del genitore convenuto sia che si preferisca quello delle bambine, così come prevalentemente collocate nel provvedimento oggetto di ricorso), e quindi al Tribunale di Castrovillari; b) secondo la ricorrente, al Tribunale che se ne è ingiustamente spogliato, dovendo valere il principio di diritto (posto da Cass. n. 18817 del 2014) in base al quale è competente il giudice del luogo di dimora dei fanciulli anche quando il trasferimento di essi sia il frutto (come nella specie, per una delle due) di una scelta unilaterale, tuttavia consolidatasi nel tempo per inerzia del genitore legittimato a dolersi del torto subito; e) secondo il PG presso questa Corte, alla Corte d'Appello di Campobasso, che ha dato i precedenti provvedimenti e dove pende altro reclamo, per il «principio di concentrazione delle tutele»; che il ragionamento svolto dal Tribunale a quo è corretto  deve essere confermato;
che, infatti, non può essere seguito il criterio suggerito dal PG in quanto (in disparte la mancanza di un solido fondamento all'ipotizzato principio) si finirebbe, se non altro, per sopprimere un grado di giudizio [infatti, per conseguire la modifica dei provvedimenti relativi alla separazione è da ritenersi tuttora applicabile il procedimento ex art. 710 c.p.c.. ossia lo specifico procedimento assoggettato al rito camerale, dinnanzi al tribunale (del luogo di residenza del minore) che. secondo quanto previsto dall'art. 739 c.p.c., potrà essere oggetto di reclamo dinnanzi alla corte d'appello, la quale pronuncerà anch'essa in camera di consiglio con decreto]:
che anche le osservazioni critiche della parte ricorrente, oltre che quelle del PG, non sono idonee al mutamento dei principi utilizzati dal giudice ci quo per la decisione del caso;
che ove non si voglia utilizzare il principio generale di cui all'ars. 18 c.p.c. (secondo quanto assume una parte della dottrina) e si intenda dar prevalenza al criterio della (residenza della) prole, nel caso in esame il figlio a cui la ricorrente vuole far cambiare di collocamento (ossia la figlia della … residente in Cassano allo Jonio, presso il padre) impone che di tale situazione si occupi il giudice viciniore ossia il tribunale di Castrovillari;
che, peraltro, il provvedimento giudiziale che si vuol far modificare ha stabilito che entrambi i figli devono essere collocati in prevalenza (e salvo il diritto di visita della genitrice) presso il padre, e perciò anche sul piano formale la competenza riguardata attraverso l'occhio dell'interesse dei minori si concentra ancora una volta presso il Tribunale ad quem;
che, di conseguenza, va respinto il ricorso, per essere stata correttamente dichiarata la competenza del Tribunale ordinario di Castrovillari in ossequio al principio di diritto secondo cui:
«In tema di regolamento necessario di competenza, la controversia relativa alla modifica delle disposizioni concernenti l'affidamento dei .figli, ai sensi dell'ari. 337-quinquies cod. civ., appartiene all'esclusiva competenza del tribunale ordinario, territorialmente individuato in base alla residenza dei, figli minori così come determinata dal provvedimento giudiziale di cui si chiede la modifica»;
che trattandosi di novità interpretativa le spese vanno compensate;
che essendosi discusso del collocamento e del mantenimento dei figli della coppia il procedimento, ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 115 del 2002, è esentato dal pagamento del contributo unificato quando - come nella specie - si sia discusso di questioni relative alla prole (capo IV del titolo 1l del Libro IV dei c.p.c.), essendo compreso, un tale caso, fra quelli stabiliti nei commi 2 e 3 del menzionato art. 10 del TU del 2002;
che, ai sensi dell'art.52 D. Lgs. n.198 del 2003, deve disporsi che siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso e compensa le spese giudiziali tra le parti.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater.del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara che NON sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Dispone che, ai sensi dell'art.52 D. Lgs. n.198 del 2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.
Avv. Antonino Sugamele

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